lunedì 20 luglio 2015

PALAZZAGO



Palazzago è un comune situato nell'Almennese ed all'imbocco della Valle San Martino ed è attraversato dal corso del torrente Borgogna.

Il paese si caratterizza per i numerosi nuclei abitati che punteggiano il suo vasto territorio: oltre al capoluogo, si trovano le contrade di Precornelli, Ca' Quarengo, Prato Marone, Acqua, Burligo, Alborghetto, Grumello, Collepedrino, Brocchione, Salvano e Montebello. Più spostate dal capoluogo si trovano le frazioni di Beita, Secchia, San Sosimo, Pelosello, Brughiera, Belvedere e Gromlongo.

La prima vera opera di urbanizzazione fu opera dei Romani, i quali sfruttarono la posizione strategica del paese, posto nei pressi di un’importante strada militare che collegava Bergamo a Como, parte terminale di quella che univa il Friuli con le regioni retiche.

Il territorio era inserito in un’area militarmente turbolenta ed allo stesso tempo di vitale importanza per Roma in quanto crocevia militare e commerciale verso l’Europa.

La presenza militare romana inevitabilmente indusse attorno a sé l’aggregazione di comunità indigene e allogene.

Successivamente fu soggetto alla dominazione dei Longobardi, i quali inserirono la zona nel ducato di Bergamo. Spesso il borgo veniva identificato con il nome di Lemine, toponimo indicante una zona delimitata ad oriente dalla sponda occidentale del Brembo, a settentrione dall’attuale Val Taleggio ad occidente da una linea arretrata della sponda orientale dell’Adda e a meridione dal territorio di Brembate Sopra.

Il toponimo deriva dal vocabolo palatius, traslato successivamente in palatiacus sino alla dominazione basso medievale di palazzagum.

I secoli del periodo medievale furono abbastanza problematici per il borgo, che si trovò al centro di numerose dispute tra guelfi e ghibellini.

A tal riguardo vennero fatti erigere numerosi edifici fortificati utilizzati per scopi difensivi, anche se dopo numerose battaglie il potere finì ai Visconti di Milano che decisero la distruzione di ogni costruzione adibita a funzioni belliche.

Tuttavia perché nel paese ritorni la tranquillità bisogna aspettare l’arrivo della Repubblica di Venezia che, nel corso del XV secolo, pose fine alle ostilità.

Al termine della dominazione veneta il paese venne inserito nel Regno Lombardo-Veneto, gestito dagli austriaci. Ed è contro questi ultimi che gli abitanti del paese si sollevarono, in quella che è ricordata come la guerriglia di Palazzago che, nel 1849, vide protagonisti Carlo Agazzi e Federico Alborghetti. Questi, con pochi mezzi riuscirono a tenere impegnate le forze imperiali per più di due mesi, dopodiché dovettero cedere. Era il preludio dei moti rivoluzionari che avrebbero portato all'unità d'Italia, avvenuta nel 1859.

Palazzago è stato da sempre legato all'agricoltura, con la produzione di uva, vino, miele, castagne e legname. Un tempo erano sviluppate anche alcune attività artigianali tra cui la produzione delle pietre coti e l'industria tessile, con la presenza di due filande.

Molto importante è la chiesa prepositurale di San Giovanni Battista, costruita a partire dal XV secolo e che si caratterizza per la sua imponenza. Tra i dipinti, la splendida pala dell'Assunta, eseguita da Giovan Battista Moroni e altre tele di Abramo Spinelli e Giovanni Scaramuzza. Decisamente da segnalare è la cosiddetta "cappella del diavolo", estremamente suggestiva sul cui soffitto è rappresentato appunto Satana. Il campanile della chiesa, alto quasi cinquanta metri, risale al XIV secolo e fu ricavato da una torre difensiva. Ospita un concerto campanario di 8 campane in tonalità Si bemolle maggiore fuse dal fonditore Giorgio Pruneri di Grosio in Valtellina (SO) nel 1902. Le due campane maggiori, più recenti ma non per questo di minore importanza, sono state reintegrate nel 1954 dalla fonderia G. B. De Poli di Udine a seguito della requisizione bellica del 1943, che comportò l'asportazione delle stesse. Sempre nella chiesa, è presente un organo Serassi di raro pregio, costruito nel 1851 e arrecante numero Opus 608, tuttora funzionante e usato.

