Visualizzazione post con etichetta gelosia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta gelosia. Mostra tutti i post

lunedì 3 ottobre 2016

UCCIDERE PER ADULTERIO

.


Pare che in Italia la tendenza dell’omicidio volontario, dal 1990, abbia subito parecchi cambiamenti (primo tra tutti il calare del numero dei morti). Se, infatti, vent’anni fa erano le stragi di mafia e i regolamenti di conti tra organizzazioni criminali a fare il maggior numero di morti, oggi sembra che si muoia di più tra le mura domestiche per mano di mariti, fidanzati, partner e amanti.

A farne le spese sono le donne. Un tempo, infatti, le donne venivano assassinate con meno frequenza. Anche se ancora adesso sono gli uomini a uccidere e a morire maggiormente, le donne compaiono con una certa allarmante frequenza nelle cronache in veste di vittime.

I casi di uomini che uccidono le loro donne si contano sia tra gli italiani che tra gli immigrati.

Il motivo del contendere, il movente, pare sia sempre più o meno lo stesso: gelosia. Alcuni uomini uccidono perché convinti di essere o di essere stati traditi dalla compagna o per motivi che rientrano a pieno titolo nella voce “gelosia”, altri non sembra seguano questo copione.

La gelosia ha preso una connotazione totalmente negativa. Eppure essere gelosi della propria moglie, compagna, del proprio partner, non dovrebbe essere una cosa brutta.

La gelosia, quella buona, indica l’unicità della relazione. E, se è vero che ci sono i gelosi patologici, è anche vero che non è possibile, statisticamente parlando, che tutti gli uomini che ammazzano le donne ne soffrano.

Il possesso, invece, l’avere una donna, il possederla (non solo a letto), il controllarla, comandarla, dirigerla è tutt’altra faccenda. E pare che il problema sia proprio questo e non (solo) la gelosia (patologica). Gli uomini, quelli che uccidono (ma anche quelli che picchiano, che violentano, che umiliano), sembrano spaventati dall’eventualità di perdere l’oggetto del loro potere.

Per secoli, il "dispotismo domestico", come lo chiamava nel XIX secolo il filosofo inglese John Stuart Mill, è stato giustificato nel nome della superiorità maschile. Dotate di una natura irrazionale, "uterina", e utili solo - o principalmente - alla procreazione e alla gestione della vita domestica, le donne dovevano accettare quello che gli uomini decidevano per loro (e per il loro bene) e sottomettersi al volere del pater familias. Sprovviste di autonomia morale, erano costrette ad incarnare tutta una serie di "virtù femminili" come l'obbedienza, il silenzio, la fedeltà. Caste e pure, dovevano preservarsi per il legittimo sposo. Fino alla rinuncia definitiva. Al disinteresse, in sostanza, per il proprio destino. A meno di non accettare la messa al bando dalla società. Essere considerate delle donne di malaffare. E, in casi estremi, subire la morte come punizione.

Le battaglie femministe del secolo scorso avrebbero dovuto far uscire le donne da questa terribile impasse e sbriciolare definitivamente la divisione tra "donne per bene" e "donne di malaffare". In nome della parità uomo/donna, le donne hanno lottato duramente per rivendicare la possibilità di essere al tempo stesso mogli, madri e amanti. Come diceva uno slogan del 1968: "Non più puttane, non più madonne, ma solo donne!".

