giovedì 26 febbraio 2015

CARAVAGGIO

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Michelangelo Merisi (o Amerighi), noto come il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610) è stato un pittore italiano. Formatosi tra Milano e Venezia e attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia fra il 1593 e il 1610, è uno dei più celebri pittori italiani di tutti i tempi, dalla fama universale. I suoi dipinti, che combinano un'analisi dello stato umano, sia fisico che emotivo, con un drammatico uso della luce, hanno avuto una forte influenza formativa sulla pittura barocca.

Di animo particolarmente irrequieto, affrontò diverse vicissitudini durante la sua breve esistenza. Data cruciale per l'arte e la vita di Merisi fu quella del 28 maggio 1606, a partire dalla quale, essendosi reso responsabile di un omicidio durante una rissa e condannato a morte per lo stesso, dovette vivere in costante fuga per scampare alla pena capitale.

Il suo stile influenzò direttamente o indirettamente la pittura dei secoli successivi costituendo un filone di seguaci racchiusi nella corrente del caravaggismo.

Prima del ritrovamento del certificato di battesimo di Michelangelo Merisi, si credeva che il pittore fosse nato nel paese bergamasco di Caravaggio, nel 1573. A seguito della scoperta archivistica nel Liber Baptizatorum della Parrocchia di Santo Stefano in Brolo, è ormai fuor di dubbio che Merisi sia nato a Milano, e probabilmente il giorno 29 settembre (giorno di San Michele Arcangelo, da cui forse il nome Michelangelo. Meno certa è invece la data del 25 settembre), visto che il certificato di battesimo è datato 30 settembre 1571. Tale documento recita: «Adi 30 fu batz.o  Michel angelo f de d Fermo Merixio et d Lutia de Oratoribus/ compare d Fran Sessa».

Pur essendo nato a Milano, i genitori del pittore - Fermo Merisi e Lucia Aratori - erano nativi di Caravaggio. Nel gennaio 1571 i genitori si sposarono e, sotto la protezione e l'aiuto del nobile marchese Francesco I Sforza di Caravaggio e conte di Galliate (che gli fece da testimone di nozze), si trasferirono a Milano, probabilmente per lavoro, poiché sembra che Fermo Merisi fosse un magister (cioè uno dei maestri-architetti addetti ai cantieri delle chiese milanesi). È dunque ipotizzabile che essi vivessero nel quartiere centrale milanese dove, appunto, alloggiavano le maestranze della "fabbrica del Duomo di Milano", e delle quali faceva probabilmente parte anche Fermo. Di diverso avviso è, invece, Maurizio Calvesi, che ritiene che Fermo Merisi fosse in realtà "maestro di casa" dei marchesi di Caravaggio e che esercitasse "sia pure modestamente, il mestiere di architetto".

Oltre a lui, è confermata anche l'esistenza di una sua sorella, Caterina, più altri due fratelli, uno dei quali, Gianbattista, si farà prete.
Nel 1577, a causa della peste, i Merisi lasciarono Milano e tornarono a Caravaggio per sfuggire all'epidemia, ma qui morirono sia il padre sia i nonni del pittore. Terminata l'epidemia, nel 1584, Michelangelo torna nel capoluogo lombardo e mandato a bottega da Simone Peterzano, un pittore esponente del manierismo lombardo, che si professava un diretto allievo di Tiziano. Il contratto di apprendistato, datato 6 aprile 1584, è firmato dalla madre, per un costo pari a poco più di quaranta scudi d'oro. Secondo Mia Cinotti e Gian Alberto dell'Acqua, "il contratto di apprendistato col Peterzano, del 6 aprile 1584, sanzionava certamente un rapporto già in atto, perché Michelangelo risulta abitante nella casa del maestro." Tutte le varie date dei documenti sono certe, considerando che in quel periodo era appena stato riformato il calendario.

