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venerdì 18 dicembre 2015

LA VALCHIAVENNA

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La Valchiavenna è una regione alpina attraversata dai fiumi Liro e Mera. Compone, insieme alla Valtellina e ai territori della Val di Lei e di Livigno, la provincia di Sondrio.
La forma della Valchiavenna si può paragonare a una “Y”, divisibile in tre zone:

la prima è la zona principale (Bassa Valchiavenna) che si incontra imboccando la valle da sud e che va dal trivio di Fuentes, sopra Colico, a Chiavenna, comprendendo il Piano di Chiavenna e monti e valli adiacenti. Questa è, correttamente parlando, la Valchiavenna vera e propria;
la seconda è la sua continuazione occidentale, la Valle Spluga, che parte da Chiavenna e termina al Passo dello Spluga;
la terza è la sua continuazione orientale, la Val Bregaglia (conosciuta anche come Valle della Mera), che da Chiavenna porta al confine Italia-Svizzera e poi si conclude al Passo del Maloja. La Val Bregaglia non può comunque essere ritenuta parte della Valchiavenna, anche se i suoi due comuni italiani (Piuro e Villa di Chiavenna) fanno parte della Comunità Montana della Valchiavenna.

Durante la Preistoria la Valchiavenna era già conosciuta principalmente a causa della presenza del Passo dello Spluga. Le tribù di cacciatori-raccoglitori, nel periodo della conversione in pastori-agricoltori, stabiliscono vari sentieri passanti nella valle e presso il Passo. Quando la conversione è terminata, queste popolazioni abitano il fondo-valle, e, nei mesi caldi, “portavano le bestie in alpeggio”, seguendo i sentieri creati in quel periodo. Alcuni di questi sentieri furono usati fino a qualche decennio fa dai pastori locali. In alta Valle Spluga, sul Pian dei Cavalli sopra Isola, già da vari anni si stanno compiendo degli scavi archeologici. I lavori, diretti dal Prof. F. Fedele, hanno portato al ritrovamento di arnesi litici risalenti al 9000-7000 a.C., nel periodo Mesolitico. Nell’agosto del 1993, presso il lago artificiale di Montespluga, fu trovata un’ascia-martello in pietra con un foro, risalente circa al 3000 a.C. Nello stesso posto, anni prima, nel 1965, fu trovato un coltello con lama serpeggiante, risalente al 900 a.C. Il bronzo di cui è costituito proviene dalle miniere di bronzo presso Salisburgo. Questo porta a pensare che allora esistevano già rapporti tra comunità di luoghi molto distanti tra loro attraverso il Passo. I primi abitanti della valle furono probabilmente i Liguri, ma ai tempi della conquista romana gli abitanti erano i Reti. Essi erano della stessa stirpe degli Etruschi, oppure erano Etruschi cacciati dalla Pianura Padana dai Galli. I romani chiamavano “Clavennates” quelli della zona di Chiavenna, e “Bergalei” quelli abitanti nella Val Bregaglia e quindi della valle della Mera. Nel 196 a.C. i romani conquistarono Como, e nacquero così i contatti con le popolazioni retiche che vivevano sulle rive settentrionali del Lago di Como. Venne costruita una strada imperiale che collegava Como e Chiavenna, chiamata “Clavenna”, passando anche per la stazione di “Summu lacu”, cioè “sulla sommità del lago”. La località corrisponde all’odierna Samolaco, e il suo nome indica che il Lago di Como era più vasto a quei tempi, e si estendeva in parte del piano di Chiavenna.

Tra il 16 e il 14 a.C. i romani conquistarono la “Rezia” e il “Norico”, le regioni del basso centro-Europa, compresa la Valchiavenna. La strada romana tra Como e Coira passava per tutte e due le attuali dogane tra Italia e Svizzera (Spluga e Maloggia e del Settimo). Infatti, nell’”Itinerario di Antonino Pio”, la strada è divisa in due a Chiavenna: “Tra Curia (Coira) e Clavenna (Chiavenna) due strade.”. Nell’itinerario tra Chiavenna e Coira ci furono tre stazioni per il cambio dei cavalli: “Cunus Aureus”, forse presso Isola, “Tarvesede”, presso il Passo, “Lapidaria”, nell’attuale Svizzera. Ci sono alcune testimonianze letterarie del passaggio dell’Esercito Romano per il Passo dello Spluga. Risalgono al periodo romano (98-117 d.C.) delle monete trovate a Portarezza, Campodolcino, durante i lavori per l’invaso artificiale. La valle rimase sotto il dominio romano fino alla fine dell’Impero Romano d'Occidente, nel 476. Dopo tale data, si diffuse il cristianesimo nella valle.

Passata al Regno d'Italia, fece parte dell’Impero Carolingio e del territorio dei Re di Germania. Nel X secolo cominciarono i traffici commerciali per la valle, principalmente diretti al Passo dello Spluga. Chiavenna divenne così un centro importante per il transito delle merci. A certificarlo, è nel 1030 la fondazione del comune di Chiavenna, il più antico dell’attuale Provincia di Sondrio. Nell’Alto Medioevo viene attuato il sistema delle chiuse, che regolava i traffici commerciali in direzione del Passo dello Spluga, che dopo il 1000 aumentano di numero. Intanto, nella Valle Spluga si insediano delle famiglia Walser, provenienti dalla Svizzera. Esse faranno costruire delle abitazioni nello stile, appunto, Walser. Degli esempi sono gli abitati di Mottaletta e Rasdeglia, sopra Isola. Il comune di Chiavenna appartiene al Ducato di Svevia, sotto Federico Barbarossa. Nella lotta tra il Barbarossa e i Comuni Chiavenna si schierò sempre dalla parte dell’Imperatore. Nel 1176, alla vigilia della Battaglia di Legnano, a Chiavenna si incontrano il Barbarossa e suo cugino Enrico il Leone. Il primo chiede aiuto militare al secondo, ma invano. Fu, probabilmente, il Barbarossa a donare al comune di Chiavenna la cosiddetta: “Pace di Chiavenna”, una copertina della Bibbia, prodotto dell’oreficeria renana, composta da oro e pietre preziose. Ora è conservata nel “Museo del Tesoro”, nei pressi della chiesa di San Lorenzo in Chiavenna. Nel 1226, per facilitare il trasporto delle merci per il Passo dello Spluga, fu costruita una strada carreggiabile tra Campodolcino e Madesimo. Intanto, dall’inizio dell’XII sec. la valle fu soggetta al comune di Como, anche se continuava ad avere una propria autonomia amministrativa. Nel 1240 circa iniziano i passaggi per il Passo del San Gottardo che, nel XIX secolo, supererà d’importanza lo Spluga con il traforo del 1882.

Entrò nelle complesse vicende della lotta per la Signoria di Milano tra i Della Torre e i Visconti.

Nel 1269 fu catturato da Corrado Venosta Von Matsch (feudatario del Castello di Boffalora sopra Madesimo) Raimondo Vescovo di Como ed esposto in una gabbia al pubblico ludibrio a Sondalo in Valtellina. Venne poi liberato dalle milizie del fratello Napoleone della Torre che distrussero il castello il 25 settembre 1273.

Nel 1335 Azzone Visconti si impadronisce del vescovado di Como, compresa la Valchiavenna. La dominazione è mal tollerata, la popolazione si ribella e chiede aiuto a Papa Gregorio XI. Il suo intervento porta a una riconciliazione delle due parti. Nel 1402 muore Gian Galeazzo Visconti e la Valchiavenna è ceduta in feudo a Baldassarre Balbiani. Egli fa costruire il suo castello a Chiavenna, situato nell’attuale Piazza Castello. Nel 1473 il Duca di Milano obbliga il passaggio delle merci del suo ducato per il Passo dello Spluga.Nel 1477 risulta essere podestà il Cavaliere Aulico Gio Giacomo Vismara, Gentiluomo Regio e consigliere segreto del Duca di Milano. Tra il 1488 e il 1497, su ordine di Ludovico il Moro, vengono costruite le mura attorno a Chiavenna, che diventa così il primo centro fortificato dell’attuale Provincia di Sondrio. Le mura si erano rese necessarie per difendersi dai saccheggi degli abitanti delle Tre Leghe grigionesi.

