sabato 18 luglio 2015

LA VALLE IMAGNA



La Valle Imagna è una valle prealpina bergamasca che confluisce da destra nella val Brembana, nella quale scorre il torrente Imagna.

I suoi paesaggi racchiudono diverse testimonianze con un notevole patrimonio storico e culturale. Questa valle accoglie al suo interno 16 paesi: Almenno San Bartolomeo, Almenno San Salvatore, Barzana, Bedulita, Berbenno, Brumano, Capizzone, Corna Imagna, Costa Valle Imagna, Fuipiano Valle Imagna, Locatello, Palazzago, Roncola, Rota d'Imagna, Sant'Omobono Terme e Strozza.

La storia della valle parte fin dall'epoca della dominazione romana, quando qui si verificarono piccoli e sporadici insediamenti abitativi, mantenuti anche in epoca longobarda.

L’epoca medievale, nella quale i borghi cominciarono ad assumere una fisionomia ben precisa, vide imperversare nell'intera vallata scontri cruenti, molto più che nelle altre zone della provincia bergamasca, tra guelfi e ghibellini, tanto che in tutta la zona sorsero numerosi castelli e fortificazioni.

Dal 1296 e per più di un secolo la città e il contado di Bergamo furono infatti teatro di acerrime lotte tra le due fazioni rivali dei Guelfi e Ghibellini, con scorrerie, saccheggi, rapine, incendi, uccisioni. Lo stesso travaglio conobbero le valli. La Brembilla, la Brembana e il Taleggio erano ghibelline, come Almenno inferiore e Villa d'Almè; mentre l'Imagna, San Martino, insieme ad Almenno superiore e Gerosa erano guelfe. Quest'ultima fazione considerava il Papa come proprio capo, mentre al contrario i Ghibellini ritenevano che fosse l'imperatore di Germania. Sui due campi opposti per quanto riguarda la Valle Imagna e la Brembilla si fronteggiavano per i Guelfi i capi Trussardo Rota, Andrea Rota, Cripio de' Crippi di Strozza, Pinamonte e Peppino Pellegrini di Capizzone, Matano di Mazzoleni, Foppo da Locatello, Andriolo Greppi da Strozza, Butazolo Rota e altri. I Ghibellini contavano invece nelle loro file Eugenio, Simone, Zavino e Mogna de' Carminati di Brembilla,Jacopo Gritti de' Locatelli di Berbenno, Andreanino Rota di Rota Fuori, i Dalmasani di Clanezzo. In principio furono i Guelfi a prevalere, ma i Ghibellini, non rassegnandosi alla sconfitta, chiesero l'appoggio di Matteo Visconti (1288-1322) signore di Milano, offrendogli in compenso il dominio di Bergamo.

Il Visconti riuscì a sbaragliare i Guelfi e inviò Mandello a governare la città. Ma i partigiani del Papa tentarono la riscossa, in un primo tempo fortunata, ma successivamente con il nuovo aiuto dei Visconti i Ghibellini riuscirono ad avere la meglio. Cominciò così per Bergamo e le valli quella che il Carminati chiama la tirannia dei Visconti "che non governarono, ma sfruttarono il nostro paese. Numerosi sono gli episodi di questo periodo che riguardano da vicino la valle, a partire dal dominio di Barnabò Visconti (1354-1385), il cui nome e la fama "sopravvive ancora nella memoria dei vecchi e nelle tradizioni della valle". Questi anni sono comunque segnati da successive ribellioni delle valli guelfe, che mal sopportavano di trovarsi sotto il dominio di signori ghibellini quali erano i Visconti. Nell'agosto, settembre e ottobre del 1363 per esempio anche l'Imagna insieme ad altre valli si ribellò. "Barnabò Visconti, Signore di Bergamo, perché troppo parzial fautore della ghibellina fazione dava a ogni ghibellino piena facoltà di uccidere qualsiasi guelfo e la casa abbruciargli. Seguirono infiniti omicidi, estorsioni, tirannie ed incendi de' più empi che mai stati fossero.