Paradossalmente, molti di questi delitti passionali non sono altro che il sintomo del "declino dell'impero patriarcale". Come se la violenza fosse l'unico modo per sventare la minaccia della perdita. Per continuare a mantenere un controllo sulla donna. Per ridurla a mero oggetto di possesso. Ma quando la persona che si ama non è altro che un oggetto, non solo il mondo relazionale diventa un inferno, ma anche l'amore si dissolve e sparisce. Certo, quando si ama, si dipende in parte dall'altra persona. Ma la dipendenza non esclude mai l'autonomia. Al contrario, talvolta è proprio quando si è consapevoli del valore che ha per se stessi un'altra persona che si può capire meglio chi si è e ciò che si vuole. Come scrive Hannah Arendt in una lettera al marito, l'amore permette di rendersi conto che, da soli, si è profondamente incompleti e che è solo quando si è accanto ad un'altra persona che si ha la forza di esplorare zone sconosciute del proprio essere. Ma, per amare, bisogna anche essere pronti a rinunciare a qualcosa. L'altro non è a nostra completa disposizione. L'altro fa resistenza di fronte al nostro tentativo di trattarlo come una semplice "cosa". È tutto questo che dimenticano, non sanno, o non vogliono sapere gli uomini che uccidono per amore. E che pensano di salvaguardare la propria virilità negando all'altro la possibilità di esistere.



Donne decapitate, bruciate, lapidate, pugnalate, folgorate, strangolate e seppellite vive per lavare “l’onore di famiglia” – sono terrificanti. Le ultime statistiche mondiali pubblicate dall’Onu nel 2007 parlano di circa cinquemila morti all’anno, ma in Medio Oriente e nel sudest asiatico molte associazioni di donne sospettano che le vittime siano al meno quattro volte di più.

L’Independentha condotto un’indagine durata dieci mesi in Giordania, Pakistan, Egitto, Gaza e Cisgiordania per raccontare questi crimini, che riguardano soprattutto donne giovanissime, spesso adolescenti. Tra le vittime ci sono anche degli uomini e, sebbene i giornalisti la descrivano come un’usanza prevalentemente musulmana, i delitti d’onore avvengono anche nelle comunità cristiane e indù.
Il concetto di “onore” va al di là della religione e trascende la pietà umana. Le volontarie che lavorano nelle organizzazioni peri diritti umani, ad Amnesty International, nelle associazioni delle donne, e negli archivi dei mezzi d’informazione, ci dicono che la strage delle innocenti accusate di aver disonorato la famiglia si aggrava ogni anno che passa.
I delitti d’onore sono frequenti soprattutto tra i kurdi dell’Iraq, tra i palestinesi della Giordania, in Pakistan, e in Turchia. Forse però questa sproporzione dipende dal fatto che in alcuni Paesi la stampa è più libera di denunciare e compensa la segretezza che circonda gli stessi delitti in Egitto, dove il governo nega che esistano, e in altri Paesi del Golfo e del Medio Oriente. Da molto tempo i delitti d’onore sono aumentati anche in Occidente: in Gran Bretagna, in Belgio, in Russia, in Canada. In molti Paesi del Medio Oriente, le autorità sono complici dì questi crimini, e riducono o addirittura annullano le condanne degli assassini se le donne fanno parte della famiglia, oppure classificano gli omicidi come suicidi per evitare i processi.

Il ruolo della donna nelle associazioni criminali di stampo mafioso è sempre stato caratterizzato da una certa ambiguità. La presenza femminile nell'organizzazione si basa sia su un’esclusione formale che in una partecipazione sostanziale alla vita dell'organizzazione.

Le donne non fanno giuramento di fedeltà all'organizzazione perché il loro primo dovere è quello di essere fedeli ai propri uomini. Nei casi in cui alle donne venga riconosciuto tale titolo, queste hanno il compito di dare assistenza ai latitanti, di far circolare le ‘mbasciate e di mantenere i contatti, attraverso i colloqui, tra i detenuti e l’organizzazione esterna.

Sono cruciali nel sistema della vendetta e risultano indispensabili in uno dei momenti simbolici più importanti per l’organizzazione, i matrimoni. La donna non risulta inserita nella dimensione inter-organizzativa, ma svolge funzioni essenziali nella dimensione famigliare dell’unità di base. Le donne risultano in grado di svolgere i ruoli criminali richiesti ai membri dell’organizzazione proprio perché sono appartenenti alla famiglia biologica. Per questo le donne non necessitano di ulteriori riti simbolici: sono considerate già per nascita fedeli e leali all'organizzazione.

