martedì 31 marzo 2015

PARCO ARCHEOLOGICO ROCCA MANERBA

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Cammina, cammina, arrivarono in un bosco folto e rigoglioso dove crescevano insieme lecci e roverelle; profumati tappeti di fiori si piegavano ai loro passi, mentre piccoli uccelli variopinti cantavano nel fitto della boscaglia. Da un lato si ergeva un monte dallo strano profilo, dall’altro si adagiava un grande lago appena increspato da onde scintillanti… "
(da Andar per sentieri)

Non è la descrizione di un paesaggio fiabesco ma un luogo reale dove, lasciata la fretta e il rumore della vita quotidiana, è possibile immergersi in una natura multiforme e piena di sorprese: è il Parco Naturalistico della Rocca di Manerba. Esso, in uno spazio relativamente circoscritto, racchiude una varietà di specie vegetali davvero unica: piante che appartengono a climi diversi convivono accomunate dalla presenza rassicurante del lago.

La Rocca di Manerba è posta su uno sperone roccioso a picco sul Lago di Garda molto facile da raggiungere in macchina dal centro di Manerba del Garda.

Si può accedere alla rocca attraverso il sentiero che attraversa il parco, taglia per  il pianoro del "Sasso" e si arrampica fino ai ruderi del castello.

Gli scavi archeologici nell’area del Sasso, area sottostante la Rocca, esposta al vento e interrotta da una scogliera a strapiombo sul lago, con un salto di 150 metri, sono state rinvenute tracce di un insediamento del Mesolitico che testimoniano la presenza di esseri umani circa da 8000 a 5000 anni fa.

Durante le ricerche archeologiche sono venute alla luce tre circuiti di mura di difesa databili fra il XII e XIII secolo di cui il più interno racchiude la sommità della Rocca.

Entro la cinta esterna gli scavi hanno identificato una sequenza stratigrafica che va dalla cultura di Lagozza (4000 a.C.) alla fortificazione medievale da cui il sito trae il nome.

Numerosi reperti archeologici dimostrano la presenza di insediamenti Etruschi, dei Galli Cenomani e dei Romani.

Nel 776 la Rocca fu l’ultimo baluardo di resistenza dei Longobardi ai Franchi di Carlo Magno, che un secolo dopo, donò i terreni circostanti ed in riva al lago, ai monaci di San Zeno di Verona.

Col tempo la proprietà della Rocca fu degli Scaligeri, dei Visconti ed infine della Repubblica Veneta.

L'ultima struttura medievale venne distrutta nel 1574, per ordine della Serenissima perché divenuta una fortezza inespugnabile di fuorilegge.

Sulla sommità della Rocca, grazie a lavori di restauro e valorizzazione archeologica e ambientale, è possibile vedere i resti dell’antico castello medievale e di altre antiche strutture accessibili attraverso una ripida strada asfaltata, chiusa alla circolazione nell’ultimo tratto dopo il Parcheggio.

Il percorso attraverso muri perimetrali, scalinate e ponticelli in legno è segnalato da bacheche descrittive.

I ruderi, nella parte dell'entroterra declinano verso un prato che offre ospitalità e riposo ai  visitatori. Inoltre dalla Rocca si arriva anche ad una splendida spiaggia.

Sul lato dei ruderi che guardano verso il lago, un ripido e in parte difficile sentiero, permette di scendere al Parco della Rocca di Manerba.

Accessibile anche dal basso, un grande bellissimo pianoro coperto da boschi e prati di 90 ettari che comprendono la Rocca stessa e tutto il tratto costiero denominato Parco Naturale Archeologico della Rocca e del Sasso.

Nei boschi che ricoprono gran parte del territorio del Parco si trovano rappresentate tutta gli alberi  ed i cespugli autoctoni, come il Carpino nero, la Quercia roverella, il Pungitopo, il Caprifoglio e l'Elleboro che convivono con alberi e cespugli propri della Macchia Mediterranea.

Il Centro Visitatori del Parco Archeologico Naturalistico della Rocca di Manerba del Garda ospita nella sua attuale sede espositiva  (vicino al parcheggio sotto la Rocca) anche il Museo Civico Archeologico della Valtenesi.

L’edificio, frutto del riadattamento di una costruzione preesistente  con l’aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica, sorge in posizione “strategica” lungo la salita che conduce alla sommità della Rocca. La struttura è caratterizzata, sul lato ovest rivolto verso il lago e la campagna circostante, da un’ampia vetrata che, oltre a essere sorgente di grande luminosità per gli interni, enfatizza lo stretto collegamento del complesso con il paesaggio circostante.