Durante l’intera dominazione milanese, i borghi di Chiavenna e Piuro divennero luogo di scambi commerciali e culturali tra le zone artigianali ed industriali della Svizzera e della Germania e l’area milanese-comasca. Proprio per le intense attività commerciali che vi risiedevano, la cittadina di Chiavenna si sviluppò urbanisticamente: il tratto per lo Spluga era costituito dall’attuale via Bossi, quello per i passi del Maloggia e del Settimo dall’odierna Via Dolzino. Nel 1500 Luigi XII, Re di Francia, conquista il Ducato di Milano e quindi la Valchiavenna. Le dominazione dura 12 anni, fino a quando le Tre Leghe grigie conquistano tutto il territorio dell’attuale Provincia di Sondrio. La Valchiavenna, per la sua importanza a causa dell’enorme traffico di merci che vi transitavano, godette di alcuni privilegi rispetto ad altri territori soggetti ai Grigioni. Un esempio è la forma statutaria molto più autonoma rispetto ad essi. Nel 1520 un’alluvione dell’Adda cambia il corso del fiume valtellinese. Fino ad allora infatti l’Adda sfociava nel Lago di Mezzola, e l’alluvione deviò il suo corso fino a portare la foce direttamente nel Lago di Como. Intanto, i Grigioni governano la Valchiavenna, la Valtellina e la Contea di Bormio in modo ambiguo. Rispettano infatti gli statuti già in vigore nelle valli, ma i loro funzionari commettono abusi di vario genere. Per calmare gli animi della popolazione soggetta viene istituito, nel 1620, un tribunale per i criminali politici. Il provvedimento ha l’effetto contrario. Aggiunto all’odio religioso per aver diffuso il protestantesimo nelle cattolicissime valli chiavennasche, sondriesi e bormiesi, provoca quindi un’insurrezione che scaccia i Grigioni, che non avviene però in Valchiavenna, che rimane sotto il dominio elvetico. Per risolvere i problemi, i Grigioni proclamano la libertà di culto in tutti i loro territori. Nel 1571 muore a Chiavenna l’umanista di Modena Lodovico Castelvetro, residente nel capoluogo valchiavennasco già da qualche anno. Tredici anni dopo i comuni della Valle della Mera diventano due: Villa di Chiavenna si scinde da Piuro. Quest’ultimo comune, il 4 settembre 1618, viene investito da una frana che seppellisce l’intera cittadina e uccide buona parte dei circa 1000 abitanti. Il comune era centro di lavorazione della pietra ollare, attività una volta molto diffusa in valle, e del commercio della seta. Nel frattempo, la Valchiavenna era diventata zona di passaggio obbligata per i trasporti delle merci dalle zone più industrializzate d’Europa (dalla Toscana alle Fiandre, dalla Pianura Padana alla zona del Lago di Costanza), come i porti di Genova e Venezia, che manteneva contatti con i Grigioni per conto della sua Repubblica, anche attraverso la “Strada Priula”, aperta nel 1593, che collegava Bergamo e Morbegno, ma aveva un prolungamento nella Valchiavenna. Nel 1629 passano in valle i Lanzichenecchi di Carlo V, diretti a Roma, e diffondono la peste. Vent’anni dopo finisce una guerra quasi ventennale (culminata nel Sacro Macello di Valtellina) scoppiata per i motivi religiosi già noti nel secolo prima. Secondo gli accordi, il capitolato milanese restituisce i territori della Valtellina e della Contea di Bormio ai Grigioni, a patto che non ci abiti nessun protestante.

Nel 1797 finisce definitivamente la dominazione elvetica per Valtellina e Contadi. Napoleone, con la Pace di Campoformio, costituisce la Repubblica Cisalpina, di cui fanno parte i territori dell’attuale Provincia di Sondrio. Gli austriaci occupano però la Repubblica nel 1799. I francesi la riconquistano dopo due anni e la legano alla Repubblica italiana (1802-1805) e poi al Regno d'Italia (1805-1814). I Grigioni però non si rassegnano: vogliono riconquistare la valle, insieme alla Valtellina. Il 27 aprile 1814 l’esercito delle Tre Leghe discende su Chiavenna dal confine bregagliotto: trovando la valle già occupata dagli austriaci, si ritirano. Al Congresso di Vienna del 1815 viene inviato come rappresentante della Valchiavenna il borghese chiavennasco Girolamo Stampa. Egli chiede (e ottiene) l’annessione al Regno Lombardo-Veneto della Valle. La valle, per la prima volta, viene unita amministrativamente alla Valtellina e alla contea di Bormio, per formare la Provincia di Sondrio. Nel 1818 gli austriaci costruirono la strada carrozzabile Chiavenna-Passo dello Spluga, modificata nel 1822. Nel 1838 fu costruito il tratto di strada sul Sengio, ovvero il pendio scosceso tra Campodolcino e Pianazzo, in comune di Madesimo. L’ultima modifica al tracciato fu quella del 1930 presso la piana di Montespluga per la costruzione del bacino artificiale.

Durante il dominio austriaco il pensiero di Giuseppe Mazzini si diffonde. Tra gli esponenti c’è il chiavennasco Maurizio Quadrio. I fatti del 1848 sono vissuti attivamente dalla popolazione della Valchiavenna. Il 19 marzo arriva in valle la notizia dell’insurrezione milanese. Così, un gruppo di uomini, tra cui Francesco Dolzino, Giuseppe De Giorgi e Cirillo Tunesi, disarmano la gendarmeria austriaca e cacciano i governatori. La popolazione fa festa per le strade. Il 20 marzo, una domenica, l’Arciprete della chiesa di San Lorenzo a Chiavenna, Giovan Battista de Picchi, benedice la bandiera della rivoluzione mentre in Piazza Fontana, oggi Piazza Pestalozzi a Chiavenna, viene piantata la’”albero della libertà”. Il 29 maggio viene fatta una consultazione provinciale per l’unione al Regno di Sardegna. A Chiavenna ci sono solo tre voti contrari. Ma quando l’esercito piemontese perde gli alleati, tutto va in fumo: dopo l’Armistizio di Salasco a Vigevano, gli austriaci tornano nella valle e in tutta la Lombardia. Continuano comunque le insurrezioni. Nell’ottobre del 1848 vengono ancora cacciate le autorità austriache e, precisamente il 22 ottobre, viene ripiantato l’”albero della libertà”. Poi un gruppo di volontari guidati da Francesco Dolzino si porta all’imboccatura della Valchiavenna, presso Verceia. Sperando in un’insurrezione generale dell’intera Lombardia, resistono sei giorni all’esercito austriaco, intervenuto per la repressione. A comandare quelle truppe c’era il generale Julius Jacob Haynau, già repressore dell’insurrezione bresciana. Egli comanda il saccheggio e la distruzione di Verceia, subito eseguito. Avendo paura, il comune di Chiavenna gli manda incontro una delegazione che gli spiega il “sincero pentimento della città”. Ma come al solito le scuse non bastano mai. Il 29 ottobre Haynau entra a Chiavenna e annuncia lo sconto della pena ad una multa di “20.000 lire austriache”. L’anno dopo (1849) si chiude definitivamente la prima guerra di indipendenza.

Nel 1859, con la seconda guerra di indipendenza, molti valchiavennaschi si arruolano nell’esercito piemontese. Insieme ai francesi, l’esercito in questione batte gli austriaci a Mombello (20 maggio), Pastrengo (30-31 maggio) e a Magenta, il 4 giugno. Il giorno dopo la Provincia di Sondrio è annessa ufficialmente al Piemonte e il comune di Chiavenna chiama i suoi giovani alle armi. Il 24 giugno, tra San Martino e Solferino, si combatte la battaglia decisiva tra franco-piemontesi e austriaci. Tra i caduti c’è il valchiavennasco diciassettenne Pietro De Stefani. A commemorarlo c’è ora una lapide nel cimitero di Chiavenna. Tornando alla battaglia, la vittoria è dei primi, e la seconda guerra di indipendenza si conclude così. Infatti, l’11 luglio Napoleone III firma l’armistizio con l’Austria e solo la Lombardia viene ceduta al Regno di Sardegna quando invece, come pattuito da Cavour con l’Imperatore di Francia doveva essere annesso anche il Veneto. La Valchiavenna, insieme a tutta la Lombardia, viene quindi unita al Regno di Sardegna, e successivamente, con l’Unità d'Italia, diviene parte del Regno d’Italia.

Una delle conseguenze dell’annessione al Regno d’Italia fu il calo dell’importanza commerciale della valle, a causa del governo, favorevole ad altri tracciati (quelli piemontesi). Nel 1882 arriva il colpo di grazia: l’apertura del Traforo del San Gottardo. Inutile poi l’apertura della linea-ferroviaria Colico-Chiavenna nel 1886.

Nel settembre del 1927 la Valchiavenna fu vittima di una drammatica alluvione che interessò la Mera, il torrente Liro e i loro affluenti maggiori. Fortunatamente non ci furono vittime, ma i danni furono pesanti, a causa del fatto che i fiumi erano sprovvisti di argini, che furono costruiti, proprio per evitare che si verificasse un’altra alluvione, negli anni ’30. L’alluvione interruppe i passaggi per la valle, l’abitato di Campodolcino fu in gran parte sommerso. Fu interessata anche la Valtellina, nel primo tratto della sua bassa valle (Sondrio-Morbegno).

Nello stesso anno, inoltre, alla presenza dell’allora Principe Umberto I viene inaugurata la centrale idroelettrica di Mese, la più grande della valle, che allora era l’impianto idroelettrico più potente d’Europa.

