Ome è un comune italiano della provincia di Brescia.
Non vi sono notizie certe riguardo alle origini del comune: si suppone, però, che i primi insediamenti risalgano all'età del bronzo; in località Valle sono state inoltre rinvenute testimonianze archeologiche che attestano la presenza romana nella zona. Il toponimo sembrerebbe derivare dal termine HOMETUM (appezzamento di terreno coltivato a vigneto) di origine tardolatina; un'altra ipotesi, invece, vorrebbe far derivare il toponimo dalla voce germanica HOME o HOMETUM (abitazione in pietra). Dagli affreschi sulle pareti esterne delle case si deduce che nel Medioevo fosse luogo di transito molto importante. Un'altra traccia della sua storia si ha in un documento del XX secolo, in cui si fa menzione di un castello, esistente già nel primo decennio del XVII secolo, situato tra le località di Martignago e Martinola. Le sue vicende storiche seguono quelle dell'intera zona della Franciacorta, in cui determinanti risultarono l'influenza positiva della Chiesa, l'ostilità verso Bergamo (sfociata in una vera e propria guerra) e l'annessione alla Serenissima. Nella sua storia è ritenuta degna di menzione la figura del sacerdote Pietro Battola (vissuto nel XVII secolo), ricordato per aver devoluto in beneficenza le sue ricchezze, che furono utilizzate soprattutto per la costruzione di scuole per i ragazzi indigenti. Il patrimonio storico-artistico è costituito essenzialmente dall'architettura sacra: la chiesa di Santo Stefano, risalente al XV secolo; il coevo santuario della Madonna dell'avello; la chiesa intitolata a San Michele (di origine longobarda), ubicata in località Goiane. In passato le risorse economiche erano date dall'estrazione e dalla lavorazione della pietra, dall'industria molitoria che esisteva già dal XII secolo, dal lavoro dei carbonai e dalla lavorazione della seta che, dal XVIII fino al XIX secolo, fu la maggiore risorsa per gli abitanti.
Nelle contrade di Martignago e Cerezzata vi sono abitazioni in pietra a vista di chiaro impianto medievale e l’antica sede del Torcolo. Ammirevoli alcuni palazzi del 500-800 con porticati e logge. Di rilevante interesse artistico e culturale sono il Borgo del Maglio, la Chiesa Parrocchiale dedicata a S.Stefano, il Santuario della Madonna dell’Avello, la Chiesa di S.Michele, la Chiesa di S.Lorenzo, la Chiesa di S.Antonio e la chiesa del Pianello.Di particolare interesse naturalistico è l’Orto botanico delle Conifere coltivate, situato nella valle del Fus.
Il Maglio Averoldi rappresenta un pezzo significativo di storia delle origini artigiane della Franciacorta.
Databile al 1080 da documenti storici, fa parte di un complesso di fabbricati di rilevante valore storico e ancora integri, composti da un fabbricato a due piani fuori terra adibito a fucina per la lavorazione del ferro, con antistante porticato ad uso comune, con locali per deposito e impianti di movimento e apporto dell’acqua.
La fucina è a pianta quasi rettangolare, disposta lungo curve altimetriche e segue l’andamento della strada d’accesso, che ne fiancheggia il lato ovest ed il corso della roggia “Molinaria”.
In piazza si può visitare la bella chiesa di Santo Stefano, di antiche origini, con affreschi del 1400; attorno all'antica chiesa quattrocentesca si edificò, su progetto di F. Spazzi, l'attuale parrocchiale (1693-1704).
Tra le notevoli opere d'arte della parrocchiale troviamo la cantoria e la cassa d'organo,
mirabile opera d'intaglio di Andrea Fantoni ( 1656-1734) che scolpì anche alcune statue del settecentesco altare maggiore, opera del Barboncini.
Splendidi marmi policromi lavorati con pietre dure abbelliscono la chiesa che contiene pale di pregevole fattura (l'altare del SS.mo Sacramento, del Rosario pala di G. Cossali, l'altare di S. Valerio, l'altare del S. Cuore).
La chiesa di San Lorenzo in Valle era senz'altro una diaconia posta nel punto di incontro tra l'ampia valle di Ome e la pianura di Franciacorta dalla quale per Ertina si saliva alla Valtrompia e Valcamonica.
La costruzione della Chiesa di S. Antonio viene decisa nel settembre del 1670 e si conclude in poco più di due anni: il 13 novembre 1672 viene benedetta e si celebra la prima Messa. Nel chiostro annesso nell’ottobre dell’anno successivo vengono eletti i primi Commissari per i bisogni della Chiesa di cui don Pietro Battola è cappellano. L’Oratorio non aveva “nessun reddito e nessun onere” e ad esso “vi provvedono le elemosine dei fedeli e la pietà di don Pietro”. Nel 1691 sono presenti dei “Massari” eletti dagli uomini della Contrada che provvedono agli arredi sacri. La chiesa viene completata in tempi successivi con ampliamento dell’originale ‘Oratorio’. Nella torre campanaria vengono poi collocate due piccole campane che, come sta scritto sulla maggiore, sono fuse da tal Giulio Carlo Filiberti nel 1754. La loro decorazione è preziosa e riporta immagini a sbalzo del Crocefisso, della Vergine e di Santi. Le due campane suggellano la devozione dei committenti rispettivamente per S. Antonio, la maggiore, e per la Vergine, la minore, ai quali viene richiesta intercessione con la scritta ‘ ora pro nobis’).
