sabato 25 aprile 2015

MASNAGO

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Masnago è un rione della città di Varese, situato nella parte settentrionale. Fu comune autonomo fino al 1927, poi accorpato a Varese.

Delle località varesine Masnago è quella che vanta la citazione più antica: il nome, infatti, compare nel Corpus Diplomaticus Langobardorum con una datazione dell’844..

Nel nome di luogo il suffisso -ago sta di norma a indicare un’attribuzione di possesso, com’era uso della colonizzazione gallica. È un indizio piuttosto diffuso in siti della zona del Milanese. In epoca tardoromana potrebbe trattarsi di proprietà agricole forse concesse a veterani di origine celtica. Al nome di battesimo del personaggio cui vengono assegnate terre si fa seguire il cosiddetto “suffisso prediale”. Il nome del proprietario, qui, è naturalmente sconosciuto. Sono consentite solo ipotesi di fantasia: Mausonio, Masenio, Masino, Maso… A giudizio di altri studiosi – per quanto tale indicazione non contrasti del tutto con la precedente - Masnago farebbe invece derivare la propria denominazione da una voce celtica che caratterizza un villaggio protetto da un primitivo recinto in pietra. La stessa origine, per esempio, avrebbe il borgo di Masciago, in Valcuvia. Sono, com’è evidente, tutte congetture suggestive, che per altro avvalorano l’ipotesi di un insediamento di tipo militare databile grosso modo attorno al quarto o al quinto secolo.

L’antichità “romana” del sito – si tratterebbe di insediamenti o di semplici consolidamenti di stazioni di galli celti forse già esistenti – è tuttora documentata ‘in loco’ da un’ara votiva dedicata a Giove infissa nella parete esterna orientale della chiesetta dell’Immacolata. L’iscrizione, oggi illeggibile, fu decrittata sul finire dell’Ottocento da Teodoro Mommsen in occasione di un suo giro nel Varesotto. Pare si dovesse leggere così: A DIO OTTIMO MASSIMO / TITO VALERIO / CON LA MOGLIE / CINGENDO QUEST’ARA / CON ANIMO LIBERO E COME DOVEVA / SCIOGLIE IL VOTO. Si dice, ancora, che reperti d’epoca romana (o tardoromana) esistessero a Calcinate degli Orrigoni: una lapide devozionale intitolata a Mercurio di cui però non v’è più traccia. Altri reperti – un’urna cineraria e una coppa in vetro decorata a gocce blu disposte su un’unica fila –, invece, furono trovati nel 1964 durante gli scavi per la costruzione dell’attuale chiesa parrocchiale, e sono custoditi al Museo civico di Varese. Chi fosse il Tito Valerio promotore dell’ara votiva dedicata a Giove e pervenuta fino a noi non è dato sapere. Si è ipotizzato si potesse trattare di un magistrato romano di stanza a Como. Un’altra ipotesi fatta è quella secondo la quale nella piccola area in cui oggi si eleva la chiesetta dell’Immacolata, dove un tempo fu costruita la prima chiesa di Masnago, si trovasse in tempi più antichi un tempio dedicato a Giove, che insomma si trattasse di una ‘zona sacra’. Tutto è possibile, facendo riferimento a situazioni di più di millecinquecento anni fa e di cui non esistono altre tracce documentali; l’uso di murare reperti romani nelle pareti delle chiese cristiane è del resto piuttosto ricorrente, senza che ciò rappresenti un effettivo legame consequenziale.

Masnago – o meglio all’antico Masenacum – tutti gli indizi rilevati ci rimandano a un periodo inquadrabile, grosso modo, tra il terzo e il quarto secolo dopo Cristo, ovvero allo stesso periodo nel quale comincia a diffondersi la religione cristiana. Intanto, in quegli anni di trapasso, e tra genti sostanzialmente ancora pagane, erano molto diffuse le devozioni a Giove, a Mercurio, a Mitra, divinità, quest’ultima, che ebbe un grande seguito nell’impero romano tra l’esercito e fu concorrente del cristianesimo. Ciò corrisponderebbe, in parte, ai due reperti citati in precedenza. Si pensi in aggiunta ai rinvenimenti di Angera – località molto più legata alle nostre zone di quanto potesse esserlo il municipio comasco – famosi per i legami con il culto mitriaco. Erano, per altro, gli stessi anni in cui si diffondeva l’eresia di Ario, con un ampio consenso tra le popolazioni barbariche di origine celtica e, più tardi, longobarde. La tradizione, a Masnago, indica come “torre ariana” la torre capitozzata che si trova in piazza Ferrucci, davanti alla parrocchiale. Un altro antico sito masnaghese, all’inizio della strada della Carnaga e di via Giordani, dove fino a una trentina di anni fa si trovava il lavatoio pubblico, e dove con ogni probabilità nel Medioevo si insediò una comunità religiosa, è ancora detta dai vecchi masnaghesi “l’Ariana”, anche se altri riferiscono tale denominazione a una roggia che lì scorreva verso il lago, visibile fino a una quarantina di anni fa prima che venisse ricoperta: la Rianna. Ma è possibile che si tratti di un’indicazione equivoca, e che in fondo i due nomi si confondano o, addirittura, si integrino.

