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mercoledì 13 maggio 2015

IL DUOMO DI MONZA

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Secondo una leggenda tardomedioevale, alla regina Teodolinda, che aveva fatto voto di erigere una chiesa in onore di Dio e di san Giovanni Battista, una voce celeste predisse che lo Spirito Santo, in forma di colomba, avrebbe indicato il luogo della costruzione.
Teodolinda, partita per un lungo viaggio, si fermò sulle sponde del fiume Lambro per riposare all’ombra di un grande albero dove le apparve appunto la colomba e una voce le disse: “modo”, invitandola a rimanere. La regina fu pronta a rispondere “etiam”, acconsentendo così alla costruzione della nuova basilica proprio in quel luogo. Dall’unione delle due parole, Modoetia, nacque l’antico nome di Monza.

Una trama di vicende lunga più di 1400 anni, una struttura complessa e monumentale, un ricchissimo apparato decorativo e di arredi, un Tesoro di valore inestimabile e un fitto intreccio di relazioni internazionali scandite sull’arco di tutta la sua storia, fanno del Duomo di Monza una delle più importanti istituzioni ecclesiastiche d’Italia e d’Europa.

Un’importanza cui la basilica sembra essere stata destinata fin dalle origini, che si collocano nei difficili anni della prima organizzazione del regno longobardo in Italia e si legano alla figura della Regina Teodolinda (570 circa – 627), principessa bavara di fede cattolica, andata in sposa, in successione, a due re dei Longobardi: Autari (nel 589-90) e Agilulfo (dal 590 al 616).

Il Duomo venne fondato alla fine del VI secolo dalla regina Teodolinda, moglie del re longobardo Autari e poi di Agilulfo, come cappella del vicino palazzo reale, in una zona allora marginale del piccolo borgo di Monza, a breve distanza dal fiume Lambro. Rosone del Duomo di MonzaCertamente la basilica era già costruita nel 603, quando l'abate Secondo di Non vi battezzò l'erede al trono Adaloaldo.

Essa nacque sotto un duplice segno: il legame con S. Giovanni Battista (al quale molto probabilmente la regina aveva impetrato la grazia della maternità) e quello con la sede pontificia romana, in particolare con papa Gregorio Magno. Centrale fu infatti il ruolo della regina nella conversione dei longobardi dall'arianesimo al cattolicesimo, processo complesso che si concluse solo un secolo dopo, sotto il regno di Liutprando. Per tali motivi, come testimonia Paolo Diacono, la Chiesa svolse di fatto il ruolo di "santuario" della nazione longobarda.

Di questa prima fase quasi nulla sopravvive, ad eccezione di pochi materiali edilizi (tegoloni, "tubuli" per la realizzazione di volte, oggi conservati in Museo) e di resti dell'arredo liturgico (due lastre decorate "a incisione"). Dalle scarse fonti scritte si ricava, comunque, che doveva trattarsi di un edificio a tre navate, ad andamento longitudinale, preceduto da un atrio quadriportico che svolgeva funzioni diverse, tra cui alcune civili: vi venne ospitata anche la sede del Comune, che alla fine del XIII secolo si trasferì nell'Arengario appositamente costruito. Nel 1989 sono state rinvenute nella navata nord tre tombe "privilegiate" internamente dipinte, riferibili ad epoca altomedievale, che suggeriscono di supporre l'area originaria occupata dalla chiesa, tra l'attuale collocazione ed il chiostrino a settentrione. Alle funzioni di campanile venne adattata una torre - forse sorta con funzioni militari - ancora superstite, inglobata nelle murature tra la sacrestia e la cappella di Teodolinda.

Straordinaria testimonianza dei primi secoli di vita è il prezioso Tesoro, formato dalla suppellettile liturgica e dai donativi offerti dalla regina (che nella chiesa alla sua morte venne sepolta) e da altre opere di oreficeria e avorio offerte da re Berengario all'inizio del X secolo. Nel cambio di secolo, tra Duecento e Trecento, si colloca il momento decisivo di trasformazione dell'antica basilica nell'attuale Duomo, questa volta sotto il segno dei Visconti. Non è un caso che l'anno cruciale sia il 1300, quello della "grande perdonanza", il primo giubileo indetto da Bonifacio VIII.

Come tutto nel Medioevo anche la rifondazione del Duomo si ammanta di leggenda. Secondo un cronista locale, Bonincontro Morigia, all'origine di tutto sarebbe da porre un'apparizione miracolosa (di Teodolinda e di S. Elisabetta) a un prete, Francesco da Giussano, al quale viene chiesto di riscoprire antiche reliquie, da tempo dimenticate. Ritrovate le reliquie all'interno di un sarcofago romano (quello di Audasia Cales), ed esposte alla pubblica venerazione, il 31 Maggio si pone la prima pietra della ricostruzione. Si tratta, evidentemente, di un'operazione insieme religiosa e politica (ai Visconti era infatti legato l'arciprete Avvocato degli Avvocati) per affermare il dominio dei nuovi signori sul contado, sostenere, in opposizione alla curia romana, le devozioni locali e recuperare la tradizione regale longobarda. Paliotto in argento sull'altare maggiore del Duomo di MonzaNel 1308 si provvede a traslare il corpo della regina in un sarcofago di pietra sostenuto da colonnine (oggi nella Cappella di Teodolinda), secondo un diffuso modello di prestigio.

La prima fase edilizia si conclude nel 1346, anno della consacrazione dell'altare maggiore e della realizzazione del paliotto in argento di Borgino del Pozzo, ispirato all'altare d'oro di Sant'Ambrogio a Milano.

Una seconda campagna costruttiva, motivata dalla necessità di ampliare l'edificio (sobriamente ispirato alle contemporanee architetture mendicanti, come il S. Francesco "ad pratum magnum" della stessa Monza) per adattarlo alle esigenze di rappresentanza che il ritorno del Tesoro da Avignone (1345) imponeva, cade a metà del secolo.

Artefice di questa seconda, più solenne, fase è Matteo da Campione, esponente di quella stirpe di costruttori proveniente dalla zona dei laghi tra Lombardia e attuale Canton Ticino, alla quale i Visconti commisero tante imprese edilizie e decorative del ducato nel corso del Trecento. La sua lapide funeraria (1396), immurata all'esterno della cappella del Rosario, ci informa sulla sua attività (il completamento della grande facciata "a vento", la realizzazione del pulpito e del battistero) e testimonia il prestigio da lui raggiunto e la sua devozione.
Egli fu certamente interprete dell'aspirazione dei Visconti a realizzare una grande basilica per le incoronazioni imperiali, secondo la tradizione germanica che imponeva all'imperatore di assumere tre corone: quella d'argento ad Aquisgrana, quella d'oro a Roma e quella "di ferro" appunto a Monza (o a Milano).
E di ciò si ha una straordinaria testimonianza iconografica nella grande lastra (già chiusura posteriore del pulpito) oggi collocata presso l'ingresso della sacrestia.

A Matteo spetta anche la costruzione delle due cappelle gemelle ai lati dell'abside maggiore. Quella di destra (già del S. Chiodo e oggi dedicata al S. Rosario) venne decorata intorno al 1417-18 (sopravvive un unico frammento con Cristo crocifisso, attribuito a Michelino da Besozzo); quella di sinistra (dedicata a Teodolinda) decorata tra il 1444 e il 1446 dalla famiglia di pittori lombardi Zavattari che realizzarono il celebre ciclo di affreschi tardogotici. Occorre attendere oltre un secolo per assistere alla ripresa dell'attività decorativa, che questa volta interessa i bracci dei transetti.
E' sempre nella seconda metà del Cinquecento che si avvia, in rapporto alle trasformazioni imposte dal Concilio di Trento, una profonda rielaborazione della zona absidale, con lo sfondamento del muro di fondo della cappella maggiore e la costruzione di un vasto presbiterio, all'esterno rigorosamente intonato alle precedenti architetture tardogotiche. Alla fine del secolo viene anche costruito, su progetto di Pellegrino Tibaldi, il nuovo campanile, a sinistra della facciata.

