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lunedì 4 maggio 2015

LE CITTA' DEL LAGO DI LUGANO : CAMPIONE D' ITALIA

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In terra svizzera, affacciato sul Lago Ceresio, si apre uno dei panorami più suggestivi dell'intera zona ticinese e lombarda, per il variare quotidiano e stagionale di colori e sfumature. Campione d'Italia, un paese dal territorio circoscritto, un'exclave italiana dall'interessante itinerario storico.

E’ un polo turistico cosmopolita, con un afflusso internazionale di  rango, anche per il rinomato Casinò, il più grande d'Europa opera dell'architetto Mario Botta, attorno al quale prosperano manifestazioni di rilievo nei campi della cultura, dello spettacolo e  dello sport.

Il Comune si estende su una superficie di circa 2 chilometri e mezzo, di cui uno solo su terraferma, specchiandosi per il resto nelle acque del Ceresio.

Lo stemma del Comune, uno scudo tripartito, racchiude e sintetizza la storia e lo spirito del borgo. Vi sono rappresentati il pastorale, simbolo del potere civile e religioso esercitato per secoli dagli abati milanesi di S. Ambrogio; lo staffile, memore della vittoria di Ambrogio sugli eretici ariani, e la lumaca, palese richiamo alla consuetudine migratoria delle maestranze campionesi che portavano con sé attrezzi e sapere, affetti e nostalgie. E come le lumache i Maestri Campionesi hanno lasciato una scia che si misura sulla scala dei monumenti e delle opere d’arte nei centri maggiori del loro tempo.

Costituisce un'exclave italiana nel territorio del Canton Ticino, separata dal resto d'Italia dal lago di Lugano e dalle Alpi svizzere.

La denominazione storica della località è Campione, etimo dovuto alla presenza di un castello fortificato d'epoca tardo-romana che prese il nome di Castello di Campiglio o Campilionum. L'attuale composizione del nome fu autorizzata con Regio Decreto numero 1959 del 18 dicembre 1933 a seguito della domanda formulata in data 5 ottobre 1933 dal Podestà di Campione, in esecuzione della propria deliberazione del 10 giugno 1933, in cui si chiedeva l'autorizzazione a modificare la denominazione del comune in «Campione d'Italia»

Le prime notizie storiche di insediamenti sulle coste del lago di Lugano risalirebbero al I secolo a.C. quando le guarnigioni romane vollero insediarvi un posto avanzato di guardia a causa della discesa dei Reti lungo le valli alpine. In mancanza di dati archeologici si può quindi solo ipotizzare che vi si costituì un borgo dedito all'agricoltura ed alla pesca lacustre.

Durante il Medioevo Campione fu luogo di insediamento dei Longobardi. La successiva conversione al cristianesimo di questo popolo opera di papa Gregorio I Magno (540-604), aumentò il prestigio della Chiesa di Roma, che cominciò a ricevere lasciti e donazioni in quella zona. Proprio in questo clima di fervore si hanno le prime notizie testuali su Campione.

Il primo documento è datato 756 e riguarda la donazione di un uliveto in favore della locale basilica di San Zenone. Nel 769 vi è la donazione di un altro uliveto sempre alla stessa basilica. Una data fondamentale per la definizione dello status di Campione è il 777, anno in cui muore Totone da Campione, appartenente a una famiglia possidente locale di stirpe longobarda, che nel testamento nomina erede universale dei suoi terreni la chiesa e il monastero di Sant'Ambrogio di Milano.

Il testamento di Totone, atto giuridico privato, mosso più da interessi economici che da vero sentimento religioso, ebbe conseguenze più che millenarie nella storia politica di Campione, anzitutto perché staccò quella terra dalla dipendenza del vescovo di Como. Inoltre da quella data Campione divenne un feudo dell'abbazia di Sant'Ambrogio di Milano, il che cambiò anche il suo status giuridico. Infatti la dominazione abbaziale si mantenne per circa nove secoli, mentre dal punto di vista politico questa signoria venne a costituire un'isola giurisdizionale, riconosciuta dall'impero ed in pratica una specie di territorio semi-indipendente, circondato dapprima dal territorio del ben più vasto Ducato di Milano, e poi dai baliaggi conquistati dagli Svizzeri agli inizi del XVI secolo e che in seguito formarono l'attuale Canton Ticino.

