lunedì 18 maggio 2015

I PAESI DELLA BRIANZA : OLGINATE

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Olginate è un comune italiano di 7.160 abitanti della provincia di Lecco, in Lombardia. Anticamente era a capo di una più vasta area comprendente anche gli attuali comuni di Garlate e Valgreghentino. Fa parte della comunità montana Lario Orientale - Valle San Martino e del Parco dell'Adda Nord.

Il territorio di Olginate comprende gli antichi abitati di Capiate e di Consonno, che sino al 1928 erano costituiti in Comuni autonomi.
S’ipotizza che il nome “Olginate” derivi dal termine gallico-antico “augia”, cioè terre d’acqua; una leggenda lo fa invece risalire al condottiero goto Olgina-Adda. La presenza di un insediamento abitativo più antico sulla riva dell’Adda è attestata dai resti di un ponte, costruito dai Romani nel III secolo d.C. e distrutto probabilmente nel V-VI secolo, durante le lotte tra Goti e Bizantini.
Capiate conserva testimonianze di presenza romana e di epoca altomedioevale.
Dell’abitato di Consonno, posto sulla collina sovrastante Olginate e completamente demolito nel tentativo di creare un centro turistico, rimane a testimonianza di una realtà millenaria la chiesa di S. Maurizio con l’annessa canonica, già esistente nel XII secolo.
Per lunghi secoli il fiume Adda e il traghetto segnarono, nel bene e nel male, la vita sociale e lo sviluppo economico di Olginate: in primo luogo la pesca e il traffico di merci, ma anche il contrabbando, il brigantaggio e gli scontri militari, quando il fiume divenne nel XV secolo linea di confine tra Ducato di Milano e la Repubblica Veneta. Il traghetto dopo lunghi secoli di attività cessò di esistere, con l’inaugurazione nel 1911 del ponte dedicato a Vittorio Emanuele III.

Il territorio comunale è situato all'estremo meridionale delle Prealpi lombarde, ed ha come confini naturali ad est il lago di Olginate e il fiume Adda. L'altitudine varia tra i 195 m s.l.m. del fiume e gli 830 della cima del monte Regina. La morfologia del territorio è caratterizzata dalla presenza di zone montuose nella parte nord-occidentale e meridionale del paese, insieme a zone collinari e più pianeggianti in prossimità dei corsi d'acqua presenti. Infatti, per quanto riguarda l'idrografia, sul territorio olginatese scorrono anche due torrenti immissari dell'Adda, cioè l'Aspide, vicino al confine con Garlate, e il Greghentino, proveniente da Valgreghentino.

Le prime testimonianze di insediamenti, favoriti dal vicino guado del fiume Adda, risalgono al III-IV secolo d.C., nella fattispecie alcune sepolture e i resti di un ponte romano. Nel corso del Medioevo il paese vedeva già presenti alcuni edifici storici e basava la propria economia sulle attività legate al fiume. Nello stesso periodo rimase sempre fedele ai Visconti e poi agli Sforza, signori di Milano, il che significò trovarsi proprio al confine con la Repubblica di Venezia e dover far fronte alle incursioni dalla zona bergamasca, di orientamento guelfo, anche in seguito alla Pace di Lodi. Nel Cinquecento venne scelto da Carlo Borromeo come uno dei punti strategici nella riorganizzazione della Diocesi di Milano. Il Seicento invece fu caratterizzato dalla dominazione spagnola e da diverse epidemie, elementi che portarono a un declino economico; al passaggio dei territori milanesi sotto gli Austriaci, avvenuto all'inizio del Settecento, si ebbe una ripresa delle attività commerciali e l'insediamento delle industrie della lavorazione della seta, settore attivo fino al Novecento, mentre l'economia di fiume si esaurì gradualmente, dalla rimozione del vicino confine nel 1797 fino alla costruzione di un ponte sull'Adda nel 1911. Nel 1859 il comune fu incluso nel mandamento di Oggiono del circondario di Lecco, nella provincia di Como; nel 1928 i comuni di Capiate (già parte di Olginate fino al 1633) e Consonno furono soppressi e aggregati a Olginate.