Nel 1644 viene gettata la volta della navata centrale e nel 1681 è costruita, nell'area delle sacrestie, la cappella ottagona destinata a ospitare il Tesoro. I primi decenni del Settecento, anche in coincidenza con il ripristino del culto del S. Chiodo, segnano anche una forte ripresa decorativa, che trasforma l'edificio in una sorta di antologia della pittura tardobarocca. La stagione neoclassica è segnata dall'altare maggiore progettato da Andrea Appiani (1798) e dal nuovo pulpito di Carlo Amati (1808).

Alla fine dell'Ottocento si collocano le grandi opere di restauro conservativo e stilistico della cappella di Teodolinda e soprattutto della facciata (L. Beltrami, G. Landriani), che viene trasformata radicalmente con la reintegrazione delle edicole sommitali (già tutte cadute, ad eccezione di una, all'inizio dei Seicento) e la sostituzione dei filari di marmo nero di Varenna con serpentino verde d'Oira, per enfatizzare, in una sorta di ipercorrettismo, la componente toscaneggiante della cultura figurativa campionese.

La torre campanaria, con la sua altezza di circa 75 metri, svetta nel cielo di Monza e costituisce un significativo punto di riferimento nel paesaggio della Brianza. La sua costruzione iniziò il 23 maggio 1592, quando l'arciprete Camillo Aulario pose la prima pietra della fabbrica. Nel 1606 la costruzione era completata, tuttavia il castello con le campane e il rivestimento si datano intorno al 1620.

Soltanto il 18 settembre 1628 il cardinale Federico Borromeo benedisse le campane alla presenza dell'arciprete Adamo Molteno e del clero monzese. Il progetto del campanile, che rivela l'influsso dello stile di Pellegrino Pellegrini, architetto di S. Carlo Borromeo, fu in realtà eseguito dall'architetto Ercole Turati, al quale si devono anche i progetti del battistero, della cripta e dell'ampliamento del coro, realizzati nei primi due decenni del XVII secolo.

Nella torre campanaria il Turati inserì nei quattro frontoni della cella grandi stemmi in cornici barocche di granito, che raffigurano: a sud, la Chioccia con i pulcini, del Tesoro; a est, la mitra e il pastorale, in uso all'arciprete; a nord, la Corona Ferrea e la Croce del Regno; a ovest, l'Agnello sul libro dei sette sigilli. Alla base della torre una lapide ricorda la visita dei sovrani d'Austria, Maria Luisa e Francesco I, avvenuta il 4 marzo 1816, preceduta dalla restituzione del tesoro, il 2 marzo.

La Basilica di San Giovanni Battista di Monza, detta comunemente Duomo, ha molti e antichi privilegi: l'Arciprete gode delle insegne episcopali quali la mitra e l'anello, può indossare vesti violacee e la cappa magna, usufruisce dell'uso del baldacchino per la processione del "Santo Chiodo". Ma il privilegio maggiore è quello di avere proprie guardie armate, un corpo denominato "Alabardieri" dal tipo di arma in dotazione agli stessi.

Questo onore è unico al mondo in quanto, oltre alla Guardia Svizzera in servizio al Vaticano a custodia del Sommo Pontefice, solo il Duomo di Monza può schierare delle guardie armate all'interno della Chiesa. La data certa della loro istituzione non si conosce e si perde nella notte dei tempi, dato che nell'editto di Maria Teresa d'Austria, del 1763, riguardante l'approvazione della nuova divisa degli alabardieri, si dice "l'immemorabile possesso di fare assistere le principali sacre funzioni da dodici uomini armati d'alabarda sotto la direzione di un capo". Non si conosce l'uniforme indossata prima dell'editto di Maria Teresa, ma quella approvata è ancora la stessa in uso oggi, ad eccezione del cappello, prima a tricorno, poi da Napoleone I sostituito con l'attuale feluca.

L'attuale uniforme di lana blu con filettature dorate è di foggia settecentesca, si compone di una lunga casacca e di pantaloni al ginocchio, la cintura porta fibbia con piccola riproduzione della Corona Ferrea, le calze sono color turchino ed uno spadino con elsa in ottone. Il servizio degli alabardieri è riservato solo alla messa pontificale delle 10,30 nelle grandi solennità quali l'Epifania, la Pasqua, il Corpus Domini, la natività di San Giovanni Battista (24 Giugno), il Santo Chiodo e il S. Natale.

In via straordinaria prestano il loro servizio anche in particolari occasioni, ad esempio la visita del Santo Padre nel maggio 1983, le visite dell'Arcivescovo di Milano, Card. Carlo Maria Martini prima, Card. Dionigi Tettamanzi poi, ma anche in occasione della visita del Presidente del Consiglio Giulio Andreotti nel 1991. Fino agli anni cinquanta, come risulta da un diario dell'epoca, il picchetto riceveva una modesta ricompensa, prestava però servizio dalla messa dell'aurora, alle 6, fino all'ultima messa delle 18. Tra una funzione e l'altra, due guardie restavano di sentinella presso l'altare maggiore.

La Corona del Ferro è innanzitutto venerata come reliquia: al suo interno, infatti, si trova un cerchietto in ferro che, secondo la tradizione, fu ricavato da uno dei chiodi usati per la crocefissione di Cristo.  Sant’Elena, nel 326, lo avrebbe ritrovato e fatto inserire in un diadema per il figlio, l’imperatore Costantino il Grande. La corona sarebbe poi passata nella mani di S. Gregorio Magno, che ne avrebbe fatto dono alla Regina Teodolinda.

La Cappella di Teodolinda si trova a sinistra dell’abside centrale. Fu affrescata dagli Zavattari, una famiglia di pittori attivi in Lombardia nella prima metà del ‘400. Chiusa da una cancellata, la cappella è costituita da una volta a forma poligonale gotica coperta da costoloni e custodisce la Corona Ferrea ed il sarcofago dove nel 1308 vennero traslate le spoglie della regina Teodolinda.

Se si eccettua il ciclo della cappella di Teodolinda, poco è sopravvissuto della decorazione precedente la stagione barocca, che ha profondamente inciso nella percezione dello spazio interno del Duomo. In clima tardomanierista ci trasportano le decorazioni delle testate interne dei transetti, a iniziare da quella meridionale (Albero di Jesse, di Giuseppe Arcimboldi e Giuseppe Meda, 1558) per passare a quella settentrionale (Storie di S. Giovanni Battista, di G. Meda e Giovan Battista Fiammenghino, 1580).

La decorazione del presbiterio e del coro è la maggiore impresa pittorica del Seicento e vede all'opera Stefano Danedi detto il Montalto, Isidoro Bianchi, Carlo Cane e Ercole Procaccini il Giovane, con quadrature di Francesco Villa. La volta della navata maggiore viene invece affrescata alla fine del secolo da Stefano Maria Legnani detto il Legnanino, con quadrature del Castellino (1693).

I dieci quadroni della navata centrale con Storie di Teodolinda e della Corona ferrea, realizzati tra Sei e Settecento, appartengono a diversi pittori, fra cui Sebastiano Ricci, Filippo Abbiati e Andrea Porta.

E' però soprattutto il Settecento a segnare l'interno dell'edificio, che costituisce un osservatorio privilegiato per lo studio della cultura figurativa lombarda tra barocco, barocchetto e rococò. Pietro Gilardi affresca con Storie della Croce il tiburio (1718-19); Giovan Angelo Borroni dipinge nella cappella del Rosario (1719-21), in quella del Battistero e in quella di S. Lucia (1752-53); Mattia Bortoloni decora la cappella del Corpus Domini (1742). L'episodio conclusivo è costituito dall'intervento in Duomo di Carlo Innocenzo Carloni, il grande maestro del rococò internazionale, già attivo in Austria, Germania e Boemia.

Tra il 1738 e il 1740, secondo un programma stabilito dal gesuita Bernardino Capriate, egli decora le volte delle navate laterali, l'arcone trionfale e le pareti occidentali del transetto.