A partire dall'editto di re Rotari Campione fu la culla di una serie praticamente ininterrotta di lapicidi, plasticatori, pittori, capomastri, architetti e ingegneri attivi nei principali centri della Lombardia storica, conosciuti nella storia dell'arte come Maestri Campionesi.

Campione seguirà poi le vicende del Milanese, entrando nell'orbita della signoria dei Visconti e del Ducato di Milano sin a partire dalla sua fondazione nel 1395, pur mantenendo sempre però il suo status di autonomia, quale feudo imperiale concesso agli abati di Sant'Ambrogio di Milano.

Nel 1521 tutto l'attuale Canton Ticino venne occupato dai cantoni confederati svizzeri. Lo status giuridico di Campione, quale feudo imperiale concesso agli abati ambrosiani, preservò però il suo territorio dall'annessione alla Svizzera, ponendo così le premesse alla sua costituzione come exclave italiana in territorio elvetico.

Nel 1596 alcuni documenti ci narrano di dispute di confine con Arogno. In quell'occasione il limitrofo comune svizzero accusava Campione di aver manomesso e fatto scomparire alcuni termini del confine di stato. La conferma della sentenza condannava i campionesi alla ridemarcazione del confine con il risarcimento pecuniario dell'operazione.

Gli obblighi dei campionesi nei confronti dell'abate milanese erano sanciti da statuti che vennero pubblicati solo nel 1639. Per quanto riguarda il territorio questi statuti prevedevano la nullità di donazioni operate a qualunque titolo ed in qualsiasi forma da abitanti di Campione in favore di stranieri. Tali transazioni acquistavano validità solo se entro un anno il nuovo proprietario eleggeva la sua residenza nel feudo. Tali norme dovevano anche preservare l'integrità territoriale del feudo.

La prima rilevazione catastale della zona di Como e territori adiacenti avvenne nel 1718 sotto l'imperatore Carlo VI (1685-1740) che, tra alterne vicende, fu pubblicata sotto l'imperatrice Maria Teresa (1717-1780) il 1º gennaio 1760 e passò alla storia con il nome di Catasto Teresiano. Una seconda rilevazione avvenne nella prima metà del XIX secolo e fu chiamata catasto Lombardo-Veneto.

Dopo oltre nove secoli quale feudo imperiale semi-indipendente, con l'invasione francese del 1797 che fece mancare la protezione della Chiesa e dell'Impero, il 2 febbraio 1797 il territorio di Campione fu incorporato nella Repubblica Cisalpina. Per suffragare tale azione i francesi indissero un finto plebiscito per avvalorare l'intento di aiutare i campionesi. A seguito della debellatio della Repubblica Cisalpina da parte della coalizione austro-russa del 1799, vi fu l'occupazione austriaca ed il 14 novembre dello stesso anno si proclamò la decadenza dell'autorità feudale.

Restaurata la Repubblica Cisalpina nel 1800, essa fu trasformata in Repubblica Italiana nel 1801. Con la Repubblica Cisalpina, il territorio di Campione fu unito per la parte civile alla Val d'Intelvi, Dipartimento del Lario, Mandamento di San Fedele e più tardi Mandamento di Castiglione; per la parte ecclesiastica, invece, alla pieve di San Mamete in Valsolda compresa nella Diocesi di Milano.

Una delle ragioni per cui fu mantenuta l'unione di Campione alla Diocesi di Milano, escludendolo da quella di Como, fu data dall'ultimo vicario Carboni, che, interpellato dall'arcivescovo di Milano e dal vescovo di Como, ottenne di risolvere amichevolmente la questione: non per la secolare attinenza al rito ambrosiano, ma per la maggior durata del carnevale ambrosiano, alla quale i campionesi non erano disposti a rinunciare.