Dopo l’8 settembre 1943 agli ex-soldati e ai giovani di leva della valle si presentarono le seguenti possibilità di sopravvivenza: vivere rintanati in casa propria, scappare in Svizzera, vista la vicinanza al confine, ma non sempre si veniva accettati, oppure rifugiarsi nelle baite di montagna. Molti scelsero quest’ultima possibilità, e nacquero così i primi nuclei partigiani, aiutati da sacerdoti, amici e parenti dei componenti, che portano cibo e informazioni sul corso dei fatti. In Valchiavenna si distinse l’opera di alcuni sacerdoti che aiutarono gruppi di ebrei a fuggire in Svizzera e perseguitati politici. Un esempio: prima della Liberazione del 25 aprile nella “Casa Alpina” di Motta sopra Campodolcino vennero ospitati sotto mentite spoglie vari ebrei poi fuggiti in Svizzera. Dopo la Liberazione, invece, a Motta si rifugiarono molti ex-fascisti repubblichini. Tempi duri per la popolazione, si fa uso del baratto visto che il denaro non ha più valore, alcuni si dedicano al contrabbando. Intanto, i partigiani continuano la loro azione, mentre nell’inverno del 43/44 i nazi-fascisti diminuiscono la loro presenza in Valle Spluga, ritirandosi a Chiavenna. Il grosso dei partigiani ne approfitta e risale la valle del Liro. I tedeschi e le Brigate nere sono intenzionati a trattenere i partigiani in valle, per favorire l’ingresso in Valtellina della colonna fascista, per organizzare l’ultima resistenza. Il piano non riuscì, Mussolini viene catturato e giustiziato, mentre, ormai alla fine della guerra, già persa anche nella sua seconda parte, scappano al confine alcuni tedeschi, con familiari dei ministri della Repubblica di Salò, a cui fu impedito il trapasso del confine. Nei giorni precedenti il 25 aprile i nazi-fascisti scatenano una grande offensiva contro i partigiani. I tedeschi sulla sponda destra, le Brigate-nere sulla sinistra della Valle Spluga, con una morsa a tenaglia. All’Angeloga, in alta Valle Spluga avviene l’ultimo scontro, con due vittime partigiane e molti feriti. Il 25 aprile le Brigate nere e i tedeschi ricevono l’ordine di scendere a Chiavenna, dato loro dopo aver saputo della cattura del Duce. La resa è vicina. Due giorni dopo, il 27 aprile, i fascisti sono tutti alla “Specola”, edificio presso la stazione ferroviaria, e i tedeschi tutti in un albergo in Piazza Castello. Per evitare uno scontro a fuoco serve un mediatore: il compito fu affidato all’allora Arciprete di Chiavenna Don Pietro Bormetti, nonostante l’opposizione dei partigiani di fede anti-clericale. L’Arciprete si comportò bene, i nazi-fascisti si arresero.

Un tempo l’economia della valle era fondata sui traffici commerciali in direzione della Svizzera, dovuti alla posizione favorevole. Quando nell’800 essi diminuirono sostanzialmente, la cittadina di Chiavenna subì un minore sfavore del resto della valle, dovuto ad una presenza di consolidate industrie. Proprio in quegli anni (1880 circa) cominciarono infatti dei forti flussi migratori dagli altri paesi della valle che, come si è detto prima, avevano subito un maggiore sfavore dalla drastica diminuzione dei passaggi commerciali. L’agricoltura a quel tempo era povera e arretrata, perché il Piano di Chiavenna, a sud della valle, doveva essere ancora in gran parte bonificato. I flussi migratori maggiori erano diretti verso l’Argentina, l’Australia e la California. Oggi, visti i profitti e la vicinanza, molti valchiavennaschi lavorano in Svizzera.

Oggi nel Piano di Chiavenna sono presenti vari stabilimenti per l’allevamento bovino e, in modo minore, caprino. Quindi il terreno del Piano di Chiavenna è utilizzato per il pascolo animale, alle coltivazione e allo sfalcio per produrre fieno. I prodotti dell’allevamento sono specialmente latticini (formaggi come la Magnóca, il Bitto e vari altri tipi, anche caprini) e, anche dall’allevamento suino, carni lavorate (la brisaola, la spaléta, il violìn e i bastardèi).

L’industria è abbastanza fiorente. Il suo sviluppo, avvenuto nel XIX secolo, ha portato alla creazione di due tipi di lavorazione destinate al mercato nazionale: quella della filatura del cotone e quella della produzione della birra. Alla fine dell’800, erano presenti ben sette birrifici nella valle (uno di essi era ospitato nell’edificio dell’attuale Biblioteca della Valchiavenna, a Chiavenna). L’attività della filatura sopravvisse fino al 1932, mentre quella della produzione di birra fino agli anni ’50, dopo il trasferimento degli impianti. Ultimamente, però, sono sorti nella bassa valle dei piccoli impianti di produzione artigianale della birra. A Gordona è presente inoltre la fabbrica della rinata Birra Spluga. È già scomparsa da vario tempo la lavorazione della pietra ollare, già conosciuta ai tempi dei Romani. Il cuore pulsante dell’industria della Valchiavenna è nell’area industriale tra Gordona e Samolaco. Qui sono presenti industrie meccaniche, edilizie, del vetro… Oltre alla fabbrica della Birra Spluga, a Gordona è presente una fabbrica di articoli sportivi in legno che, quando venne fondata a Chiavenna era la prima fabbrica di sci in Italia. Per quanto riguarda le industrie alimentari, presso l’area industriale di Gordona e Samolaco è presente un allevamento di pollame, conosciuto anche nazionalmente. Incastonata tra Chiavenna e Prata Camportaccio vi è una fabbrica di pasta, che produce anche prodotti valtellinesi (basta citare i Pizzoccheri). In Valchiavenna vi sono alcune cave per l’estrazione di vari minerali, come il marmo detto “Sanfedelino”, per la vicinanza di una delle cave al tempietto dedicato a San Fedele sulle rive del Lago di Mezzola. La Valchiavenna è ricca di bacini idrici artificiali. Essi producono molta energia elettrica, utilizzata specialmente in Lombardia.

Il turismo è un’importante fonte di reddito e può contare su molte attrattive, non solo legate alla montagna. Chiavenna è meta di turismo storico, e riscuote successo la Sagra dei Crotti, nata nel 1956, che vi si tiene nella prima metà di settembre. Gli alpeggi montani sono diventati luogo di villeggiatura estiva per molti turisti, mentre d’inverno sono molto frequentate le piste da sci. Esse sono situate in gran parte a Madesimo (famoso è il cosiddetto “Canalone”, sul Pizzo Groppera) e nel territorio di Motta, località in comune di Campodolcino, raggiungibile con una funicolare dal capoluogo della Valle Spluga o con una strada carrozzabile da Madesimo. In quest’ultimo centro si tennero, nel 1911, le prime gare di sci in Italia. I due comuni principali della valle superiore, a causa del turismo, hanno subito un intenso sviluppo urbanistico. Turista illustre nella Valle Spluga fu Giosuè Carducci, che frequentò la valle dal 1888 al 1905 e, visitando i suoi vari paesaggi, scrisse varie poesie su di essi. Presso Gordona si può praticare il freeclimbing e il canyoning lungo la gola del torrente Boggia, mentre a Piuro è molto frequentata la zona vicino alla cascata dell’”Acquafraggia”.

La Valchiavenna è un museo a cielo aperto: passeggiando lungo le vie del centro di Chiavenna e nei suoi dintorni si osserva come abbia vissuto un passato ricco di storia e generoso nell´abbellirla di palazzi dalle ricche facciate, di piazzette con splendide fontane e di opere d´arte eccezionali. Lungo le strade del borgo e attraverso meravigliosi e suggestivi itinerari nei parchi si può assaporare la tradizione di una valle con secoli di storia trascorsi valicando i confini dei passi alpini che separano l´Italia dal cuore dell´Europa.

Itinerari per tutti i gusti, dalla primavera all’autunno lungo i percorsi ciclabili e i sentieri storici di Valchiavenna, Val Bregaglia e Valle Spluga e in inverno immersi nella neve della Ski Area Valchiavenna o lungo i percorsi innevati per le ciaspole.

La cittadina valchiavennasca più importante è, ovviamente, Chiavenna. Vi ha sede la Comunità Montana della Valchiavenna, di cui tutti i comuni della valle fanno parte. Nella bassa valle è presente il grande comune di Samolaco, anch’esso diviso in frazioni (Somaggia, San Pietro, Era, Casenda). Nel piano si sono sviluppate le cittadine di Prata Camportaccio, Gordona e Mese. Tra i comuni di Gordona e Mese c’è Menarola, con “solo” 46 abitanti. Sul Lago di Mezzola sono affacciati i comuni di Novate Mezzola e di Verceia.

La Valchiavenna si trova incastonata nelle Alpi, circa al centro della catena montuosa, tra le Alpi Lepontine e le Alpi Retiche occidentali. Divide così le Alpi Occidentali dalle Alpi Orientali. Ha un andamento verticale, diversamente dalla direzione del crinale alpino. La sua conformazione è dovuta all’azione dei ghiacciai alpini dell’età antica.

L’altitudine della valle è varia: il Piano di Chiavenna è a circa 200 m s.l.m., Chiavenna è a 330 m s.l.m., la Valle della Mera staziona sui 400 m s.l.m., la Valle Spluga varia molto, e termina con i quasi 2000 m s.l.m. del Passo dello Spluga.

La Valchiavenna confina con il Canton Grigioni (in Svizzera) a nord, nord-est e ovest, con la Valtellina a sud-est e con le province di Como e Lecco a sud.

La Valchiavenna è parallela alla Val Mesolcina, valle di lingua italiana ma appartenente al Canton Grigioni. Nel comune di Piuro è compresa la Valle di Lei, appartenente al bacino idrografico del Reno. Questa, pur appartenendo politicamente ad un comune della Valchiavenna, geograficamente non ne fa parte.

