giovedì 29 gennaio 2015

MAMMA CHE BELLO:C'E' LA NEVE!!!!





In meteorologia la neve è una configurazione di precipitazione atmosferica nella forma di acqua ghiacciata cristallina, formata da una moltitudine di minuscoli cristalli di ghiaccio, tutti aventi di base una simmetria esagonale e spesso anche una geometria frattale, ma ognuno di tipo diverso e spesso aggregati tra loro in maniera casuale a formare fiocchi di neve. Dal momento che è composta da piccole parti grezze è un materiale granulare. Ha una struttura aperta ed è quindi soffice, a meno che non sia sottoposta ad una pressione esterna. La disciplina che studia le caratteristiche fisico-chimiche della neve in relazione all'ambiente è la nivologia.
La neve si forma nell'alta atmosfera quando il vapore acqueo, a temperatura inferiore a 0 °C, brina attorno ai cosiddetti germi cristallini passando dallo stato gassoso a quello solido formando cristalli di ghiaccio i quali cominciano a cadere verso il suolo quando il loro peso supera la spinta contraria di galleggiamento nell'aria e raggiungono il terreno senza fondersi. Questo accade quando la temperatura al suolo è in genere minore di 2 °C (in condizioni di umidità bassa è possibile avere fiocchi al suolo anche a temperature lievemente superiori) e negli strati intermedi non esistono temperature superiori a 0 °C dove la neve possa fondere e diventare acquaneve o pioggia.

Tuttavia, in presenza di uno o più dei seguenti fattori:

violente precipitazioni,
violenti moti verticali,
bassa umidità,
aria estremamente gelida in quota,
la neve può cadere, anche se per brevi periodi, con temperature positive superiori ai 2 °C (se l'aria nei bassi strati è abbastanza secca la neve può giungere al suolo anche con temperature lievemente superiori). Se la temperatura lo consente, è possibile produrre neve artificiale con cannoni appositi, che tuttavia creano piccoli granelli più simili a neve tonda che non a neve propriamente detta.

In generale quindi per l'occorrenza del fenomeno nevoso conta non solo il campo termico al suolo, ma anche quello degli strati atmosferici compresi tra la nube e il suolo: la neve infatti può anche non cadere alle temperature proprie suddette in presenza di precipitazioni ovvero giungere sotto forma di pioggia pur a temperatura del suolo sottozero: questo accade a volte quando si è in presenza di una forte inversione termica caratterizzata da strati superiori dell'atmosfera a temperatura positiva all'interno del quale cristalli e fiocchi fondono tramutandosi in acqua liquida; quando quest'acqua sotto forma di pioggia raggiunge il suolo gela quasi istantaneamente a contatto con il suolo ghiacciato portando alla formazione del pericolosissimo gelicidio.