Il Museo e Tesoro del Duomo di Monza custodisce cimeli e reliquie che ci riportano ai primi secoli del Cristianesimo ed all’epoca longobarda e ci accompagna sino ai nostri giorni senza soluzione di continuità. Si va da una serie di ampolline palestinesi e romane, databili alla seconda metà del VI secolo, agli splendidi preziosi del periodo tardo romanico, VI-VII secolo, come la Croce detta di Agilulfo, la Corona votiva e la legatura dell'Evangeliario di Teodolinda; dai capolavori di epoca carolingia, IX secolo, come il Reliquiario del dente di S. Giovanni e la Croce reliquiario di Berengario I, alle opere artistiche di scuola lombarda, come la Madonna col Bambino in pietra ed il San Giovanni Battista in rame dorato del XV secolo; dai lasciti dell’età viscontea, come il Calice di Giangaleazzo Visconti e lo Stocco di Estorre Visconti, agli arazzi cinquecenteschi, fino alle tele del XVII-XVIII secolo.

La Biblioteca Capitolare, è costituita da una vasta raccolta di testi di elevato valore storico ed artistico, datati tra il VI ed il XX, per un totale di circa 900 volumi.

Per la sua antichità, la Biblioteca è una delle più importanti d’Italia. La raccolta contiene circa 200 manoscritti: tra i più antichi un volume di dialoghi di San Gregorio Magno ed un palinsesto di libro liturgico, risalenti all’VIII secolo.

Tra i pezzi più importanti vi è il codice illustrato “De ratione temporum” del Venerabile Beda (XI sec), il Codice Purpureo, codici gotici miniati e codici musicali. Accanto ai manoscritti, opere a stampa, incunaboli e cinquecentine.

L’Organo Meridionale o Organo ZANIN, inserito nella cassa in cornu Evangelii, è un grande strumento di 12 piedi nello stile rinascimentale italiano; conta 17 registri, su un'unica tastiera. Il prospetto, formato dalle canne del Principale, presenta la tipica disposizione a cinque campate con organetti morti. Sotto il prospetto è collocato, su un somierino a mo' di Brustwerk, un registro ad ancia (Cornamuse), accessibile per l'accordatura attraverso un pannello intagliato.

Le canne sono costruite con le tradizionali leghe di piombo e stagno (95% di stagno per le canne di prospetto, 94% di piombo per le canne interne), secondo misure ricavate dai modelli storici.

La tastiera ha un'estensione di 54 note; la pedaliera, a leggio, ha 18 note. Il Principale Secondo ed i tre Flauti hanno un'estensione di 4 ottave; il Cornetto, destinato principalmente all'esecuzione della letteratura spagnola, ha inizio dal Do#3. L'accordatura secondo il temperamento mesotonico a quarti di comma sintonico, con terze maggiori perfettamente pure, contribuisce in modo determinante a caratterizzare la sonorità dello strumento. Il corista è più alto di un tono rispetto alla norma moderna (La3=492 Hz), come si riscontra di frequente negli strumenti rinascimentali, e come doveva essere in origine, secondo quanto si può desumere dalle dimensioni delle casse, negli organi del Duomo. La pressione del vento è di 46 mm di colonna d'acqua.

Nella medesima cassa trova posto un secondo organo di 6 registri, completamente indipendente, accordato all'unisono dell'organo settentrionale e pensato per dialogare con questo, in particolare con il Positiv, nell'esecuzione di letteratura a due organi o a due cori con basso continuo. Questo organetto ha una tastiera di 49 note (Do1-Do5) ed una pedaliera a leggio di 12 note (Do1-Si1). Le misure delle canne e le tecniche di intonazione sono riprese dagli strumenti di scuola callidiana.

Settentrionale o Organo METZLER, collocato nell'antica cassa in cornu Epistolæ, conta 29 registri ripartiti fra Hauptwerk, Positiv e Pedale. I tre corpi sono disposti all'interno della cassa in modo da risuonare in volumi differenti: l'Hauptwerk (Grand'Organo) è posto in corrispondenza del prospetto; il Positivo è inserito nel basamento, a sinistra della consolle; il Pedale è posto contro la parete di fondo. Il prospetto è formato dalle canne del Principale 16', disposte in tre campate.

Lo studio del progetto fonico, una volta definite le scelte stilistiche di base, è stato condotto con speciale attenzione alla risposta acustica dello strumento nell'ambiente, tenuto conto di fattori quali la particolare conformazione interna della cassa e la posizione poco usuale per un organo di questo genere. Alcune peculiarità degne di nota sono, ad esempio, il raddoppio nei soprani delle Octaven di 8' e 4' del Grand'Organo, o l'uso di canaletti in legno per una parte delle canne ad ancia.

Le canne sono ricavate da lastra in lega di stagno e piombo, trattata con il tradizionale procedimento di martellatura allo scopo di conseguire una superiore stabilità dell'intonazione; la composizione della lega varia a seconda dei registri: 70% di stagno per i Principali delle due tastiere, 35% per il Pedale, 13% e 35% per i Flauti, 35% e 70% per i registri ad ancia, 82% per le canne di prospetto. Le canne del Subbasso 16' e le più gravi del Principale 16', tappate, sono in legno di rovere.

Il concerto di campane di cui è dotato il Duomo è una preziosa opera d'arte settecentesca e rappresenta, nel panorama campanario dell'Italia settentrionale, un unicum di rilevanza eccezionale.

Dopo il disastroso incendio del 1740, che distrusse le cinque campane esistenti, col concorso di tutta la cittadinanza, l'incarico di approntare il nuovo concerto di otto campane, fu affidato a Bartolomeo Bozzio, che già aveva lavorato per la Basilica di Sant'Ambrogio a Milano e per il Torrazzo di Cremona.

Le otto campane furono consacrate il 15 giugno 1741, a soli 10 mesi e 15 giorni dall'evento che ne aveva privato la città.

Le prime tracce dell’attività di un gruppo di musici laici che presta servizio nella Basilica monzese risalgono al 1345, come cita il Chronicon Modoetiense di Bonicontro Morigia. Fino ad allora, i Canonici regolari erano affiancati nel canto liturgico da un gruppo di pueri, avviati alla vita ecclesiastica ed appositamente istruiti alla musica.

Da allora, l’attività della Cappella Musicale del Duomo di Monza è stata quasi ininterrotta anche se sono rari nelle pubblicazioni musicologiche inserite nei circuiti internazionali, studi sistematici ed approfonditi riguardanti la Cappella Musicale del Duomo di Monza con i suoi Maestri, dal Rinascimento in poi. Eppure in più occasioni gli studiosi hanno rilevato l'importanza che la Cappella ha rivestito non solo per Monza ed il circondario, ma addirittura per Milano ed il suo ambiente musicale e liturgico. Compito primario della Cappella Musicale è il servizio a tutte le più importanti e solenni celebrazioni del Duomo.

Pur impegnata a mantenere viva la tradizione di prestigio che le è stata riconosciuta nella storia e alla quale hanno contribuito anche grandi musicisti la Cappella non trascura altresì l'attività concertistica. Praticando il repertorio sacro di tradizione, dal Rinascimento ai giorni nostri, pone particolare interesse alle opere dei Maestri della Collegiata Monzese, ormai ineseguite da tempo, proponendo anche programmi concertistici rivolti a musicisti poco noti dell'area lombarda.

Su questi autori la Cappella compie un lavoro di valorizzazione: ricerca, trascrizione, studio, esecuzione, pubblicazione, incisione e divulgazione. Negli ultimi anni sono ormai molteplici le esecuzioni di opere inedite, in prima esecuzione moderna, di musiche di proprietà della Cappella stessa.




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LE CITTA' DELLA PIANURA PADANA : MONZA

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Quando si parla di Monza ci viene subito in mente la formula 1, ma Monza è molto di più con le sue chiese, parchi e ville.....una città tutta da scoprire.

Monza è un comune italiano, capoluogo della provincia di Monza e della Brianza, in Lombardia.

