domenica 5 luglio 2015

ROGNO



Rogno è un comune della val Camonica situato sulla destra orografica del fiume Oglio è prevalentemente formato da montagne. Il comune raggiunge il suo apice alla cima del monte Pora.

Posto sul confine orientale della provincia di Bergamo, Rogno è l’ultimo paese della bergamasca. Il suo territorio costituisce il confine ad est tra le province di Bergamo e Brescia.

Rogno è ubicato sulla destra orografica della Vallecamonica ed è adagiato sul grande cono di deiezione della Valle dell’Orso, un corso d’acqua a regime torrentizio che divide il capoluogo in due parti.
Alcune curiosità storiche legate al Comune lo vedono citato con il nome di Castrofranco oppure di Castello et Montibus negli atti di ricognizione confinari del comune di Costa Volpino del 1456. Quale comune di confine rimane sotto la giurisdizione della città di Brescia sino alla fine del '700. Nel 1798 viene aggregato al distretto di Pisogne del Dipartimento dell'Adda e dell'Oglio. Nel 1805 lo troviamo, unitamente a tutta la Vallecamonica, inserito nel Dipartimento del Serio e sotto la giurisdizione di Bergamo. Nel 1809 la ristrutturazione degli assetti Comunali lo aggrega a Darfo dal quale riconquista l'autonomia nel 1816. Mantiene il toponimo Rogno sino al 1859, anno nel quale lo ritroviamo citato come Castelfranco di Rogno. Anche la sede Comunale aveva ubicazione nell'attuale frazione. Il nome del paese rimane tale sino al 1912 quando il sindaco di allora rivolge esplicita domanda al Ministero dell'Interno a Roma per escludere dal nome la parola Rogno ed inserire Camuno, cambiando la dicitura del Comune in Castelfranco Camuno. A suffragio di tale cambiamento si adducono i conteggi della popolazione che davano 742 abitanti tra Monti, Castelfranco e San Vigilio, contro i soli 470 di Rogno. Ritroviamo il paese nuovamente citato con il nome Rogno nel 1921 anno in cui anche la sede Comunale torna nell'attuale capoluogo.

L'ingresso delle prime popolazioni nella zona avviene in corrispondenza dei profondi mutamenti climatici che mitigano il clima alpino. I motivi che hanno spinto queste popolazioni mesolitiche ad infiltrarsi in valle, erano essenzialmente legati all'abbondanza di selvaggina presente, ma soprattutto di frutti spontanei, risorse di una natura allora ricchissima. Sostano per periodi relativamente lunghi presso le acque dolci, si muovono sul territorio seguendo il ritmo delle stagioni e quello degli spostamenti dei grandi branchi di cervi, camosci e stambecchi con le cui carni integrano la loro dieta. Durante la loro permanenza per cacciare e nutrirsi costruiscono dei rudimentali ripari, con strutture di paglia arbusti e pelli, a ridosso di ripari naturali sotto grandi rocce. Un'importante testimonianza di queste presenze sul territorio di Rogno viene dai recenti scavi effettuati sullo  spuntone di roccia posto alle spalle del paese - il Coren Pagà. I reperti ossei di fauna restituiti dallo scavo sul Coren, appartengono sia a specie domestiche che a specie selvatiche, testimoniando, unitamente alla grande varietà di reperti fittili di vasellame e ceramiche antiche, e litici quali macine e macinelli, la presenza dell'uomo anche nel periodo successivo della grande trasformazione Neolitica. Di questo periodo è la specializzazione nella costruzione di armi da getto, soprattutto arco e frecce, ma la caratteristica principale è quella della costruzione di strutture abitative di tipo fisso per lo svernamento.
La posizione geografica di Rogno, prima terra asciutta della valle, favorì sicuramente un insediamento militare romano. Fotografie all'infrarosso  effettuate nel 1990 hanno permesso di individuare, a valle della Parrocchiale in località Casel del Barca, i moli di un porto di notevoli dimensioni. La famosa Lapide di Druso indica sicuramente la presenza a Rogno di un centro amministrativo, mentre la lapide murata sul campanile e dedicata ad un sacerdote del culto di Cesare testimonia la probabile presenza di un grande tempio. Numerosissimi reperti, rinvenuti negli scavi sul Coren ma anche in occasione di saggi e ricerche nel capoluogo, testimoniano la presenza di un centro importante ed organizzato. Frammenti di coppi embricati, fibule, corredi tombali di lucerne, armille, bracciali ed orcioli ansati sono stati ritrovati nell’area ove dai rilevamenti si sono riscontrate le necropoli.