Dopo la proclamazione dell'Impero francese nel 1804, la Repubblica italiana divenne il Regno d'Italia con la corona a Napoleone. In questi eventi Campione seguì le sorti dei territori lombardi e fu rioccupata dai francesi. Forse approfittando della situazione di dominazione, i Cantoni svizzeri iniziarono a rivendicare il territorio di Campione, ma un referendum respinse l'annessione. Nel 1800 la Confederazione svizzera aveva proposto lo scambio di Campione con il villaggio di Indemini, situato tra il lago di Lugano ed il lago Maggiore, ma la questione non ebbe seguito.

Nel 1814 il Canton Ticino chiese ufficialmente all'Alta Dieta federale di offrire i suoi buoni uffici nei lavori del Congresso di Vienna (1814-1815) ove la delegazione svizzera richiese, ancora senza successo, l'unificazione al Canton Ticino di Campione. Nel 1815, a seguito della sconfitta di Napoleone, la Lombardia passò sotto il governo degli austriaci divenendo il Regno Lombardo-Veneto e Campione ne seguì le sorti rientrando nella provincia di Como.

Dopo le Cinque Giornate di Milano (marzo 1848) e lo scoppio della prima guerra di indipendenza italiana (marzo-agosto 1848) furono, per la prima volta, i campionesi a chiedere (29 marzo 1848) al governo svizzero l'annessione, essendo oramai probabile una loro unione al Regno di Sardegna in caso di occupazione del Regno Lombardo-Veneto. Il 9 maggio 1848 il governo ticinese chiese l'appoggio del Gran Consiglio per avvalorare la richiesta, considerando che:

« per il Ticino è un inconveniente gravissimo l'avere sul suo territorio una terra non sua, nella quale possono essere gittati più armati: l'accesso al quale può dar luogo a movimenti di truppe inquietanti sul lago di Lugano. È un inconveniente grave per il Ticino l'avere continua contestazione sulla giurisdizione lacuale e persino sopra una parte della strada postale tra Lugano e Melide. »
Il governo della Confederazione elvetica, dopo aver vagliato attentamente la richiesta, la respinse per opportunità politica al fine di conservare la dichiarata neutralità. Terminata la dominazione austriaca con la seconda guerra di indipendenza italiana e la costituzione del Regno d'Italia nel 1861, i due governi decisero una revisione della linea di confine delimitata con molte difficoltà con il Trattato di Varese del 1752. Tali trattative portarono alla Convenzione del 5 ottobre 1861 con la quale, per quanto riguarda Campione, veniva ceduto alla Svizzera, in via definitiva, il territorio della Costa di San Martino e della Casaccia, situati sulla riva opposta a Campione.

Dal 1861 il territorio di Campione non subì ulteriori variazioni e nel 1923 la nuova demarcazione migliorò semplicemente quella del secolo passato.

Nel 1933, in pieno Fascismo, ecco comparire la dicitura d'Italia all'interno del toponimo comunale e la fondazione del casinò. Dopo l'armistizio del 1943, Campione inizialmente è governata dalla Repubblica Sociale, ma nel 1944 un gruppo di cittadini, inclusi i carabinieri locali, ripristina l'autorità del Regno d'Italia. A causa dell'isolamento territoriale, i nazifascisti non saranno in condizione di riprendere il comune. Con l'avvento della Repubblica, il territorio di Campione d'Italia costituisce un comune della provincia di Como.

Il villaggio ha subito un forte sviluppo edilizio residenziale e turistico, in particolare dopo l'apertura del casinò municipale; completamente riedificato nel 1999 su progetto dell'architetto ticinese Mario Botta definito dalla critica un "ecomostro" per l'imponente cubatura spigolosa.

La chiesa di San Zenone, documentata dal 756, fu fondata dalla famiglia di Totone; ricostruita nel XIV secolo, trasformata secondo lo stile barocco nel XVIII secolo e sconsacrata dal 1967 (adibita a galleria per l’esposizione di mostre artistiche). Si trova invece in viale Marco da Campione la nuova chiesa parrocchiale di San Zenone, un monumentale edificio moderno con chiesa inferiore e slanciato campanile, realizzato nel biennio 1966-1967 da Mario Salvadè con copertura in cemento armato precompresso; il fonte battesimale del 1576 proviene dall’antica parrocchiale.
La chiesa di Santa Maria dei Ghirli, meta di pellegrinaggio, su un terrazzo direttamente raggiungibile dal lago mediante una monumentale scalinata doppia di quattro rampe, contiene importanti cicli di affreschi databili dal secolo XIII fino al secolo XVIII.
La chiesa-oratorio di San Pietro, in piazza Roma, documentato dal 1148, è posta all’entrata dell'antico centro del borgo. Indagini archeologiche condotte nel 1994 hanno appurato le origini medievali della fondazione. Lo scavo ha permesso di individuare cinque fasi d'uso. In età altomedievale l'area venne adibita a necropoli e nell'VIII secolo su di essa fu edificata una chiesa dedicata ai santi Nazario e Vittore con funzione cimiteriale.