I ghiacciai della Val San Giacomo e della Val Bregaglia si univano nel luogo dove attualmente sorge Chiavenna, formando un'unica grande massa che arrivava fino alla Valtellina. L’azione dei ghiacciai ha forgiato i versanti vallivi dando valli “a U” e costruito fenomeni come le “Marmitte dei giganti”, visibili nell’omonimo parco tra Chiavenna, Piuro e Prata Camportaccio e all’imboccatura della Val San Giacomo presso Mese. Il fondovalle è stato soggetto all'azione dei fiumi Mera e Liro. In particolare all'azione di quest'ultimo ha creato la “gola del Cardinello”, solco scavato nella roccia tra Isola e Stuetta, nell’alta valle. Questo passo, che parte dalla frazione Stuetta si snoda lungo un sentiero di roccia fino alla diga di Montespluga, e fu utilizzato parecchio dagli eserciti del passato tra cui le legioni romane (che crearono l'attuale sentiero) e l'esercito di Napoleone durante la campagna d'Italia, il quale perse parecchi uomini e cannoni per via delle frane nella zona. Il Piano di Chiavenna invece fu spianato dalla Mera, che ha lasciato nel piano molto materiale alluvionale.
Inoltre sono presenti vari circhi glaciali, tra cui l’anfiteatro del torrente Schiesone, presso Prata Camportaccio.

Il corso d’acqua più importante è la Mera, fiume che nasce a 2800 m s.l.m. in Svizzera (Val Marotz) e scorre in direzione est-ovest fino a Chiavenna. Unito al torrente Liro presso Mese, il fiume finisce poi nel Lago di Mezzola che confluisce nel Lago di Como. Poi c’è il torrente Liro, che nasce vicino al Passo dello Spluga e, insieme al torrente della Val Loga, che nasce dal ghiacciaio della Val Loga, si immette nel lago artificiale di Montespluga. La sua acqua alimenta vari impianti idroelettrici, e infine finisce nella Mera, presso l’abitato di Mese. Il corso del torrente Liro e del fiume Mera dopo il congiungimento tra i due determina il confine tra Alpi Lepontine e Alpi Retiche. I molti affluenti minori dei due corsi d’acqua formano varie valli laterali. Il Lago di Mezzola si trova nella bassa Valchiavenna ed è preceduto da un laghetto chiamato Pozzo di Riva. Il Lago di Mezzola è ciò che rimane dell’acqua del Lario che occupava l’attuale Piano di Chiavenna, formato dai detriti della Mera portati verso il lago. Nel lago confluiva anche l’Adda, fino all’alluvione del 1520. Sono presenti in Valchiavenna numerosi laghi artificiali, creati per scopi idroelettrici.

Essi sono:
Lago di Montespluga
Lago di Truzzo (lago naturale ampliato artificialmente)
Lago di Madesimo
Lago di Isola (sempre nel comune di Madesimo)
Lago di Prestone (a Campodolcino).
In territorio appartenente al comune di Piuro, nella Valle di Lei vi è un grande lago artificiale, il Lago di Lei, che si trova nel bacino del Reno. Le sue acque sono sfruttate dalla Svizzera, a cui appartiene il tratto del muraglione della diga, siccome in caso di attacco e distruzione di esso a venire inondate sarebbero le cittadine svizzere dell’Hinterrhein. La Svizzera ha così attuato uno scambio di territori e adesso può controllare la diga per la protezione civile. La cascata dell’Acqua Fraggia è un’importante attrazione turistica. È formata dal torrente omonimo che da un vallone esposto sulla valle principale si getta dall’alto.

I ghiacciai formarono la morfologia della valle, ma sono ora ridotti a pochissimo territorio. Ora ne sono presenti circa una decina in Valle Spluga e in Val di Lei e alcuni in Val Codera. Nella Valle Spluga i più grandi sono quelli del Ferré, del Suretta (ormai più simili a nevai) e di Ponciagna.

La Valchiavenna, come tutte le valli alpine, possiede sul suo territorio vari monti più o meno alti. In Val San Giacomo il più importante è il Pizzo Stella (3163 m), il più alto è il Pizzo Tambò (3279 m), poi il Pizzo Ferrè (3103 m), il Pizzo Suretta (3027 m, insieme al Tambò circonda il Passo dello Spluga), il Pizzo Quadro (3015 m). Nella Valle della Mera il più importante è il Pizzo Galleggione (3107 m), nella bassa Valchiavenna ci sono il Pizzo Ligoncio (3032 m), il Pizzo di Prata (2727 m, domina con la sua mole la Val Schiesone, sopra Prata). Si può considerare appartenente alla valle il Pizzo Badile (3308 m).

Il valico più importante è senza dubbio il Passo dello Spluga, che diede nei secoli scorsi molta importanza alla valle come terra di grossi traffici e passaggi. Dal confine svizzero bregagliotto si può arrivare ai passi del Maloja e del Settimo. Vi sono poi il Passo del Baldiscio, in Valle Spluga e il Passo della Forcola, a conclusione della Valle della Forcola, situata sopra Gordona. Tutti e due i valichi portano alla Svizzera.

Tra le caratteristiche particolari della Valchiavenna vi sono la presenza di una grande palude presso il Lago di Mezzola, formata dalla Mera, chiamata Pian di Spagna. Ora è un posto adatto al bird-watching: vi si possono osservare infatti vari uccelli acquatici. Altra caratteristica, già citata prima, è la presenza di numerose valli laterali.

La Valle S. Giacomo (oggi più comunemente chiamata Valle Spluga) è la zona più settentrionale della Valchiavenna ed è dislocata tra i 333 m s.l.m. di Chiavenna e i 2113 m s.l.m. del Passo dello Spluga. La valle confina a ovest con il bacino del fiume Moesa, affluente del Ticino, e a est con il bacino del Reno di Lei, affluente del Reno posteriore. La Valle Spluga è centrale nell’arco delle Alpi ed è posta tra il solco del Lago di Como a sud e la valle del Reno a nord. Collega i centri di Chiavenna e Thusis, distanti in linea d’aria 43 km.

La Val Scalcoggia e la Valle di Starleggia sono sospese sulla valle principale e i loro torrenti formano delle cascate. Al contrario, la Val Rabbiosa e la Valle del Drogo si immettono nella valle principale tramite una gola scavata dal proprio torrente. Nella valle sono presenti dozzine di laghi e laghetti glaciali. Ad esempio i laghi dell’Angeloga, presso il Pizzo Stella, quelli attorno al Passo del Baldiscio, il Lago Emet (incastrato nella particolare conformazione dell’alto comune di Madesimo), il Lago Azzurro di Suretta (sul gruppo del Suretta) e di Motta (comune di Campodolcino). Ci sono molti laghi artificiali: a Montespluga e Isola (comune di Madesimo), a Madesimo, a Prestone (comune di Campodolcino). Inoltre c’è il lago di Truzzo, sul versante sinistro: si tratta di un lago naturale poi ampliato artificialmente. Il comune principale è Campodolcino. Importante è la cittadina di Madesimo, importante stazione sciistica. La valle fu chiamata con vari nomi. Nel XII secolo d.C. fu nominata per la prima volta con il nome di “Valle Sancti Jacobi”. Localmente è chiamata semplicemente “Valle” e dialettalmente “Val di Giüst”. In italiano è chiamata “Valle San Giacomo”, dal nome del comune che la introduce, San Giacomo Filippo, che un tempo era il maggiore. Recentemente si è vista la prevalenza del nome “Valle Spluga”.

La Valle della Mera è la valle percorsa dal fiume Mera fino a Chiavenna. È compresa (ed è l’unica sua parte italiana) nella Val Bregaglia, che termina al Passo del Maloja. La valle si trova tra Val di Lei e Val Madris a nord-ovest e la Val Codera a sud-est. L’aspetto dei versanti opposti è molto diverso: quello destro è ripido e pieno di rupi e valloni, quello sinistro è poco ripido ed è disposto a gradinata. Ci sono poche vallate profonde nei versanti. Sul versante sinistro sopra Borgonuovo di Piuro e sotto il Pizzo di Lago c’è il lago dell’Acqua Fraggia. Nella valle omonima (sospesa sulla valle principale) il suo torrente emissario si getta dalla parete con la cascata dell’Acqua Fraggia. La valle della Mera è divisa in due comuni: Piuro, diviso in borghi, e Villa di Chiavenna, quello del confine.

La Bassa Valchiavenna si disloca per buona parte sul Piano di Chiavenna, ed è una penetrazione valliva posta a quota più bassa delle altre zone della Valchiavenna e più vicina allo spartiacque alpino dell’arco delle Alpi. Con i suoi prolungamenti laterali, la bassa valle è posta tra: a ovest la Valle di Livo (appartenente alla Val Mesolcina, Svizzera), a nord-ovest la Valle Spluga, a nord-est la Valle della Mera (Val Bregaglia), a est la Val Masino, a sud-est la Valtellina. La Bassa Valchiavenna fu scavata dall’unione dei ghiacciai della Valle Spluga e della Val Bregaglia. I versanti sono levigati, e quindi non sono presenti laghi alpini. Le valli laterali generalmente si immettono nella valle principale con una gola scavata da un corso d’acqua (Val Bodengo, Val Codera e Val dei Ratti. Per aspetto le valli laterali sono aspre e selvagge (un esempio sono l’orrido scavato dal torrente Boggia presso Gordona, e le valli più a sud, la Val Codera e la Val dei Ratti. Il Piano di Chiavenna, appartenente alla bassa valle, circa 2000 anni fa era occupato dal Lago di Como fino a Samolaco (da Summu Lacu= sulla sommità del lago). Ora è rimasto solo il Lago di Mezzola, collegato al Lario dall’ultimo tratto della Mera. Il comune più importante è Samolaco, diviso in piccole cittadine. Altre cittadine sono Mese, Gordona, il piccolo comune di Menarola, Prata Camportaccio e le cittadine sul Lago di Mezzola, ovvero Novate Mezzola e Verceia.

