venerdì 27 febbraio 2015

MILANO VIA MANCINELLI

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L'omicidio di Fausto e Iaio fu commesso a Milano il 18 marzo 1978. Le vittime furono Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio" Iannucci, all'epoca diciottenni, frequentanti il Centro Sociale Leoncavallo, uccisi da 8 colpi di pistola a opera di estremisti di destra.
Il 18 marzo 2012 i giardini di Piazza Durante a Milano sono stati dedicati e intitolati a Fausto e Iaio dalla giunta del Comune di Milano.

Dopo un pomeriggio con gli amici, Fausto al Parco Lambro, Iaio al parco prima e poi in centro con la sua ragazza, verso le 19.30 i due ragazzi si incontrano alla Crota Piemunteisa di via Leoncavallo, uno dei luoghi di ritrovo abituale dei giovani del centro sociale. Nella sala biliardo, lo diranno poi vari testimoni, ci sono quella sera tre giovani che nessuno aveva mai visto prima. Fausto e Iaio si avviano per andare a cenare a casa Tinelli, come ogni sabato sera. Sarebbero ritornati al centro alle 21 per assistere al concerto di blues. Fra le 19.30 e le 19.45 si incamminano e all'altezza di via Mancinelli, alle 19.55 circa, di fronte al cancello di ferro della Sir James Henderson School, sono ferme alcune persone. I due ragazzi raggiungono il gruppo in attesa nella penombra di via Mancinelli 8. C'è uno scambio di battute tra Fausto, Iaio e gli altri in attesa, poi i tre aprono il fuoco: 8 colpi calibro 32 e scappano, due di essi hanno in mano dei sacchetti, probabilmente di plastica, e indossano impermeabili chiari. Il terzo porta un giubbotto marroncino. Tutti e tre si allontanano lungo via Mancinelli.
Iaio è già morto mentre Fausto agonizzerà fino all'arrivo dell'autoambulanza e morirà durante il trasporto all'ospedale.

Il 23 marzo, il giorno dopo i funerali di Fausto e Iaio, giunge a Roma una nuova rivendicazione del duplice omicidio. In quei giorni ce ne sono state altre (una persino a Palermo) tutte con sigle fasciste. La rivendicazione, considerata più credibile dagli inquirenti, appartiene ai terroristi neri dei NAR - brigata combattente Franco Anselmi. Anselmi era un neofascista romano, morto dodici giorni prima dell'omicidio di Fausto e Iaio, mentre tentava di rapinare un'armeria della capitale.

Tra gli appartenenti al gruppo di Anselmi c'è Massimo Carminati, un criminale che svolge i "lavori sporchi" per conto della banda della Magliana, la più potente organizzazione criminale romana, e ha rapporti con i servizi segreti. Tra le molte cose, Carminati sarà accusato di aver ucciso Carmine Pecorelli e di aver lavorato con due ufficiali del Sismi a un tentativo di depistaggio dell'inchiesta sulla strage di Bologna; insieme a lui Claudio Bracci e Mario Corsi. Nei loro confronti ci sono alcuni indizi e le dichiarazioni dei pentiti.

Massimo Carminati associato alla Banda della Magliana, Claudio Bracci e Mario Corsi, indiziati del duplice omicidio (cfr. rispettivamente per i primi due il mandato di comparizione emesso in data 15.10.1991 e per il terzo il mandato di comparizione emesso in data 5.12.1990).
Valerio Fioravanti, Mario Corsi e Guido Zappavigna, indiziati dei reati connessi al progetto di attentato in danno di Andrea Bellini avvenuto a Milano nel 1979 e Zappavigna indiziato del reato di cui all’art. 306 c.p.

I due ragazzi stavano conducendo approfondite indagini (con interviste sul campo, registrate meticolosamente su nastri, poi trafugati misteriosamente dopo la loro morte) sul traffico di eroina e cocaina nel loro quartiere di Casoretto e nelle vicine zone di Lambrate e Città Studi, traffico gestito da potenti ambienti della malavita organizzata e dell'estrema destra milanese.

