martedì 1 dicembre 2015

CERVESINA

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Cervesina è un comune situato nella pianura dell'Oltrepò Pavese, sulla riva destra del Po, presso la confluenza del torrente Staffora.

Cervesina e San Gaudenzio costituirono a lungo due comuni a sé stanti; nel medioevo San Gaudenzio era più importante, specie dal punto di vista religioso, essendo sede di pieve da cui dipendevano diversi paesi della zona. Nell'ambito dei domini di Pavia, facevano capo alla podesteria di Voghera; tuttavia, al tempo della prevalenza dei Beccaria, si costituirono in feudo autonomo sotto un ramo della medesima famiglia, detto appunto "Beccaria di San Gaudenzio". Esso raggiunse il massimo potere nel XVI secolo, quando Matteo Beccaria divenne Marchese di Mortara; tuttavia, non avendo questi avuto che figlie femmine, il feudo di San Gaudenzio e Cervesina fu ereditato dai Taverna di Milano, conti di Landriano, cui rimase fino alla fine del feudalesimo (1797).

Nel XVIII secolo San Gaudenzio fu unito a Cervesina, e il comune ebbe per qualche tempo il nome "Cervesina con San Gaudenzio". In quell'epoca Cervesina era molto diversa da oggi: infatti si allungava sulla riva destra della Staffora giungendo molto più a nord. Lo spostamento del corso del Po verso sud determinò la distruzione di quasi tutto l'abitato, di cui non rimase che l'estremità meridionale, che da allora ha ripreso a estendersi, con pianta più compatta, verso sud ed est, in posizione più riparata. Il Po aveva distrutto anche un'importante frazione, la "Rampina", posta ancora più a nord, presso l'antica foce della Staffora.

I "porti" del Po fino in epoca abbastanza recente esistevano nelle vicinanze di Cervesina. Per "porto", secondo la denominazione in vigore fin dall'età romana si intendeva un traghetto sul fiume che consentiva il passaggio di uomini, animali e cariaggi da una sponda all'altra. Due erano i "porti" nei pressi di Cervesina, uno, il più importante si trovava a valle, tra Pancarana e Bastida e, dirimpetto Sommo, e l'altro a monte, nei pressi di Bastida di Dossi. Del primo si hanno notizie frammentarie fino al sec. XV che poi assumono un certo rilievo mostrandoci tutta l'importanza di questo valico del Po, uno dei quattro che collegavano l'Oltrepò Pavese con la restante parte del Ducato di Milano. Il porto di Sommo era, con quello della Stella o "de Lapole", nei pressi di Broni, di maggiore importanza rispetto agli altri. Esso era stato donato dal Duca di Milano Filippo Maria Visconti a Giovanni Beccaria nel 1412, e ai Beccaria appartenne da allora, nonostante le travagliate vicende di questa famiglia che, proprio durante il governo di Filippo Maria ebbe molti beni confiscati. L'Archivio Comunale di Cervesina ha tramandato in copia parecchi documenti riguardanti il porto di Sommo, tra cui per primo, l'atto di donazione di Filippo Maria Visconti, dal quale si apprende che oltre al porto vero e proprio, esistevano e vennero donate ai Beccaria due osterie paste sulle rive del fiume.

Questa donazione doveva aver turbato interessi preesistenti tanto che fu una lunga lite tra i Beccaria e gli uomini di Castelletto di Branduzzo e Regalia che contestavano il possesso del porto ai nobili pavesi.

La controversia fu risolta a favore dei Beccaria nel 1473, e nel contesto della sentenza si definirono i confini del porto. Oggi la geografia delle sponde del Po, in zona non consente più di identificare i confini definiti nell'atto notarile, ed anzi, gli stessi centri di Cantalupo e Regalia, che si trovavano tra Bastida Pancarana e Rea, andarono distrutti e sommersi dalle piene del fiume.