Nel 401 dopo Cristo le prime orde di barbari si affacciano in Italia; Rogno e la Valle non vengono direttamente toccati: questi popoli, attratti soprattutto dalla ricchezza, distruggono le città di pianura come Brescia, proseguono per Roma e la saccheggiano. La seconda calata di barbari, al comando di Attila, devasta pure Rogno e la Valle. Nel 568 dC i Longobardi entrano e si sistemano in Italia sovrapponendosi alla popolazione locale anche nella zona. L'importanza del paese, come porto sul lago, con un traghetto per la sponda opposta ove confluivano le strade per Brescia, e come passaggio obbligato della Valeriana proveniente da Bergamo, certamente presupponevano la presenza di un castello o di una torre fortificata quale sede del Gasindo. Altri edifici erano adibiti ad alloggio per il corpo di guardia, i locali per l'amministrazione della Curia ed una costruzione che fungeva da ospedale e da ostello per i pellegrini di passaggio.

Carlo Magno, nel 774 dC dona la Vallecamonica ai monaci del monastero di Tours, che ne sono pure investiti delle decime e rendite. I Franchi, inoltre, compresero pure l’importanza che il clero rivestiva e iniziarono l'inserimento in esso di elementi della loro nobiltà. Questo fatto provocò un cambiamento dei servigi offerti al popolo dalla Pieve che, da dispensatrice di  aiuto e di perdono cristiano, diviene un ente di controllo sul lavoro del popolo con funzione di riscossione delle tasse, pagate  sotto forma di decime, necessarie al mantenimento del nobile che a sua volta ne scaricava una parte all'imperatore. E' in questo periodo che iniziano a comparire le nobili famiglie dei vari feudatari che domineranno la zona e, tra queste, una in particolare: i Federici.

Rogno fu il capoluogo di una delle quattro circoscrizioni (pievatici) in cui era suddivisa la Comunità di Valle Camonica. Il pievatico di Rogno comprendeva i comuni di Rogno, Darfo, Gianico, Artogne, Erbanno, Gorzone, Sciano, Anfurro, Angolo.

Nel 1255 il comune di Brescia autorizza la costruzione di un'area franca presso la Corna Bianca: diverrà l'abitato di Castelfranco.

Seguirono numerose lotte che portarono a comandare su Rogno i Visconti, ed i loro alleati locali la famiglia ghibellina dei Federici, il breve periodo di Pandolfo III Malatesta, fino all’arrivo della Serenissima che di fatto pose termine alle dispute medievali tra guelfi e ghibellini, assicurando pace sino al 1797.

In seguito, il comune di Rogno passò alla Repubblica bresciana, alla Repubblica Cisalpina e al Napoleonico Regno d'Italia. Il comune fu poi soppresso nel 1809 e aggregato come frazione al comune di Darfo. Fu ricostituito nel 1816 durante la riorganizzazione del Regno Lombardo-Veneto ed insieme agli altri comuni della Valcamonica fu aggregato al distretto di Breno e alla delegazione provinciale di Bergamo.

Nel 1838 Rogno fu separato d'autorità dal distretto di Breno e aggregato al distretto di Lovere. Con la proclamazione del Regno d'Italia, il distretto di Breno tornò in provincia di Brescia, ma Rogno, essendo ormai aggregato a Lovere, rimase in provincia di Bergamo, dov'è tuttora.

In epoca austriaca (1816-1859) la Deputazione Comunale di Rogno si riuniva per consuetudine nella frazione di Castelfranco. Anche il primo ufficio municipale, dopo l'annessione al Regno d'Italia, ebbe sede a Castelfranco, pur restando Rogno il capoluogo. Ciò comportava, talvolta, notevoli disguidi e malintesi per i forestieri, e tensioni campanilistiche fra gli abitanti delle frazioni. Si annoverano ripetuti tentativi del consiglio comunale, tra il 1871 e il 1912, di modificare la denominazione dell'ente da "Comune di Rogno" in "Comune di Castelfranco di Rogno" oppure "Comune di Castelfranco Camuno", sempre falliti per diniego delle superiori autorità (prefettura, organi provinciali).