A metà del XV secolo il mercante laniero Galeazzo Crotti eresse una casa-fortezza, comprendente una torre sulla riva del lago; ora, ridotta in altezza, è parte di Villa Sirtori, sede della Biblioteca civica e della Pro Loco di Olginate.
Anche alcune frazioni del paese conservano testimonianze di case fortificate di epoca medioevale.
Nella parte alta del paese, percorrendo la strada Regia, s’incontra la vetusta chiesa di S. Maria de Vico (detta ora la Vite), già nota nel 1200, ampliata a partire dal 1448 e dotata di un convento dove nel 1472 s’insediarono i frati di S. Ambrogio ad Nemus. Nel 1647 vi succedettero i Carmelitani “calzati di Mantova” fino al 1782, anno in cui la presenza dei frati ebbe termine; il complesso conventuale subì profonde modifiche architettoniche: fu prima adattato a opificio serico, poi ad abitazioni rurali, e dopo il restauro a opera della professoressa Giuditta Podestà è oggi visitabile.
Nel centro storico, aperta al pubblico, sorge la chiesa prepositurale di S. Agnese, costruita tra il 1589 e il 1604, la più grande fino ad allora edificata nel lecchese. La chiesa fu eretta dopo che la sede della Pieve religiosa fu posta da S. Carlo a Olginate. Il campanile è del 1818, su progetto dell’architetto G. Bovara.
Tra il 1751 e il 1754 fu costruita la chiesa barocca di S. Rocco, in sostituzione dell’antico Oratorio campestre posto a monte del paese sulla sponda del torrente Aspide; la facciata neoclassica è del 1818, opera anch’essa del Bovara.
In tempi moderni ebbe grande sviluppo l’industria della seta, già presente come attività artigianale nelle famiglie del paese sin dal XVI secolo; la lavorazione della seta in forma industriale è testimoniata dall’inizio del XVIII secolo. Quest’attività fu fondamentale per l’economia olginatese fino al 1935, anno di chiusura dell’ultima filanda; i resti di alcuni opifici serici sono tutt’ora visibili
sul territorio: il più grande, in via C. Cantù, è stato ristrutturato a uso abitativo ma il complesso architettonico è intatto.
Tre diramazioni scendevano al paese e al ponte del III secolo, che attraversava l’Adda in prossimità della diga di regolazione del bacino del Lario. Qui ancora esiste un’arcata, ora belvedere di villa Elena, che si pensa costruita inglobando due pile del ponte romano.
Da qui, dirigendosi verso sud sulla strada Alzaia, con alla destra ciò che rimane, dopo una sciagurata ristrutturazione, del secentesco palazzo dei Testori de Capitani, si giunge a un piccolo spiazzo, detto “Magazzino”, dove un tempo vi era una torretta adibita nel 1700 a reggere la fune di ancoraggio del traghetto che collegava le due sponde. Qui confluisce la via Barozzi, conosciuta come la “cuntrada del frècc” per via della sua strettezza e tortuosità e della cortina ininterrotta di case che impediscono alla luce del sole di penetrarvi.
La via conserva ancora il suo impianto medioevale e presenta portali e cortili di antiche dimore. Infatti per secoli e sino alla fine del 1700 era prevalentemente abitata da famiglie facoltose, tra cui i Calchi e i Brachi. Percorrendo la via si giunge a un incrocio, dove sulla destra un tempo esisteva una casa-torre, oggi abbassata e adattata ad abitazione: solo una pietra angolare che reca incisa la scritta “A.D. 1406” ci ricorda la sua origine. Sulla sinistra inizia via S. Margherita, che porta in piazza Garibaldi passando sotto un portico ricavato nelle case abitate per secoli dell’antica casata dei Crotti. Sotto questo “androne” si tenevano le assemblee della Comunità in caso di cattivo tempo. Salendo per via Barozzi si arriva alla strada più importante, che attraversa il paese da sud a nord. Con la costruzione della strada dello Stelvio, avvenuta negli anni ’30 del 1800, si sdoppiò in due per brevi tratti, rimanendo la vecchia più a valle del nuovo tracciato. Le due strade, correndo parallele, presero entrambe il nome di via S. Agnese, che rimane ancora oggi, seppure riguardante solo un tratto della sua estensione originaria: l’altro è intitolato al prof. Mario Redaelli.