La donna deve salvaguardare la reputazione maschile (che garantisce agli uomini di essere formalmente affiliati alla mafia) attraverso la sua rispettabilità e onorabilità. Alle donne era perciò richiesto un comportamento sessuale "corretto", ossia la verginità prima delle nozze e successivamente la castità. Per evitare la perdita dell'onore gli uomini dovevano così esercitare uno stretto controllo sulle proprie donne, un controllo che permaneva attraverso gli occhi del clan qualora l'uomo fosse stato incarcerato. Se l'uomo si dimostra capace di mantenere un controllo totale sulla propria donna, agli occhi degli altri sarà capace di mantenere un controllo anche sul proprio territorio. Il pudore femminile rappresentava la via per mantenere intatto l'onore maschile. L'uomo in sostanza deve mantenere una buona reputazione. La rettitudine femminile garantisce la reputazione maschile. Il comportamento sessuale di una donna condiziona sia l'entrata di un uomo all'interno dell'organizzazione che la propria carriera. Per la donna vige il divieto assoluto di commettere adulterio. Divieto che per l'uomo non sussiste dato che privatamente può mantenere una doppia vita. Anche le vedove sono obbligate a rimanere fedeli ai mariti o fidanzati defunti, per evitare un eventuale disonore familiare.


FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



venerdì 22 luglio 2016

PERCHE' SI DIVORZIA

.


Un recente sondaggio ha scoperto che oggi le coppie sono molto più propense a cercare di risolvere le cose anche rompendo cattive abitudini consolidate nel tempo, di quanto non lo fossero 10 anni fa. Tanto più che gli esperti assicurano che è possibile liberarsene in un attimo.

Rimanere delusi dal proprio matrimonio è molto facile se le aspettative sono troppo alte, inoltre, molte coppie dimenticano che l’amore va coltivato giorno per giorno per mantenerle vivo e attivo.

Il desiderio di avere un figlio è difficile da mettere a tacere, allo stesso tempo è impossibile obbligare l'altro a provare la stessa cosa. Ma rinunciare ad avere un figlio non sempre è la strada giusta ed è per questo che chi non condivide questo desiderio spesso si lascia.

Può essere davvero difficile, se non impossibile, convivere con un coniuge che sia scivolato nella spirale dell'alcol o delle droghe: anche i tentativi di aiutarlo possono talvolta rivelarsi vani spingendo uno dei due a chiedere la separazione.

Non è così infrequente scoprire che il partner ha anche un'altra famiglia, magari in un'altra città. Venire a sapere dell'esistenza di un'altra donna e magari di altri figli, generalmente distrugge la relazione.

Uno dei casi più tragici in cui si è spinti a chiedere il divorzio è quando ci si accorge che l'altro genitore o il proprio compagno abusano dei figli: in quel caso nulla può spingere a restare insieme.

La gelosia può facilmente trasformarsi in una ossessione nei confronti del partner. Quando non è gestita la gelosia spinge a frugare fra le cose dell'altro, a sottoporlo a continui interrogatori e a spiare mail e telefonino con risultati spesso disastrosi.

Quando davvero ogni sentimento è morto e per l'altro non si prova che disinteresse il momento è giunto di chiedere il divorzio, perché è chiaro che nessuno dei due ha qualcosa da dare.

La coppia sente di aver dato tutto, si percepisce come svuotata e pensa che la cosa più sana sia dirsi addio.

Alcune abitudini quotidiane apparentemente innocenti, come guardare Instagram a letto, potrebbero distruggere la vostra coppia. «Diverse ricerche dimostrano che la gente fa un sacco di piccole cose che possono indicare gravi problemi nella relazione", dice Carrie Cole, terapeuta di coppia e master trainer certificata al Gottman Institute presso il Center for Relationship Wellness di Houston (Usa).