Degna di nota è anche la chiesa parrocchiale di Gromlongo (una delle frazioni di Palazzago), dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano. Risalente al XVII secolo, si caratterizza per la splendida facciata in pietra arenaria riccamente scolpita e adornata con statue di Antonio Maria Pirovano nel 1731 e per la cupola piramidale che caratterizza il campanile, il quale ospita 5 campane in tonalità Sol bemolle maggiore fuse da Angelo Ottolina di Bergamo nel 1947.

Sempre in ambito religioso merita menzione la chiesa parrocchiale di Burligo che, dedicata a San Carlo Borromeo, custodisce opere di buon pregio, tra cui le pale di Gian Paolo Cavagna e un organo Bossi del 1797, restaurato nel 2004.

Infine è presente anche la villa Belvedere che, posta nell'omonima località, è dotata un grande giardino molto curato.

Le vie di comunicazione più importanti di epoca romana e di epoche successive, che passavano nel territorio di Palazzago, erano: l'arteria che da Bergamo conduceva a Como e a Chiavenna; l'arteria di collegamento viario tra Bergamo, Almenno, Palazzago, Valle San Martino. Quest'ultima era denominata "Strada della Regina", la quale univa la città di Bergamo con i centri nord-occidentali della provincia, passando anche attraverso la Forcella di Burligo, in territorio di Palazzago, per sboccare sulla via in direzione di Lecco.

Al tempo dei Longobardi la storia di Palazzago era legata a quella della corte regia di Almenno.

I documenti scritti più antichi, le pergamene, sui quali appare il nome di Palazzago sono del 1200.

"In un documento del 1264 il territorio di Borligo, viene descritto in tutte le sue parti e ne vengono definiti i confini all'interno della valle di Palazzago".

Nel secolo XIV, quando Bernabò Visconti era signore di Bergamo, troviamo che Palazzago, con la Valle San Martino e la Valle Imagna, parteggia con i guelfi e, dalle sanguinose lotte tra guelfi e ghibellini, ne esce martoriata fra ingenti rovine.

Nel XV secolo, con l'avvento della Repubblica Veneta, inizia il periodo di pace, che apporta alla popolazione di Palazzago tranquillità e prosperità.

Nel XIX secolo Palazzago scrive la sua pagina di storia nel cammino verso l'indipendenza e l'unità d'Italia.

È diventata famosa la "guerriglia di Palazzago" nel 1848, durante i primi moti insurrezionali per l'indipendenza nazionale.

Un drappello di uomini armati di vecchi fucili e poche munizioni, cappeggiati da Federico Alborghetti di Mapello e guidati da Carlo Giovanni Agazzi, detto "Barlinet", di Palazzago, tennero fronte per oltre due mesi al comando militare austriaco.

Il terreno degli scontri fu proprio sopra Burligo: al Monte Spino e alla Malanotte, presso Collepedrino.

Palazzago così veniva descritta nel 1820 da Maironi da Ponte:"Grosso villaggio del distretto di Almenno, al piede del monte detto S. Bernardo dalla chiesa, che vi esiste dedicata ad esso santo, ha il suo territorio, in parte sulle adiacenti colline, e nella contigua pianura; fertili le une e l'altra biade, e in gelsi; ma assai più in vino.Il villaggio considerevole per la sua popolazione, che scende a milletrecentocinquanta persone, è tutto a contrade separate le une dalle altre".

Fra queste contrade appare ora, 1996, Burligo, la più grande frazione circondata dalle altre minori (Acqua, Pratomarone, Collepedrino, ecc), formanti tutte la Parrocchia di Burligo.

Palazzago è uno dei paesi più grandi della Bergamasca per estensione di territorio.

Il capoluogo è al centro di una piccola valle denominata "valle di Palazzago"; questa, a sua volta, fa parte della Valle S. Martino, mentre posteriormente (dietro il Monte Linzone) si estende la Valle Imagna.

La parte più alta del comune di Palazzago è costituita da Burligo con la sua frazione Collepedrino.

Le colline che lo circondano fanno da splendida corona verde, delineando un suggestivo paesaggio.

La vallata principale, che scende dal Monte Linzone, si chiama Valle della Malanotte e da qui nasce il torrente Bregogna, detto anche Borgogna, che attraversa tutto il territorio di Palazzago.

