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sabato 30 maggio 2015

L' ECOMUSEO DI CREMONA

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"Il territorio come ecomuseo" è un progetto esteso all'intera provincia di Cremona. L'area dell'ecomuseo può essere percorsa, esplorata e goduta da ogni genere di fruitore, purché responsabile e consapevole: la struttura è facilmente accessibile al pubblico grazie ad un'apposita segnaletica sulle strade, ad una funzionale e mirata cartellonistica, alle piazzole di "sosta istruttiva", alle siepi e ai boschetti didattici, alle tabelle toponomastiche e idronomastiche commentate.

I nuclei territoriali sono un campo d'indagine privilegiato per il mondo della scuola e un'area per la sperimentazione di interventi ambientali e per studi di livello superiore volti alla conoscenza e alla riscoperta del patrimonio locale.

Il territorio come ecomuseo è un'iniziativa di educazione ambientale dell'amministrazione provinciale di Cremona per la conservazione, valorizzazione e promozione del proprio territorio.

L'ecomuseo della provincia di Cremona è costituito da una serie di nuclei territoriali, distribuiti su tutto il territorio della provincia, ciascuno dei quali è rappresentativo di una caratteristica tipica del paesaggio padano, come insediamenti, campi, vie d'acqua, centrali idroelettriche, e così via.

Si tratta di un museo diffuso, non collocato all'interno di un edificio: i vari nuclei sono segnalati da cartellonistica che spiega le peculiarità del sito.

I nuclei attualmente visitabili sono:

il nodo idraulico delle Tombe Morte;
la strada romana Mediolanum - Cremona;
l'insediamento urbano di San Rocco di Dovera;
i prati del Pandinasco;
le centrali idroelettriche di Mirabello Ciria e alla Rezza;
i fontanili di Farinate;
le vallecole d'erosione di Credera Rubbiano e Moscazzano;
il pianalto di Romanengo;
l'azienda agrituristica;
i bastioni di Pizzighettone e il territorio rurale circostante;
il monumento naturale dei Lagazzi di Piadena;
la golena padana e il fenomeno dei bodri;
gli argini del Po.
le lanche fluviali del Po.
l'impianto di sollevamento di Isola Pescaroli e la bonifica integrale.
i campi baulati del Casalasco.
la navigazione fluviale e i traghetti del Po.

Il pandinasco entra nel territorio ecomuseale della Provincia di Cremona, con i suoi prati stabili a testimonianza di una vocazione agricola indirizzata alla produzione del latte e della sua successiva trasformazione.

“Il territorio come ecomuseo”: una proposta  per percorrere e scoprire il paesaggio, risultato delle relazioni tra gli uomini e l’ambiente, per leggere e comprendere quell’insieme di segni, impronte ed interventi che sono sedimentazioni nel presente di sistemi ereditati dal passato e tasselli di un mosaico in continuo divenire.Il progetto è stato ideato al fine di presentare una serie di nuclei territoriali da frequentare, apprezzare e capire come un enorme museo vivente creato nel tempo dalla natura e dall’uomo ed in continua evoluzione.Un museo “diffuso”, non collocato all’interno di un edificio, la cui esplorazione risulta però affascinante quanto quella delle raccolte tradizionali: dedicato al paesaggio, mostra come l’ambiente naturale si è modificato per opera delle società umane nel corso del tempo. Nell’area interessata sono perciò messi in evidenza gli elementi ambientali tipici e le componenti antropiche, memoria del lavoro di centinaia di secoli (il “deposito di fatiche” di cui scriveva Carlo Cattaneo): insediamenti, campi, coltivazioni, manufatti, edifici, vie terrestri e vie d’acqua, fabbriche, macchinari e apparecchiature di ogni genere, toponimi, segni di ripartizioni e di processi di appropriazione del territorio, bonifiche, acquedotti e irrigazioni. Le risorse biologiche, gli spazi, i beni e gli oggetti vengono segnalati al fine di promuoverne la conservazione, il restauro, la conoscenza, la fruizione e lo sviluppo secondo criteri di sostenibilità.




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/05/le-citta-della-pianura-padana-pandino.html



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giovedì 19 marzo 2015

LE MINIERE DI GORNO VAL DEL RISO

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Gorno e la Val del Riso ed i suoi abitanti sono stati da secoli caratterizzati dalla presenza delle miniere sul proprio territorio. Il suono della sirena e la luce della lampada del minatore (la "centilena").

Per anni e anni i ritmi delle giornate delle famiglie di Gorno sono stati scanditi dalla presenza dell'attività mineraria integrandosi nell'altra attività altrettanto secolare rappresentrata dall'allevamento di animali e di coltivazione della terra per quanto e come il territorio montano e prealpino lo abbia concesso.

L’Ecomuseo delle Miniere di Gorno - il viaggio dello zinco tra alpeggi e miniere - nasce in primo luogo con l’intento di rinsaldare il legame della comunità locale con le proprie radici, la propria storia e le proprie tradizioni. Tale obiettivo si sta attuando attraverso interventi di ricerca, salvaguardia e valorizzazione della cultura e del territorio.
L’attività peculiare della comunità di Gorno , che ha contribuito a conformare il paesaggio stesso, era un tempo, principalmente, quella estrattiva; ma il mondo minerario è sempre stato profondamente legato a quello rurale, agli alpeggi e al governo del bosco:
i minatori fuori dalla galleria accudivano le bestie, producevano formaggio per la famiglia, “andavano” per legna e per erbe, si rivolgevano per ogni necessità spirituale e materiale ai santi della tradizione.
Proprio per indagare e valorizzare questo ricco patrimonio culturale e paesaggistico, si è scelto di intrecciare temi che solo apparentemente sembrano disgiunti ma che sono riferiti a un medesimo ambito, quello dell’interazione fra l’uomo , il lavoro , la montagna e la sua spiritualità.

