giovedì 21 maggio 2015

LA CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO A BUSTO ARSIZIO

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Il canonico Antonio Crespi Castoldi, nel 1614 realizzò una “storia di Busto Arsizio” basata sulla tradizione dell’epoca e su documenti allora consultabili ed oggi andati perduti. Egli racconta che sull’area ove oggi sorge la chiesa di San Michele, vi era un castello e che in esso, nell’anno 1242 si svolse un atto ufficiale alla presenza del console milanese. Nel 1276 il castello venne distrutto per vendetta da Napo Torriani a causa della partecipazione di Busto alla guerra fra Visconti e Torriani, ovviamente, a detta del Crespi Castoldi, dalla parte dei Visconti. Saranno poi i Visconti a ricostruire le mura ed il fossato del borgo, ma non il castello che, pertanto, rimase diroccato per secoli. Una primitiva piccola cappella, forse adiacente il castello, forse inserita in esso, era stata eretta certamente sin dall’epoca longobarda. Presumibilmente, con la distruzione del castello nel 1200 andò perenta anche questa cappella. Sulle rovine del castello venne edificata una nuova chiesa, e venne recuperata la base della torre del castello stesso per sopraelevarci il campanile, di cui diremo in seguito. La prima ricostruzione della chiesa in forma basilicale, a navata unica con tre absidi semicircolari e tetto a capriate, è pertanto da far risalire alla fine del ’200 o inizio del ‘300. Nel Liber notitiae sanctorum Mediolani, compilato fra il 1290 e il 1310 viene elencata anche la chiesa di San Michele a Busto. Nel 1343 venne eretto un beneficio curato, ossia l’assegnazione di beni sufficienti per garantire la “cura” di un sacerdote fisso.
Crespi Castoldi ci informa che nel 1494 la chiesa venne ornata con pitture e nel 1512 venne eretto un secondo beneficio “curato”.
Risale al 1566 una descrizione dettagliata della chiesa, con un altare principale, 4 altari minori, pavimentata. Adiacente vi era il cimitero. Nel 1580 venne redatta una nuova descrizione con piantina, e si disse che la chiesa era in buono stato. Dal disegno emerge come il fosso e i bastioni delle mura cingessero di fatto la chiesa stessa, il cimitero e le case dei curati.
Ancora agli inizi del ‘600 vi erano dieci sepolcri interni, ridotti ad otto nel 1622.
Nel 1641 la chiesa viene detta pericolante in diversi punti, e così si darà corso alla realizzazione della nuova.

Il Campanile è certamente, almeno nella parte inferiore, l’edificio più antico tuttora esistente a Busto. Già basamento di torre del castello longobardo, o comunque basamento di parte del castello stesso, fu “riciclato” per realizzare la torre campanaria della chiesa. Si tratta di un basamento di pietre e ciotoli, del IX-X secolo.
La parte intermedia ha lesene angolari di mattoni, quattro campi sovrapposti, rientranti, in ciottoli con archetti e finestre a tutto sesto, e si concludeva con le quattro bifore con colonnina intermedia, dapprima murate e solo recentissimamente riportate alla luce. Nel 1559 venne realizzata una ulteriore elevazione coincidente con l’attuale cella campanaria, alta 11 cubiti. Ne deriva che in epoca imprecisata venne realizzata una ulteriore sopraelevazione intermedia corrispondente all’attuale alloggiamento dell’orologio.
A fine ‘700 verrà dotato di tre campane provenienti da San Giovanni, mentre nel 1889 accolse ben 12 campane su un castello in ghisa.
Pur essendo stato realizzato in almeno quattro fasi separate, questo campanile ha un fascino ed una omogeneità tutte proprie. Solo il campanile di San Giovanni, terminato nel 1418, supererà questa torre, che, pertanto, coi suoi “100 cubiti” (40 metri) resterà un elemento fondamentale fino al XX secolo dello “skyline” cittadino.