È il terzo comune della regione per popolazione dopo Milano e Brescia ed il trentaduesimo a livello nazionale. Dal 1992 fino al 2004, anno della costituzione dell'omonima provincia, è stato il comune non capoluogo di provincia più popoloso d'Italia.

La città sorge nell'alta pianura lombarda al margine meridionale della Brianza a una quota di 162 metri s.l.m.; dista circa 15 chilometri dal centro di Milano (solo circa 5, se si considerano i confini comunali delle due città) e circa 40 chilometri da Lecco e Como. Monza è il secondo comune più popoloso nell'area metropolitana di Milano.

Il suo territorio è attraversato da nord a sud dal fiume Lambro. All'ingresso a nord nel centro storico, fra le vie Zanzi e Aliprandi, una biforcazione del fiume creata artificialmente a scopo difensivo nei primi decenni del XIV secolo dà luogo al Lambretto, che si ricongiunge al corso principale del Lambro alla sua uscita a sud dall'antica cerchia delle mura (oggi interamente demolite). Un altro corso d'acqua, anch'esso artificiale, è il Canale Villoresi, realizzato nel XIX secolo, che attraversa il territorio di Monza da ovest ad est incrociando il Lambro al confine settentrionale del quartiere San Rocco.

Urne e corredi funerari, armi, lucerne, spilloni, vasellame vario: questi ritrovamenti databili all'età del bronzo (circa II millennio a.C.) sono state scoperti nel territorio monzese sul finire del XX secolo: questi ritrovamenti, oggi conservati nei depositi dei Musei Civici, documentano la sicura presenza nella regione di comunità socialmente organizzate di probabile origine celtica.

Un popolo dell'antica Gallia, gli Insubri, valicate le Alpi, si era stabilito intorno a Mediolanum (Milano), dividendosi in numerosi villaggi. In precedenza nella zona dell'antico vicus di Monza una tribù gallo-celtica aveva già fondato un villaggio in riva al fiume Lambro, così le due popolazioni si fusero.

Nell'anno 222 a.C. i consoli romani Gneo Cornelio Scipione Calvo e Marco Claudio Marcello sottomisero i Galli Insubri. La regione tuttavia, pochi anni più tardi, si sollevò all'arrivo di Annibale (218 a.C.).
Tornata nell'orbita di Roma nei primi decenni del II secolo a.C., la Gallia Cisalpina ottenne da Giulio Cesare la cittadinanza romana nel 49 a.C. (Lex Roscia).

Le prime testimonianze del vicus romano di Monza ci vengono da due iscrizioni su stele di pietra risalenti al I secolo d.C., ritrovate l'una nella chiesa di Santa Maria in Carrobìolo, l'altra nei giardini di Villa Reale.

Il nome latino della città era probabilmente "Modicia" (come testimonia la dedica incisa su di un'ara del II secolo dedicata ad Ercole dagli Juvenes Modiciates) anche se non lo si ritrova menzionato nei documenti né di età repubblicana, né imperiale.

Della Monza romana sono rimaste varie testimonianze quali ceramiche, grezze o dipinte, di uso quotidiano, are dedicate a Giove, Ercole e Mercurio, iscrizioni, sarcofagi, lapidi sepolcrali ed epigrafi di militari, commercianti e piccoli proprietari, spesso dai nomi celtici romanizzati.

Dai ritrovamenti pare che il nucleo principale della città fosse sulla sponda destra del fiume Lambro verso il duomo, e sulla sponda sinistra verso l'odierna chiesa di S.Maurizio. Le due zone erano collegate dall'unico monumento tuttora rimasto della Monza romana: il ponte sul fiume Lambro detto "di Arena", così chiamato perché si trovava nelle vicinanze di un luogo in cui i giovani praticavano attività ginnico-sportive.
Il ponte (che fu demolito nel XIX secolo per far posto all'odierno ponte dei Leoni) era lungo 70 m e largo 4, era composto di sette archi ribassati in cotto e serizzo, uno dei quali è tuttora visibile. Da qui passava la strada che da Milano conduceva a Lecco.

Le fondazioni di un ninfeo tardo romano sono state risistemate nel giardino della cosiddetta casa dei Decumani, poco lontano dal luogo del ritrovamento avvenuto ad est della cappella del Rosario del duomo.
In una zona non molto distante poteva anche trovarsi un'area sepolcrale, poiché i relativi materiali lapidei di recinzione furono reimpiegati come pilastri della stessa casa dei Decumani.
Monza, già importante vicus romano, acquistò maggiore prestigio nel VI secolo, quando Teodolinda, principessa bavara di fede cattolica vedova di Autari e sposa del re longobardo Agilulfo, scelse la città come residenza estiva della sua corte facendovi edificare un palazzo e, nel 595, una cappella palatina che costituì il primo nucleo storico del Duomo dedicato a san Giovanni Battista, dotato dalla regina di una rendita e di un tesoro. Alla donazione di Teodolinda è da ricondurre l’arrivo a Monza della Corona Ferrea, capolavoro di oreficeria gota che conserva al suo interno una lamina ricavata, secondo la tradizione, da uno dei chiodi della Croce di Cristo.
Più tardi nacque una leggenda riguardo alla costruzione dell'oraculum: secondo questa tradizione infatti Teodolinda, addormentatasi lungo la riva del Lambro durante una battuta di caccia del re e della corte longobarda, avrebbe visto in sogno una colomba, simbolo dello Spirito santo, che le avrebbe pronunciato la parola modo, ad indicare che avrebbe dovuto dedicare quel luogo a Dio. La regina a quel punto avrebbe risposto etiam, indicando la sua accondiscendenza al volere divino. Dall'unione delle due parole modo ed etiam sarebbe poi nato il nome della città: Modoetia. L'episodio è narrato, insieme ad altri della vita della regina, nel ciclo di affreschi dei fratelli Zavattari che decorano interamente le pareti della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza.

