mercoledì 27 maggio 2015

IL DUOMO DI CREMA

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Secondo la tradizione nel luogo in cui sorse Crema era presente fin da tempi paleocristiani una chiesetta dedicata a Santa Maria della Mosa: ciò non può essere verificato ma è assai verosimile: ci troviamo sopra un dosso in antico protetto a nord e a sud da corsi d'acqua naturali (poi chiamati roggia Crema, roggia Rino, Cresmiero o Travacone) colatori della palude del Moso che lo circondava a nord ovest. Inoltre a est il terreno scendeva verso le divagazioni del Serio. Un luogo facilmente difendibile e quindi ideale per accogliere gli esuli della città di Parasso (Palazzo Pignano); se poi attorno alla chiesetta vi fosse già un villaggio o lo fondarono essi stessi, ciò non è verificabile.

Nell'XI secolo troviamo una grande chiesa, dalle dimensioni pressoché uguali a quella attuale: i resti sono rintracciabili sotto il pavimento dell'attuale edificio. È citata in due documenti del 1098 e del 1143 come Ecclesia Sancte Mariae e aveva tre navate con pilastri compositi terminanti sul fondo con tre absidi semicircolari. Probabilmente, come la maggior parte delle chiese del tempo, aveva una navata centrale più elevata con capriate a vista e le navate laterali con volte a crociera. Sotto la base del campanile, tuttavia, sorgono i resti di un piccolo altare con una base che sprofonda di 40 cm dal pavimento dell'antico duomo; qui si trovano tracce di un affresco con le estremità inferiori di tre figure realizzate da una mano arcaica, forse ancor più antica di questa chiesa romanica.

Dopo lo storico assedio del 1159-1160, gran parte del duomo romanico andò distrutto; ma fu lo stesso Barbarossa a inaugurarne la ricostruzione il 7 maggio 1185; in questa fase ci si concentrò sulla zona absidale, sull'arco trionfale e sulla nuova sacrestia. A quell'epoca il centro fortificato era sotto la giurisdizione del vescovo di Piacenza, ma nel 1212 passò sotto la diocesi di Cremona che bloccò ogni forma di finanziamento e i lavori furono interrotti. Con il ritorno alla diocesi di Piacenza, nel 1284, la ricostruzione riprese. L'elevazione della nuova chiesa nella sua interezza durò 57 anni essendovi state numerose interruzioni a causa delle guerre tra guelfi e ghibellini. Tra il XII e il XIII secolo fu innalzato sull'abside meridionale il campanile, che ebbe successivamente anche la funzione di torre di vedetta sia sotto la breve signoria locale dei Benzoni sia sotto il dominio della Repubblica di Venezia.

Nel 1410 fu demolita l'antica chiesetta di San Giovanni: era addossata al lato settentrionale del duomo ed era sopravvissuta alla distruzione dell'antica chiesa romanica avendo anche la funzione di battistero. Con bolla di papa Pio II nel 1459 la prepositura fu spostata da Palazzo Pignano a Crema e ciò comportò l'allargamento del coro. Nel corso del XV secolo fu allestito l'altare di Sant'Ambrogio, poi intitolato e San Marco, titolazione quest'ultima significativa perché avvenuta nel 1456, solo sette anni dopo il passaggio di Crema sotto il dominio veneto. Nell'occasione fu spostato il Crocifisso miracoloso, qui collocato, sostituito da un'ancona in terracotta di Agostino de Fondutis oggi scomparsa. Un altro altare fu aggiunto per decisione del Consiglio generale nel 1456 e dedicato a San Sebastiano. Tra '400 e '500 fu scavata la cripta con conseguente elevazione del piano del presbiterio. Risale al 1520 l'allestimento dell'altare della Madonna della Misericordia, mentre nel 1522 fu rifatto l'organo (da parte di Gian Battista Facchetti) in sostituzione di uno precedente risalente al 1477.

Uno dei pinnacoli apicali della facciata crollò a terra nel 1578 uccidendo il sagrestano; la conseguenza fu la loro demolizione.

Nel 1580 papa Gregorio XIII elevò Crema a sede di diocesi e il duomo divenne cattedrale.

Nel 1709 fu sfondata la cappella absidale sinistra aumentandone il volume e dotandola di cupoletta: il progetto fu di Giacomo Avanzini e la decorazione fu eseguita da Giacomo Parravicini detto il Gianolo con l'ausilio dei fratelli Grandi; infine, vi fu collocato definitivamente il Crocifisso miracoloso.

Tra il 1776 ed il 1780 avvenne una radicale trasformazione degli interni, analogamente a quando si fece in numerose altre chiese medievali; il gusto dell'epoca mal tollerava la semplicità dello stile gotico lombardo e l'architetto Giacomo Zaninelli (in collaborazione con l'architetto barnabita Ermenegildo Pini ed il decoratore trevigliese Orlando Bencetti) trasformò l'aspetto interno della chiesa in forme barocche. Tra gli interventi eseguiti: l'innalzamento del pavimento, la costruzione di plinti per ridurre l'altezza delle semicolonne, l'eliminazione dei capitelli in pietra, lo sfondamento del muro perimetrale destro per l'allestimento di nuovi altari e l'apertura di finestre dalla forma “a fagiolo”; finirono distrutti gli affreschi tre-quattocenteschi; s'intervenne anche sulla cappella del Crocifisso, rifatta da soli pochi decenni, che fu ridecorata.