Il municipio fu poi trasferito a Rogno, in via definitiva, nel 1929.

La chiesa arcipretale plebana di Santo Stefano Protomartire è un edificio ecclesiale più volte ricostruito che contiene nella facciata resti della precedente chiesa, dall'aspetto longobardo-protoromanico.

La prima costruzione risale all'VII secolo e le tracce superstiti si trovano nell'attuale facciata, rare testimonianze, assieme alla basilica autarena di Fara Gera d'Adda di reperti architettonici longobardi in area bergamasca.

A seguito dei danneggiamenti subiti nel 1064, a causa di un terremoto, la chiesa fu ricostruita con una struttura basilicale per essere, poi, nuovamente riedificata dopo il terremoto del 1222 che colpì pesantemente il paese.

In principio al XIII secolo il prestigio della pieve era ormai caduto e la curia risiedeva a Montecchio.

La maggior parte delle decime erano state date in investitura dal vescovo di Brescia a vassalli locali in particolare, ai Federici e ai Celeri.

Fu ampliata e modificata nel corso del XVI secolo-XVII secolo in seguito ai decreti (marzo-settembre 1580) del visitatore apostolico card. Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. Assunse l'aspetto attuale dopo i restauri del 1986.
Un dettagliato e documentato studio stratigrafico, condotto in collaborazione con le Soprintendenze Archeologica e dei Beni Culturali della Lombardia, ha confermato la sua origine romano-barbarica. Sono state individuate cinque fasi d'intervento attraverso le quali il monumento si è evoluto sino all'aspetto attuale. Di queste la prima e più antica è chiaramente databile intorno alla fine del VII secolo (600 dC), in piena epoca longobarda. Il suo aspetto attuale è frutto di rimaneggiamenti attuati in epoche successive; gli ultimi risalgono al XVI secolo, e furono operati in seguito a precise direttive emanate dal Concilio di Trento e fatte applicare in tutta la zona da San Carlo Borromeo durante la sua visita pastorale. La sua elezione a Parrocchiale risale al 1562.

L'11 aprile del 1064, giorno di Pasqua, un violento terremoto distrusse la valle e Brescia. La Pieve Longobarda di Rogno subì la sua prima disastrosa distruzione, venne sicuramente distrutto pure il ciborio carolingio sopra l'altare, e del monumento non rimane in piedi che una parte della facciata. La ricostruzione che segue al terremoto, avvenuta con il recupero dei materiali a terra, vede la modificazione della sua struttura che assume, anche sotto la spinta dei benedettini, la classica forma delle chiese romaniche. Una famiglia che seppe certamente approfittare di questi eventi fu quella dei Federici, che smontarono l'amministrazione della  Pieve di Rogno trasferendola a Montecchio, sede di un loro castello, lasciando a Rogno un subalterno con mansioni di riscossione di decime. Nel 1222 un secondo violentissimo terremoto che interessò tutto il territorio ridistruggendo quanto era stato ricostruito a Rogno. La ricerca  svolta sulla Pieve ci testimonia la distruzione ad opera di questo secondo sisma, tanto che la successiva ricostruzione, avvenuta dopo moltissimi anni, ne vede il sopralzo e la completa intonacatura. Il monumento rimarrà pressoché tale sino al XVI secolo allorquando si procede alla sostituzione della copertura a capriate in legno con quella a volta in muratura attuale.