L’edificio attuale venne realizzato, nella sua struttura di base, nel periodo fa il 1653 ed il 1679 su un disegno dell’arch. Francesco Maria Richino (o Richini), ad unica navata. La prima visita pastorale nel nuovo edificio risale al 1656 ad opera di mons. Filippo Maria Visconti che data l’inizio dei lavori al 1653. La prima grande novità è data dal rovesciamento del tradizionale orientamento delle chiese con abside ad Ovest. Poiché lasciare quell’orientamento avrebbe costretto a realizzare la facciata a ridosso dei bastioni delle fortificazioni del borgo, si decise di posizionare la facciata laddove la vediamo oggi.
La volta era a botte, il pavimento era di marmo e conteneva 30 sepolcri. Solo nel 1785 il coro, dietro all’altare, accolse degli stalli, provenienti dalla chiesa di santa Maria di Abbiategrasso. L’altare maggiore fu per oltre un secolo lo stesso della chiesa precedente in legno, e venne sostituito da uno nuovo solo nel 1753, probabilmente realizzato da Biagio Bellotti. Interessante notare la scritta la latina “quis ut deus” (chi come Dio ?) che corrisponde alla traduzione dell’ebraico “mi cha el” (da cui Michele). Il nome Michele, pertanto, fa espresso riferimento al ruolo avuto dall’Arcangelo nello sconfiggere gli angeli ribelli che ritenevano, appunto, di essere come Dio. Il nome Michele, dunque, è un monito continuo anche alla arroganza degli uomini, affinchè ricordino di non essere come Dio.
Il Battistero venne realizzato nel 1884.
Nel 1931 la volta della chiesa, fatta di incannucciato, viene sostituita con una nuova di mattoni.
Negli anni 1937-39 il presbiterio e l’abside vengono demoliti e ampliati, su progetto dell’architetto Giovanni Maggi, con l’aggiunta del transetto, della cupola, di una nuova sagrestia, della cosiddetta penitenzieria (oggi cappella invernale), con la realizzazione della controfacciata che guarda su piazza Manzoni, la cosiddetta grotta della Madonna di Lourdes con stalattiti di cemento dipinto. Queste modifiche sono state assoggettate a notevoli critiche in quanto no rispetterebbero le valenze formali dell’edificio preesistente e ne avrebbero pertanto stravolto l’immagine complessiva.
L’attuale organo di oltre tremila canne è del 1945.
Di grande pregio le opere custodite nell’adiacente museo di arte sacra.

Gran parte delle decorazioni pittoriche sono piuttosto recenti anche se nel loro insieme forniscono una sensazione di grandiosità. Risalgono infatti agli anni fra il 1932 ed il 1950 la grandiosa decorazione pittorica della controfacciata (Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele, Mosè, Aronne), della volta (al centro Dio creatore, l’arcangelo Michele sconfigge gli angeli ribelli, Annunciazione, ai lati Michea, Abdia, Gioele, Osea, Malachia, Zaccaria, Aggeo, Abacuc) del transetto destro (alle pareti Elia confortato dall’angelo, Il miracolo di Torino, Ultima cena, sulla volta del transetto: gloria di san Felice), nel transetto sinistro (alle pareti martirio di san Tarcisio, miracolo di sant’Antonio, moltiplicazione dei pani e dei pesci, sulla volta del transetto: Assunzione), della cupola (Cristo vincitore della morte), dei pennacchi (Evangelisti), dell’abside (primato di Pietro, Spirito Santo, Fede, Speranza, Carità, Giustizia, santa Cecilia, san Gregorio), del battistero (alle pareti battesimo di Gesù, mandato di Gesù agli Apostoli, nella volta del battistero: Spirito Santo tra angeli). Sono opere di Mario Chiodo Grandi, Angelo Galloni, Gerolamo Polloni e A. Bonfanti,
La vetrata sopra l’ingresso principale (Madonna con Bambino e san Giovannino) è del 1949. Tele di rilievo: nei primi due vani laterali si trovano: a destra il battesimo di Cristo (fine’600), vita del Battista; a sinistra la guarigione di Tobia di Pietro Antonio Magatti (1731 circa) proveniente dalla chiesa di San Rocco.
La chiesa di San Michele Arcangelo si trova nel centro di Busto Arsizio, in piazzetta Don Pio Chieppi.

L'esterno dell'edificio è caratterizzato dalla facciata barocca. Questa è a capanna ed è suddivisa in due fasce orizzontali da un alto cornicione. La fascia inferiore, con paraste ioniche, presenta al centro il grande portale, posto fra due semicolonne marmoree e sormontato da un tondo a bassorilievo raffigurante la Madonna con il Bambino. La fascia superiore, invece, è con lesene corinzie e al centro di essa vi è un finestrone rettangolare con semplice cornice marmorea. La facciata è coronata da un timpano triangolare sormontato da quattro statue di Angeli (ai lati) e di San Michele Arcangelo (al centro).