La bassa valle è attraversata dalla strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga e dalla strada provinciale Trivulzia. Le due strade si dividono a Novate e si uniscono a Chiavenna. Qui la SS 36 continua attraverso la Valle Spluga fino all'omonimo passo mentre, sempre a Chiavenna, inizia la strada statale 37 che percorre la Val Bregaglia fino al confine italo-svizzero. In territorio elvetico questa strada prende il nome di Strada Nazionale n.° 3 e porta al passo del Maloja.
Chiavenna è collegata a Colico, e quindi a Sondrio e Lecco, da una linea ferroviaria a binario unico.
Al termine del tratto più suggestivo si percorre un altro sentiero con interesse turistico, la Via retica dei Carden che attraversa minuscole frazioni costituite da baite in legno molto caratteristiche (come le antiche case di Livigno e di Zernatt, tanto per intenderci). Raggiunto il borgo di Isola (1268 m), storico punto di sosta e di cambio cavalli per le diligenze che affrontavano il passo nell'Ottocento, il sentiero prosegue più tranquillo fino a Campodolcino.

In Valchiavenna si contano circa un´ottantina di crotti posti in località diverse.
La maggior concentrazione di crotti si ha nel comune di Chiavenna, dove i nuclei sono ben 18, segue Villa di Chiavenna con 14 crotti, senza contare quelli sparsi sui maggenghi del versante meridionale; Piuro con 11 e Samolaco con 10.
Quanto all´altitudine vanno segnalati anche quelli di Dalò (S. Giacomo) a 1149 metri, di Bodengo ( Gordona) a 1027 e al Fòp ( Menarola) a 934.
Poichè la natura non ha confini, i crotti continuano verso la Bregaglia svizzera, in barba alle dogane, fino a Bondo, a Promontogno e a Vicosoprano. Qui si trova il crotto dell´Albigna, a 1127 metri sul mare, aperto al pubblico, così come, scendendo verso per il Tini ai Roi e il Caurga, e vale tuttora per il Giovanantoni a San Giovanni e in Pratogiano per i crotti Al Prato, Torricelli, Refrigerio e Ombra. In quest´ultimo la galleria fu scavata artificialmente nella seconda metà dell´800 per la maturazione della birra, poi fu usata per quella del vino, oggi per la stagionatura dei formaggi.
Alcuni crotti in Pratogiano sono adibiti alla conservazione e vendita di frutta e verdura.
Altri pubblici in bassa valle sono il Crotàsc di Mese, aperto nel 1927, e il Cròt di Gordona.
Se normalmente i crotti sono a gruppi, raccolti o sovrapposti, non mancano esempi di crotti isolati.
In qualche caso si tratta di casa-crotto, come a San Giovanni di Chiavenna, dove molte costruzioni antiche sorgono sopra il crotto con i caratteristici tetti a una falda che salgono ad appoggiarsi al pendio.
Anche se è solamente in Valchiavenna che il fenomeno raggiunge la maggior densità, ricordiamo comunque che il crotto non è un fenomeno esclusivo della Valle, infatti se ne segnalano anche nei dintorni di Como, sul Lago di Como e nella Val Mesolcina.

Il "sorel" è una corrente d´aria a temperatura costante intorno agli 8°C, quindi tiepida d´inverno e fresca d´estate. Questa corrente d´aria è l´elemento da cui deriva la peculiarità del crotto, rendendolo infatti ambiente ideale sia per la maturazione del vino, dal momento che non c´è variazione di temperatura, sia per la stagionatura di salumi e insaccati, a cominciare dalla bresaola, e dei formaggi, d´alpe e di latteria.
Pochi finora hanno tentato di dare una giustificazione fisica al fenomeno e comunque essa non è ancora stata oggetto di studi sistematici.
I chiavennaschi costruirono presso il crotto, in mezzo al verde, rustici sedili e tavoli in pietra ollare, dove passare qualche ora serena con gli amici o la famiglia, per degustare i prodotti locali e, con una piota sotto un antro, poter cucinare le famose costine. Nei crotti più ricchi si aggiunse anche una saletta, dove potersi anche scaldare d´inverno al fuoco del camino. Alcuni di questi sono addirittura con balconcino e con dipinti, anche esterni, come quelli patrizi di Pratogiano o di Cortinaccio a Prosto di Piuro, dove spicca quello della famiglia Vertemate-Franchi. Va in ogni caso sottolineato l´interesse architettonico e urbanistico dei crotti, perfettamente inseriti nella natura, mimetizzandosi nell´ambiente tra il verde della vegetazione e il bruno delle rocce.
Il crotto in Valchiavenna è privato (solo alcuni sono stati aperti al pubblico come ristoranti) e si eredita come qualsiasi altro bene, ma, per evitare divisioni ereditarie, la maggior parte dei crotti privati ha moltissimi proprietari e, per non avere problemi, spesso all´interno del crotto stesso ci sono una serie di armadietti, dentro cui c´è la botticella del vino e il "mezzo" in terracotta, strumenti indispensabili per far vivere lo spirito del crotto; poi, all´esterno, i tavolini sono di tutti.
Etimologicamente il nome crotto si fa derivare da "crypta" latino o dal medievale "crota", che provengono dal greco krypta, cioè grotta, tanto che fu italianizzato in grotto. Della grotta ha le caratteristiche costruttive con pareti costituite da viva roccia, i massi più o meno grandi franati dalle montagne incombenti, anche se, bisogna ricordare, l´elemento fondamentale che lo differenzia da una normale grotta è il "sorel".
Per comprendere in pieno il motivo autentico della vita del crotto si pensi ad una scritta del 1781 nel crotto Giovanantoni di San Giovanni a Chiavenna che dice "Si vende vino bono e si tiene scola de umanità" e si pensi quindi all´humanitas dei romani, la cordialità, la serietà pur nell´allegria, il senso di se stessi, l´equilibrio interiore, il rispetto degli altri" in un luogo a misura d´uomo dove, per dirla come scriveva il poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi, "se mangia e se beef in dialet".
Era costume diffuso, fino a qualche decennio fa, che le famiglie, d´estate, la sera della festa o della vigilia, andassero a crotto per la cena, al fresco e in mezzo al verde. Inoltre il crotto è sempre stato, anche prima della Chiavenna artigianale e industriale del XIX secolo, luogo ideale per concludere gli affari, tra un bicchiere e una battuta. Anche gli operai, nelle giornate particolarmente calde, finivano lì la loro giornata lavorativa. Il crotto fu quindi luogo di socializzazione da sempre. Per i giovani dell´ultimo dopoguerra, fu la sede delle festicciole con gli amici e le amiche, visto che fuori dall´abitato, si poteva cantare fino a tarda notte senza problemi di quiete pubblica. E soprattutto si può mangiare, ancor oggi, senza formalità, al tavolo di pietra squadrato alla buona. Si dice solitamente che quel tanto o poco di apertura in più che i forestieri trovano nei chiavennaschi derivi proprio da qui.
Per valorizzare i crotti, soprattutto quelli di Pratogiano a Chiavenna, nacque nel 1956 la Sagra dei crotti, che fino al 1960 fu un complemento di una gara podistica a carattere nazionale e che dal 1965 vive come manifestazione autonoma, con la possibilità di degustazioni gastronomiche e contorno di musica, balli e cultura. Si tiene generalmente nel secondo fine settimana di settembre e attira gente da varie province della Lombardia e dai Grigioni svizzeri.

È pratica diffusa in tutto l´arco alpino utilizzare le piante spontanee come alimento fresco, cotto o da conservare.
Non di meno questa consuetudine si riscontra ancora oggi nella cultura delle montagne dove, la gastronomia, caratterizzata dalla semplicità delle preparazioni, spesso, è retaggio di tradizioni contadine originate in situazioni di bisogno o di scarse risorse alimentari.
L´utilizzo alimentare delle piante spontanee è stato definito fitoalimurgia. Il termine alimurgia è stato coniato da Giovanni Targioni-Tozzetti nel 1767 per indicare lo studio delle soluzioni da ricercare in caso di urgenza alimentare (alimenta urgentia = alimurgia).
L´alimurgia è quindi la disciplina che si occupa di ricercare quanto può essere utile nel caso di necessità alimentare.
Queste piante danno al palato sensazioni rustiche arcaiche, grezze, non raffinate, dimenticate dalla selezione operata dall´uomo che ha privilegiato altri aspetti come la resa, la qualità.
Il nostro gusto ha quindi appiattito le caratteristiche organolettiche dei cibi e addomesticato i palati.
Durante la bella stagione l´uomo è attirato verso le erbe dei campi che inconsciamente considera utili: il corpo in primavera ha bisogno di pulirsi e il sangue di purificarsi: niente di meglio delle erbe cotte ci insegna la saggezza contadina!
Certo, i tempi sono cambiati: non si tratta più di ricercare risorse alimentari per sfuggire alla carestia, ma di riscoprire antichi usi, piatti dimenticati e genuini.
Dall´alimurgia si passa quindi inevitabilmente alla gastronomia.
Il recupero dell´uso culinario deve quindi procedere assieme al recupero della memoria, della storia, delle parole, delle tradizioni e ciò crea un notevolissimo valore aggiunto a tutta l´operazione che molti ristoratori hanno già compreso.
Per esempio, il prelibato Chenopodium bonus-henricus, il nostro spinacio selvatico, che poco ha da invidiare allo spinacio coltivato; oppure l´umile Silene vulgaris per misticanze, frittate, risotti o minestre.
Da non dimenticare la pungente ma altrettanto buona Urtica dioica nei risotti, minestre, frittate e ripieni vari.
Dal fondo valle ai pascoli alpini non si può non apprezzare il Taraxacum officinale che con la sua rosetta basale, prima della fioritura, viene gustata fresca in insalata, lessata quando le foglie cominciano ad indurirsi, nelle frittate primaverili o nelle minestre quando il freddo serale si fa ancora sentire.
Molte altre possono essere le specie da utilizzare e gustare, ma attenzione: la raccolta deve essere fatta con prudenza in quanto pos-sono derivare purtroppo facili confusioni con specie a volte tossiche.