Nella tradizione Cattolica medioevale il numero tre, rappresentando la Trinità, era considerato il numero perfetto, di conseguenza ogni solenne invocazione alla Divinità doveva durare almeno tre giorni. Il primo documento ufficiale sulla celebrazione dei Tridui dei Morti in Vallecamonica risale al 1630, anno in cui una terribile pestilenza si abbattè sulla valle. Nacque da qui l'idea di celebrare i tridui, e venne fatta solenne promessa di dedicare ogni anno, nel periodo invernale, tre giorni di raccoglimento, di preghiera e di meditazione con queste intenzioni: ricordare i defunti, suffragare le loro anime e partecipare ad una breve missione. La particolare solennità della celebrazione imponeva un addobbo speciale nell'abside della chiesa: ecco nascere le "macchine del triduo", imponenti costruzioni in legno dorato, con candelabri, gattoni decoratici e riccioli, alcune addirittura arricchite da sculture di angioletti e cherubini, che venivano montate temporaneamente e nelle quali gli artigiani locali esprimevano il meglio di loro stessi. Tutta la costruzione era realizzata in modo da convergere l'attenzione dei fedeli verso il centro dove, in un elegante teca, era esposto il Santissimo. La chiesa di Rogno, essendo Pieve ed estendendo il suo dominio su varie parrocchie circostanti, ne possedeva una particolarmente ricca e di notevoli dimensioni.

L'impianto decorativo dell'interno della Parrocchiale si svolge su un'unica navata sulla quale si aprono quattro altari laterali. Ad una prima analisi l'apparato decorativo appare prevalentemente settecentesco, ma si colgono pure elementi di periodo diverso, come appunto gli stucchi degli altari suddetti. La volta è del tipo a botte ed è decorata con quattro affreschi collegati fra loro da fitte decorazioni, di taglio classicheggiante, a candelabri, racemi e riquadri. La suddivisione tra la volta ed il registro inferiore è realizzata da un cornicione dentellato illusoriamente sorretto da otto lesene, decorate in finto marmo. Il monumento conserva alcune pregevoli opere d'arte. La grande pala d'altare, opera di Domenico Carpinoni, dipinto ad olio su tela, è racchiusa da un'imponente ancona barocca recentemente riportata al suo splendore originario.

In due dei quattro altari laterali, vi sono decorazioni a stucco ed oro ed ospitano nicchie con statue dedicate alla Madonna del Rosario ed all'Addolorata. Le specchiature delle pareti sono state ridipinte negli anni cinquanta a spugnatura con contemporanea realizzazione di una fascia battiscopa in smalto alta circa 40 cm. L'abside ospita una cantoria lignea sbalzata, l'altare maggiore in marmo, il coro ligneo policromo, la pala con soasa lignea tinta color oro e l'organo con cantoria di legno policromo.

Questo tipo di manufatto, detto anche ancona, era molto diffuso nel XV secolo, ed aveva il compito di incorniciare un grande dipinto, eseguito su tela o su tavola in legno, con l'intento di valorizzare ed abbellire il Presbiterio. In Vallecamonica ogni chiesa, grande o piccola, è arricchita da tali opere artistiche, in alcuni casi anche di notevole pregio, ma in nessun caso delle dimensioni di quella posta nella Pieve di Rogno. La soasa di Rogno è risalente al XVII secolo presentando una struttura architettonica arricchita da alcuni elementi decorativi tipici del periodo storico. La Soasa viene infatti citata in una sorta di regesto dei beni della chiesa di Rogno redatto il 29 marzo 1590. Vi si legge: ”Un pale over ancona sopra l'altare, con le sue figure adorate con la coperta di tela et con il crocifisso. L'opera in oggetto era dunque presente nel 1590 e non conteneva l'attuale dipinto, ma un grande crocifisso. L'ancona è fissata alla parete tramite zanche metalliche e risulta sorretta da due mensoloni sui quali poggiano i plinti di base delle due colonne. Queste ultime sono ricavate sbalzando due tronchi di tiglio. Interamente dorate spiccano per la loro lucentezza interrotta unicamente dai motivi decorativi a tralci di vite, foglie e grappoli d'uva. Questi sono resi ancora più veri dalle vivaci lacche che li colorano di rosso e verde. A fianco delle colonne due gattoni, se pur di forma semplice e lineare, arricchiscono la struttura. A coronamento del tutto, sorrette da due capitelli a foglie d'acanto, l'architrave ed il timpano spezzato, le cui volute fanno da appoggio per le sculture degli angeli. L'ancona è stilisticamente collocabile tra il tardo manierismo ed il primo barocco, e presenta tutti i canoni espressivi tipici dell'epoca.