Alla sinistra della chiesa sorge il campanile, unica struttura della fortificazione preesistente longobarda e costruzione più antica di Busto Arsizio. La torre, costruita in pietra e ciottoli, viene fatta risalire al IX secolo o al X secolo. La parte superiore presenta lesene angolari di mattoni e quattro campi rientranti in ciottoli con archetti e finestre a tutto sesto. Il campanile si conclude con quattro bifore, di cui due murate.

La torre venne sopraelevata in un primo momento del segmento corrispondente all'orologio e successivamente (nel 1559) della cella campanaria. Inizialmente le campane erano tre e diventarono dodici nel 1889, per mano della fonderia Barigozzi di Milano.

L'indagine sulla tenuta della fondazioni del 1997 ha portato alla conclusione che esse sono solide e quindi le fessure presenti nella parte superiore del campanile devono essere imputate a problemi delle strutture sovrastanti, relazionati anche con le vibrazioni indotte dal movimento delle campane.

Nel 2007 sono iniziati i conseguenti lavori di restauro della torre campanaria, che si sono conclusi l'anno successivo. Dopo questo restauro, le campane non poggiano più sulle mura del campanile ma su una struttura metallica interna che scarica direttamente sulle fondazioni.

Internamente, la chiesa è a pianta a croce latina, con navata unica coperta con volta a botte lunettata lungo la quale si aprono dieci cappelle laterali, cinque per lato.

Sul lato destro della navata si trovano:

La Cappella del Crocefisso situata presso la terza arcata. In essa è presente un crocefisso ligneo risalente al XVI secolo e una tela della fine del secolo XV attribuibile alla scuola di Ambrogio da Fossano detto il Borgognone (1481-1522) raffigurante la Vergine con il Cristo deposto e gli angeli. All'interno della cappella è inoltre presente una croce cesellata in argento attribuita a Biagio Bellotti che conserva una reliquia della Santa Croce. Ai lati dell'altare si trovano invece gli affreschi della Maria Maddalena e della Veronica.
La Cappella di San Felice e delle Reliquie situata presso la quarta arcata. In essa sono presenti l'urna di San Felice e, conservati in una nicchia sopra l'altare, i reliquiari risalenti ai secoli XVI e XVII. Uno è a forma di croce, due a forma di busti di santi e altri di lavorazioni diverse. Si trova inoltre una tela di Giovan Mauro della Rovere detto il Fiammenghino (1575-1640) raffigurante San Carlo in adorazione del Santo Chiodo. Ai lati dell'altare vi sono gli affreschi dei primi martiri cristiani e delle catacombe.
Cappella di San Francesco di Paola: realizzata nel 1738, è situata presso la quinta arcata. In essa si trovano due dipinti, entrambi con autore ignoto: uno, di forma rettangolare, rappresenta l’apparizione di San Michele Arcangelo a San Francesco di Paola, l’altro, ovale, mostra un miracolo di quest’ultimo. Ai lati dell’altare vi sono affrescate le immagini di Sant'Agostino e di San Giovanni Battista.
Sul lato sinistro della navata centrale si trovano:

La Cappella di San Giuseppe situata presso la terza arcata. In essa è presente un gruppo ligneo che venne ordinato nel 1903 alla ditta Mayer di Monaco di Baviera. Sulla volta della cappella è raffigurata la gloria dei Santi Cosma e Damiano. Ai lati dell'altare, due affreschi mostrano Giuseppe l'Ebreo e Davide.
La Cappella del Sacro Cuore situata presso la quarta arcata. Fino al 1882 era dedicata ai Santi Innocenti martiri, il cui ricordo rimane nel cartiglio presente sulla volta della cappella. La statua del Sacro Cuore è della ditta Mayer di Monaco di Baviera e venne posta nella nicchia nel 1882. Ai lati dell'altare sono raffigurati San Tommaso d'Aquino e Santa Margherita Maria Alacoque.
La Cappella della Madonna situata presso la quinta arcata. Oltre alla statua dell'Immacolata, nella lunetta sovrastante l'altare è raffigurato un angelo con le parole tratte dal versetto alleluiatico del Tota pulcra: et macula originalis non est in te.
Gli affreschi della cupola, che illustrano il trionfo di Cristo sulla morte su una superficie di cinquecento metri quadrati, furono iniziati nel 1942 e portati a termine l'anno successivo da Angelo Galloni ed Ettore Chiodo Grandi. Quest'ultimo pittore è figlio di Mario Chiodo Grandi, che tra il 1932 ed il 1934 decorò la grande volta della chiesa con le rappresentazioni della creazione, della battaglia degli angeli in cielo e dell'Annunciazione, oltre alla serie dei dodici profeti sui fianchi e sulla controfacciata.

