giovedì 3 marzo 2016

CASPOGGIO

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Caspoggio è un comune alpino situato in Valmalenco, nello splendido scenario delle Alpi della Catena Bernina-Scalino, massiccio delle Alpi Retiche occidentali. Gli fanno da corona le vette del Monte Disgrazia (3678 m), del Pizzo Scalino (3323 m) e quella del Pizzo Bernina (4049 m).

Prime tracce storiche sull'esistenza di Caspoggio risalgono al XIV secolo in seguito all'erezione del più grande Castrum della Valmalenco voluto dai Capitanei, i potenti Signori di Sondrio, per contrastare le invasioni dal Nord. Caspoggio, probabilmente, nasce come borgo di tale castello, un ristretto nucleo urbano formato da pastori, artigiani, lavoratori di braccio e anche da soldati con loro famiglie, nucleo necessario alla sussistenza della fortezza.

La Valtellina costituiva un assai importante crocevia per le comunicazioni, il transito di truppe e gli approvvigionamenti tra domini del Nord, la Lombardia e il Sud; la Valmalenco, nondimeno, era uno dei principali corridoi che consentivano tali traffici e non è casuale che alla confluenza con il piano della Valmalenco sia sorta Sondrio, nata come città di mercato.

Data la sua posizione Caspoggio fu sempre un paese di frontiera; una parte molto antica di esso è la caratteristica “Truna”, formata da abitazioni parallele su due schiere, divise da un passaggio centrale coperto lungo più di 25 metri, una specie di complesso con stalle inglobate, chiuso verso l'esterno. Oggi la Truna costituisce il tipico centro storico di Caspoggio.

Caspoggio sorse vicino all'antichissima impervia via (oggi interrotta) che fu chiamata "la Via Cavallera", che da Sondrio in Valtellina, conduceva in Svizzera attraverso il "Passo del Muretto". Più che una strada questa via era una carovaniera di faticoso transito ma che offriva una notevole scorciatoia per i traffici tra Nord e Sud Europa. Oltre al traffico commerciale e locale da questa via calarono in Italia nel XVII secolo anche le temibili orde mercenarie dei "Landsknecht" ovvero dei "Lanzichenecchi, citati anche come apportatori di peste nella celebre opera del Manzoni, "I Promessi sposi".

I caspoggini erano dediti principalmente al taglio dei boschi ed alla pastorizia, vista la possibilità di poche coltivazioni per la troppa altezza del sito. I cognomi del posto, Pegorari, Agnelli, Agnellini (oggi scomparsi) ne sottolineano il ricordo.

Uomini e donne a piedi scendevano al piano con le bricolle cariche, per vendere burro e formaggi ricavati dal latte delle loro bestie, lana e pelli; recavano anche erbe medicinali raccolte sui monti, come la "Deneda" e il "Genepì", tegami e suppellettili varie da loro fabbricati anche in pietra ollare (tali artigiani erano chiamati nel posto "Magnani") o prestarsi per lavori semplici come arrotini o offrirsi per manovalanze varie. Ciò avveniva nella commerciale Piazza Garibaldi a Sondrio dove sorsero locande per accogliere clienti e venditori del mercato che qui si svolgeva; nel XIX secolo sorse anche una banca (Banca Popolare di Sondrio) e un grande albergo per i commercianti più facoltosi.

Il nome Caspoggio nella tradizione popolare sembra che derivi da "Case sul poggio", forse perché più che un unico paese agli inizi Caspoggio era una zona abitata da case sparse sui monti e in seguito formanti contrade. Altra interpretazione è che il nome derivi da "Case appoggiate", vista come case appoggiate l'una all'altra nel centro storico della Truna. Più verosimilmente il nome Caspoggio sembra derivare dal latino "Castrum Podii" o "Castel Poggio", nome originale della fortezza nel sito e che dava anche il nome alla zona; in effetti le rovine del Castello di Malenco ne indicano la sua posizione su un grande "poggio" di roccia e da lì il nome, come detto, si sia esteso alla zona circostante dove sorsero le contrade. Non sappiamo se vi fossero abitanti nel Castello oltre ai soldati o già nel sito attuale, come più probabilmente sembra. Nonostante la distruzione della fortezza il nome di origine di Castelpoggio rimase alla zona e nel tempo si sia compendiato in "Caspoggio". Ma è con la costruzione della Chiesa di San Rocco nel 1666 che l'agglomerato urbano comincia pian piano a prendere la forma di un paese unico con le case che crescono intorno alla parrocchiale fino ad inglobare via via nel tempo anche le contrade più lontane.