Papa Gregorio Magno, grazie all'influenza della regina, sostenne la conversione al cattolicesimo del popolo longobardo, ancora in gran parte pagano o ariano. Per incoraggiare e confermare la fede del popolo il papa donò una serie di oggetti di culto, molti dei quali, carichi di valore storico ed artistico, sono ancora oggi conservati nel museo del Duomo, insieme anche a numerosi oggetti d'arte di questo popolo: tra questi l'Evangeliario di Teodolinda, che papa Gregorio Magno donò nel 603 alla regina dei Longobardi.Lo stesso vincitore dei Longobardi, il franco Carlo Magno, venne incoronato re d’Italia con la Corona del Ferro, in ragione della sacralità conferita al diadema dalla presenza di tanto importante e significativa reliquia.
Con la morte nel 628 di Teodolinda il periodo monzese dei re longobardi ebbe termine.
Al XII secolo, con l'insediamento dell'imperatore Federico Barbarossa e della sua corte a Monza, e l’incoronazione a re d’Italia nel 1155, si può far risalire la nascita del Comune che troverà il suo simbolo distintivo nell'Arengario, il palazzo civico destinato a contrapporsi idealmente al Duomo, centro del potere religioso.
Inevitabilmente coinvolta nella lotta tra le famiglie milanesi dei Torriani e dei Visconti, Monza, dopo un lungo assedio, nel 1324 cadde in mano ai Visconti. Il XIV secolo portò grandi novità sul piano artistico ed urbanistico. L’anno 1300, primo Giubileo della storia della cristianità, vide l’inizio della ricostruzione del Duomo, promossa da Matteo Visconti. Nel 1325 furono gettate le prime fondamenta del Castello e, nel 1333 Azzone Visconti innalzò oltre tre chilometri di mura a fortificare il borgo. Verso la metà del 1400 il Comune si schierò risolutamente a favore della neonata Repubblica Ambrosiana contro Francesco Sforza, pretendente alla Signoria, ma dopo un lungo assedio la città dovette capitolare di fronte al condottiero, concludendo così la stagione storica del Comune monzese.
Il Medioevo terminò consegnando al periodo successivo un centro ricco di insediamenti religiosi e monastici, dotato di una sua ben precisa configurazione urbanistica, ma i secoli XVI e XVII furono funestati da guerre, carestie e pestilenze che decimarono la popolazione. Il dominio spagnolo coincise con la riduzione a feudo della città e del suo territorio: tra i signori avvicendatisi nel dominio di Monza vanno ricordati i De Leyva, famiglia cui appartenne la celeberrima Monaca di Monza (Virginia De Leyva), e successivamente i banchieri Durini.
Nel 1706 si registrò il passaggio dal dominio spagnolo a quello austriaco. Per Monza il cambiamento coincise con una vera e propria rinascita: vennero insediate unità manifatturiere e la città si espanse oltre la cerchia delle mura, abbattute proprio in questo periodo; inoltre, si assistette a una serie di campagne decorative nel Duomo e nelle chiese monzesi e alla costruzione della Villa Reale (1777-1780).
Ma alle porte della storia bussava ormai l’astro napoleonico e il 26 maggio 1805, nel Duomo di Milano, Napoleone Bonaparte venne incoronato Re d’Italia. A lasciare un’impronta positiva nelle vicende storiche cittadine fu il Viceré d’Italia, Eugenio di Beauharnais, infatti su sua iniziativa nacque, con decreto controfirmato da Napoleone nel 1806, il “grande Parco Reale” con un’estensione di 800 ettari. Fu inoltre abbattuto il Castello Visconteo (1809) e il sistema viario fu ristrutturato e razionalizzato.
La sconfitta di Waterloo comportò il ritorno del Lombardo-Veneto in mano agli Asburgo, che innescarono un processo di crescita e di sviluppo destinato a proseguire anche dopo l'Unità d’Italia con la Casa Savoia. In questi anni, Monza divenne centro industriale e commerciale d’importanza nazionale, grazie all’affermazione della lavorazione del feltro e la conseguente industria del cappello. Parallelamente alla vita economica, anche quella culturale e sociale ricevette benefici influssi dalla presenza della Corte Savoia in Villa reale. Tuttavia, la stagione di Monza come residenza dei reali terminò tragicamente il 29 luglio 1900 con l’assassinio di re Umberto I per mano dell’anarchico Gaetano Bresci: a ricordo del luttuoso evento venne eretta la Cappella Espiatoria.
Nel 1922 venne realizzato all'interno del parco l’Autodromo Nazionale che diverrà famoso negli anni e porterà il nome di Monza nel mondo.
Oggi, con i suoi 123.000 abitanti, Monza, capoluogo della Brianza è un importante centro industriale e residenziale.

Fin dall'epoca comunale Monza ha visto una fioritura di ordini monastici che hanno contribuito alla costruzione di chiese e conventi dei quali ancor oggi si possono ammirare le bellezze architettoniche e artistiche.
Questi ordini detenevano anche un forte potere economico ed amministrativo, un esempio è l'ordine degli Umiliati che venne fondato a Monza intorno al 1200 e che riusciva a coprire con la propria produzione tutto il mercato laniero del milanese.
Seguaci della regola benedettina 'Ora et Labora' fecero costruire nel XIII secolo delle splendide chiese quali Santa Maria del Carrobiolo e San Maurizio, quest'ultima ricostruita quasi interamente nella prima metà del 1700.

Di più antica costruzione è la Chiesa di San Michele che venne i gestita in seguito dagli Umiliati. Francescani sono invece Santa Maria delle Grazie e Santa Maria in Strada, mentre i Domenicani costruirono San Pietro Martire.

Un'altra chiesa che esisteva già dal 1141 è quella di San Biagio che è stata rimaneggiata più volte lungo i secoli, l'ultimo intervento risale al 1965 ad opera dell'architetto Caccia Dominioni.

Di un paio di secoli più tardi è la costruzione della chiesa di San Gerardo rimodernata e ampliata nel settecento e nell'ottocento.

Della fine del 1500 era la chiesa e il monastero di San Paolo, ora sede della caserma omonima. Nel 1608 venne costruita la chiesa di Santa Maria degli Angeli gestita dai Gesuiti prima e dai Barnabiti poi. Tra le costruzioni ecclesiastiche importanti vi è anche l'oratorio di San Gregorio, definito la Rotonda, costruito in epoca barocca vicino al cimitero , sembra su progetto di Pellegrino Tibaldi e in parte ricostruito alla fine del 1800. Un bell'esempio di chiesa neoclassica è la Cappella Reale inserita nell'ala sinistra della Villa Reale.

La Cappella Espiatoria, progettata dall'architetto Sacconi, è invece stata eretta a testimonianza del regicidio di Umberto I.

La chiesa di San Giuseppe costituisce l'esempio più recente di architettura ecclesiastica. Si tratta di una chiesa inserita in un complesso architettonico moderno e razionale che prevede spazi per la collettività extra culto, progettata dall'architetto Justus Dahinden nel 1972 ed ultimata nel 76.

Il fiume Lambro è molto interessante dal punto di vista dell'archeologia industriale monzese, le acque costituivano una preziosa forza motrice per l'attiva industria monzese ricca di opifici e di filande. Dal 1600 in poi ha visto un grande fiorire di mulini che nel corso dei secoli sono passati dai mulini utilizzati per la lavorazione della seta a quelli per il grano e a quelli per il cotone.

Un esempio è la ditta tessile Frette che per il candeggio dei suoi tessuti si serviva dell'acqua del Lambro, ma non possiamo tralasciare i cappellifici che usavano acqua e acido in abbondanza.

Anche l'industria agricola così come l'attività ittica, hanno beneficiato delle acque di questo fiume e - grazie ad un sistema di chiuse - delle sue rogge (Rogge = fosse derivate dal fiume, irrigatorie e per muovere mulini o gualchiere).

Dal lago di Pusiano sino a Monza, il Lambro denomina una zona destinata a Parco, "Parco della Valle del Lambro", i limiti di questa zona sono stati originati da una proposta di legge risalente al 1972 divenuta legge nel settembre del 1983. L'obiettivo che la Regione si prefigge è la salvaguardia dell'ambiente e la protezione della vegetazione soprattutto quella all'interno del Parco della Villa Reale, inoltre il recupero e il riutilizzo dei beni storici, naturalistici e paesaggistici presenti nel territorio.
Villa Durini, la Grassa è realizzata dall'architetto Amati su preesistente villa barocca attraverso canoni neoclassici pur nei vincoli dovuti all'impianto edilizio precedente. L'immobile insieme ad altri quali la Villa Durini - S. Giacomo, La Villa Mirabello, la Villa Mirabellino, il Palazzo Durini, testimonia la presenza e l'attività sul territorio monzese dei Conti Durini. L'edificio rappresenta un tipico esempio di villa extraurbana destinata alla conduzione dei fondi agricoli di proprietà delle famiglie nobili milanesi.

La salubrità  del territorio lambito dal Lambro, l'importanza che ebbero le sue rogge ed i fontanili per lo sviluppo  dell'agricoltura, la vicinanza alle grandi aree urbane, furono i fattori che  permisero la fioritura di ville e cascine in questa area, costruite a partire dal 1400 fino alla fine dell'800.

Il doppio ruolo ricoperto dalle ville Mirabello e Mirabellino, quello di casa di svaghi e delizie e quello di residenza legata alla  conduzione dei fondi, fu comunque espressione della potenza economica e politica  del proprietario. Durante la prima metà  del '400, un'ordinanza viscontea che  obbligava chiunque fosse proprietario di un fondo di piantare 5 gelsi per ogni  100 pertiche di terreno, trasformò la zona della Brianza, e Monza in  particolare, in un fiorente luogo di coltura dei bachi da seta permettendo così lo sviluppo della lavorazione di essa.

La Villa Archinto Pennati in stile neoclassico di probabile  progetto del Canonica è stato realizzato nel 1829  su una preesistente villa  settecentesca. L'impianto della villa si sviluppa verso la strada con un corpo principale e due ali laterali attorno ad un cortile pavimentato. Di particolare interesse il grande parco con laghetto realizzato secondo i canoni paesaggistici  del pittoresco inglese. L'edificio testimonia l'influenza che ebbe la Villa  Reale nel nuovo insediamento di numerose residenze nobiliari nell'area adiacente  alla Villa Reale stessa..