Durarono un anno i progressi della crudeltà uccidendo l'una e l'altra parte persone innocenti e barbaramente trucidando le famiglie intere". Nel 1373 i Guelfi, provenienti dalla Valdimagna e altre terre, assalirono i Ghibellini, capitanati dal figlio di Barnabò, Ambrogio, a Caprino, in Val San Martino. La vendetta del Visconti che in quell' occasione ebbe il figlio ucciso, fu terribile. Dopo aver posto in stato di assedio il monastero di S. Giacomo in Pontida e aver promesso agli assediati che avrebbe loro lasciato salva la vita, trucidò tutti: uomini d'arme e monaci che incautamente si erano fidati della parola del condottiero. Il dominio visconteo proseguì con violenze e ribellioni;un nuovo tentativo di rivolta ebbe luogo anche in valle Imagna nel 1376, mentre nel 1384 il Calvi descrive un fatto d'armi avvenuto nelle vicinanze del Pertusio. "Andarono queli di Locatello con li Arigoni sopra il monte Ochono e dopo l'uccisione dei custodi, diedero quel monte in potere dei Visconti, che poi vi fabbricò una bastia e pose un castellano"... Il monte Ochono è molto probabilmente la prominenza quasi inaccessibile chiamata l'Oca che si erge sullo spartiacque tra l'Imagna e la San Martino, distante un centinaio di metri dal Pertùs. Nel 1407 le cronache parlano di un'altra ribellione dei Guelfi delle valli Imagna, San Martino, Brembana e Senana superiore ed inferiore, di Sorisole, di Poltranica...

Avversari dei Guelfi d'Imagna erano i Ghibellini di Brembilla, che contavano però su un numero maggiore di uomini e fortificazioni. Il castello più antico era certamente quello sul monte Ubione, costruito nel X secolo, che al tempo di Barnabò Visconti rappresentava un'importante fortificazione ghibellina. C'erano poi il castello di Casa Eminente e quello di Clanezzo. In questo modo le famiglie dei due signori del luogo, i Dalmasani e i Carminati potevano dominare non solo sulla Valle Brembilla, ma anche sull'Imagna che rinchiudevano tra i due castelli in alto e in basso. Quando la signoria di Bergamo passò dai Visconti alla Serenissima, chefavoriva apertamente i Guelfi, per i Ghibellini cominciò la disfatta che culminò nel 1443 con il bando dato agli abitanti ghibellini della Val Brembilla e la distruzione delle fortezze principali della valle. Dalla Repubblica veneta la Valle Imagna ebbe un trattamento di favore, come riferisce il Calvi:

« I Valdimagnini per la loro integrità della fede e fedeltà alla Repubblica, difendendola contro il Duca di Milano, furono dal Doge con privilegi, grazie e favori arricchiti et onorati. »
(Effemeridi di Padre Donato Calvi)
Sempre per quanto riguarda quegli anni burrascosi che precedettero l'instaurarsi del dominio della Serenissima, esistono anche le cronache di Castello Castelli che danno un quadro fedele e preciso di cosa significasse in quel tempo vivere in Valle Imagna. I racconti del Castelli, che vanno dal 1378 al 1407, sono un susseguirsi di rapine, incendi scorrerie e violenze, uccisioni da entrambe le parti.

I secoli successivi videro pochi fatti di rilievo coinvolgere le piccole comunità che, forti del proprio isolamento, seguirono le vicende del resto della provincia senza parteciparvi in modo diretto.

Ai veneziani subentrò, nel 1797, la Repubblica Cisalpina, subito sostituita però dagli austriaci, che la inserirono nel Regno Lombardo-Veneto.

Con l'unità d'Italia avvenne un primo ma deciso processo di industrializzazione, che permise un notevole miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti.

Una Valle piccola che dispone ancora di un ambiente naturale molto bello; ottima meta per andare a cavallo, fare trekking o andare in montain bike, rilassarsi nei centri benessere o  mangiare bene.

Il Sivlì è il flautino tradizionale a tre fori è un caratteristico strumento musicale che veniva prodotto dai tornitori del legno della Valle Imagna sino alla prima metà del ‘900 e distribuito in tutta la piana lombarda dai commercianti ambulanti. Giunto fino a noi dal periodo tardo-medioevale, grazie anche alla sua dimensione ludica, oltre alla versione tradizionale in legno è stata realizzata una serie colorata in materiale plastico appositamente per le scuole. Il suono acuto e squillante costituisce un elemento sonoro tipico del contesto ambientale dei luoghi dell’alta Valle Imagna.