Il paese di Caspoggio, nel XVII sec., fu dotato della chiesa parrocchiale di S. Rocco (1666) e della chiesa di S. Elisabetta; fu scelto S. Rocco come santo patrono poiché è il santo più invocato, dal Medioevo in poi, come protettore dalle terribili epidemie della peste che più volte flagellò la Valmalenco.

In quel secolo Caspoggio si oppose all'insediamento della nuova religione "riformata" ovvero quella Protestante rimanendo fieramente cattolico; è noto l'episodio delle donne di Caspoggio che presero a sassate il funerale protestante di un giovane ragazzo nella loro chiesa, impedendolo.

Nel 1816 Caspoggio divenne Comune, inserito nel I distretto di Sondrio. Esso era costituito da otto contrade (simboleggiate dalle otto stelle nello stemma), Centro dentro (céntru de dint), Centro fuori (céntru de fö), Bracelli (brac’), Albertazzi (bertàasc), Burri (bürr), Negrini (negrìn), Bricalli (brich) e Pantanaccio-S. Elisabetta (pentenàasc).

Si costituì, dunque, nel 1816, il comune di Caspoggio, che fu inserito nel I distretto di Sondrio. Esso era costituito da otto contrade (simboleggiate dalle otto stelle nello stemma del Comune), Centro dentro (céntru de dint), Centro fuori (céntru de fö), Bracelli (brac’), Albertazzi (bertàasc), Burri (bürr), Negrini (negrìn), Bricalli (brich) e Pantanaccio-S.Elisabetta (pentenàasc). Nel 1853 Caspoggio, con la frazione Monte di Dagua, era comune con consiglio senza ufficio proprio e con una popolazione di 512 abitanti sempre inse­rito nel distretto I di Sondrio. Negli “Annali universali di statistica, economia pubblica, storia, viaggi e commercio del 1834 si legge: “Secchie , gerli, vasi, e recipienti di legno d'ogni maniera, si fabbricano particolarmente in Caspoggio (Valmalenco ) che poi si esitano al mercato di Sondrio.” Similmente, Bartolomeo Besta, ne “Sulla condotta di Val Malenco in Valtellina” (Milano, 1861), scrive: “I Caspoggesi, sopperendo alla deficienza dei redditi, lavorano utensili di legno, recipienti di vino, zangole, secchioni; si recano nella Valtellina e sul Lodigiano a distillare acquavite; educano poco bestiame più volentieri vendendo i prodotti del suolo e serbando libera da monotoni vincoli l’attività della personale occupazione; tendono al minimo guadagno, sono svelti di mente, franchi di maniere e confidenti con chi li tratta da vicino e da cui dipendano.”

L’ottocento fu un secolo assai duro, segnato, soprattutto nella sua prima metà, da un peggioramento complessivo delle condizioni di vita dei contadini.

Dopo la II Guerra d’Indipendenza, cui parteciparono anche tre soldati di Caspoggio (Bracelli Battista fu Andrea, Miotti Giuseppe fu Andrea e Negrini Ferdinando fu Giuseppe), venne l’Unità d’Italia, proclamata nel 1861; il comune di Caspoggio contava allora 529 abitanti. Nella successiva III Guerra d’Indipendenza, del 1866, partecipò un numero significativo di abitanti di Caspoggio, vale a dire Agnelli Alberto, Agnelli Giuseppe fu Giuseppe, Bracelli Agostino di Pietro, Bracelli Battista fu Andrea, Bracelli Giacomo fu Andrea, Bracelli Faustino, Miotti Giuseppe fu Andrea, Miotti Giuseppe fu Andrea, Mosti Eusebio, Negrini Ferdinando fu Giuseppe e Pegorari Salvatore. Bracelli Faustino partecipò anche alla campagna del 1870 che portò alla presa di Roma, poi proclamata capitale d’Italia. Nei decenni successivi l’andamento demografico fece registrare una crescita costante: dai 590 abitanti del 1871 si passò ai 639 del 1881, e poi ai 804 del 1901 ed infine ai 874 del 1911.