Gli altari laterali della chiesa ospitano la Madonna del rosario e l'Addolorata. In particolare quest'ultimo mostra la bellissima statua lignea della Madonna Addolorata. La statua, di pregevole fattura, databile al XVII secolo, è intagliata a tutto tondo in legno di tiglio, svuotata all’interno per assecondare i naturali movimenti del legno ed impedirne le crepature. L'opera d'arte, di recente restaurata, si presenta in tutto il suo splendore con la spade dorate infisse nel cuore di Maria.

Sopra il fonte battesimale, nella cappella laterale sinistra, si può ammirare un dipinto ad olio su tela, di grandi dimensioni, raffigurante Santo Stefano tra i saggi, opera del pittore Pietro Corbellini.


La chiesa parrocchiale di Castelfranco è dedicata ai santi Pietro e Paolo, e all'interno si possono ammirare sculture ed intarsi di scuola fantoniana. Della bottega dei Fantoni è un grande gruppo scultoreo raffigurante la crocifissione. Si può inoltre visitare, nella frazione Rondinera, la chiesa sussidiaria di santa Maria Ausiliatrice e san Francesco d’Assisi. In questa si può ammirare un mosaico raffigurante quest’ultimo santo.

La Parrocchia di San Giuseppe Operaio (Bessimo Inferiore e Superiore) canonicamente eretta nel 1959.
La Parrocchia dei Santi Vigilio e Gaudenzio (San Vigilio e Monti) canonicamente erette nel 1685 (Monti) e nei primi anni del Settecento (San Vigilio). Nel 1986 furono unite in un'unica parrocchia.

Il Comune di Rogno è composto dal capoluogo Rogno e quattro frazioni:

Castelfranco è un abitato fortificato fondato nel 1255 per concessione del Comune di Brescia.
Bessimo Inferiore (il contiguo Bessimo Superiore è invece frazione del Comune di Darfo Boario Terme)
San Vigilio anticamente denominato Fano (la costruzione della chiesa dedicata al santo mandò in disuso il vecchio toponimo).
Sono inoltre presenti due località con nuclei urbani: la località Rondinera, di recente urbanizzazione (anni 70) che ha raggiunto un notevole sviluppo, e la località Piazze, molto antica quanto piccola.


Numerose sono le escursioni che si possono compiere sui monti circostanti, adatte ad ogni tipo di utenza, specialmente partendo dalle frazioni di San Vigilio e Monti (mete di turismo), da cui si possono ammirare le zone del fondovalle, con splendidi colpi d’occhio. Rogno è anche noto per le ripide pareti di Verrucano Lombardo che dominano il paese, molto popolari fra gli appassionati rocciatori.

La sua collocazione strategica negli anni dello sviluppo industriale, all'imbocco della Valle Camonica, ha creato una realtà imprenditoriale che conta uno dei più alti indici di industrializzazione di tutta la Provincia. Tuttavia Rogno, presenta anche caratteristiche ambientali e storiche che lo rendono particolarmente attraente e ricco di occasioni di visita e svago. Palestre, campi da tennis, bocciodromo, campi da calcio, palestre di arrampicata e laghetto sportivo permettono di svolgere running, tennis tavolo, gioco delle bocce, pesca, atletica, pallavolo, basket. Mountain bike e ciclismo su strada, arrampicata e sci alpinismo rappresentano le molteplici possibilità che lo scenario della pianura pedemontana può offrire in ogni stagione e a ogni quota: dai 250 metri slm del borgo ai 1800 metri del Monte Pora.

Immerso nel parco del Fiume Oglio, circondato da verdi e rare specie di piante, è riconosciuto a livello Nazionale come uno dei più importanti laghetti di pesca hobbistica e sportiva del Nord Italia. Caratterizzato da sorgive di acqua limpida e cristallina è una palestra a cielo aperto per dilettanti e professionisti della pesca. Le specie ittiche che lo popolano sono molteplici, anche se la regina incontrastata è la trota, che trova in queste acque un habitat eccezionale. Le acque fresche e ossigenate sono popolate da grandi quantità di trote iridee, marmorate, fario, lacustri e salmerini imbattibili per la livrea come per il gusto. Immissioni di trote iridee di grossa taglia (5/10 Kg) catturano l'attenzione non solo di appassionati e agonisti, ma anche dei cultori dello spinning.


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