Campione d'Italia è un'exclave italiana circondata dal territorio svizzero ed è parte integrante dello Stato italiano, con una superficie di circa 2,6 km² (0,9 km² di terraferma e 1,7 km² di lago 'territoriale').

Il comune è fortemente integrato dal punto di vista economico con la Svizzera: si utilizza sia l'Euro che il Franco Svizzero, fa parte della rete telefonica svizzera Swisscom, appartiene ai sistemi postali elvetico (CH-6911) ed italiano (I-22060). Pur non facendo parte dell'area doganale svizzera, Campione è sottoposto al regime doganale elvetico, con relativa imposizione dell'IVA (8%) e delle accise, con decisione unilaterale delle Autorità elvetiche; questo ne fa una zona extradoganale, il cui status è oggetto di trattative in corso tra i due Stati.

Le targhe automobilistiche sono svizzere (TI) e non italiane. Le patenti nautiche ottenute a Campione hanno valore in Italia e in tutto il Canton Ticino.

Campione d'Italia ha la particolarità di essere un'exclave separata dal territorio italiano da un lago: non è possibile raggiungere l'Italia da Campione attraversando il lago di Lugano senza passare nelle acque territoriali svizzere, infatti l'Italia con il decreto del presidente della Repubblica numero 633/72 regola il proprio settore lacustre e lo definisce come acque italiane del lago di Lugano in regime di zona extradoganale, comportando la non applicazione della normativa doganale italiana in fatto di IVA al 22% e altre accise; bisogna inoltre ricordare come, in base al diritto internazionale, il Ceresio è equiparato alle acque territoriali così come definite dalla Convenzione di Montego Bay, e non alle acque interne come generalmente accade per i laghi.

L'estensione del comune è molto esigua (la parte di terraferma è il doppio della Città del Vaticano) considerando che la conformazione orografica di forte pendenza rende possibile l'urbanizzazione su una superficie ancora minore. Infatti, la larghezza del territorio va dai pochi metri all'estremità nord ai circa 650 m (in linea d'aria) di quella meridionale con una variazione altimetrica di circa 324 m (dai 271 m al livello del lago ai 595 in corrispondenza del termine di confine). L'estensione lineare nord-sud del territorio è di circa 2,5 km.

La lunghezza della linea di confine è di circa 7 km dei quali 3,4 km terrestri. Il confine è considerato aperto, senza controlli di frontiera con barriere e/o casette doganali perché Campione d'Italia è sottoposto all'IVA elvetica.

In seguito a un accordo firmato il 7 settembre 2011 al municipio di Campione d'Italia dal sindaco Maria Paola Mangili Piccaluga e del presidente del Consiglio di Stato ticinese Laura Sadis e del Cancelliere di Stato Giampiero Gianella, si equiparano i cittadini residenti a Campione a quelli svizzeri, compresi coloro che sono domiciliati nei paesi confinanti ed è stata istituita una commissione paritetica permanente tra il comune di Campione e il Canton Ticino.

La sicurezza a Campione d'Italia è garantita dall'Arma dei Carabinieri e dalla Polizia Locale. È presente anche la Protezione Civile Italiana.

Campione è famosa per ospitare uno dei quattro casinò italiani (gli altri tre sono Venezia, Sanremo, Saint-Vincent), regolato da una legislazione risalente a prima della Seconda guerra mondiale, più favorevole rispetto a quella italiana e svizzera. Nel 2007 il casinò di Campione ha traslocato in un moderno edificio concepito dall'architetto ticinese Mario Botta.