La Villa Crivelli Mesmer è stata realizzata all'inizio del XVIII secolo con canoni estetici e costruttivi non riscontrabili nelle ville lombarde del medesimo periodo. L'uso del mattone a vista e l'andamento curvilineo della facciata sono piuttosto da ricondurre alla tradizione e ai  motivi dell'architettura barocca piemontese. L'immobile è attualmente sede del  comando della Guardia di Finanza.

La Villa Prata in stile neoclassico realizzata all'inizio del XVIII secolo sviluppata attorno ad una corte con  corpo centrale, ali laterali e parco retrostante. L'immobile testimonia il  notevole sviluppo a Monza della tipologia della villa nobiliare per tutto il XVIII secolo. Di particolare interesse la cancellata e le balaustre in ferro battuto.

La Villa Calloni in stile neoclassico realizzata nella  prima metà  del XIX secolo. L'immobile rappresenta un adattamento urbano del  modello tipico della villa neoclassica sviluppata attorno ad una corte con corpo centrale e ali laterali.

La Villa Carminati in stile neoclassico è stata realizzata intorno  al 1830 su progetto dell'architetto Pestagalli articolato con corpo centrale,  ali laterali e giardino posteriore. La facciata presenta interessanti bassorilievi raffiguranti le stagioni.

Il palazzo del Municipio è un bell'esempio architettonico di un periodo storico, quello fascista, che ha voluto valorizzare la classicità, la linearità e la funzionalità. Sorge su un'area che un tempo costituiva la Piazza del Mercato, l'antico Pratum Magnum e dove si trovano oggi la Piazza Trento e Trieste e Piazza Carducci.
Progettato dall'architetto Augusto Brusconi, venne costruito nel 1925, ma il suo completamento ed ampliamento avvenne nel 1932 con l'intervento dell'ingegner Sacchi.

Si tratta di un edificio rappresentativo di pianta rettangolare di quattro piani fuori terra compreso l'ammezzato. I quattro fronti monumentali hanno alti zoccoli bugnati in granito grigio, nella parte progettata dall'Ingegner Sacchi e che si sviluppa verso Piazza Carducci trova spazio un interessante porticato.
L'interno si sviluppa attorno a due cortili. Questo palazzo, che occupa un'area di 3160 mq., conserva ancora tutta la struttura, i serramenti, la pavimentazione e parte dell'arredamento originali.

San Gerardino è un rione caratteristico del centro storico come quello, più a sud del Lambro, detto "i Mulini". Presenta una suggestiva veduta prospettica delle case che si ergono sul fiume che, una cinquantina di anni fa, qui si divideva in vari rami che servivano ad azionare i mulini ad acqua (di questi mulini è rimasto un frantoio). In un cortile con loggiato di via Gerardo dei Tintori è la suggestiva chiesetta detta di San Gerardino (che in realtà è la più antica delle tre chiese cittadine intitolate al santo compatrono di Monza) con affreschi interni, risalenti al Cinquecento e attribuibili in parte alla scuola luinesca. La chiesetta in realtà è parte dell'ospedale di San Gerardino, complesso articolato in diversi corpi di fabbrica, fondato dal santo nel 1174, rimaneggiato in varie epoche, e in uso fino al XVIII secolo. In questo rione si svolge annualmente, il 6 giugno, la tradizionale sagra di san Gerardo, compatrono della città, con la posa di una statua del santo nel letto del fiume.

Il Ponte di San Gerardino attraversa il fiume Lambro in corrispondenza della casa e dell'antico ospedale del santo monzese. Un concio di pietra di una delle arcate reca incisa la data 1715.

Nei pressi del ponte settecentesco detto di San Gerardino sorge il mulino Colombo. Il mulino, già attivo all'inizio del XVIII secolo, era impiegato in origine per macinare il grano, poi per la follatura della lana e infine venne utilizzato come frantoio. All'interno, si conservano la macina, il torchio e altri antichi attrezzi. È utilizzato in brevi periodi dell'anno per mostre a cura del Museo etnologico di Monza e Brianza.

Il ponte dei Leoni sul fiume Lambro fu edificato nel 1842 vicino ai resti del grande ponte romano, detto "d'Arena", del I secolo (un'arcata del quale è tuttora visibile presso un'estremità dell'attuale ponte) in occasione dell'apertura della via Ferdinandea, oggi via Vittorio Emanuele.

Il ponte è costituito da tre arcate ribassate con spallette in granito. Ai lati i quattro leoni di marmo, su basamento, sono opera dello scultore Antonio Tantardini.

La via Lambro è ritenuta la più antica di Monza. Situata nel nucleo primitivo della città medioevale, parte da piazza Duomo e si estende sul fianco sinistro della basilica, scendendo verso il Lambro con tracciato regolare e passando verso la sua fine sotto una "casa torre" medioevale ("Punt Scür" in dialetto). Questa torre, detta "di Teodolinda", è in realtà duecentesca ed è stata restaurata completamente nell'Ottocento. Ha monofore, trifore e merli guelfi che poggiano sopra una cornice di archetti. All'inizio della strada si notano alcune case "a sporto" del Trecento e del Quattrocento con balconcini di ferro.

Sul Ponte de la Mariotta era situata la porta de' Gradi (porta d'Agrate) che fu demolita nel 1908. Il ponte collega via Bergamo con via De Gradi e aveva preso il nome di un'ortolana, Mariotta, che aveva la sua bancarella sotto l'arcata della porta.

Fra la prima metà del trecento e la seconda del quattrocento Monza fu dominata dai Visconti, i quali fecero erigere delle mura difensive con castello e torre.

Le fondamenta della Torre Viscontea vennero gettate nel 1325 mentre un notevole ampliamento venne effettuato nel 1357. Le mura ed il castello lambiti dal fiume Lambro vennero abbattuti nel 1809, l'unica parte architettonica di questo complesso che è rimasta pressocchè indenne è la Torre. Si trattava di un enorme quadrilatero edificato sul fiume che all'epoca della sua costruzione e fino alla seconda metà del settecento era stato usato come carcere. La tipologia delle sue celle carcerarie l'ha tristemente resa famosa col nome di "Forni".

Una descrizione del 1767 rende molto bene l'idea: "...il centro più sostanziale della rocca conteneva alcuni ripiani e di sotto cupe prigioni, una fra le altre chiamata per l'orrore il forno, dove si calavano i rei per una buca, che tuttora esiste nel piano al primo ingresso..."

Primo sperimentatore di queste carceri fu proprio il suo costruttore Galeazzo Visconti che venne rinchiuso assieme ai suoi fratelli e ai suoi figli per nove mesi ad opera del suo ex alleato Ludovico il Bavaro.

Nella torre sono visibili le feritoie del ponte levatoio, una bifora gotica ed un stemma in pietra di Carlo II di Spagna.

La Torre via Lambro è un edificio duecentesco in origine parte della struttura difensiva della città murata medioevale, successivamente utilizzato come porta per transito delle merci dal fiume Lambro alle piazze centrali.

L'edificio pur avendo subito successive modificazioni manifesta ancora chiaramente le sue origini medioevali.

La Torre dei Gualtieri è stata realizzata nella sua parte originaria nel XIII° secolo con la tipologia medioevale a torre. L'edificio ha subito nelle epoche successive diverse modificazioni sia strutturali che formali riconoscibili dalle diverse altezze delle aperture sulla facciata.

L'elemento tipico del paesaggio agrario esterno alla città storica sono le cascine. In origine questi edifici costituivano piccole comunità produttive autonome sul modello derivato dalle corti agrarie medioevali; successivamente furono in parte inglobate dalle espansioni del tessuto urbano e utilizzate per soli scopi residenziali.

Attualmente rimangono alcuni esempi di tali architetture riconoscibili per il tipico impianto edilizio.