«Potrebbe sembrarti un consiglio da scuola media, ma parlare in modo meschino del partner in sua assenza è un un'abitudine pericolosissima, oltre che abbastanza comune», dice Carrie Cole. Spesso ha molto a che fare con i tuoi amici. «Le donne tendono a comportarsi così se sono circondate da persone che abituate ad agire così», avverte la terapeuta. «Se le amiche non fanno altro che lamentarsi dei propri ragazzi, sembrerà normale dare anche il proprio contributo, ma in questo modo si dimostra mancanza di rispetto per lui e per la vostra relazione". Inoltre, si innesca un circolo vizioso di confronti negativi che possono portare a un crescendo di critiche e disprezzo. Prima di rendertene conto, il vostro rapporto finirà in una spirale distruttiva.



Confrontare in modo negativo il proprio attuale partner con altre persone è un altro modo sicuro per far naufragare la coppia. «Anche se lo si fa solo con il pensiero, a lungo andare può uccidere una relazione», avverte Cole.

Non dobbiamo per forza rientrare negli stereotipi di genere, ma gli esperti sono ampiamente d'accordo sul fatto che gli uomini tendono ad avere più difficoltà in ciò che viene chiamato "accepting influence", la capacità di capire il punto di vista altrui, anche se non si è d'accordo. Secondo gli psicologi, mentre le donne tendono a essere facilmente empatiche, i maschi a causa di differenze biologiche e neurologiche sono più restii a sviluppare questa abilità. Ma questo non significa che dovrebbero ignorarla. «I matrimoni in cui gli uomini non accettano l'influenza dalle loro mogli hanno un rischio molto più elevato di divorzio», spiega Diane Gehart, docente di terapia familiare alla California State University di Northridge (Usa). Una ricerca dell'Istituto Gottman ha calcolato la percentuale esatta di questo rischio: 81%. Anche le donne però possono migliorare. Lui per natura vuole fin troppo sentirsi capito (il che ha a che fare con il suo bisogno atavico di sentirsi rispettato dalla partner), quindi quando si affronta un problema è importante che ciascuno faccia lo sforzo di mettersi l'uno nei panni dell'altro.

Se mentre si sta chiacchierando con il proprio fidanzato improvvisamente la scala dell'aggressività emotiva passa da zero a sessanta non è un buon segno. «Così allontani il partner e precludi a entrambi la possibilità di avere una conversazione produttiva», spiega Gerhart. «Purtroppo, di solito a sollevare le questioni in modo aggressivo sono le donne». Uno studio ha scoperto che probabilmente gli uomini in genere si calmano in fretta e analizzano la situazione in modo razionale, mentre le donne tendono a esprimere le emozioni. Sarà anche più facile a dirsi che a farsi, ma se capita spesso di urlare o usare un tono duro ogni volta che il tuo uomo ti dà sui nervi, cerca di trattenerti, altrimenti potresti innescare i suoi meccanismi di difesa che arrestano la sua capacità (o volontà) di parlarti in modo aperto e sincero.

Può essere difficile disinnescare una discussione accesa prima che vada totalmente fuori controllo. «Ma è importante farlo perché per risolvere i problemi occorre parlarsi con calma e comprensione», dice Cole. Altrimenti, finirete probabilmente a urlarvi addosso, a piangere o a ibernarvi in un gelido silenzio. «Quando la gente si ferma durante un litigio, di solito è perché le frequenze cardiache sono salite alle stelle, oltre i 100 battiti al minuto, il che porta alla reazione primaria di lotta o di fuga», continua l'esperto. «Quando accade ciò, i collegamenti con il lobo frontale, la zona del cervello che regola la capacità di comunicazione, si interrompono. Ecco perché, a volte, in queste situazioni non riesci a parlare in modo coerente, nemmeno se ti sforzi». Quindi no, non è una scappatoia prendere una pausa nel bel mezzo di un litigio per riprendere la conversazione più tardi. Può fare davvero la differenza, quella tra uno scontro con morti e feriti e un confronto produttivo mirato alla soluzione dei problemi.