Gli affreschi dell'abside (con la missione del Salvatore), del catino (con il primato di San Pietro) e delle volte dei transetti (in quello di sinistra con la gloria della Vergine ed in quello di destra con il trionfo di San Felice) vennero invece eseguiti tra il 1945 e il 1946 sempre da Angelo Galloni e da Enrico Chiodo Grandi. Nel transetto di destra è presente un grande affresco dedicato a L'Ultima Cena, e nel transetto di sinistra un altro grande affresco dedicato al Miracolo dell'Eucaristia di Torino, opere del pittore Gerolamo Poloni di Martinengo (1948).

Alle spalle dell'altare maggiore, a ridosso della parete fondale dell'abside, si trova l'organo a canne Mascioni opus 603, costruito nel 1945.

Lo strumento è a trasmissione elettrica e la sua consolle, indipendente, dispone di due tastiere e pedaliera concavo-radiale. La mostra, del tipo ceciliano, è fuori cassa ed è composta da canne di Principale disposte a palizzata.

Edificato entro l'area cimiteriale tra il 1761 e il 1764 su progetto di Biagio Bellotti, il mortorio, con una struttura originalissima che si ispira al barocchetto teresiano, collega i due volumi della chiesa e delle case parrocchiali e, allo stesso tempo, permetteva l'attraversamento dell'antico cimitero (oggi piazzetta don Pio Chieppi, primo parroco di San Michele).

Il passaggio centrale è sovrastato da una cupoletta semiellissoidale su pennacchi sferici. Ai lati di questo vi sono due vani quadrati coperti con volta a botte destinati all'esposizione delle ossa. Nei due prospetti di est e di ovest si trovano finestre ellittiche (unico esempio negli edifici del Bellotti di questa forma), mentre sull'andito sono quasi rettangolari, ma con architravi molto elaborati.

Di pregevole fattura sono inoltre le inferriate, realizzate con esili ferri battuti a sezione quadra e foglie (un tempo dorate). Se sulle finestre rettangolari le volute sono sovrapposte ad una serie di barre verticali, su quelle ellittiche la cancellata perde ogni rigidità essendo costituita dalle sole volute, che divergono in fasci dall'asse verticale avvolgendosi in prossimità della cornice e cambiando frequentemente direzione con guizzi improvvisi.

Delle decorazioni originarie realizzate sia sulle pareti esterne che su quelle interne dallo stesso Biagio Bellotti, a causa delle intemperie e dell'incuria degli uomini, sono rimaste soltanto quelle del voltino che raffigurano la Giustizia (sotto forma di donna recante in mano una bilancia) circondata da angioletti. Grazie ai disegni del Bellotti, all'interno delle due cappelle laterali il pittore Carlo Farioli ha potuto realizzare nel 1978 due dipinti che ripropongono le antiche raffigurazioni.

La reliquia più importante presente all'interno della chiesa prepositurale è il corpo intero del martire romano San Felice, estratto dalle catacombe di Priscilla e concesso da papa Innocenzo X con atto di donazione del 5 aprile 1650 al padre gesuita Giovanni Battista Crespi, con facoltà di trasportarlo ed esporlo alla pubblica venerazione dei fedeli nella chiesa di San Michele Arcangelo.

Rivestito da una tunica bianca e da un manto rosso, per volere del Cardinale Schuster, dal 1938 il minuto corpo del martire è conservato in un'urna vetrata sotto l'altare della cappella a lui dedicata, sul lato destro della navata.

San Felice è, insieme all'Arcangelo, compatrono della chiesa di San Michele.



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