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giovedì 17 dicembre 2015

MADESIMO

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Madesimo  è un comune comprendente le frazioni di Madesimo, Pianazzo, Isola e Montespluga.

Sito a 1.550 m s.l.m. è il comune italiano più lontano dal mare (dista circa 294 chilometri dal mar Ligure). Fa parte della Comunità Montana della Valchiavenna. È una località famosa per la pratica degli sport invernali, con oltre 60 km di piste, numerosi circuiti di fondo, per escursioni in motoslitta e snow kite.

Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, il poeta Giosuè Carducci vi villeggiò per numerose stagioni. La frazione di Motta pur essendo più vicina al comune di Madesimo fa parte invece del comune di Campodolcino.

La sede del comune è ospitata dalla frazione Pianazzo.

Il territorio comunale è attraversato dal tratto finale della strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga, che conduce da Milano al confine elvetico al passo dello Spluga.

Il capoluogo è raggiunto dalla strada provinciale 1, che si dirama dalla statale nei pressi di Pianazzo; fino al 2001 tale diramazione era classificata come SS 36 dir.

Nel comprensorio sciistico di Madesimo (tra le località alpine più nevose) si sono svolte gare della Coppa Europa. In particolare sulla pista di Motta, nel comune di Campodolcino, sono stati disputati gli slalom speciali, mentre sulla Montalto, presso l'abitato di Madesimo, si sono tenuti i giganti.

Il 22 febbraio 1953 durante la gara internazionale di discesa libera Trofeo Fiocchi-Coppa città di Lecco, Ilio Colli morì per un'uscita di pista.

Campodolcino e Madesimo hanno ospitato i Campionati del mondo di corsa in montagna nel 2009.

Nella località di Pianazzo si può visitare la bella cascata del torrente Scaloggia. Da non perdere inoltre la chiesa parrocchiale dei SS. Martino e Giorgio di Isola. Notizie di questa chiesa si hanno già dal XV sec. Venne ristrutturata nel 1522 e consacrata più tardi dal vescovo di Lodi, Francesco Landino. Dal 1886 è diventata ufficialmente la parrocchia di Madesimo. Consigliamo inoltre le escursioni verso la cima di "Pizzo Casa" a circa 2.500 mt. di altezza e nei vicini laghi, tutti molto suggestivi.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/12/la-valle-spluga.html





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mercoledì 16 dicembre 2015

MONTESPLUGA



Montespluga è un villaggio alpino, frazione del comune di Madesimo, situato presso l'origine della valle Spluga.

È situato a 1908 metri, lungo la strada che sale da Chiavenna verso il Passo dello Spluga, dal quale dista solo 3 km. Dal momento dell'apertura della galleria del San Bernardino, a ovest, il passo non è più tenuto aperto d'inverno, ed il villaggio, costituito da tre strade principali (Via Dogana, Via Ferrè e Via Val Loga), può ritrovarsi tagliato fuori sia dall'Italia che dalla Svizzera.

Nel piccolo abitato di Montespluga, dove, nonostante i 1900 metri sul livello del mare, avvertiamo il primo alito dell’Italia e del Sud, l’unico ospizio e l’unica chiesa (la capella di San Francesco d’Assisi, sostituita nel 1825 da una nuova costruzione) della località si trovavano fino al 1841 al Passo dello Spluga. Oggi Montespluga, grazie alle sue strutture ricettive e ai locali di ristoro, è, sia in estate che in inverno, una piccola e accogliente località turistica dall’atmosfera inconfondibile.

Ha conservato la propria originale fisionomia con le poche case attorno alla strada e all'antico edificio della dogana detto La Casa, occupa la piana alla confluenza della Valle Spluga con la Val Loga, ricca di acque e di pascoli, al cospetto delle vette di confine della zona e, dagli anni '30 del Ventesimo secolo, riva settentrionale dell'omonimo bacino artificiale.

È punto di partenza per numerose mete escursionistiche, alpinistiche e scialpinistiche sui monti d'intorno, e posto di transito lungo il tracciato transfrontaliero della Via Spluga.

Negli anni '80 conobbe un tentativo di sviluppo turistico invernale con la costruzione di due impianti di risalita, che ben presto fallì anche per la prossimità di un centro già celebre e sviluppato come Madesimo, tuttavia così recuperando la propria originale peculiarità alpina.

Il Lago di Montespluga è chiuso a sud da due dighe, si appoggia verso est al Monte Cardine (m. 2467) che separa la Val Loga dalla Val Schisarolo, mentre a ovest gli fanno da corona varie cime quali:
Pizzo d'Emet (m. 3209), Spadolazzo (m. 2720), Ursaregls (m. 2835) e Pizzo Suretta (m. 3027).



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martedì 15 dicembre 2015

LA VALLE SPLUGA



La valle Spluga o val San Giacomo è una valle alpina della provincia di Sondrio. Può essere considerata una continuazione della Valchiavenna in quanto inizia proprio a Chiavenna, per poi concludersi, dopo circa 30 km, con il passo dello Spluga.

Si tratta di una valle di origine glaciale ed è attraversata dal torrente Liro, affluente, più a valle, del Mera. Dal punto di vista orografico separa le Alpi Occidentali dalle Alpi Orientali e, più in particolare, le Alpi Lepontine ad ovest e le Alpi Retiche occidentali ad est.

La valle è composta da soli tre comuni: San Giacomo Filippo, Campodolcino e Madesimo.

La Val San Giacomo dall'inizio del Duecento fino al 1815 era un comune unico diviso in tre terzieri:
terziere di dentro di Isola con i quartieri di Isola, Madesimo, Pianazzo e le squadre di Teggiate e Rasdeglia;
terziere di mezzo di Campodolcino, con i quartieri di Campodolcino, Fraciscio, Starleggia, Vhò e Portarezza;
terziere di fuori di San Giacomo, con i quartieri di San Giacomo (con le squadre di San Giacomo, Mescolana, Dalò, La Motta) Monti di San Bernardo, Monti di Olmo e Sommarovina (squadre di Olmo, Sommarovina, Albareda, Costa), Lirone (squadre di Lirone, Cimaganda o Somganda, Gallivaggio o Gallivascio, Avero).
La suddivisione in terzieri viene ripresa nella bandiera della Val San Giacomo divisa in tre fasce orizzontali, ognuna delle quali è a sua volta divisa in quattro strisce di colore nero, verde, rosso e giallo che simboleggiano i quartieri di ogni terziere. Al centro compare uno scudetto rettangolare con l'immagine di San Giacomo, con la scritta “Vallis San Jacobi” (la bandiera originale è conservata presso la chiesa di San Giacomo Filippo).

Il Pizzo Tambò ha termine in corrispondenza del Passo dello Spluga, determinando il confine tra l'Italia e la Svizzera (Canton Grigioni).

Il Piz Timun dal versante italiano si trova al fondo della valle Spluga; dal versante svizzero nell'alta Val Ferrera.

Il Pizzo Stella (3.163 m s.l.m.) si trova sullo spartiacque tra la valle Spluga e la val di Lei, nella provincia di Sondrio (Lombardia), sul confine tra i comuni di Campodolcino, San Giacomo Filippo e Piuro. Dal versante orientale nasce il Reno di Lei.

Il Pizzo dei Piani (3.158 m s.l.m.) è collocato nella Catena Mesolcina tra l'italiana Valle Spluga e la svizzera Val Curciusa poco a sud del Pizzo Ferrè.

Il Pizzo Ferrè (3.103 m s.l.m.) è collocato nella Catena Mesolcina tra l'italiana Valle Spluga (nelle sue vallate laterali Val Loga e Val Schisarolo) e la svizzera Val Curciusa. Si può salire sulla vetta partendo da Montespluga e passando per il Bivacco Cecchini (2.773 m s.l.m.).

Il Pizzo Suretta (3.027 m s.l.m.) è collocato subito ad est del passo dello Spluga.

Il Pizzo Quadro (3.015 m s.l.m.) dal versante svizzero la montagna domina la val Mesolcina; dal versante italiano si affaccia sulla Valchiavenna.

L’Ecomuseo ValleSpluga è stato istituito il 25 marzo 2011 dal Consorzio Corti e Acero, riconosciuto dalla Regione Lombardia nel 2014.  La sede è nel Museo della Via Spluga e della Val San Giacomo (MUVIS)  di Campodolcino.
Comprende tutta la Valle Spluga sino al Passo omonimo. si occupa dei temi della cultura alpina con  le sue proiezioni storiche e sociali. L’Ecomuseo vuole: conservare le abitudini di vita e di lavoro della popolazione locale, rivisitare le tradizioni culturali, per poi riproporle in chiave  moderna , nel rispetto della cultura del territorio e con il fine di accompagnare uno sviluppo sostenibile e condiviso in valle.