Al piano terra il percorso archeologico, con pannelli esplicativi e didattici bilingui (in Italiano e Inglese) e una scelta di reperti esposti all’interno di vetrine, illustra i contesti insediativi indagati nel territorio di Manerba del Garda: il sito pluristratificato della Rocca e del Sasso, occupato dall’uomo dal periodo mesolitico (8000-5000 a.C.) al XVI secolo della nostra era; quello della Pieve di Santa Maria, dove, sui resti di una villa romana affacciata sul lago, sorsero dapprima strutture abitative altomedievali e poi l’edificio religioso, con le sue varie fasi; infine, quello di località S. Sivino, sulle rive del lago, con resti di un abitato palafitticolo dell’Età del Bronzo che fa parte del patrimonio mondiale UNESCO.
Nell’esposizione sono mostrati al pubblico reperti provenienti da ricerche di superficie e da scavi stratigrafici condotti nelle località Sasso e Riparo Valtenesi, Rocca, Pieve e San Sivino. Parte di questi manufatti - esposti per la prima volta nel 1972 in una mostra che sintetizzava i risultati delle ricerche archeologiche nel territorio - divennero poi parte integrante dell’allestimento del Museo Civico Archeologico della Valtenesi, prima presso locali vicino alla Pieve di Santa Maria e poi, dal 1989, nella sede di piazza Simonati. Il criterio seguito nell’allestimento del percorso espositivo è topografico, cioè per contesti insediativi circoscritti, all’interno di ciascuno dei quali si sono seguite, dal periodo più antico al più recente, le diverse vicende che hanno interessato ciascun sito.
Si sono creati, così, quattro nuclei principali, aventi lo scopo di fornire - attraverso i risultati di accurate ricerche di superficie, degli scavi e degli studi finora condotti e alcuni dei quali ancora in corso - un quadro dell’insediamento umano nella zona, sempre passibile di ulteriori approfondimenti e variazioni.

Al primo piano la sezione naturalistica - attraverso numerosi pannelli con splendide fotografie delle specie arboree e faunistiche che popolano il Parco e due plastici, uno con la riproposizione attuale del territorio naturale del Parco e l’altro con la ricostruzione del castello medievale - sottolinea la notevole valenza ambientale di questo meraviglioso contesto che ha costituito, insieme alla posizione protesa a controllo del basso lago e la vicinanza a vie di transito, sia d’acqua che di terra, importanti fin dalle epoche preistoriche, il motivo per cui l’uomo l’ha scelto per frequentarlo e insediarvisi per così lungo tempo.
Alcune delle specie arboree, già presenti fin dalle epoche preistoriche e conservatesi tra i resti carbonizzati delle offerte rituali nel sepolcreto dell’Età del Rame del Riparo Valtenesi, popolano tuttora il parco e fanno parte delle presenze più decorative, mentre i pesci del lago costituirono sicuramente fin dal Mesolitico la base dell’alimentazione delle popolazioni locali.
Il settore espositivo dedicato alla parte naturalistica ripropone, con una serie di fotografie di grande effetto corredate da testi scientificamente rigorosi e didascalie didattiche, le sensazioni che il visitatore proverà percorrendo i sentieri del Parco.
Ogni ambiente naturale viene “fissato” nei suoi caratteri principali e descritto nell’ambito di uno o più pannelli espositivi, a loro volta raggruppati per titolo e per colore di fondo. Così, immaginandoci di camminare durante una bella giornata di primavera, inondata dal caldo sole di maggio e pervasa dal profumo dei mille fiori appena sbocciati, potremo contemplare il profilo roccioso della Rocca e capirne l’origine, distingueremo flora e fauna dei boschi, ammireremo i colori dei prati aridi del Sasso e gli animali che li popolano, le rare orchidee e gli arbusti e le erbe di indole mediterranea, poi la campagna coltivata e la sua storia, infine gli uccelli acquatici e i pesci abitatori delle acque del lago, secondo un percorso logico di accompagnamento alla scoperta della natura del Parco.

Narra un antica legenda che un ferocissimo lupo abitasse sulla rupe di Manerba, occupando un antro a picco sul lago impedendo a chiunque di avvicinarsi.

Dopo vari tentativi di cattura, gli abitanti misero una taglia sulla testa del lupo e fra i giovani che si presentarono ne vennero scelti tre: un giovane di Moniga, uno della Raffa e uno della Pieve vecchia.

Il giovane di Moniga, cacciatore, cercò di attirare il lupo con un’esca viva, ma non ebbe successo e fini per essere spinto giù dalle alte scogliere.

Quello della Raffa, pescatore, tentò di catturare il lupo con una  grande rete ma anch’esso finì come l'altro.

Il giovane della Pieve, contadino, dopo aver chiamato il lupo con finti ululati, affrontò la belva innalzando una croce gridando di arretrare.

Miracolosamente il lupo indietreggiò fino a cadere dalla rupe e morire.

Si narra che, mentre il popolo di Manerba festeggiava il vincitore, erigendo una grande croce in vetta alla Rocca, nel lago i corpi dei due sfortunati giovani si trasformarono in due grandi scogli.



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