Nel vecchio tratto di questa via, nella zona detta “ai pescatori”, esistono ancora, seppure ristrutturati, gli edifici che ospitarono la filanda Tavola, impiantata nei primi anni del 1700. Accanto vi sono le case che furono dei Lavelli de Capitani, le cui proprietà si estendevano dalla riva del lago fino all’attuale chiesa di S. Rocco.
A monte di via S. Agnese fino al tardo 1500 vi erano solo sparsi nuclei abitativi: verso nord, al termine del paese, vi era la sola casa signorile di un ramo dei Testori, passata poi nel 1700 ai Vitali. Due portici con colonne e un pozzo (ora murato) sono ancora riconoscibili nel fabbricato che fa angolo con via Marconi.
Da questa casa, andando a sud, si incontra la scalinata (1769) che porta alla prepositurale di S. Agnese, edificata alla fine del 1500. A fianco della chiesa saliva una via che portava alle case del Capitani della Beretta e che costituivano il fronte
nord di un quadrilatero abitativo denominato della “Carale”, toponimo indicante un luogo di parcheggio di carri e altri veicoli. Queste abitazioni erano delimitate dall’attuale via don Colombo e da via S. Agnese; notevole è il loggiato della casa signorile che fu dei Redaelli e poi dei Gilardi. Da via S. Agnese dipartono tre contrade e due vicoli che portano al fiume. La contrada S. Rocco delimitava il limite meridionale del paese.
Su di essa si affacciavano poche case intervallate dai “broli”, ossia gli orti. Nel 1700 vi costruirono abitazioni signorili i Lavelli e i Crippa. Veniva chiamata “Contrada della Torre” perché collegava la casa fortificata abitata dai d’Adda con la strada maestra. Solo verso il 1820 si cominciò a designarla come via S. Rocco, per la presenza dell’Oratorio dei santi Rocco e Sebastiano edificato dalla Confraternita del S. Rosario tra il 1752 e il 1757. Via Manzoni fino alla metà del 1800 era chiamata Contrada di Mezzo, perché posta in posizione centrale rispetto al nucleo abitativo: porta all’attuale piazza Garibaldi, ossia al centro dell’antica Olginate. Su di essa si affacciavano case signorili come quella dei De Rocchi, posta all’imbocco della contrada, oltre a numerose botteghe, laboratori e osterie. Sul lato destro vi sboccano due caratteristici vicoli: del Morone e del Torchio. La piazza, ora denominata Giuseppe Garibaldi, un tempo detta del “Porto” e intitolata a Santa Margherita, è stata in realtà per secoli più che una piazza uno slargo, perché al centro di essa sorgeva la chiesa di S. Margherita e la torre della Comunità, quest’ultima costruita in riva al fiume, proprio dietro l’abside dell’antica chiesa; era dotata di una campana d’allarme e, a partire dal secolo XVI, di un orologio. Entrambe furono abbattute nel 1784 per far posto ai traffici che convergevano verso il traghetto situato nella stessa piazza. Era delimitata da una cortina di case, che furono quasi tutte demolite e ricostruite alla fine del 1800. Solo la torre che faceva parte del complesso altomedioevale appartenuto ai d’Adda, e in seguito ai Lavelli de Capitani, è rimasta a testimoniare questo passato. Imboccando lo stretto vicolo che parte dalla piazza verso villa Sirtori, si rasenta sulla sinistra la villa Lavelli, costruita nella seconda metà dell’Ottocento interrando l’antico riparo per le barche dei pescatori. Dopo villa Lavelli si trova l’attuale villa Sirtori. Dal lungolago si vede la torre medioevale, abbassata e trasformata in belvedere: insieme a un distrutto torrione circolare, era la parte preminente di una casa-forte fatta costruire dal mercante laniero Galeazzo Crotti verso la metà del XV secolo su una lingua di terra che si spingeva nell’Adda. Sul finire del 1400 fu acquistata dalla famiglia mercantile dei D’Adda, che ne fece la prestigiosa dimora della casata.
Sul finire del secolo XVII fu trasformata in villa residenziale e, alla metà del 1800, fu acquistata dai filandieri Crippa-Sirtori. Ora il complesso, acquisito e restaurato dall’Amministrazione comunale, ospita la Biblioteca civica e sale espositive.