Il passo dello Spluga situato a 2.114 m s.l.m., è uno dei più importanti valichi dell’arco alpino, conosciuto fin dall’antichità per il suo agevole transito. Nelle sue vicinanze si trova il punto d'Italia più lontano dal mare in linea d'aria, circa 240 km.
Posto sul confine italo-svizzero, mette in comunicazione l'alta valle Spluga con la valle del Reno superiore (Rheinwald). La sua importanza non è solo storica e logistica ma anche geologica, in quanto divide la falda Tambò a ovest con la falda Suretta a est. Tradizionalmente divide le Alpi Lepontine dalle Alpi Retiche e, secondo la tradizionale bipartizione delle Alpi in uso negli altri Paesi della catena alpina, ripresa dalla classificazione SOIUSA, divide le Alpi Occidentali dalle Alpi Orientali. Il suo tracciato è caratterizzato da un elevato numero di tornanti: 72 tra Chiavenna e Splügen, le località poste sui due versanti dove inizia e termina la salita.

Il toponimo "Spluga", diffuso in molte parti dell'arco alpino, farebbe riferimento al termine latino "spelunca" ovvero grotta, a segnalare la presenza di caverne probabilmente abitate da fauna selvatica, in particolare orsi.

I ritrovamenti presso il vicino Pian dei Cavalli di insediamenti preistorici dell'età della pietra, potrebbero far supporre un uso del passo ben antecedente a quello che i Romani misero in atto: con essi lo Spluga assunse notevole importanza commerciale e strategica, grazie anche alla costruzione di un tracciato lastricato che ne agevolasse il transito, detto appunto "Via Spluga", che oggi è stato in parte restaurato e reso percorribile, e che in pratica venne utilizzato fino all'apertura della strada carrozzabile ad opera degli Austriaci, nel 1821, ancora oggi seguita nel percorso dal moderno tracciato automobilistico.

L'agevole transito di cui ha sempre potuto godere il valico ne ha sempre determinato l'importanza politica, e la volontà dei diversi dominanti della zona di ottenerne il totale controllo: dopo i vescovi di Coira, di Como e il Ducato di Milano, riuscirono nell'intento i Grigioni, tra il '500 e il '700, periodo nel quale il valico conobbe un aumento del traffico in transito anche grazie al miglioramento dello stesso, con l'apertura di più agevoli varianti al vecchio tracciato e dunque un collegamento veloce tra le due importanti città di Chiavenna e Coira oltreché, come nel passato, tra la pianura padana e l'oltralpe germanico.

Successivamente, fu l'impero napoleonico ad entrare in possesso del passo: di questo periodo (dicembre 1800) è la drammatica traversata del valico delle truppe francesi in discesa verso l'Italia, comandate dal generale Étienne Jacques Joseph Alexandre Macdonald. Con i già citati austriaci il passo dello Spluga raggiunse probabilmente l'apice della propria importanza commerciale ma, paradossalmente, anche la rapida decadenza: crebbero d'importanza il vicino passo del San Bernardino e il passo del San Gottardo, questo soprattutto con l'apertura del traforo ferroviario e il primo, in tempi più recenti, con l'autostrada e il traforo stradale.

Tuttavia oggi il passo (chiuso generalmente dai primi di novembre ai primi di maggio) risulta sempre molto frequentato e trafficato, rappresentando una interessante tappa turistica per chi scende in Italia o ritorna verso il nord-Europa nonché, più praticamente, un'alternativa al passaggio dai sempre affollati valichi doganali tra Como e Chiasso.

Il passo dello Spluga è assai frequentato, nella bella stagione, soprattutto dai turisti vacanzieri che vi transitano provenendo dai cantoni della Svizzera tedesca, dalla Germania e in genere dal Nord Europa per scendere in Italia. Il suo paesaggio d’alta quota, la vicinanza di imponenti vette, la presenza sul versante italiano del pittoresco villaggio di Montespluga e del bel bacino artificiale omonimo fanno della zona del passo una apprezzata tappa lungo il viaggio.

Molto sviluppata è la rete sentieristica verso le vette e le mete alpinistiche attorno al passo, dal quale ha inizio la via normale di salita verso il pizzo Tambò, una delle cime più frequentate delle Alpi Lepontine; da ricordare è la Via Spluga, percorso escursionistico transfrontaliero nato con la collaborazione di diverse entità italiane e svizzere per la riscoperta storica e la valorizzazione turistica dell’antico tracciato del valico. Ugualmente da citare è la notevole frequentazione scialpinistica della zona, con numerosi itinerari di ogni difficoltà, agevolata dalla presenza spesso abbondante di neve e dalla sua permanenza fino a primavera inoltrata. I centri più prossimi al passo e maggiormente sviluppati turisticamente sono Madesimo, sul lato italiano, e Splügen su quello svizzero, entrambe località di villeggiatura estiva e attrezzate stazioni di sport invernali.

Posto quasi esattamente al centro dell'arco alpino, il Passo dello Spluga (2115 m) ha svolto un ruolo centrale nella storia degli spostamenti e dei traffici tra i due versanti delle Alpi, anche perché si trova sulla linea di collegamento più diretta tra la Germania meridionale e l'Italia del Nord.

La presenza umana nella zona del passo è attestata già in epoca preistorica: gli scavi archeologici in corso dal 1986 al Pian dei Cavalli (in Val San Giacomo) hanno dimostrato che già 10.000 anni fa, nella stagione estiva, salivano quassù (oltre i 2000 metri di quota) cacciatori nomadi in cerca delle loro prede: cervi, camosci, marmotte. Si potrebbe ipotizzare che essi si recassero anche a Nord del passo, ma le tracce di questo possibile passaggio non sono state ancora trovate.

Il transito attraverso lo Spluga diviene un fatto storicamente certo in epoca romana. Al tempo dell'imperatore Augusto, tra il 16 e il 7 avanti Cristo, i Romani conquistarono la Rezia, aprendosi la strada per l'invasione della  Germania meridionale. Lo Spluga diventava così (insieme ai vicini passi del San Bernardino e del Settimo) un importante punto di passaggio verso le regioni appena conquistate. Da Como, percorrendo la sponda occidentale del Lario lungo la Strada Regina, si raggiungeva Chiavenna. Lungo la Val San Giacomo saliva una strada carreggiabile che, probabilmente, arrivava fino a dove oggi si trova l'abitato di Campodolcino; da qui le merci dovevano essere trasportate su bestie da soma o su piccoli carri. Per raggiungere il Passo dello Spluga erano forse già allora possibili due itinerari: quello che passava lungo il fondovalle e quello che si teneva più a monte, sulla sinistra idrografica della valle, percorrendo la dorsale degli Andossi. Valicato il passo, il tracciato scendeva a raggiungere la valle del Reno Posteriore che seguiva fino Coira (capitale della Rezia) attraverso il difficile passaggio della Viamala.

Dopo la caduta dell'Impero romano e la fase di crisi che caratterizzò il primo Medioevo, il Passo dello Spluga (come il non lontano San Bernardino) ritrovò la sua importanza con la ripresa dei traffici commerciali e la via che lo attraversava venne costantemente migliorata. Nel 1473 fu sistemato il percorso che attraversava la profonda forra della Viamala e nel 1643 fu realizzata la nuova strada delle Gole del Cardinello (abbandonata solo nel XIX secolo). Il traffico si fece intenso e variegata la tipologia delle merci: cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie).

In questo contesto divenne fondamentale l'organizzazione dei Porti, termine con cui si definiscono le corporazioni di contadini-someggiatori che, a partire dal XIV secolo, detenevano il monopolio dei trasporti e badavano alla manutenzione della strada e dei ponti. Ogni porto aveva il suo tratto di competenza e prendeva le merci in consegna portandole da sosta a sosta (le soste erano  magazzini dove le merci sostavano per la notte). Il sistema era forse un po' complesso (da Coira a Chiavenna le merci venivano trasbordate cinque volte), ma costituiva la principale fonte di reddito per gli abitanti delle vallate percorse dalla strada.

Questo sistema fu messo in crisi solamente nel XIX secolo, quando vennero costruite le moderne carrozzabili del San Bernardino e dello Spluga (1818-1823). La strada del San Bernardino fu realizzata a spese del Cantone dei Grigioni e del Regno di Sardegna; quella dello Spluga fu finanziata anche sul tratto svizzero dal Regno Lombardo-Veneto (che faceva parte dell'Impero asburgico) in quanto gli austriaci temevano che il passo perdesse il suo ruolo nei traffici commerciali. Il progetto dell'ingegner Carlo Donegani (1775-1845) introduceva alcune importanti novità: sul versante svizzero si teneva sulla destra idrografica della valle che scende a Splügen, sul versante italiano abbandonava definitivamente le Gole del Cardinello, scegliendo un percorso più comodo. Dopo Campodolcino la strada si teneva sul fondovalle per poi salire a Pianazzo e raggiungere Montespluga percorrendo il fianco occidentale degli Andossi. Nel 1834 una devastante alluvione distrusse il tratto sul fondovalle costringendo l'ingegner Donegani a rivedere il tracciato della strada, che fu arditamente progettato lungo il ripido sperone roccioso del Sengio, sotto Pianazzo. La nuova strada, ancora oggi percorribile in auto, fu aperta al traffico nel 1838.