Anche quando si sta cercando di guardare le cose con calma, spesso il corpo tradisce le  vere emozioni. Secondo gli esperti, alcuni segnali rivelano più di altri che sotto sotto ci sono problemi. Una voce acuta, le pupille dilatate e un incarnato molto pallido, in genere associati al classico sorriso falso e a movimenti rigidi. «Sono spie rivelatrici: se le vedi nel tuo lui vuol dire che è sopraffatto dalle sue emozioni ed è pronto alla fuga o alla lotta, quindi impossibilitato a entrare in sintonia con te in un dialogo costruttivo», afferma Sue Johnson, terapeuta di coppia, ricercatrice e autrice di Hold Me Tight: Seven Conversations for a Lifetime of Love. «Quando ci si trova in situazioni simili (piuttosto che mollare e dire al partner come ti senti davvero dopo aver saputo che ha invitato tua suocera a stare da voi per una settimana senza avertene parlato prima), si innesca un vero rifiuto a essere emotivamente onesti. Il che impedisce a lui di capire, supportare e potenzialmente correggere il problema che ha con te.

È molto comune rimandare le conversazioni difficili, secondo il Centro per il conflitto Dynamics dell'Eckerd College in Florida (Usa). Dopo tutto, discutere di certe cose non è divertente come andare a un party. Ma se non affrontate i vostri problemi di relazione abbastanza presto, vi ritroverete nei guai. «Molte coppie prendono il loro primo appuntamento da un terapeuta quando le dinamiche tra loro si sono intossicate così a lungo che riparare il danno diventa molto difficile», dice Cole. Secondo uno studio, prima di chiedere aiuto si aspettano in media 6 anni dalla comparsa dei primi problemi. Con questo, non è che superato un certo limite non ci sia più alcuna speranza, ma semplicemente che è importante tenere presente che più si aspetta, più ci vorrà tempo e impegno da parte di entrambi i partner per rimettere la relazione di nuovo in pista.

Un motivo semplice e apparentemente banale è l’affinità di coppia, esistono delle persone che non sono fatte per stare insieme e probabilmente non lo saranno mai; inoltre, se la coppia non cresce insieme verso lo stesso senso c’è il rischio di ritrovarsi come due estranei.

Secondo i divorzianti, anche il tempo fa la sua parte, poiché riesce a cambiare le persone e a renderle troppo diverse rispetto a ciò che erano quando si sono conosciute; anche il rapporto intimo di coppia può essere motivo di separazione,  molte coppie dopo diverso tempo non hanno più intimità e questo le allontana sempre di più.

C’è bisogno anche di speranza nel futuro, se questa finisce, finisce anche l’unione,non bisogna mai dimenticare che l’altra persona è sempre una priorità e che nella vita ci saranno sempre difficoltà che dovranno essere affrontate insieme.

Ci sono i casi in cui è il sentimento a spegnersi, si fa spazio la noia e non ci si trova più bene col partner, a quel punto senza amore è quasi impossibile portare avanti un rapporto, stessa cosa se a mancare è la fiducia.



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



sabato 21 marzo 2015

IL DELITTO DELL' ERMELLINO

.


Un colpo di pistola a Cernobbio, sul lago di Como, nella notte tra il 15 e il 16 settembre 1948, dà l’avvio ad una storia di amore e morte che appassiona la gente, facendo scoprire che “anche i ricchi piangono”. E uccidono, anche. Con un colpo di pistola, la contessa Pia Bellentani da Polenta, nata Caroselli, mette fine all’esistenza del suo amante, l’industriale della seta Carlo Sacchi, e ad una certa particolare “dolce vita”, che tra guerra e dopoguerra aveva coinvolto sulle rive del lago di Como un’aristocrazia lombarda, più di denaro che di sangue, sfollata da Milano o residente nel Comasco.