Altre valli minori si chiamano: Valle della Sera, che scende dalla Forcella, Valle della Mais ad ovest, Valle della Gaggia a sud, Valtassera sotto il monte Spino.

La vegetazione a Burligo è molto florida: il verde intenso dei boschi avvolge in un manto tutto il paese e rende il clima assai gradevole in ogni stagione.

Le piante tipiche del luogo sono: castagni, ciliegi, noci, noccioli, roveri (o querce), robinie, betulle, carpini, aceri, faggi, frassini nella zona più alta.

Nella zona più bassa vengono coltivati la vite, un tempo anche frumento e granoturco, diversi ortaggi, frutta di vario tipo.

Anni indietro, fino al 1950 circa, la vita era preminentemente basata sull'agricoltura, e gli animali domestici come mucche, galline e conigli costituivano il principale sostentamento di molte famiglie.

L'unica industria del paese era costituita dall'attività estrattiva delle pietre coti e delle cave di cemento.

A Palazzago esistevano due filande, una vicino a Precornelli ed un'altra a Cà Curti.

La più grande che ha dato lavoro fino a tardi, era quella di Precornelli.

Numerose donne si recavano alla filanda, posta tra Burligo e Palazzago, per la lavorazione della seta.

Si coltivavano, allora, i gelsi per l'allevamento dei bachi da seta onde ottenere i bozzoli.

La filanda, di cui ancora oggi si possono vedere il fabbricato e la ciminiera, fu costruita nei primi anni del 1800, rimodernata e ingrandita all'inizio del 1900; funzionò fino all'anno 1947.

Oggi l'attività agricola è calata; le persone trovano lavoro presso le cave dell'Italcementi sopra Collepedrino e nei paesi vicini posti fra Bergamo e Lecco.

Ogni anno, il giorno 4 dicembre i lavoratori delle cave si uniscono per celebrare la festa in onore di Santa Barbara, loro patrona.

Di Santa Barbara si conserva una magnifica statua in legno nella chiesa parrocchiale di Burligo, ed un'altra ancora si trova nella nicchia di una "tribulina", presso la cava di Collepedrino.

Dapprima si celebrò la festa di S. Barbara a Burligo, presente il vescovo di Bergamo Monsignor Adriano Bernareggi, che benedisse il nuovo simulacro, scolpito a Ortisei in Val Gardena e fatto giungere in paese per la circostanza.

A monte di Burligo, sopra la Valle della Malanotte, si scorgono, anche da lontano, delle chiazze bianche e rossastre tra il verde della montagna: sono le rocce bianche del sasso calcale con cui si produce il cemento, le rocce delle pietre coti, le rocce del quarzo e del diaspro.

Di tutti questi minerali rimane ora attiva solamente la cava di estrazione del materiale per il cemento.

Gli anziani ricordano quando è iniziata l'attività estrattiva dei sassi per cemento.

Questa nuova risorsa di lavoro nella nostra zona risale all'anno 1927.

La prima cava venne aperta in Valtassera, poco distante da Pratomarone.

La società Italcementi, che ha la sua sede a Bergamo, fu la promotrice nella zona di un'industria che produce cemento in grande quantità; basti guardare allo stabilimento di Calusco d'Adda, ove, giunge il materiale da Collepedrino.

Negli anni quaranta si apri' la cava a Collepedrino e, successivamente, il lavoro si portò ancora più in alto, nella Valle della Malanotte, per abbassarsi poi, gradualmente a strati, come avviene attualmente.

Dapprima venne installata la teleferica che da Burlgo portava il materiale a Calusco d'Adda.

Poi si collegò la cava di collepedrino con Burligo (zona Valtassera) con un altro tronco di teleferica.

Verso il 1960 si rinnovò la teleferica con un tracciato nuovo; linea che va da Collepedrino direttamente a Pontida e da qui a Calusco d'Adda.

Attualmente la teleferica non è più in funzione grazie ad un tunnel di nastro trasportatore sotterraneo che mette in comunicazione tutta la linea.

Se l'insediamento della grossa cava ha portato a Burligo occupazione e un certo benessere, per contro bisogna considerarne l'impatto paesaggistico e sull'ecosistema. L'attività estrattiva porta un danno diretto sulla morfologia del territorio e un transito di mezzi pesanti che causano un certo inquinamento.


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