A seguito di un accordo con le poste svizzere, dal maggio 1944 l'ufficio postale di Campione d'Italia utilizzò propri francobolli. L'accordo restò in vigore fino al 31 maggio 1952.
Tuttora a Campione d'Italia è presente un Ufficio Postale gestito dal comune in cui sono effettuabili operazioni sia con Poste Italiane che con la Posta Svizzera.

La sanità è affidata a una cassa malati svizzera, attraverso una gara indetta dalla regione Lombardia. Le prestazioni dei medici di base vengono fatturate alla società svizzera e anche le prestazioni del distretto speciale dell'Asl vengono rimborsate dalla cassa malati svizzera.

Personalità:
Maestri Campionesi, scultori e costruttori
Maestri Comacini, costruttori, stuccatori e artisti, fra le loro fila comprendevano anche molti campionesi
Anselmo da Campione (1160 - inizio XIII secolo), scultore
Arrigo I da Campione (1220 circa - 1270), architetto e scultore
Bonino da Campione, scultore
Giacomo da Campione, artista del XIV secolo
Giovanni da Campione, scultore
Ugo da Campione, scultore
Marco Frisone da Campione, scultore, architetto e ingegnere attivo nel 1387-1390
Zenone da Campione, scultore ed architetto che ha operato soprattutto a Spilimbergo
Matteo da Campione (1335 - 1396), scultore e architetto.




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giovedì 26 febbraio 2015

GIUSEPPE MEAZZA

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Giuseppe Meazza (Milano, 23 agosto 1910 – Rapallo, 21 agosto 1979) fu un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo attaccante. Considerato da molti esperti il più grande giocatore italiano di tutti i tempi e uno dei più grandi in assoluto fu campione del mondo con la Nazionale italiana nel 1934 e nel 1938.

« Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario »
(Gianni Brera)
Nato nel popolare quartiere di Porta Vittoria, iniziò a giocare a 6 anni sui campetti di Greco Milanese e Porta Romana in un gruppo di bambini che lui definì i Maestri Campionesi inseguendo una palla fatta di stracci. Ottenuto finalmente il consenso della mamma (il padre era morto in guerra nel 1917) a 12 anni inizia a giocare sui campi regolari con i ragazzi uliciani del Gloria F.C., dove un ammiratore gli regala quelle scarpette che tanto desiderava (e lui non poteva comprare) e che il "Brigatti" vendeva in Corso Venezia all'equivalente di circa 3 stipendi.

Scartato dal Milan a causa del fisico mingherlino, a 14 anni compiuti entrò a far parte dell'Internazionale disputando il campionato ragazzi. Fu Fulvio Bernardini a scoprirlo e ad insistere presso l'allenatore dell'Inter, Árpád Weisz, affinché lo inserisse in prima squadra: Bernardini (che sarebbe diventato in seguito un importante allenatore e avrebbe scoperto numerosi altri giocatori, fra cui un altro che diventerà poi egli stesso centravanti dell'Inter, Alessandro Altobelli) si fermava sempre più spesso, al termine degli allenamenti, a osservare estasiato, tra i ragazzi delle giovanili, quel ragazzino che con il pallone tra i piedi faceva meraviglie. Bernardini, si narra, fu tanto insistente e convincente che alla fine Weisz volle visionarlo personalmente. Weisz si rese conto che Bernardini non aveva esagerato: a 16 anni il ragazzo fu aggregato in prima squadra e a 17 anni Giuseppe Meazza esordiva nell'Inter, nella Coppa Volta.

Fu in quell'occasione che gli fu dato il soprannome di “Balilla”: quando l'allenatore Weisz lesse nello spogliatoio la formazione, annunciando la presenza in squadra di Meazza fin dal primo minuto, un anziano giocatore dell'Inter, Leopoldo Conti, esclamò sarcastico: «Adesso andiamo a prendere i giocatori perfino all'asilo! Facciamo giocare anche i balilla!» L'Opera Nazionale Balilla, che raccoglieva tutti i bambini dagli 8 ai 14 anni, era stata costituita nel 1926 e così allo scherzoso "Poldo" venne naturale apostrofare in quel modo il giovanissimo esordiente. Ma si sarebbe ricreduto presto: Meazza, in quella partita giocata contro la Milanese, segnò tre gol, assicurando all'Inter la vittoria e facendo capire a tutti che era nata una stella. "Pepin", come veniva chiamato in dialetto meneghino, seguitò a giocare nel ruolo di centravanti nell'Ambrosiana – com'era stata ribattezzata l'Inter in epoca fascista dopo la forzata fusione con la Milanese. Iniziò subito a farsi notare a suon di gol e per la sua classe sopraffina, tanto che, non ancora ventenne, guidò la sua squadra alla conquista del neonato campionato di Serie A nel 1929-30 conquistando il titolo di capocannoniere con ben 31 reti.