La contessa Pia Bellentani, moglie del conte Bellentani, industriale milanese, madre di due bambine, durante una serata mondana a Villa D’Este sul lago di Como, uccise l’amante Carlo Sacchi, anch’egli sposato e padre di due bambine col quale da otto anni intratteneva una complicata relazione.
Nel corso della serata Sacchi aveva tenuto un comportamento cinico e arrogante nei confronti della donna.

Quella sera Carlo Sacchi, milionario con l’hobby delle donne e delle poesie sconce in dialetto comasco, è particolarmente soddisfatto. È riuscito nell’impresa di riunire allo stesso tavolo le sue tre donne: moglie, amante in liquidazione e nuova amante. La moglie Lilian Willinger, ex danzatrice viennese, è persa nei suoi pensieri, rassegnata ai tradimenti del marito e sprofondata nella depressione che la divora da quando le è morta una delle tre figlie all’inizio della guerra. L’amante in liquidazione Pia Bellentani, 32 anni, è chiusa e cupa, le dita dalle lunghe unghie laccate rosso sangue intrecciate sotto il mento, mentre rivolge sguardi di muto rimprovero a Sacchi che vuole lasciarla. Solo la nuova amante, giustamente, ride: all’industriale piace appunto per il carattere allegro Sandra Guidi di Monteolimpino, detta Mimì, meno giovane delle rivali, moglie in attesa d’annullamento che prima del matrimonio era commessa in un bar e ora possiede una boutique. La compagnia è elegante: Lilian indossa un abito in seta stampata azzurro e bianco, Pia un abito bianco con una cappa d’ermellino (che avrà un ruolo importante nella vicenda), Carlo Sacchi la giacca da sera estiva bianca. C’è il marito di Pia, il conte Lamberto Bellentani, impassibile e indifferente: non può non sapere della relazione della moglie, che proprio sotto i suoi occhi poche sere prima ha fatto una scenata di gelosia a Sacchi al casinò di Campione. Poi ci sono Adriana Dulfer Dans, Franca Tremolada, la giornalista Elsa Herter, l’industriale Gigi Taroni (che essendo seduto accanto a Lilian e Pia, sarà spesso, nei reportage fotografici, scambiato per Sacchi). La serata è importante: c’è una cena di gala, la presentazione della nuova collezione di Biki, famosa creatrice di moda e comproprietaria del Corriere della Sera. Tra gli ospiti internazionali, il barone Rotschild, la principessa d’Alenberg, il Pascià Sabrì d’Egitto, zio di re Farouk. Sacchi si alza spesso dal tavolo: è irrequieto di suo, ma è anche infastidito dall’atteggiamento della Bellentani. Teme un bis della scenata di Campione. E si allontana, secondo un suo vezzo, le mani in tasca, saltellando ogni tanto sul piede destro. Quando torna al tavolo, Pia se n’è andata.
La sfilata di moda è finita da parecchio. La gente si alza, va pigramente verso la Sala Napoleonica, tutta stucchi e dorature, dove c’è il bar. Sono quasi le due di notte, molti se ne sono già andati. Quelli che restano, chiacchierano seduti sulle poltrone o sugli sgabelli accanto al bancone. Rientra Pia Bellentani: ha un involto giallo sotto la cappa d’ermellino. È stravolta, si avvicina a Sacchi. Gli dice, appassionata: «Perché non la smetti di tormentarmi? Se non la pianti, ti uccido!». L’industriale comasco le ride in faccia: «Sei proprio una terrona!». E rincara la dose: «Possibile che voi terroni non abbiate in mente nient’altro che storie da fumetti?». Continua a ridere, mentre Pia tira fuori la pistola del marito, che era stata depositata al guardaroba, avvolta in un golf giallo e che lei è andata a riprendere (il conte Bellentani la porta sempre con sé, una vecchia calibro 9 di fabbricazione ungherese, una Fegyverzyar automatica modello 37). Sacchi ride sempre più forte e lei spara, un colpo solo, da sotto la cappa d’ermellino.Logorata dal trattamento riservatole dall’amante, Pia Bellentani prese la pistola lasciata dal marito nel guardaroba, si avvicino' a Sacchi e lo colpi' a bruciapelo.