L'apprendistato del giovane pittore si protrae per circa quattro anni, durante i quali apprende la lezione dei maestri della scuola pittorica lombarda e veneta. Dalle Considerazioni sulla pittura di Giulio Mancini (1558-1630), uno dei biografi dell'artista, abbiamo notizia del carattere del giovane Caravaggio in quegli anni: «Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando, facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande».
Gli anni che vanno dal 1588, anno di scadenza del contratto con Peterzano, al 1592, ultima testimonianza della sua presenza di Caravaggio in Lombardia prima di raggiungere Roma, sono piuttosto nebulosi. Secondo quanto scrive Giulio Mancini, la madre del pittore muore a Milano il 29 novembre 1591. Risolte le pratiche sulla spartizione dell'eredità (di cui è pervenuta la documentazione d'archivio), il giovane Merisi lascia definitivamente la Lombardia per andare a Roma a circa metà del 1592. Tuttavia, secondo documenti emersi nel 2010 dall'Archivio di Stato di Roma (in particolare la testimonianza del barbiere Pietropaolo Pellegrino), l'artista non sarebbe giunto a Roma prima del 1596, anno in cui è documentato presso la bottega del pittore siciliano Lorenzo Carli.Il biografo Giovanni Pietro Bellori (1585-1655), il giovane pittore, che era «d'ingegno torbido, e contentioso», sarebbe fuggito da Milano per altre ragioni, definite vagamente «discordie», e sarebbe quindi giunto «in Venetia ove si compiacque tanto del colorito di Giorgione, che se lo propose per iscorta nell'imitatione».
Il pittore andò a Venezia col maestro Peterzano per un soggiorno di breve durata. Bellori è comunque l'unico biografo a menzionare un soggiorno di Merisi a Venezia e, a oggi, tale notizia è fortemente dibattuta, giacché una sua presenza in quella città non è stata mai confermata da documenti d'archivio. Tuttavia, nell'ipotesi in cui l'informazione di Bellori sia attendibile e che Caravaggio sia effettivamente andato a Venezia, i legami stilistici con la grande scuola veneta di Giorgione, Tiziano e Tintoretto sarebbero facilmente spiegabili. Occorre comunque precisare che lo stile di Caravaggio avrebbe potuto risentire degli influssi veneti anche senza un viaggio nella città lagunare, poiché in quegli anni il dominio della Serenissima arrivavava fino a Bergamo, con inevitabili ripercussioni anche sul piano artistico.
Secondo lo studioso Longhi, per lo sviluppo del futuro stile del pittore, sarebbe stata di capitale importanza la riflessione giovanile su alcuni maestri lombardi, soprattutto di area bresciana, quali Foppa, Bergognone, Savoldo, Moretto e Romanino, che Longhi definisce pre-caravaggeschi. A questa scuola si dovrebbero, infatti, l’avvio della rivoluzione luministica e la caratterizzazione naturalistica (contrapposta a certa aulicità rinascimentale) dei soggetti dipinti, elementi centrali della pittura di Caravaggio.

La particolare tecnica pittorica e realizzativa di Caravaggio fu il suo successo. Fino al suo inizio nella pittura, lo stile che avevano molti artisti era estremamente legato a un metodo che si basava prevalentemente sullo studio dell'arte classica, con forti influssi derivati dai grandi protagonisti del periodo d'oro del rinascimento italiano. Su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia, mentre per quanto riguarda il settentrione, la pittura si rifaceva soprattutto a Tiziano, Correggio e Leonardo.

La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti e nelle atmosfere in cui la capacità di dare a un corpo una forma tridimensionale viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, mediante la "luce radente". Attraverso questo artificio, Caravaggio evidenzia le parti della scena che più ritiene interessanti lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.

Nell'opera del pittore sono evidenti dunque forti contrasti di luci e ombre. La luce plasma le figure, determina ambienti e situazioni ed è concepita o come apparizione simbolica (essa è "Grazia" nella Vocazione di San Matteo in San Luigi dei Francesi) o come fatto drammatico nell'intensità dei gesti dei personaggi (Martirio di San Matteo nella medesima chiesa romana).

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