Le case ringhiera rappresentano la tipologia storica di edificio urbano destinato alla residenza popolare, riconoscibile dall'elemento distributivo tipico del ballatoio. Queste abitazioni sono riscontrabili in numerosi episodi nella parte storica della città e rappresentano un segno caratteristico del paesaggio urbano di Monza.

Il Cappellificio Cambiaghi è tra i più importanti e rinomati di Monza, costruito intorno al 1880, di cui rimangono solo alcune piccole parti dalle quali si denotano particolari costruttivi tipici dell'architettura industriale. L'impianto era insediato all'interno delle mura cittadine, in un' area molto estesa storicamente poco edificata per le piene del fiume Lambro.
La struttura industriale era articolata con numerosi corpi di fabbrica destinati alle varie fasi della lavorazione del cappello; l'impianto edilizio era composto da capannoni con struttura portante metallica, palazzine per uffici, e costruzioni tecniche tra le quali il serbatoio idrico.


Il Cappellificio Monzese di grandi dimensioni è stato costruito intorno al 1870 e attivo fino agli anni '70. L'impianto era insediato su un'area adiacente alla linea ferroviaria, attualmente sede di uffici pubblici. La struttura produttiva era articolata con diversi tipologie edilizie, capannoni, palazzine per uffici e residenza operaia.

L'edificio principale un tempo adibito ad uffici, presenta nella facciata richiami neoclassici ed è preceduto da un giardino contenuto tra le due ali laterali.

Il Chiostro degli Umiliati è stato realizzato nella seconda metà del quattrocento un tempo sede del Convegno del Terzo Ordine degli Umiliati. Il complesso edilizio rimane l'unica testimonianza dell'attività svolta per diversi secoli a Monza dall'Ordine dei Frati Umiliati nel campo dell'assistenza sanitaria ai poveri e nella produzione dei panni di lana. L'edificio a corte interna si affaccia su un chiostro porticato su due lati.

L'ex collegio Bosisio in stile neoclassico è stato realizzato nella prima metà del XIX° secolo con corpo centrale a timpano e ali laterali. La facciata presenta in corrispondenza di ognuna delle undici finestre del primo piano un tondo in terracotta raffigurante personaggi illustri.

La Stazione Reale in stile eclettico è stata realizzata sul vialone di accesso alla Villa Reale in corrispondenza della linea ferroviaria. L'immobile era parte di una serie di infrastrutture previste a servizio esclusivo della Villa Reale e dei suoi ospiti.

Il Seminario Arcivescovile originariamente comprendeva la chiesa di San Francesco e il convento annesso risalenti alla fine del XIII° secolo; su progetto dell'architetto Segrè fu riconvertito a funzioni ospedaliere alla fine del XVIII° secolo.

Nel XIX° secolo  attraverso successivi restauri, il più importante dei quali progettato dall'architetto Moraglia, l'edificio acquistò la forma attuale con cortile interno a doppio colonnato. Il complesso fu destinato per tutto il XIX° secolo a Seminario arcivescovile e successivamente riconverito ad usi scolastici. Attualmente l'immobile è destinato a scuola superiore, biblioteca comunale e spazi espositivi.


A Monza si trovano due distaccamenti della facoltà dell'Università di Milano-Bicocca: la facoltà di Medicina e Chirurgia e la facoltà di Sociologia.
Sede monzese dell'Università di Milano-Bicocca
La facoltà di Medicina e Chirurgia è situata nel campus adiacente l'Ospedale San Gerardo di Monza e comprende:
un corso di laurea esaennale in Medicina e chirurgia;
tre corsi quinquennali in: Odontoiatria e Protesi Dentaria, Biotecnologie mediche, Scienze infermieristiche e ostetriche.
altri corsi di laurea di durata variabile in: Infermieristica; Ostetricia; Fisioterapia; Terapia della Neuro e Psicomotricità dell'età evolutiva; Tecniche di laboratorio biomedico; Tecniche di radiologia medica,per immagini e radioterapia; Igiene dentale.
corsi post-laurea di specializzazione, master e dottorati
La facoltà di Sociologia è situata in edifici dell'ex Ospedale Umberto I, nelle vicinanze della stazione ferroviaria, e comprende:
un corso di Laurea in Scienze dell'organizzazione.


Il Museo del Duomo si trova in una serie di ambienti sotterranei all'interno del Duomo. La raccolta comprende gran parte dei tesori risalenti all'epoca della regina Teodolinda, tra cui la Chioccia con i pulcini, la Croce di Agilulfo e la famosa Corona Ferrea.
Le raccolte dei Musei civici di Monza sono attualmente collocate nel nuovo Museo "Casa degli Umiliati". Nelle raccolte sono confluite le opere della Pinacoteca Civica e del Museo dell'Arengario.
Ci sono anche il Museo etnologico di Monza e Brianza e il museo Mulino Colombo.
La città di Monza conta varie sale teatrali e associazioni culturali:

Teatrino di Corte, nel complesso della Villa Reale
Teatro Manzoni
Teatro Villoresi
Teatro Binario 7
Sala San Carlo
AreaOdeon - associazione culturale.

Le feste tradizionali di Monza: 

Fiera delle Grazie
Si svolge ogni anno la domenica successiva al 25 marzo, nel giorno dedicato all'Annunciazione di Maria Vergine, in via Montecassino.  
Attorno al Santuario della Madonna delle Grazie si concentrano bancarelle con prodotti artigianali locali, merci di vario genere e i "firun", un  dolce tipico di Monza (castagne cotte al forno infilate a formare delle collane).
Festa di San Gerardo
Si celebra il 6 giugno di ogni anno, in ricordo dell'anniversario della morte del santo monzese. 
E' una festa tipicamente religiosa, rappresentata con una cerimonia particolare che ha inizio la sera prima della ricorrenza con la deposizione della statua di San Gerardo nel Lambro, in località San Gerardino, per ricordate un suo miracolo:
narra infatti la leggenda che durante la carestia il santo portò del cibo ad alcune famiglie che vivevano al di là del Lambro. Non avendo a disposizione ne' zattere ne' barche, stese il suo mantello carico di provviste e lo traghettò dall'altra parte del fiume. Un altro miracolo del santo è ricordato dalla sagra pagana delle ciliegie, che proprio in questa occasione sono vendute ai monzesi.
Sagra di San Giovanni
E' la festa più rinomata e attesa. Si svolge nelle due settimane antecedenti il 24 giugno, giorno dedicato al patrono di Monza, San Giovanni Battista.
Non è una vera sagra, ma una serie di manifestazioni culturali, sportive e folcloristiche che si dipanano per tutta la città durante tutto il periodo.
Momenti clou sono il Corteo storico e gli strabiglianti fuochi artificiali eseguiti a suon di musica nei giardini della Villa Reale. 
La Sagra ha origini antichissime in ricordo della costruzione del Duomo, proprio dedicato a San Giovanni e voluto dalla regina Teodolinda.
Monzapiù
E' una nuova manifestazione che si svolge nella settimana del Gran Premio di Formula 1, ai primi di settembre.
Ormai entrata nella tradizione, vede la partecipazione di centinaia di migliaia di persone che ogni sera affollano le piazze della città per assistere ai diversi eventi in programma: 
concerti, iniziative motoristiche, per i bambini, spettacoli, incontri.
Festa del Sacro chiodo
E' una festa religiosa in programma ogni anno la terza domenica di settembre.
Una grande rievocazione storica con la Corona Ferrea portata in processione lungo le vie cittadine.

A Monza, anche se è facile trovare locali che offrono le più diverse specialità etniche, i menù a base di ricette della cucina brianzola, sicuramente genuina, naturale, per niente sofisticata vanno per la maggiore.

E' una cucina legata alla terra, alle tradizioni della campagna, che proprio per tradizione segue il ciclo naturale delle coltivazioni della terra.

Una cucina povera negli ingredienti ma ricca di sapori come la polenta "vonscia" o quella "conscia", la minestra di lardo, la luganega.

Fra le antiche ricette di dolci, Monza ha riscoperto il "pantramvai", un pane con le uvette, che si comprava cento anni fa con il resto del biglietto del tram.