Sembra soltanto lo schiocco di un tappo di champagne. Qualcuno, assonnato o brillo, alza meccanicamente il bicchiere in un brindisi. Nessuno capisce di che si tratta, perché Sacchi continua a ridere, mentre cade lentamente, afflosciandosi. Il riso si trasforma in un rantolo, che sembra sempre una risata, solo più soffocata. E anche quando è a terra, gli rimane stampata sul viso una smorfia ironica. Qualcuno non vuole crederci, mormora: «Che scherzo stupido». Capisce tutto, invece, il marito di Biki, Robert Bouyeure, ex paracadutista, che sa riconoscere un colpo di pistola e un cadavere e si precipita verso la Bellentani. Lei estrae da sotto la cappa la pistola e se la punta alla tempia, premendo inutilmente il grilletto. L’arma s’è inceppata. Pia, gli occhi sbarrati, si lamenta: “La mia non spara più, la prego, mi presti la sua». È isterica, urla e Bouyeure le appioppa un paio di schiaffi per farla star zitta, poi quasi le suggerisce la linea di difesa: «Madame, è chiaro che si è trattato di un incidente…». E forse è davvero così: Pia non ha mai preso in mano un’arma, quella è la prima volta in vita sua che ha sparato. E con quell’unico colpo ha centrato al cuore Carlo Sacchi.

La contessa viene condannata a dieci anni, pena ridotta a sette in appello. Esce alla vigilia di Natale del 1955. Rivede le figlie Flavia e Stefania, passa la prima notte a Roma dal fratello Giulio, avvocato, la seconda a Sulmona dall’altro fratello, Fernando, ingegnere. Pia si stabilisce a Roma con le figlie, nel quartiere Prati. Rimasta vedova si risposa, con lo scrittore e giornalista Enrico Roda, che s’è innamorato di lei intervistandola. La contessa conduce vita ritirata, vuole solo essere dimenticata. 

Alla contessa Bellentani la Corte si  riconobbe il vizio di mente e si applicò la misura di sicurezza di dieci anni di manicomio giudiziario, ridotti poi a sette, trascorsi nel manicomio giudiziario di Aversa, dove fu sottoposta a perizia psichiatrica dal prof. Filippo Saporito.

Il professor Saporito impiego' ben due anni per stendere la perizia psichiatrica della contessa, l’ultima della sua carriera di illustre luminare della psichiatria (aveva cominciato con il brigante Musolino) e stabili'che la donna era vittima di un male ereditario, che già in tenera età le avevano portato smarrimenti, turbamenti, annebbiamenti mentali.

Saporito aveva studiato la vita della contessa in ogni particolare, aveva letto le sue lettere, i suoi quaderni di scuola.
L’idea del suicidio l’aveva accompagnata per tutta la vita e lei, forse, uccidendo l’amante aveva ucciso se stessa. 
Il suo ingresso in manicomio fu seguito con lo stesso interesse con cui i giornali avevano seguito le fasi del processo.

La contessa fu accolta con grandi gentilezze e cortesie. Dopo qualche tempo fu autorizzata a tenere con sé il pianoforte a coda che talvolta suonava per le ricoverate. 
Quando lasciò il manicomio giudiziario di Aversa, ad attenderla al portone la contessa trovò un gruppo di fotografi.

Lei, accompagnata dal suo avvocato, elegante, altera come sempre, si limitò a salutare alzando il braccio, poi salì su una macchina nera di lusso che partì senza nessuna esitazione per l'Abruzzo dove l'attendevano la madre e le due figlie.






.http://www.mundimago.org/

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE
LA NOSTRA APP


http://mundimago.org/le_imago.html



.

Post più popolari

Elenco blog AMICI