Nel racconto della storia di Masnago e della plaga che si estende dintorno si può certamente identificare una sorta di “questione ariana”. In realtà, il termine “ariano” è piuttosto ambiguo. Per decenni, per secoli, presso il popolo, tale denominazione ha rappresentato genericamente il significato di “pagano”, a volte di cristiano non ortodosso. Anche la confusione del vocabolo con la parola “arimanno” – e quindi barbaro, estraneo – è possibile, e di conseguenza è plausibile la definizione di “ariane” (cioè non inserite nel contesto comune) per le prime comunità di Umiliati nei secoli dodicesimo e tredicesimo. Più in generale, l’eresia ariana, specie tra le popolazioni contadine, che erano ovviamente la quasi totalità, ebbe largo seguito: dai primi anni in cui cominciò a diffondersi il cristianesimo, fino all’invasione e alla dominazione longobarda e alla dominazione franca.

Tracce tuttora ben visibili di quei lontani contrasti, e probabilmente non tutti riferibili al conflitto tra cristiani ortodossi e ariani, sono le torri che si ergono nella zona. A Masnago se ne possono contare almeno tre: il mastio del castello Mantegazza; la torre capitozzata che sorge davanti all’attuale chiesa parrocchiale, detta “degli Ariani”, e un torrione, anch’esso capitozzato e rimaneggiato, forse addirittura di epoca franco-longobarda, esistente nella località Cittadella, l’antico nucleo di case che si trova in via Piemonte, poco dopo l’asilo, la strada che attualmente si dirige verso il cimitero (verosimilmente la sede di uno dei due conventi di frati Umiliati che esistevano a Masnago).

La Masnago dell’epoca nelle contese che, attorno all’anno Mille, toccarono l’intera zona del Milanese ovvero all’anno di grazia 1045, quando una delegazione di milanesi si recò dall’imperatore Enrico III per presentare un elenco di quattro canonici della cattedrale tra i quali l’imperatore avrebbe dovuto scegliere il vescovo. Enrico III, invece, nominò un Guido dei valvassori di Velate. Si trattava di un discendente della famiglia Bianchi, maggiorente nel borgo, un uomo certamente fedele, ma – ricordano con un certo astio i suoi contemporanei – “vir illiteratus a rure venientem”. Inutile dire della sequela di vicende che si succedettero alla non prevista nomina. Divenuto presto inviso ai patarini Arialdo e Erembaldo, Guido rimase invischiato nella cosiddetta “guerra dei preti” e costretto a morire in esilio. I conflitti durarono per più di un quarto di secolo. Non si sa quanto il territorio masnaghese e i suoi pochi abitanti ne fossero direttamente chiamati in causa. Ma quelle torri e quei fortini potrebbero essere altrettante prove concrete di battaglie e di difese che forse in altro modo non troverebbero giustificazione.

Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 500 abitanti, nel 1786 Masnago entrò per un quinquennio a far parte dell'effimera Provincia di Varese, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1798 e nel 1799. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 597 abitanti. Nel 1809 il comune si allargò per l'annessione di Lissago e Casciago, ma nel 1812 si registrò la prima esperienza di unione con Varese su risultanza di un regio decreto di Napoleone, ma il Comune di Masnago fu poi ripristinato con il ritorno degli austriaci. L'abitato crebbe poi discretamente, tanto che nel 1853 risultò essere popolato da 896 anime, salite a 976 nel 1871. Una sensibile crescita demografica nella seconda metà del XIX secolo portò poi ai 1575 residenti del 1921. Fu quindi il fascismo a riproporre nel 1927 l'antico modello napoleonico, stabilendo la definitiva annessione a Varese.