La chiesa di S. Michele sorge in località Goiane e conserva affreschi del XV e XVI secolo. L'edificio originario è rimasto quasi integro e, nonostante la perdita e il deperimento di quadri, arredi e affreschi, rappresenta un notevole esempio di architettura. Negli affreschi votivi compare tre volte San Michele, venerato dai Longobardi, che dona il suo nome alla chiesa e al colle sul quale sorge. Secondo alcuni studiosi, l'origine della chiesa è alto-medioevale; l'edificio conserva le testimonianze di una primitiva cappella ad aula unica, tipica delle chiese di fondazione romanica o preromanica; la cappella di S. Michele era inglobata nella struttura di recinto fortificato risalente alla fine dell'XI secolo.
L'edificio primitivo era assai più piccolo di quello attuale; l'impianto romanico e l'orientamento della chiesa subirono radicali trasformazioni nel corso del XV secolo; ciò si evince dall'attuale aspetto, tipico delle chiese di ambito rurale di quel periodo, con due grandi archi traversi poggiati su robusti basamenti. La navata unica è scandita in tre campate e si conclude con un presbiterio quadrangolare, coperto da una volta a botte. Una seconda fase di cospicui interventi occupò tutto il XVII e gli inizi del XVIII secolo con l'edificazione del campanile (1607), dell'altare (1689), della sagrestia (1694) e della casa del custode (1703). Gli affreschi religiosi e votivi, opera di maestranze locali, sono testimonianza di una fede autentica e sincera degli abitanti del luogo.
La Chiesa si colloca sul colle San Michele dal quale si può godere della panoramica e suggestiva vista di tutta la Pianura Padana. Nelle giornate particolarmente limpide si possono scorgere all'orizzonte gli Appennini.
Il Santuario della Madonna dell'Avello sorge sul colle di Cerezzata.
Risale al sec. XVI. Una leggenda locale tramanda oralmente che una pastorella sordomuta,
mentre accompagnava le sue pecorelle al pascolo sul colle cerezzatese, infilò per gioco il suo bastone nel crepaccio di una roccia.
Dopo numerosi tentativi per estrarlo, riuscì nel suo intento e nello sforzo acquistò la parola.
Scesa in contrada, gridò al miracolo. La gente accorse sul posto e trovò la statua della Madonna.
Si tentò di trasportarla giù in contrada con un paio di buoi, ma le bestie si fermarono a metà strada, rifiutandosi di proseguire.
Fu il segno della volontà della Madonna di avere lì il suo santuario, che venne costruito e chiamato Madonna dell'Avello (= pietra) .
La statua della Beata Vergine Maria, recante il Bimbo Gesù in piedi sulle sue ginocchia è, infatti, in pietra locale dipinta ed è ritenuta, come tale, “l'immagine della Madre di Dio più antica in terra bresciana” (Padre Murachelli, 1956).
Le pareti interne del Santuario sono decorate di un prezioso ciclo di affreschi della prima metà del Cinquecento (1510-1534).
Si tratta di ex voto, 159 figure intere di Madonne e di santi oggetto della devozione popolare.
Ad essi la gente ricorreva nei momenti di bisogno: pregava S. Antonio abate che proteggesse gli animali domestici da malattie e incidenti, S. Rocco e S. Sebastiano che allontanassero le malattie e le pestilenza, le S.S. Apollonia e Lucia perchè tenessero lontano, rispettivamente, il mal di denti e il male agli occhi, S. Liberata perchè assistesse le partoriente e così via.
Il ciclo di affreschi, probabilmente per motivi igienici, era stato ricoperto da uno strato di calce e occultato alla vista dei devoti.
Venne completamente recuperato e restaurato col volontariato della contrada di Cerezzata negli anni Settanta.
Gli affreschi sono di Scuola lombardo-veneta e rappresentano un unicum importante sotto il profilo sia artistico, sia storico.
Per questo suo radicamento popolare in terra di Franciacorta, il Santuario mariano dell'Avello è denominato anche “chiesa campestre”, o “santuario delle devozioni popolari dove è venerata la Madonna contadina”.
Nel corso dei secoli il Santuario subì ampliamenti e trasformazioni.
Nel settecento fu addirittura mutato il suo orientamento con un giro di 180 gradi della struttura onde consentire la capienza dei devoti accorrenti da ogni parte del bresciano per festeggiare l'8 settembre, ricorrenza della Natività della Beata Vergine Maria, cui è dedicato il Santuario.
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