Alla coltivazione della terra e all’allevamento del bestiame si sono sempre affiancate molte altre attività collegate alla cultura e lavorazione del legno, del ferro e della pietra, elementi che hanno sempre contraddistinto queste popolazioni.
All’interno delle contrade rurali dove ancora oggi si svolge la vita delle famiglie spiccano gli ambienti di vita e lavoro come botteghe, laboratori artigianali. Abili e volenterosi questi lavoratori hanno saputo sfruttare le risorse del territorio come il suolo, l’acqua, il legno, la pietra e sviluppare conoscenze e competenze che rappresentano oggi un grande bagaglio culturale oltre che un retroterra umano e professionale da tradurre in potenzialità economiche dell’artigianato. Le abilità acquisite nella lavorazione tradizionale di pride e piode, del ferro battuto, del legno, integrate con le tecniche innovative garantiscono oggi una produzione di di elevato valore.
Questi territori sono l’espressione della creatività e laboriosità delle genti di montagna che dal poco sono riuscite a realizzare molto.

Lungo il corso del torrente Imagna, da Clanezzo fino alle sorgenti ai piedi del Resegone si sono sviluppate nel passato molte attività artigianali con mulini, folli, torni, magli a servizio dell’economia rurale del luogo.

Attraverso l’uso della pietra calcarea locale, la comunità ha lasciato una traccia riconoscibile della fatica e dell’ingegno per colonizzare le terre: sentieri, terrazzamenti, canali e fontane, case, stalle e una gran quantità di manufatti della cultura del luogo raccontano il processo di adattamento della montagna. Abili artigiani hanno sviluppato attitudini particolari e costruito giorno per giorno un sapere frutto del loro radicamento sul territorio.

L’Agricoltura rappresenta un elemento costitutivo del paesaggio rurale e dell’ambiente delle Valli Orobiche. La Valle Imagna ha subito nei secoli scorsi un forte processo di urbanizzazione un po’ su tutto il territorio, nel fondovalle e sui versanti montani ma soprattutto sul versante orografico sinistro, più esposto al sole e meglio sfruttato dal punto di vista agricolo e zootecnico.
Le colture agrarie si sono diffuse soprattutto sul versante orografico sinistro della valle, dove molti gruppi familiari si dedicavano alla coltivazione della terra e all’allevamento del bestiame. L’estensione delle infrastrutture di monte come stalle, fontane, sentieri e mulattiere, documenta il livello di sfruttamento delle aree e le colture: granoturco e vite sulle balze, poi anche patate e ortaggi. L’alimentazione della famiglia contadina era caratterizzata da alcuni prodotti caseari come stracchini e dalla frutta ottenuta dalla selezione locale: noci, castagne, uva, mele e pere.
La coltivazione della canapa, l’allevamento del baco da seta e di qualche razza di ovini come pecore per la lana, garantivano la materia prima per l’integrazione del reddito e il vestiario. La comunità privilegiava la logica del risparmio e dell’utilizzo collettivo dei beni anzichè quella del consumo e dei beni individuali.
L’agricoltura trascurata dalla seconda metà del ‘900 a causa della forte espansione di altri settori come l’industria, torna oggi quale sinonimo di una migliore e rinnovata qualità di vita, in grado di ricondurre l’uomo ai valori fondamentali della propria esistenza, grazie alla quale ristabilisce un contatto con la terra, vista anche come valida alternativa all’attuale crisi economica.
La promozione dell’agricoltura di montagna si lega fortemente con la cultura del paesaggio, dal recupero dei territori e delle colture storiche, alla ricerca di modelli aziendali sostenibili, per ricostruire filiere capaci di stimolare processi di crescita e di sviluppo locale dell’intera comunità.

Molte le testimonianze dell’importanza della fede che ha accompagnato nei secoli le popolazioni valdimagnine. Un patrimonio artistico e religioso presente sull’intero territorio, in special modo sugli antichi sentieri dell’alta valle. Luogo di fede molto importante è  il Santuario della Madonna della Cornabusa, il più caratteristico della provincia di Bergamo poiché ricavato in una grotta naturale a cui era legato Papa Giovanni XXIII°, oggi meta di molti pellegrinaggi.

La Valle Imagna è conosciuta anche per la presenza di fonti termali. Le acque sulfuree di Sant’Omobono Terme sono tra le più conosciute sul territorio bergamasco, Note e apprezzate sin dal ‘700 e verso la metà del XIX sec., sono dotate di proprietà curative, utili per la cura di  patologie.



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