Sono da ricordare di lui la tecnica eccezionale, il dribbling ubriacante e le celebri punizioni a foglia morta con cui aggirava la barriera. Leggendaria anche la sua tecnica nel battere i rigori, caratterizzata da un doppio passo; in proposito si ricorda anche un curioso episodio: durante il match contro il Brasile, nella semifinale dei Mondiali del '38, apprestandosi a battere un rigore, gli si ruppe l'elastico dei calzoncini; ciò nonostante, sostenendo con una mano i detti calzoncini, calciò il rigore con la consueta finta, spiazzando il portiere brasiliano.

Esordì in nazionale non ancora ventenne il 9 febbraio 1930 a Roma in Italia-Svizzera terminata 4-2 con le sue due reti. Tre mesi più tardi, l'11 maggio dello stesso anno, alla sua quarta presenza in maglia azzurra, Meazza appose la sua prima inimitabile firma in campo internazionale, in una delle giornate più gloriose del calcio italiano. Tre prodezze del Balilla spianarono la strada alla nazionale guidata da Vittorio Pozzo, verso il primo grande trionfo della sua giovane storia. L'Italia superò l'Ungheria a Budapest con un incredibile 5-0, in quella che, di fatto, era la finale della prima Coppa Internazionale. Era quella anche la prima vittoria italiana in casa dei maestri danubiani, trasferta che, fino ad allora, aveva restituito memorabili rovesci, e il nome del diciannovenne fuoriclasse di Porta Vittoria irruppe nel novero delle grandi stelle del calcio continentale. L'eco dell'impresa, in Italia, fu enorme. La partita, seguita alla radio da un pubblico incredulo, rappresentò momento di svolta per il Calcio, non più vassallo delle scuole mitteleuropee, e, dopo quella partita, Meazza sarà l'eroe di tutti gli sportivi italiani.

La sua carriera in azzurro fu a dir poco splendida: guidò l'Italia alla conquista del suo primo campionato del mondo, nell'edizione casalinga del 1934 realizzando 4 reti, di cui 2 nel preliminare contro la Grecia, una agli Stati Uniti negli ottavi di finale, e quella fondamentale nella ripetizione contro la Spagna dei quarti di finale. La partita venne ripetuta poiché il giorno prima si era conclusa in parità dopo i tempi supplementari (allora non erano previsti i tiri di rigore): Meazza si dice fu “sbloccato” dopo che il tecnico spagnolo non schierò misteriosamente il suo spauracchio, il celebre portiere Ricardo Zamora, considerato all'epoca tra i migliori al mondo nel suo ruolo.

Dopo la vittoriosa Coppa Rimet, nella quale aveva ricoperto, come sempre più spesso gli accadeva, il ruolo di interno in luogo di quello di centravanti di inizio carriera, collezionò l'ennesimo terzo posto con la sua Ambrosiana-Inter dietro la Juventus, che dominò la scena italiana degli anni trenta. La prima partita con la nazionale campione del mondo fu la celebre battaglia di Highbury, così denominata perché si disputò nello stadio londinese di Highbury, in casa dei presunti “Maestri” inglesi (che non disputavano la coppa del mondo perché si arrogavano il titolo di "inventori del calcio"). La partita cominciò molto male per l'Italia, che subì nei primi 12 minuti 3 reti e perse per infortunio il centromediano Monti, ma nella ripresa fu proprio Meazza a risollevare le sorti italiane con una doppietta. Tuttavia, la sconfitta per 3-2 in inferiorità numerica contro l'Inghilterra, in una partita durissima e maschia come non mai, è tuttora ricordata non certo come un'onta.