Il Palio di Masnago istituito nel 1979, venne creato per richiamare i masnaghesi alla tradizione paesana che, con l'espandersi della città di Varese, si stava perdendo. Infatti, nel rione, vi era l'usanza nella prima settimana di settembre, di portare in chiesa come offerta i prodotti della terra e della fatica dell'uomo, come ringraziamento a Dio. La prima idea del Palio fu presentata al consiglio pastorale nel febbraio del 1977. Solo due anni più tardi, con la creazione di comitato organizzatore, si disputò la prima edizione.

Il comitato organizzatore decise di dividere il rione in sei contrade, che rappresentavano in effetti sei agglomerati che già portavano da tradizione secolare un proprio nome.

È il quartiere della città di Varese in cui sorgono lo Stadio Franco Ossola, sede delle partite interne del Associazione Sportiva Varese 1910; e il PalaWhirlpool, che ospita le partite casalinghe della Pallacanestro Varese. All'oratorio di Masnago gioca l'Or.Ma. Masnago che milita nei campionati del CSI con numerose squadre di Calcio Pallavolo e Basket

A Masnago sono presenti inoltre tre tra le più importanti scuole della città giardino: la Scuola media Angelo Vidoletti, il Liceo scientifico Galileo Ferraris e il Liceo artistico Angelo Frattini.

Il Castello di Masnago è un complesso architettonico che ha subito interventi ed ampliamenti diversi nel corso dei secoli. Alcune sue parti risalgono ad epoche diverse: al Medioevo appartiene la torre; quattrocentesco è il corpo di fabbrica principale, famoso per i suoi splendidi interni affrescati; più recente, datata intorno al sei-settecento, è l'ala che, ha reso la fortezza medievale più simile ad una residenza signorile che ha un edificio difensivo. l Castello di Masnago è conosciuto soprattutto per i cicli di affreschi della Sala degli Svaghi e della Sala dei Vizi e delle Virtù, che furono scoperti nel 1938, vengono considerati esempi artistici di grande suggestione e raffinatezza e possono essere riferibili alla tradizione cortese del Gotico Internazionale, stile diffuso tra la fine del 300 e la metà del 400 nelle corti di tutta Europa ed in Italia.

La Sala degli Svaghi conta di mirabili affreschi raffiguranti i passatempi di corte che le hanno fatto guadagnare appunto la denominazione. Da menzionare tra i soggetti dipinti nella sala una dama intenta a suonare l'organo, immersa in un incantevole luogo naturale, sulla cui sommita è posta una bandiera con lo stemma della famiglia Castiglioni. In un'altra scena la stessa dama è rappresentata mentre, cavalcando in compagnia del consorte, si dedica alla caccia con il falcone.

La Sala dei Vizi e delle Virtù, presenta una grandiosa decorazione che ha per tema il “confronto” tra Vizi e Virtù, un argomento allegorico e didascalico, tipicamente medievale.

Il Castello di Masnago, aperto al pubblico nel 1990, è sede dal 1995 di alcune delle collezioni storico-artistiche permanenti dei Civici Musei di Varese nella parte medioevale dell'edificio; qui sono collezionate opere dei più importanti pittori lombardi moderni, dall' Hayez al Bertini, dal Cremona al Ranzoni,da Pellizza da Volpedo al primo Balla divisionista, fino alla importantissima raccolta dei disegni del Piccio già della collezione di Piero Chiara.

Si possono ammirare nel museo anche esempi di arte secentesca e settecentesca come la “Resurrezione” del Procaccini, la “Deposizione” e l'“Orazione nell'orto” del Morazzone, la “Maddalena penitente” del Cairo, alcune opere della cerchia del Nuvolone, così come per il Settecento “La vergine fa giungere il viatico ad una devota” del Magatti, o più di recente, l'“Annunciazione” di Federico Bianchi. Inoltre con l'apertura della sezione contemporanea il Museo d'arte moderna e contemporanea di Varese ha potuto aggiungere anche significativi lavori di alcuni tra i maggiori protagonisti della contemporaneità: da Legnaghi a Veronesi, da Fontana a Baj, da Peverelli a Valentini, da Guttuso a Bendini; e ancora Valentini, Bodini, Sangregorio, Cassani, Olivieri, Ghinzani, Varisco, Dadamaino, Morandini, Tadini, Benati, Vaccari. L'ala più recente è stata destinata a spazio espositivo per mostre temporanee.




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