La costruzione della carrozzabile diede inizio a un'impetuosa crescita del traffico commerciale attraverso lo Spluga; aumentò via via il numero dei carri e delle carrozze che valicavano il passo trasportando merci e persone. Di questa nuova situazione trassero profitto soprattutto gli spedizionieri di Coira e di Chiavenna, mentre i someggiatori organizzati nei Porti videro inesorabilmente diventare superfluo il loro modo di lavorare e la loro attività, dopo quasi cinquecento anni, finì per scomparire. Ma di lì a qualche decennio anche l'importanza commerciale della strada dello Spluga sarebbe crollata: l'apertura delle ferrovie alpine, con le gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del Gottardo (1882), provocò la quasi totale scomparsa dei traffici sullo Spluga che, dopo la Seconda guerra mondiale, cesserà anche  di essere mantenuto aperto durante la stagione invernale.
 
Lo Spluga non fu importante solo dal punto di vista commerciale; migliaia di persone hanno valicato il passo affascinate dalla bellezza degli ambienti attraversati dal lungo itinerario tra Svizzera e Italia. Tra loro ci sono personaggi famosi: Erasmo da Rotterdam (1509), Johann Wolfgang Goethe (1788), William Turner (1843), Hans Christian Andersen (1852 e 1873), Robert Browning (1878), Friedrich Nietzsche (1872), Michail Bakunin (1874), Jacob Burckhardt (1878), Henry James, Giosuè Carducci (che tra il 1888 e il 1905 trascorse l’estate a Madesimo), Albert Einstein (1901) e molti altri.
   
L’attrazione turistica del passo e della strada che lo valica non è certo terminata con la fine dei traffici commerciali, ma l’idea di creare un itinerario escursionistico-storico-culturale (la Via Spluga, appunto) che seguisse l’antico itinerario di attraversamento del valico è piuttosto recente. E’ nata nel corso degli incontri tra la Regioviamala (CH) e la Comunità Montana della Valchiavenna (IT), iniziati nel 1995 nell’ambito del progetto europeo Interreg II. Questa collaborazione ha portato a elaborare progetti di sviluppo economico e culturale: tra questi c’è anche la Via Spluga che, unendo Thusis e Chiavenna, attraversa le valli del Reno Posteriore (Schams, Avers e Rheinwald) e la Val San Giacomo (o Valle Spluga). La realizzazione del progetto si è avvalsa degli studi dell’IVS (Inventario delle vie di comunicazione storiche della Svizzera), istituito nel 1984 dal governo elvetico per fornire ai cantoni e ai comuni uno strumento di pianificazione territoriale che consentisse di tutelare le vie di comunicazione storiche e gli elementi che le accompagnano (ponti, pietre miliari, cappelle, crocifissi, osterie, ecc.). Dopo alcuni anni di lavoro per sistemare sentieri e stradine e per collocare la segnaletica verticale e orizzontale, la Via Spluga è diventata una realtà nel luglio 2001. Il lavoro sul terreno è stato accompagnato dalla pubblicazione di una guida escursionistica ricca anche di informazioni storiche e culturali e di una bella cartina (1:50.000) che si basa sulle notoriamente precise carte nazionali svizzere.

La Via Spluga ha una lunghezza complessiva di circa 65 km; o meglio, se si vuole essere più precisi, di 62 km se si segue il percorso “classico” e di 65 km se, nel tratto fra Zillis e Thusis, si percorre la variante della Veia Traversina. Il tratto che supera la Gola del Cardinello, pur svolgendosi su un tracciato piuttosto largo, richiede attenzione per via dell’esposizione, specie se il terreno è umido o scivoloso. Un discorso simile vale anche per la variante della Veia (Via) Traversina, lungo la quale si trovano diversi tratti su terreno abbastanza ripido. Per il resto, nella relazione ho evidenziato gli eventuali brevi passaggi che richiedono attenzione (tutti comunque protetti o attrezzati con catena corrimano).



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mercoledì 2 settembre 2015

LE ALPI LOMBARDE



La Lombardia non si può considerare un territorio unitario, nel senso di territorio delimitato da precise conformazioni fisiche, sia per la varietà di paesaggi che l'attraversano senza racchiuderla, sia perché i confini amministrativi, molto spesso, sono il frutto di complesse vicende storiche.

In un viaggio attraverso la regione, da nord verso sud, s'incontrano lungo il cammino per primi i rilievi delle Alpi, poco più a sud le Prealpi seguite da dolci colline che smussano il passaggio dalla montagna alla Pianura Padana. Proprio lungo la fascia prealpina si trovano alcuni dei più grandi laghi d'Italia (come il lago di Garda, il Lago Maggiore e il lago di Como), mentre numerosi fiumi (come il Po, l'Adda, l'Oglio, il Mincio e il Ticino) e torrenti solcano la montagne, formando strette e profonde valli, e attraversano la pianura rendendola rigogliosa di vegetazione. In una piccola area a sud dell'Oltrepò pavese si ergono colline e montagne dell'Appennino ligure.

I nomi delle Alpi della Lombardia derivano tutti dalle popolazioni che, al tempo dei Romani, vivevano tra queste montagne. Le Alpi Lepontine prendono il nome dalla popolazione ligure dei Leponzi stanziata in questa zona e assoggettata da Augusto. Le Alpi Retiche dai Reti, popolazione di origine etrusca rifugiatasi nelle Alpi Centrali durante l'invasione celtica. Le Alpi Orobie dalla popolazione di origine ligure, o forse celtica, degli Orobi.

Le catene montuose rivestono il 40,5% del territorio regionale e sono costituite dalle Alpi, dalle Prealpi e dagli Appennini. Appartengono alle Alpi lombarde una piccola porzione delle Alpi Lepontine e gran parte delle Alpi Retiche. Sul territorio montano della Lombardia spiccano quattro massicci orografici di rilievo: il Badile-Disgrazia, il Bernina, l'Ortles-Cevedale e l'Adamello. I primi tre sorgono sullo spartiacque tra i bacini del Reno e dell'Inn a nord e dell'Adda e dell'Oglio a sud e solo in parte si ergono sul territorio nazionale. L'Adamello, invece, sorge tra i bacini dell'Adda e dell'Adige e si trova completamente in territorio italiano. Il punto più elevato del territorio lombardo è una spalla secondaria del Pizzo Bernina, la Punta Perrucchetti, a 4020 m (la vetta della montagna raggiunge i 4049 m, ma si trova in territorio elvetico). Altra importante vetta è il Monte Cevedale, del massiccio dell'Ortles-Cevedale, che arriva a 3764 m. Il massiccio dell'Ortles-Cevedale ospita il ghiaccia dei Forni che ha un'estensione di circa 12 km² ed è il più grande d'Italia. A sud della Valtellina si stagliano le Alpi Orobie delimitate a est dalla Valcamonica e ad ovest dal bacino del lago di Como.

Le sezioni e sottosezioni alpine che interessano la Lombardia sono:

Alpi Lepontine (Alpi dell'Adula)
Alpi Retiche occidentali (Alpi del Platta, Alpi del Bernina, Alpi di Livigno, Alpi della Val Müstair)
Alpi Retiche meridionali (Alpi dell'Ortles, Alpi dell'Adamello e della Presanella)
Alpi e Prealpi Bergamasche (Alpi Orobie, Prealpi Bergamasche)

Bormio, Livigno, Ponte di Legno, Madesimo, mete ormai classiche di turismo invernale, ben note agli appassionati di sci, snowboard e sport invernali. Eppure le montagne della Lombardia hanno molto da offrire, e non solo per una settimana bianca.

La Lombardia possiede montagne impervie e spettacolari ben note agli appassionati di trekking e arrampicata come le Orobie e le Grigne, luoghi situati a poca distanza da Milano e dall'operosa vita quotidiana dei capoluoghi lombardi, eppure ideali per chi è alla ricerca di un contatto autentico con la vita di montagna.

Paesaggi unici nel panorama alpino italiano, fatti di vette innevate fino a giugno e panorami che si aprono improvvisamente su vallate scoscese e su laghi dall'azzurro intenso. Questo è il paesaggio montano della Lombardia, da gustare in ogni stagione con i suoi paesaggi ancora in larga parte incontaminati, con i suoi parchi e riserve naturali, ma anche con i suoi centri ricchi di cultura e di storia, con al sua gastronomia e i suoi vigneti di montagna.

Le Alpi Lombarde comprendono diversi massicci montuosi ben noti ai praticanti dell'alpinismo e dell'escursionismo in montagna, tra i più noti il Pizzo Badile, il Pizzo Cengalo, il Monte Disgrazia, il massiccio del Bernina, l'Adamello e l'Ortles-Cevedale. Intorno a questi ultimi si estende il Parco Nazionale dello Stelvio, unico parco nazionale in territorio lombardo nel suo versante occidentale. Nella stagione invernale numerose sono le stazioni sciistiche, distribuite principalmente nelle provincie di Sondrio, Bergamo e Brescia. Tra le principali località turistiche di montagna, estive ed invernali, si ricordano:
Aprica, Bormio, Chiesa in Valmalenco, Livigno, Madesimo, Santa Caterina di Valfurva, Val Masino in provincia di Sondrio.
Castione della Presolana, Colere, Foppolo e Selvino in provincia di Bergamo.


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