Il convento sorge ai piedi della collina sopra Olginate,in una zona strategica lungo la strada che nel Medioevo collegava Aquileia con Como e in prossimità di un ponte romano che attraversava l’Adda: S. Maria in Vico, poi S. Maria la Vite con riferimento alla coltivazione delle viti allora praticata sulle colline circostanti, dipenderà dalla Pieve di Garlate e, in seguito, dalla parrocchiale di Olginate, diventando punto di riferimento per gli abitanti della zona che la preferiranno alle chiese parrocchiali. Qui si alterneranno: gli Umiliati di Lombardia che nel XIV secolo porteranno a Olginate il culto del lavoro artigianale; gli Agostiniani di Sant’Ambrogio ad Nemus che, a partire dal 1477, amplieranno la chiesa impreziosendola con numerosi affreschi alle pareti; i Carmelitani Calzati di Mantova, che dal 1647 al 1782 introdurranno il culto della Madonna del Carmine, oggi testimoniato da una statua con addobbo spagnolo, e l’abbelliranno con una pregevole conchiglia barocca.
Gestito in regime livellario (tipo di contratto agrario medioevale) dal 1782, anno della chiusura di numerosi conventi con dispaccio imperiale di Giuseppe II d’Austria, e venduto, a partire dal 1805, ai privati, il convento di Olginate, nella parte sud destinata ad abitazione civile, passerà dalla famiglia Nava alla famiglia Longoni e alla famiglia Podestà; nella parte nord, comprendente la chiesa, subirà diversi cambiamenti di destinazione d’uso (filanda per la seta, lazzaretto, centro rurale), passando attraverso la linea di successione Testori de Capitani, Gadda, Podestà.
Alla famiglia Podestà, ancora oggi proprietaria, e in particolare alla professoressa  Giuditta Podestà (1921-2005), si devono i restauri di questo convento che, tra gli anni ‘70 e i primi anni ‘80, hanno portato alla luce importanti strutture architettoniche e affreschi di scuola lombarda di inestimabile valore. In questa suggestiva cornice di cultura romanica e lombarda, tra gli anni ‘80 e i primi anni del Terzo Millennio, Giuditta ha creato il Ceislo (Centro internazionale di studi lombardi) dove si sono
confrontati, in un’ottica di letteratura comparata, docenti e studenti provenienti da ogni parte del mondo, su temi riguardanti l’Europa Unita.
Oggi l’ex convento è divenuto sede dell’Associazione Santa Maria la Vite “Giuditta Podestà” e dell’Associazione Culturale “Il Melabò”, che raccogliendo l’eredità del Ceislo si propongono di valorizzarlo con visite guidate e attività culturali.