Persone legate a Monza:

San Gerardo dei Tintori
Paolo Mantegazza, senatore e medico
Mosè Bianchi, pittore
Elio Baldoni, geriatra e commendatore
Teodorico (454-526), re degli Ostrogoti
Teodolinda (?-627), regina dei Longobardi
Agilulfo (?-616), re dei Longobardi
Adaloaldo (602-626), re dei Longobardi e re d'Italia
Gundeperga (591-?), regina dei Longobardi e regina d'Italia
Rotari (606-652), re dei Longobardi e re d'Italia
Berengario I (850?-924), re d'Italia e imperatore
Ariberto da Intimiano (970?-1045), arcivescovo di Milano
San Gerardo dei Tintori o Tintore (tra il 1134 e il 1140 - 1207), santo compatrono di Monza
Bonincontro Morigia (sec.XIV), storico monzese
Enrico Aliprandi (sec. XIV), signore di Monza
Matteo I Visconti (1250-1322), signore di Milano
Galeazzo I Visconti (1277-1328), signore di Milano, ordina la costruzione del castello di Monza
Pinalla Aliprandi (?-1339), condottiero
Martino Aliprandi (?-1339), giurista e ambasciatore
Matteo da Campione (?-1396), scultore e architetto
Estorre Visconti (1346-1413), signore di Monza e di Milano
Gian Galeazzo Visconti (1347-1402), duca di Milano
Caterina Visconti (1362-1404), duchessa di Milano
Giuseppe Arcimboldo (1527-1593), pittore
Bartolomeo Zucchi (1570-1630), sacerdote, letterato, storico e filosofo
Marianna de Leyva (o suor Virginia) (1575-1650), nota come "La Monaca di Monza"
Paolo Frisi (1728-1784), sacerdote barnabita, matematico e astronomo
Antonio Francesco Frisi (1733-1817), canonico del duomo e storiografo monzese
Giuseppe Piermarini (1734-1808), architetto
Andrea Appiani (1754-1817), pittore
Amos Dell'Orto (circa 1842), costruttore di macchine tipografiche
Luigi Canonica (1764-1844), architetto e urbanista
Giuseppe Longhi (1766-1831), incisore
Carlo Amati (1776-1852), architetto
Paolo Caronni (1779-1842), incisore
Eugenio di Beauharnais (1781-1824), viceré d'Italia
Maria Ludovica d'Asburgo-Este (1787-1816), imperatrice d'Austria 1808-16
Eugenio Villoresi (1810-1879), ingegnere
Amato Amati (1831-1904), patriota e geografo
Paolo Mantegazza (1831-1910), medico, fisiologo
Luigi Crippa (1838-1895), scultore
Mosè Bianchi (1840-1904), pittore
Achille Mapelli (1840-1894), uno dei Mille, avvocato
Umberto I d'Italia (1844-1900), re d'Italia
Beato Luigi Talamoni (1848-1926), sacerdote, fondatore dell'istituto delle Misericordine
Vincenzo Appiani (1850-1932), musicista
Giuseppe Cambiaghi (1851-1925), industriale
Eugenio Spreafico (1856-1919), pittore
Pompeo Mariani (1857-1927), pittore
Emilio Borsa (1857-1931), pittore
Gemma Bellincioni (1864-1950), soprano
Alfredo Zopfi (1864-1924), industriale
Alessandro Anzani (1877-1956), industriale meccanico, pioniere dell'aeronautica
Gerolamo Gaslini (1877-1964), industriale oleario e filantropo
Raffaele De Grada (1855-1957), pittore, insegnante dell'ISIA
Pio Semeghini (1878-1964), pittore
Guido Balsamo Stella (1882-1941), direttore dell'ISIA
Leonardo Dudreville (1885-1976), pittore
Anselmo Bucci (1887-1955), pittore e incisore
Guido Caprotti (1887-1966), pittore e scultore
Arturo Martini (1889-1947), scultore
Riccardo Bacchelli (1891-1985), scrittore e drammaturgo
Elisabetta Keller (1891-1969), pittrice
Guido Pajetta (1898-1987), (pittore)
Giovanni Battista Stucchi (1899-1980), partigiano politico e alpino
Placido Maria Cambiaghi (1900-1987), vescovo di Crema e di Novara
Marino Marini (1901-1980), scultore
Gian Luigi Centemeri (1903-1997), musicologo e compositore
Giordano Bruno Lattuada (1903-1978), pittore
Pina Sacconaghi (1906-1994), pittrice
Leonardo Spreafico (1907-1974), pittore
Fiore Martelli (1908-1934), pittore e ceramista
Gianni Citterio (1908-1944), partigiano medaglia d'oro al valor militare
Costantino Nivola (1911-1988), pittore e scultore
Roberto Crippa (1921-1972), pittore e scultore
Elio Baldoni (1921-2014), medico geriatria e commendatore
Corrado Spagnolo (1922-1943), ufficiale di artiglieria, medaglia d'oro al valor militare
Luca Crippa (1924-2002), pittore
Giuseppe Civati (1975), politico
Roberto Colombo (1975), terzo portiere del Napoli
Roberto Maria Cucinotta (1956), organista e compositore
Elio De Capitani (1953), regista, attore e fondatore del Teatro dell'Elfo
Christian Di Domenico (1969), attore teatrale
Arianna Errigo (1988), campionessa olimpica di scherma
Filippo Facci (1967), giornalista
Federica Fontana (1977), modella e showgirl
Andrea Fumagalli (1971), musicista e cantante
Umberto Galimberti (1942), filosofo, psicologo, psicoanalista e docente all'Università Ca' Foscari di Venezia
Mauro Ermanno Giovanardi (1962), cantautore italiano
Gianluca Grignani (1972), cantante
Luciano Maciotta (1943), artista e ingegnere del movimento spazialista
Davide Mandelli (1977), calciatore.
Daniele Massaro (1961), calciatore
Fabrizio Mazzotta (1963), doppiatore e dialoghista italiano
Morgan (1972), cantautore e musicista italiano
Diego Passoni (1976), conduttore radiofonico, conduttore televisivo e ballerino italiano
Paola Perego (1966), conduttrice televisiva
Lorenzo Riva (1938), stilista
Micol Ronchi (1986), modella e showgirl
Davide Van de Sfroos (1965), cantautore e scrittore italiano
Stefano Paolo Giussani (1966), giornalista, scrittore e blogger italiano
Francesco Antonioli (1969), calciatore, allenatore
Stefano Mauri (1980) calciatore
Adriano Galliani (1944) imprenditore, dirigente sportivo
Paola Perego (1966) conduttrice televisiva, attrice, imprenditrice, ex indossatrice
Luigi Giovanni Maria "Gatto" Panceri (1962) cantante, musicista
Gianni Bugno, Ciclista campione del mondo
Ernesto Ambrosini (1894-1951), olimpionico ad Anversa nel 1920 e a Parigi nel 1924
Fiorenzo Magni (1920-2012),campione di ciclismo su strada, imprenditore a Monza
Valentino Giambelli (1928), calciatore e imprenditore monzese
Vittorio Brambilla (1937-2001), pilota F1
Adriano Galliani (1944), dirigente sportivo
Daniele Massaro (1961), calciatore
Fabrizio Barbazza (1963), pilota F1
Filippo Galli (1963), calciatore
Gianni Bugno (1964), ciclista
Francesco Antonioli (1969), calciatore
Pierluigi Casiraghi (1969), calciatore
Massimo Brambilla (1973), calciatore
Franco Tognini (1907-1980), olimpionico medaglia d'oro a Los Angeles 1932
Martino Minuto (1988), schermitore
Arianna Errigo (1988), schermitrice, medaglia d'argento ai giochi olimpici di Londra 2012
Roberto Riva (1986), pattinatore artistico a rotelle, pluricampione del mondo
Christian Abbiati (1977), calciatore.

Buona visita.....e se per disgrazia succede qualcosa c'è l'ospedale San Gerardo.








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