A partire dal 2009 la Regione Lombardia ha riconosciuto il territorio di Gorno come parte fondamentale per la memoria della storia della vallata conferendo il riconoscimento di sito ecomuseale, dando vita all’Ecomuseo delle Miniere di Gorno.
Con la nascita dell’Ecomuseo si sono ulteriormente approfondite e salvaguardate quelle che sono le tradizioni e i saperi locali puntando alla loro valorizzazione e divulgazione, ponendo un’ulteriore attenzione a quelle che erano le testimonianze industriali disseminate all’interno del territorio costruite durante l’attività estrattiva mineraria e oggi in disuso.

L’Ecomuseo ha una sua sede, in contrada Villassio, in quello che era l’edificio delle ex scuole elementari del paese.
Al suo interno sono conservate numerose e importanti testimonianze dell’estrazione mineraria del paese, tra cui numerosi attrezzi di lavoro come le centilene, i martelli, i picconi, i setacci, i punti, ecc… (esposti nel corridoio principale), tutto l’archivio minerario (sala uno), una selezione di minerali e pietre della vallata e non (sala tre), la fedele ricostruzione dell’ufficio del direttore delle miniere (sala quattro) e del laboratorio chimico minerario (sala cinque). Inoltre una sala è adibita alle videoproiezioni di cortometraggi (sala due) e all'ingresso è stato ricostruito un angolo con attrezzi e costumi originali della miniera con un minatore e una taissina in abiti tradizionali.

Dislocate in diverse zone del territorio comunale vi sono invece le testimonianze di costruzioni che lentamente vengono restaurate per una miglior testimonianza e usufrutto didattico-turistico. Tra quelle meglio conservate, e oggi visitabile, è da menzionare il sito minerario in Costa Jels, a nord del paese tra la contrada di Peroli Alti e Peroli Bassi, dove oltre ad essere esposti strumenti originali utilizzati dai minatori (come i carrelli per il trasporto del materiale), con la supervisione delle guide ecomuseali si possono effettuare percorsi interni alla montagna nelle gallerie scavate durante l'estrazione mineraria e oggi in disuso.

Il complesso della Laveria (chiamato anche Laveria n.2), situato nella parte finale ad ovest della contrada Riso, è un complesso industriale che serviva durante il periodo di estrazione mineraria in Gorno e in tutta la Val del Riso per la lavorazione del minerale attraverso i processi di frantumazione, macinatura e flottatura con acqua e acidi per ottenere la separazione del metallo dalla pietra sterile.
Nello specifico, all'interndo di questo complesso industriale avveniva il trattamento gravimetrico del grezzo calaminare blendoso e in parte la lavorazione del misto ricco calaminare proveniente dalla laveria del comune di Oneta.

La lavorazione del materiale estratto in località Laveria è documentato fin dalla fine del XIX secolo, dove si attestava che l’utilizzo di acidi all’interno della lavorazione del materiale causò un forte inquinamento delle acque del torrente Riso, attestata anche dalla verifica sanitaria nel 1894, successivamente drasticamente abbassata con la costruzione di vasche per la depurazione e l’incanalamento delle acque utilizzate per la lavorazione del minerale. La prima edificazione dell’edificio attuale partì nel 1914 da parte della società The English Crown Spelter (che all'epoca gestiva l'estrazione mineraria della vallata), e nel 1917 era già attiva.
Con il subentro della società Vieille Montagne venne ampliata negli anni 1925/1926, ma la struttura vide opere di ampliamento e modernizzazione durante tutto il periodo del suo funzionamento (nel 1928, 1943, 1948, 1953 e 1962).

All’epoca l’orario lavorativo era di 12 ore giornaliere, dalle 6 alle 18, durante la stagione del lavaggio, che diventava ridotto, dalle 7 alle 17, quando il lavaggio era sospeso, con pause di un’ora, tra le 12 e le 13, un’ora e mezza per donne e fanciulli sotto i quindici anni (da ricordare che solo nel 1935 viene in vigore l’età minima al lavoro di 14 anni, alzata a 15 anni nel 1967).

Per capire l’atmosfera all’interno dell’ampio complesso può essere d’aiuto un articolo pubblicato all’interno della Rivista di Bergamo nel 1927, dove si può leggere

« La laveria è un piccolo mondo infernale. Un fragore digrignante di ferraglie la ampie, altissimo, come se mostri spaventevoli stridolassero, con le loro implacabili mascelle possenti, senza un istante di sosta, frantumi di catene, valanghe di macigni … è un tamburella mento di ciottoli, un grandinare di pietre intermittente … Questa sola laveria di Gorno che è di media capacità può trattare novanta tonnellate di materiale al giorno, costruita come fu per una elaborazione di dieci tonnellate orarie. Lo zinco è proprio qui che sottoscrive il suo atto di nascita. Da queste manciate di sporca sabbietta usciranno un imbuto, un elemento di pila, un cliché… »
Nel 1942 le miniere vengono requisite per passare in gestione a ditte italiane e il complesso della Laveria diventa demanio dello stato.

Salvo alcuni brevi periodi, la Laveria resta attiva fino alla chiusura delle miniere, avvenuta il 12 gennaio del 1982.

Ad oggi in stato di degrado e abbandono, è tra gli edifici di archeologia industriale presenti all’interno del territorio comunale inseriti nel progetto recupero da parte dell’Ecomuseo delle Miniere di Gorno come testimonianza significativa del lavoro e dell’attività estrattiva all’interno della Val del Riso.


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