La seconda metà dell’ottocento, caratterizzata dall’acuirsi della crisi dell’economia contadina, vede, come conseguenza, due fenomeni che danno un po’ di respiro all’economia valligiana, l’emigrazione transoceanica e l’inizio dei traffici di contrabbando, che caratterizzeranno anche la prima metà del novecento. La redditività di questi traffici, non era proporzionata agli sforzi ed ai rischi connessi. Ma, in periodi di stenti diffusi, anche una modesta integrazione del reddito delle magre economie contadine era di vitale importanza. Una certa incoscienza e la vigoria fisica della giovane età erano componenti essenziali di quelle traversate, che erano, spesso, autentici tour de force. Si procedeva in squadre di 10-12 persone, nella buona stagione ma anche in quella invernale, alternandosi, nel tracciare la via fra la neve spesso alta, a 7-8 passi ciascuno, perché lo sforzo del battipista è assai maggiore di quello di chi segue. Si procedeva con il prezioso carico, 25-30 kg circa a spalla, pronti a nasconderlo in un luogo sicuro al primo sentore di un possibile incontro-scontro con gli avversari di sempre, i finanzieri. Il percorso più battuto passava per il passo di Canciano (m. 2464), che si immette nella val Poschiavina; la sorveglianza dei finanzieri all’alpe di Gera veniva poi talvolta elusa mediante una traversata attraverso il ghiacciaio di Fellaria fino all’alpe omonima. Qualche volta, però, si incappava nei militi, e si doveva lasciare il carico seminascosto nella neve, tornando precipitosamente al passo; il carico, se andava bene, veniva poi recuperato a distanza di tempo. Assai praticati era anche il vicino passo di Campagneda (m. 2632), con accesso diretto alla conca delle alpi Campagneda e Prabello, e, più a nord, il passo Confinale (m. 2628), con discesa all’alpe Gembré, quando si supponeva che questi alpeggi fossero “liberi”. I finanzieri erano chiamati popolarmente “panàu” (dal nome di un leggendario uccello rapace scomparso dalla valle) e sceglievano appostamenti strategici per sorprendere i contrabbandieri, sassi o baite che da loro prendevano il nome. Un “sas di panàu” (o “böc’ di panàu”) è segnalato anche nel territorio di Caspoggio, nei boschi del Castello (dove si vedono ancora i ruderi dell’antichissimo castello di Caspoggio), all’inizio della “strada di bragùn”, che porta all’attuale area per la raccolta differenziata.

Nel 1904 la ditta Negrini costruì la centralina sulla Roggia, in località Albertazzi, che fornì al paese energia elettrica. Nel periodo fra le due guerre la popolazione continuò ad aumentare: gli abitanti erano 949 nel 1921, 999 nel 1931 e 1048 nel 1936.

Nel secondo dopoguerra la curva demografica cresce fino alle soglie del terzo millennio: gli abitanti erano 1298 nel 1951, 1511 nel 1961, 1589 nel 1971, 1543 nel 1981, 1603 nel 1991, 1586 nel 2001 ed infine 1567 nel 2006. Il sensibile balzo in avanti fra la seconda metà degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta è legato anche ad una vera e propria svolta nella vita economica del paese: “Caspoggio… aveva già nel 1952 iniziato a progettare la sua seggiovia; che tra il ’57 ed il ’60 venne portata a termine, lasciando indietro tutto il resto della valle, per non dire gran parte della stessa provincia di Sondrio. Nel giro di brevissimo tempo Caspoggio divenne infatti uno dei poli sciistici più importanti della Valtellina. Il villaggio, sino ad allora un po’ marginale rispetto ad altri centri malenchi sul piano turistico, balzò all’attenzione del mondo sportivo invernale…” (Eliana e Nemo Canetta, op. cit.).


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