Nel 1574 il cardinale Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, ordinò lo spostamento dell’antichissima sede religiosa della Pieve da Garlate a Olginate. Come condizione per ottenere la
prestigiosa istituzione, il cardinale impose agli olginatesi la costruzione di una nuova chiesa da dedicarsi a Sant’Agnese, come l’omonima chiesa prepositurale di Garlate ormai caduta in rovina e inutilizzabile.
L’inizio della sua costruzione dovette però essere rimandata, a causa della grave epidemia di peste che infierì sulla popolazione del territorio negli anni 1576-’77.
Solo nel maggio del 1579 si arrivò alla stesura di un progetto definitivo, che contemplava una
chiesa di notevoli dimensioni per quei tempi, a un’unica navata con presbiterio rettangolare e quattro cappelle laterali. La sua costruzione fu terminata “allo stato rustico” nel 1585, mentre la sistemazione interna si protrasse ancora per al culto.
Diverse vicissitudini modificarono l’assetto della chiesa nel 1745: si poté porre di nuovo mano alla
prepositurale uniformando il soffitto della navata – che era in travi a vista – a quello dell’abside,
costruendo una volta a crociera divisa in quattro campi da fasce e rispettivi medaglioni.

Nel 1768 si ruppero alcune travi del tetto della chiesa. Il tetto franò sulla volta della navata, che sotto quel peso minacciò di crollare: due travi in ferro della volta si spezzarono.
La prosperità economica del periodo consentì tuttavia agli olginatesi non solo di rifare il tetto ma di rialzarlo di 2 metri e 40 centimetri, per conferire alla chiesa un aspetto più imponente,
rendendola più elegante e proporzionata.
Nel 1803 si sostituì l’organo risalente al 1705 con un Serassi a 17 canne in stagno contenute in cornici lignee a muro, delimitato da due colonne corinzie con fregi e dorature. Nel 1817-’18 si ricostruì di nuovo il campanile su progetto dell’architetto Giuseppe Bovara, che rielaborò un disegno di più di sessant’anni prima, opera di Carlo Benedetto Merlo. La base rimase la stessa del precedente campanile, costruito alla fine del 1500. Nel 1840 l’interno della chiesa fu restaurato per uniformarne lo stile, con il rifacimento delle lesene, dei capitelli, del cornicione e del pavimento su progetto
dell’architetto Antonio Corti di Galbiate. Furono anche chiusi definitivamente i dodici sepolcri ivi
esistenti.
Passarono gli anni e nel 1891 la distinta famiglia Crippa-Sirtori decise di abbellire a sue spese l’interno della chiesa chiamando il pittore Casimiro Radice ad affrescare le volte della navata
e del presbiterio. In seguito, per festeggiare degnamente il 1600° anniversario del martirio di Sant’Agnese, che sarebbe caduto nel 1904, si pensò di intervenire sulla facciata, che palesava
i suoi anni minacciando di crollare.
La nuova facciata, in stile composito, costruita dal capo mastro Achille Amigoni su progetto
dell’ingegner don Antonio Piccinelli, fu inaugurata nel settembre 1904.

Dal lungo lago sono visibili i resti di una torre medioevale che un tempo emergeva direttamente
dall’Adda. Ora, in parte interrata dall’alzaia e mutilata della sezione superiore da quando venne adattata a terrazzo, ha perso molta dell’importanza originaria. Questa torre era, con altre due torri inferiori, parte preminente di una casa-forte fatta costruire nella metà del XV secolo al limite del “castro” olginatese, su una lingua di terra che si spingeva nell’Adda, dal mercante laniero Galeazzo Crotti. Sul finire del 1400 fu acquistata dalla potente famiglia mercantile dei d’Adda, che ne fece la prestigiosa dimora della casata. Nel 1562 è citata come “la Torre di Olginate antica e forte, posta a cavaliera dell’Adda”: ciò può chiarire l’antichità e la grandezza della famiglia Crotti. A partire
dal 1659 fu sede del feudatario di Olginate, Gasparre d’Adda; a quel periodo è ascrivibile l’appellativo “la prigione” attribuito alla torre dalla fantasia popolare. Sul finire del secolo XVIII, perduta la funzione di casa-forte, fu adattata a villa residenziale sul lago, con peschiera e giardino: di questa villa rimane un elegante atrio a doppia serliana. Verso il 1850 la villa passò in proprietà alla famiglia Crippa, industriali della seta, che nuovamente la ristrutturarono adattandola a deposito per il prezioso filato. In seguito, in occasione del matrimonio dell’ultima discendente Crippa con l’imprenditore serico Sirtori, fu adeguata ad abitazione signorile. Oggi il complesso, di proprietà del
Comune, è stato completamente restaurato e ospita una delle migliori biblioteche della Provincia,
sale per esposizioni, mostre d’arte e la sede della Pro Loco.
Sul lungo lago vi sono altre ville, più recenti e con storie diverse.
Villa Carmen è il più interessante esempio di stile liberty del paese: circondata da un parco ben tenuto, è situata in una posizione romantica. Privata abitazione non visitabile.
Villa Fenaroli è un' abitazione privata, di pregio il parco, costruzione di inizio secolo.



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