giovedì 6 agosto 2015

TAVERNOLE SUL MELLA

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Tavernole sul Mella  è un comune dell'alta Val Trompia.

Il comune ha altre due frazioni:

Cimmo: a ovest di Tavernole, facilmente raggiungibile da esso
Pezzoro: a nord-ovest di Tavernole, a 911 m di altitudine, si raggiunge da Lavone (Pezzaze), perché si trova dalla parte opposta del monte Pergua.

Il  nome dovrebbe derivare da tabernulae, cioè piccole osterie, probabilmente fiorenti in questo punto geografico, o meglio ancora, si pensa che più che osterie vi fossero officine, in riferimento alla lavorazione del ferro che ha caratterizzato per secoli la Valle Trompia.
Nella zona di Tavernole sul Mella furono trovate lapidi romane e nel Medioevo vi aveva possessi il monastero bresciano di San Faustino, al quale si deve l'introduzione del culto di San Calogero.
Nel 1372 l'arciprete di Inzino, Nicolino de Cacij, stese i nuovi statuti comunali, trascritti dal notaio tevernolese Bressanino Brocchi. Si ricorda una secolare lite con Pezzoro per l'uso delle acque del Valperta.
Con l'avvento di Venezia (426) Tavernole acquistò importanza; nel 1436 fu residenza del Foro vicario e nel 1446 fu istituito un Banco giuridico competente per le minierie.
Nel 1610 il rettore veneto Giovanni da Lezze ricorda la presenza di un forno da ferro e di una fucina dove si fabbricavano canne d'archibugio e moschetti: v'erano inoltre tre fucine di minori dimensioni.
Altra attività aera la lavorazione dei panni bassi che venivano purgati in tre folli. Nel 1607 fra Gregorio da Reggio segnalò la scoperta sulle rocce di Tavernole, della "Campanula elatinoides", pianta perenne che apre in estate-autunno le sue corolle azzurrine e costituisce una tipicità della nostra provincia.
Le cronache ricordano la disastrosa alluvione del Mella del 1850. Nel 1897 venne istituito un nuovo mercato accanto a quello vecchio. Nel 1927 il paese assunse la nuova denominazione di Tavernole-Cimmo e gli furono aggregati Pezzoro e Marmentino, il quale ultimo recuperò la propria autonomia nel 1955.

Questo comune è uno dei più antichi della Valle: l’antico capoluogo era Cimmo, già citato poco più avanti dell’anno 1000 in occasione della costruzione della Pieve di Bovegno, a cui collaborarono. L’esposizione al sole caratterizza questo piccolo paese un tempo fiorente. Stessa sorte è capitata a Pezzoro, località da cui partono numerosi sentieri per raggiungere la vetta del Guglielmo, un tempo fiorente località sciistica.

La chiesa di San Filastrio considerato il gioiello artistico e il monumento principe della valle. La costruzione è formata da tre ambienti vicini e distinti: la chiesa al centro, la sacrestia di S. Domenico a nord e a sud l'armonioso portico terminante con la cappella di S. Rocco o cappella Amadini dal nome del venerato sacerdote qui sepolto.

Sulla controfacciata due affreschi portano la data 1523, ma presbiterio e pareti interne della navata sono decorati da affreschi della fine del '400 che si ispirano al Foppa e al Ferramola.
Recentemente restaurata, la sacrestia con volte a vela è interamente affrescata con scene della vita di S. Domenico di tipologia trecentesca mentre la cappella di San Rocco, dei primi del '500, è decorata con affreschi votivi ed episodi della vita del santo e di Sebastiano Cosma e Girolamo.

La Parrocchiale dei Santi Filippo e Giacomo apostoli è stata edificata a partire dal 1899 nel luogo dove nel 1523 sorgeva una cappella, della quale rimane il portale in pietra scura. La dedicazione deriva forse dai possedimenti tavernolesi dell'omonimo monastero bresciano.

La chiesa attuale fu disegnata da Carlo Melchiotti e contiene, al primo altare di sinistra, un polittico d'ispirazione belliniana (1530 circa) proveniente da San Filastrio.
Inoltre la pala della Madonna con Bambino e Santi è di scuola del Celesti, con ai lati due statue lignee attribuite ad Antonio Callegari. Gli affreschi sono di Giuseppe e Vittorio Trainini (1924). Casa Fontana, del `400, forse con funzioni originarie di albergo.

La Parrocchiale di Cimmo, dedicata a San Calogero e citata già nel 1302, dipendeva dalla pieve di Bovegno e si costituì in parrocchia nel `400. L'attuale edificio è frutto di ampliamenti e rimaneggiamenti del primo `700.

La decorazione con stucchi e affreschi è dovuta a Pietro Scalvini, autore dei quindici ovali (1752) che attorniano la Vergine del Rosario attribuita al Gandino, della Trinità e angelo custode (1751) e della Madonna con Bambino e santi (1765).
È invece attribuita a Pier Maria Bagnatore la Madonna con Bambino e santi (1583) che si trova al centro dell'ancona maggiore (1774). Notevole una soasa lignea di Giovan Battista " Boscaì" di Levrange (1749).

Parrocchiale di Pezzoro, dedicata a San Michele arcangelo, di linee sei-settecentesche, con decorazioni a stucchi e affreschi del 700.
É attribuita al Pialorsi (Boscaì) di Levrange o ai Bonomini di Bione la settecentesca soasa dell'altar maggiore, contenente la pala di San Michele forse di Francesco Giugno.
V'è inoltre un ritratto di San Carlo Borromeo attribuito a Grazio Cossali (1610 circa).

Il forno fusorio di Tavernole è un antico edificio nel quale il ferro che proveniva dall’Alta Valle si trasformava in ghisa per poi proseguire nelle fucine della Media Valle. L’impianto industriale dell’antico forno fusorio di Tavernole sorge sul greto del fiume Mella, nelle vicinanze del vecchio ponte in pietra, ad arco ogivale, nella parte settentrionale dell’abitato. Tra l'edificio del forno ed il pendio della montagna, si trovano i numerosi carbonili, dai quali il carbone di legna veniva trasportato al forno.
Le prime notizie sul forno si trovano negli “Annali della comunità di Pezzaze ” che negli anni 1426 e 1454 registrano spese ed affitti inerenti il forno nuovo. Altre fonti documentarie a testimonianza dell’intensa attività produttiva sono rintracciabili nella relazione del Governatore di Brescia, Scotti, del 1586 e nel Catastico Bresciano del Da Lezze del 1609 /10, per non citare documenti di epoca posteriore. In questo antico complesso confluivano i minerali di ferro estratti dalle miniere di Collio, Bovegno e Pezzaze, che ridotti in barre raggiungevano poi i centri di trasformazione della media valle dove era attiva la produzione di archibugi ed armi bianche
Acquistato nel 1874 da Francesco Glisenti, il forno cessò la propria attività all’inizio del ‘900.
L'attuale struttura risulta pressoché inalterata rispetto al secolo scorso, quando l'imprenditore Francesco Glisenti nel 1874 innovò le tecnologie in esso impiegate per produrre la ghisa e ne fece la tappa centrale del ciclo produttivo che, dalla miniera Alfredo di Bovegno, si completava negli stabilimenti di Villa e Carcina.


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