La controinformazione condotta da alcuni giornalisti indipendenti e militanti del Centro Sociale Leoncavallo porta ad individuare nel bar Pirata (centro di ritrovo dei neofascisti della zona) il luogo di ritrovo degli autori materiali dell'omicidio, ma le indagini ufficiali, condotte dal Sostituto Procuratore Armando Spataro e passato ad altri 4 sostituti procuratori, non hanno mai individuato né i mandanti né gli esecutori di questo delitto.

Per mesi il giornalista de l'Unità Mauro Brutto raccoglie elementi sul delitto di Via Mancinelli. In novembre qualcuno gli spara tre colpi di pistola senza colpirlo. Pochi giorni dopo il giornalista mostra una parte del suo lavoro ad un colonnello dei carabinieri. Il 25 novembre, dopo cena, Brutto ha appuntamento con una sua fonte. Lo vedono entrare in un bar di via Murat, comprare due pacchetti di sigarette, uscire, attraversare la strada. A metà della carreggiata si ferma per far passare una 127 rossa. In senso inverso arriva una Simca 1100 bianca che lo investe e scappa.

"La Simca sembrava puntare sul pedone", dirà nel corso della rapida inchiesta l'uomo a bordo dell'altra auto, la 127. Sparisce il borsello di Brutto, pieno di carte, forse trascinato dalle auto in corsa. Lo ritrovano qualche ora dopo in una via vicina, vuoto.

Furono svolte poche e veloci indagini per chiarire le circostanze che determinarono la morte del giornalista: dell'automobile che lo investe e del suo guidatore non si sa più nulla, molte cose della dinamica dell'incidente non convincono, il borsello del giornalista verrà ritrovato senza il suo contenuto: documenti importanti, un vero e proprio dossier.

Il 24 settembre 1999, il Pm di Milano Stefano Dambruoso chiede l'archiviazione per Fausto e Iaio. Oltre all'estremista di destra Massimo Carminati, riguarda anche i neofascisti Claudio Bracci e Mario Corsi, accusati di quell'omicidio. Chiedendo l'archiviazione, il Pm Stefano D'Ambruoso sostiene che non sono state trovate sufficienti prove a carico degli indagati.

Nel 2011, in un'intervista a Radio 24, la madre di Fausto ha accusato esplicitamente i servizi segreti di essere i mandanti dell'omicidio dei due giovani. "Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell'ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti."

Come detto Fausto e Iaio la sera dell'omicidio si stavano recando a casa della famiglia Tinelli in via Montenevoso 9. Ma a sette metri di distanza dalla camera di Fausto, al civico numero 8, c'è un covo delle Brigate Rosse. Verrà scoperto il 1º ottobre del 1978, gli inquirenti trovano le carte originali del memoriale di Aldo Moro, lettere scritte dallo statista, verbali del suo lungo interrogatorio prima di essere ucciso. All'ultimo piano della palazzina dove abita la famiglia Tinelli, c'è una mansarda trasformata in un mini appartamento, da lì gli agenti dei servizi segreti controllano il covo delle Brigate Rosse. Alla Commissione Moro sarà detto che l'appartamento era stato affittato solo nel luglio del 1978, ma secondo la madre di Fausto già dal gennaio del 1978 vedeva persone entrare in quella mansarda con scatoloni e strane parabole. Si delineerebbe quindi, nell'assassinio dei 2 giovani, un messaggio 'trasversale' fra servizi deviati italiani che già avevano modo di infiltrare o perlomeno condizionare l'operato delle BR, oltre che l'eliminazione di un potenziale 'investigatore' (il Tinelli) che già da tempo, con i suoi più stretti compagni, osservava con acuta attenzione la realtà politica del periodo non solo in ambito milanese. Come per l'assassinio di Valerio Verbano due anni dopo a Roma, è molto probabile che servizi segreti (più o meno 'deviati') e manovalanza fascista, abbiano concorso per salvare lo status-quo della politica nazionale, fatta di intrighi, depistaggi e crimini di ogni sorta. Lorenzo Jannucci e Fausto Tinelli saranno ricordati nel comunicato n. 2 delle Brigate Rosse, emesso durante il sequestro di Aldo Moro il 25 marzo 1978. A loro vien fatto riferimento come "compagni assassinati dai sicari di regime". Come per Valerio Verbano.


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