Il 9 dicembre 1934 contro l'Ungheria segnò il gol numero 25 (in 29 partite) con la maglia azzurra, affiancando Adolfo Baloncieri in vetta alla classifica marcatori della nazionale, nella partita seguente contro la Francia fece altri 2 gol che gli consentirono di balzare al comando della classifica in solitario. In campionato Meazza continuò a dimostrarsi un grandissimo attaccante, anche solo guardando il rullino dei cannonieri: nel 1935-36 si laureò nuovamente capocannoniere, con 25 reti, impresa che ripeté anche nel 1937-38 guidando per la seconda volta l'Ambrosiana-Inter alla conquista dello scudetto.

Quello stesso anno fu anche il capitano della nazionale alla coppa del mondo disputatasi in Francia: il secondo, prestigioso successo che portò l'Italia ai vertici del calcio mondiale e che permette di ricordare quella nazionale come una delle più forti squadre di tutti i tempi. Il 16 giugno a Marsiglia nella semifinale dei mondiali del 1938 contro il Brasile mise a segno il gol numero 33,un gol decisivo, l'ultimo della sua carriera in nazionale (passato alla storia poiché a causa della rottura dell'elastico dei pantaloncini tirò un calcio di rigore tenendoli con una mano), in seguito giocherà altre 7 partite in maglia azzurra senza andare in gol. Il suo record sarà raggiunto solo da Gigi Riva il 9 giugno 1973, sempre contro il Brasile in una amichevole, e quindi superato il 29 settembre dello stesso anno contro la Svezia.

L'anno successivo fu l'inizio del declino del grande campione, a causa di un infortunio, che lo tenne poi lontano dai terreni di gioco per oltre un anno: il famoso “piede gelato”, un'occlusione dei vasi sanguigni al piede sinistro. Nell'autunno 1940 Meazza tornò al calcio giocato, stavolta con la maglia del Milano – nome allora adottato dalla squadra rossonera per questioni politiche –, ma non si trattava più del campione di un tempo, minato dall'infortunio occorsogli. La sua carriera nazionale si era conclusa l'anno precedente con un bottino di 53 partite e 33 reti, che gli valgono il secondo posto fra i bomber azzurri, dietro al solo Gigi Riva (35 reti). Inoltre, da bomber azzurro, Meazza vanta la seconda permanenza più lunga al primo posto: 38 anni, 3 mesi e 23 giorni che partono da quando superò le 25 reti di Adolfo Baloncieri il 17 febbraio 1935 (Italia-Francia 2-1) a quando, come si è detto, le sue 33 totali furono eguagliate da Riva il 9 giugno 1973.

Dopo due stagioni in rossonero passò quindi per un'annata alla Juventus Cisitalia – denominazione assunta dai bianconeri sotto la seconda guerra mondiale per via di un abbinamento commerciale –, con cui tornò fugacemente su buoni livelli realizzativi chiudendo il campionato 1942-43 in doppia cifra (10 reti in 27 match), e formando assieme a Lushta e Sentimenti III il più prolifico reparto d'attacco del torneo. Seguì poi il cosiddetto campionato di guerra 1943-44 disputato tra le file del Varese (7 gol in 20 partite) e una breve permanenza all'Atalanta nel 1945-46, anno in cui ricoprì per un breve periodo anche il ruolo di allenatore, prima di concludere la carriera con un'ultima stagione con la sua maglia nerazzurra, quella dell'Inter.

Dopo il ritiro dal calcio giocato divenne giornalista e poi tecnico, anche se non raggiunse mai i suoi livelli da calciatore. Guidò la Pro Patria, in varie circostanze la sua Inter, e anche la Nazionale nel biennio 1952-53; fu anche il primo italiano ad allenare una squadra straniera, il Beşiktaş, per cinque mesi a partire dal gennaio 1949. La cosa a cui si dedicò maggiormente fu quella di insegnare calcio ai ragazzi; divenne responsabile del settore giovanile dell'Inter e fu lui che scoprì Sandro Mazzola.

Alla sua morte gli venne intitolato lo stadio milanese di "San Siro".


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