Il secondo porto, a monte di Cervesina era quello che, nelle carte dell'Archivio Comunale e chiamato porto di "Zavaglione" e "dei Taverna", dal nome dei Feudatari di S. Gaudenzio. Risulta, da un documento del 1564 che il porto era presso la bocca vecchia della Staffora e congiungeva le sponde del Po tra il torrente vogherese e la bocca vecchia dell'Agogna. (Come già abbiamo rilevato,) Essa quindi era assai più vicino all'abitato di Cervesina (almeno fino al 1827) di quanto non lo fosse quello di Sommo, e pertanto assai più controllato dai Feudatari e dai loro agenti. Difatti un tentativo dei conti Taverna di spostare il traghetto più vicino ancora a Cervesina suscitò le rimostranze dei Beccaria, che come s'è vista erano i proprietari dei porti di Sommo.

I primi vennero condannati a riportare alla primitiva ubicazione il traghetto, ossia presso il dosso di Zavaglione dov'era sempre stato.

I Taverna possedevano pure il porto di "Corana" situato quindi più a monte e cedettero entrambi i parti al Comune di Cervesina nel 1861. Uno solo di essi, quello che corrispondeva pressa poco all'antico dello Zavaglione venne conservato e tenuto in efficienza anche dopo le mutate condizioni delle sponde del Po, e praticamente duro fino al termine della seconda guerra mondiale. Don Ugo Lugano, autore del volumetto "Mezzana Rabattone e la sua storia" riporta una gustosa descrizione dialettale del funzionamento del porto, nei ricordi di un anziano del suo paese. La "bocca vecchia della Staffora" si trovava a circa 1200 m. a monte di quella attuale. I terreni fino al 1855 erano proprietà della Mensa Arcivescovile di Milano e facevano parte della tenuta denominata "Il Bombardone".

Il Castello di San Gaudenzio, un oasi di storia lombarda, mantiene intatti nel tempo il fascino dei luoghi, la dolcezza di vivere. La sua storia è legata ai Visconti e ai destini di Pavia: un complesso originario del 1400 appartenuto a numerose famiglie nobili (i Beccaria, i Taverna, i Trotti) che se ne sono tramandati i fasti. Luogo d'ospitalità e riposo, sede di balli, pranzi e festeggiamenti etc., con estrema naturalezza conserva questa originaria vocazione in qualità di splendido hotel, ricco di suggestioni.

All'interno del Castello si ritrovano i bei camini di marmo rosso e nero, mobili, ritratti e decorazioni che si richiamano al periodo dal 1500 al 1700. Affianca il Castello l'antica pieve dedicata a San Gaudenzio. Quello che era un tempo luogo di delizie per pochi privilegiati è diventato oggi un ameno luogo di ritrovo per chiunque, a due passi dalle congestionate città industriali, voglia godere il sottile fascino della campagna dell'Oltrepò pavese. Ridare una funzione e una utilità sociale a quello che restava di un glorioso castello, è stata l'idea che ha fatto nascere, nell'antico maniero, il ristorante di San Gaudenzio. Nella linea della continuità con l’impostazione del ristorante, il Castello offre a tutti i suoi clienti una serie di camere e di appartamenti arredati con gusto sopraffino e funzionanti con i criteri più moderni, caratteristici della nostra epoca. La sobrietà, l'eleganza e l’armonia legano gli elementi strutturali del parco-giardino annesso al quattrocentesco Castello di S. Gaudenzio. Di fattura recente, quest'accorato spazio verde presenta significativi caratteri di moda seicentesca che ha un'epoca non solo di transizione ideologica, ma anche di mutamento di gusto stilistico.

Il giardino, da ancora rigoroso e geometrico cinquecentesco, tende a tramutarsi in parco, dando luogo ad un movimento di liberazione e di vita. Essenze d'alto fusto, cespugli da fiori, da foglia e da frutto, formano il quorum floristico di questo luogo. Conifere e latifoglie si alternano, gradevolmente, nel gioco scenico delle parti. Le statue, la pergola ed il tempio forniscono, invece, l'elemento plastico. Adiacente all'ingresso del Castello e lungo il ciglio del vecchio fossato, aiuole fantasiose a ricamo offrono un esempio di "Ars Topiaria"

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