Allo stesso modo, anche una prolungata omotermia verticale con temperatura costante di poco superiore allo zero sfavorisce la caduta di neve facendo fondere i fiocchi in caduta. Anche alti livelli di umidità relativa con temperature al suolo di poco superiori allo zero sfavoriscono la caduta al suolo di neve perché aumenta la conducibilità termica dell'aria, la quale fa fondere più velocemente i cristalli di ghiaccio in caduta. Spesso al riguardo la precipitazione può iniziare sotto forma di neve e poi tramutarsi in pioggia proprio per l'aumento dell'umidità relativa al suolo in conseguenza della fusione della neve stessa, nonostante l'assorbimento del calore latente durante questo passaggio di stato fisico. Altre volte accade il contrario: le precipitazioni possono iniziarsi sotto forma di pioggia per poi convertirsi in neve al calo della temperatura per precipitazioni o al dissolvimento dello strato di inversione/omotermia per sopraggiunta aria fredda in quota.
Ci sono diversi tipi di neve:
A larghe falde: è la più comune e consiste in fiocchi di neve di medie e grandi dimensioni e si verifica con temperature dagli 0 °C in su e con livelli medio-alti di umidità. La velocità di caduta, in assenza di moti convettivi verticali, risente delle dimensioni dei fiocchi.
A piccole falde: è una forma di precipitazione nevosa sotto forma di piccoli fiocchi che avviene con basse temperature (qualche grado sotto zero) e bassi livelli di umidità. La velocità di caduta è maggiore rispetto alla neve a larghe falde e dà spesso luogo a fitte nevicate. Spesso dà luogo al suolo ad accumuli di neve secca e farinosa.
Neve a pioggia: espressione tipica del meridione per indicare una neve con grandi fiocchi e molto fitta che di solito si ha a temperature moderatamente alte (1 grado o 2). La velocità di caduta è maggiore rispetto alla grandine.
Neve tonda: fiocchi di neve che, attraversando uno strato dell'atmosfera a temperatura lievemente positiva, vanno ad ampiarsi infinitamente su sé stessi o i cristalli a perdere le punte arrotondando i loro bordi e prendendo così una forma più sferica.
Gragnola: neve finissima e leggera, che è formata da cristalli di neve circondati, individualmente, da uno strato trasparente di ghiaccio simile per molti versi alla grandine; cade generalmente a temperature di qualche grado sopra lo zero e con forte instabilità atmosferica cioè con aria fredda in quota e marcate correnti convettive.
Acquaneve: caduta di fiocchi parzialmente fusi in pioggia.
Tormenta o bufera: tempesta di neve intensa spesso accompagnata da vento come ad esempio il blizzard.
Nevischio: debole caduta di fiocchi di piccole dimensioni.
Polvere di diamante: è una precipitazione nevosa, generalmente poco abbondante, sotto forma di finissimi cristalli di ghiaccio non aggregati tra loro, che si verifica in presenza di bassissime temperature e bassi livelli di umidità, ovvero si forma per brinamento diretto del vapore acqueo non necessariamente in nube, ma anche nei bassi strati atmosferici. È tipica delle steppe siberiane in corrispondenza di forti irruzioni di aria fredda polare.
Scaccianeve: non è propriamente una precipitazione, bensì una forte tempesta di vento, che solleva la neve già caduta al suolo in mulinelli simili a una vera tormenta.
A queste si aggiunge infine la cosiddetta neve chimica che si forma occasionalmente in presenza di forte inquinamento atmosferico in combinazione a temperature sotto lo zero ed alta umidità.
Una volta caduta al suolo la neve tende a compattarsi sotto il proprio peso in misura tanto maggiore e veloce quanto più spessa e umida è la coltre nevosa e tanto maggiore è l'eventuale fusione potendo subire anche altri processi in relazione alle condizioni ambientali. La neve al suolo può essere classificata come segue:

Imbiancata: leggera caduta di neve, quanto basta a ricoprire in modo disomogeneo il terreno.
Leggera e polverosa: quando è appena caduta se si è sotto zero e con poca umidità dell'aria.
Pesante: quando la temperatura va sopra lo zero, cosa molto frequente in montagna, la neve diventa umida e un po' più pesante.
Grande e pesante: se si è sopra zero, i fiocchi si uniscono in agglomerati più grandi e a terra la neve diventa molto pesante e facilmente compattabile, la migliore per fare le palle di neve.
Ghiacciata: quando la temperatura scende successivamente sotto zero, cosa molto frequente in pianura la neve ghiaccia, prende la consistenza di polvere mista a ghiaccio, scarsamente umida e quindi difficilmente compattabile e inutilizzabile per costruzioni o palle di neve; è il caso ad esempio della neve brinata senza crosta.
Trasformata: successivi passaggi sopra e sotto lo zero portano la neve a divenire molto compatta, quasi come in pista, spesso anche con crosta di rigelo, e questo è il tipo di neve che si trova a volte in primavera.
Con crosta: il vento e l'umidità ad esso associata e/o successivi passaggi sopra e sotto lo zero formano una crosta molto rigida e spessa sopra la neve polverosa, meno spessa sulla neve più molle. Tale strato ghiacciato si associa spesso al vetrone.
Un ultimo tipo di neve al suolo è la neve artificiale, che si ottiene attraverso tecniche di innevamento artificiale.
Al nostro occhio la neve appare bianca, anche se è composta da cristallini di ghiaccio trasparenti come l'acqua. Essa appare bianca perché ogni raggio di luce che attraversa un cristallo di neve viene leggermente riflesso; così, di cristallo in cristallo, la luce continua ad esser riflessa e deviata fino a riemergere in una direzione casuale (riflessione diffusa). Così il raggio di luce che perviene all'occhio è una somma di tutta la luce che è emessa in quella direzione, ed è composta dalla somma di tutti i colori dello spettro, dato che i cristallini di ghiaccio non assorbono alcun colore. Ai nostri occhi arrivano così tutti i colori di partenza, e di conseguenza percepiamo il colore bianco che ne è la somma.

Inoltre, poiché quasi tutta la luce che entra viene restituita, il manto nevoso appare spesso abbagliante. Lo stesso fenomeno si presenta con ogni polvere che non assorba troppa luce: una strada sterrata polverosa appare biancastra, ma se piove diventa scura.

Nelle precipitazioni nevose dell'Europa meridionale, si può talvolta notare una leggera colorazione rosa a strati nella neve caduta: è la sabbia che arriva con il vento dal Sahara.
La neve può facilmente accumularsi al suolo se le temperature sono sufficientemente basse (non più di 1 °C) e/o se la nevicata è particolarmente intensa: tipicamente come riferimento si ha che un millimetro di acqua fusa corrisponde ad un centimetro di neve fresca subito dopo la nevicata (leggermente meno se la neve è secca e a fiocchi piccoli), con il manto nevoso che tende poi ad assestarsi sotto il proprio peso (tanto più è spesso e umido) e l'eventuale fusione. Lo spessore del manto può raggiungere anche diversi metri come accade nelle zone più nevose al mondo e con accumuli duraturi per tutto l'inverno in montagna.
La neve al suolo crea inoltre il cosiddetto effetto albedo ovvero riflette in massima parte la radiazione solare incidente contrastandone così l'assorbimento da parte del terreno; questo fatto unito al calore di fusione assorbito dalla neve durante l'eventuale fusione favorisce un riscaldamento termico minore dello strato atmosferico a contatto con essa col risultato che zone coperte di neve si riscaldano molto meno e si raffreddano molto più velocemente di zone non coperte da essa. È il presupposto che favorisce estese ed intense gelate notturne tali da produrre a volte estremi record negativi. Tale effetto oltre che a scala meteorologica è alla base anche di alcuni meccanismi di retroazione in campo climatico .
La neve accumulata al suolo può seguire due strade: fondersi nei periodi più caldi come primavera ed estate oppure conservarsi tale se le temperature rimangono costantemente sotto lo zero. In questo caso, che avviene al di sopra del cosiddetto limite delle nevi perenni cioè a partire da una certa quota altimetrica in su, variabile in funzione della latitudine, la neve inizia a seguire un ciclo di trasformazione che la trasformerà in ghiaccio grazie al processo di metamorfismo dei cristalli e al peso della neve soprastante espellendo l'aria contenuta negli interstizi e autocompattandosi progressivamente (firnificazione). Il ghiaccio così formatosi a partire dal 5º anno in poi va a formare il ghiacciaio.
La neve può costituire un rischio per l'incolumità di infrastrutture e persone fisiche nel fenomeno delle valanghe. Danni da sovraccarico nevoso possono prodursi sui tetti, sulla vegetazione arborea o favorire la formazione di ghiaccio su germogli in primavera. Nevicate consistenti (tormente) spesso creano danni alle infrastrutture e costituiscono un ostacolo alla viabilità bloccando la circolazione e i servizi, talvolta anche in zone dove il fenomeno meteorologico accade con frequenza. Interruzione dell'elettricità, dei servizi telefonici e di altre infrastrutture di base sono comuni nel caso di tempeste di neve. Spesso scuole e altri uffici rimangono chiusi e alcuni centri abitati remoti rimangono isolati. La neve può anche creare dei rischi stradali, ma capita più spesso con il ghiaccio..

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