L'arcivescovo di Milano cardinale Giovan Battista Montini tra il Vescovo di Crema mons. Placido Maria Cambiaghi ed il Sindaco di Crema Giacomo Cabrini durante l'inaugurazione del termine dei restauri del duomo di Crema. Foto Marinoni dal quotidiano "La Provincia" di martedì 28 aprile 1959.
Già alla fine del XIX secolo venne intrapresa una discussione volta a verificare la possibilità di togliere le sovrastrutture barocche; fu consultato anche l'architetto Luca Beltrami, ma non se ne fece nulla.

Tra il 1913 ed il 1916 sotto la direzione dell'architetto Cecilio Arpesani e dell'ingegner Emilio Gussalli vi fu un intervento sulla facciata col fine di sostituire alcune colonnette e ripristinare alcune terrecotte. Soprattutto, furono ripristinati i tre pinnacoli apicali. Nel 1935 fu demolita l'ala del palazzo vescovile addossata alla chiesa e costruita nel 1587.

Grandi lavori furono compiuti tra il 1952 ed il 1958: con l'intento di eliminare le aggiunte settecentesche: il complesso lavoro fu affidato all'architetto Amos Edallo. Il professionista, che si avvalse della collaborazione di Corrado Verga, affrontò il problema a metà tra restauro conservativo e rifacimento in stile, affrontando i ritrovamenti emergenti di volta in volta senza decisioni preventive; per esempio: si era sempre dibattuto fino all'epoca dei restauri se le absidi antiche fossero semicircolari o piane; il ritrovamento delle fondamenta fu inequivocabile e l'abside fu ricostruita piana. Furono usati mattoni antichi provenienti dallo stesso progetto oppure rifatti a mano secondo tecniche antiche dall'artigiano Emilio Jachetti di Castelleone usando terra di Ombriano, il cui impasto permetteva di ottenere mattoni vicini alla colorazione di quelli antichi. Furono eliminate le finestre “a fagiolo” e ripristinate le monofore; la volta della cripta fu abbassata e rifatta in cemento armato; il presbiterio fu ricoperto con marmo di Carrara e fu collocato un nuovo altare in marmo di Candoglia. Si intervenne anche sul pavimento ripristinando quello in cocciopesto risalente al XV o al XVI secolo (con alcune parti rifatte con lo stesso stile e tecnica). L'inaugurazione ufficiale avvenne il 26 aprile 1959 alla presenza del cardinale di Milano Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI).

Un intervento fu approntato nel 1979 per ottemperare ai dettami conciliari; nell'occasione fu posto un nuovo altare opera di Mario Toffetti.

Tra il 1983 ed il 1984 fu eseguito un restauro della torre campanaria secondo un progetto degli architetti Ermentini.

Una visita illustre la cattedrale l'ebbe nel 1992 allorché vi fece visita papa Giovanni Paolo II.

Tra il 2004 ed il 2005 fu allestita una nuova cappella dietro l'antica cripta del duomo al fine di raccogliere le tombe dei vescovi qui sepolti: fu voluta da monsignor Angelo Paravisi (che non vide l'opera completata) e fu inaugurata il 2 settembre 2005.

Nel 2010 è stato avviato un complesso restauro conservativo concluso nel 2014.

La cattedrale, costruita con il caldo cotto delle terre padane ha una facciata “a vento”, notevolmente slanciata, terminante a capanna con galleria. Il portale è arricchito da un lunettone, probabilmente del precedente duomo, con le statue della Madonna con Bambino, affiancata da San Pantaleone e da San Giovanni Battista. Nell’architrave cinque plutei con volti di personaggi enigmatici: al centro L’Agnello pasquale. Sopra il portale, affiancato da due bifore strombate, un bel rosone in marmo di Candoglia e due splendide finestre aperte sul cielo.

Particolarmente rilevante è il concerto di campane del duomo di Crema. I bronzi che sono montati sul campanile risalgono al 1753, fusi dalla fonderia Domenico Crespi e sono sopravvissuti alle requisizioni della seconda guerra mondiale che risparmiavano le campane delle cattedrali. Il castello è composto da sei campane in tonalità Reb3, Fa3, Lab3, Reb4, Mib4, Fa4. A queste si aggiunge una settima piccola campana in Mi4 molto crescente (del 1828 fusa da Andrea Crespi), che serve a richiamo del Capitolo e suona ogni giorno da sola alle ore 8. Le campane sono tutte perfettamente intonate tra di loro, con timbro uniforme e morbido. Tuttavia, solo nelle solennità maggiori vengono impiegate tutte le sei campane a distesa per la cosiddetta scampanàda dal Dòm.

Il campanile risale al periodo a cavallo tra XIII e XIV secolo e pur essendo parte integrante della chiesa, innestandosi sulla cappella di san Pantaleone, appare quasi come elemento architettonico e sé.

Ha una base ideale di forma quadrata di circa 6,5 metri per lato ed è diviso in sei ordini con marcapiani e lesene agli angoli. Alla base stanno due piloni di differenti dimensioni rispetto ai contrafforti della fiancata, e con altezza diversa.

Il primo ordine raggiunge la quota del tetto della navata laterale e presenta sul lato meridionale una finestra a sgualcio con elaborata decorazione. Lo divide dall'ordine superiore una serie di archetti. Sul lato orientale si apre un'altra finestra e, a mezz'altezza, una porticina. Si trovava qui, infatti, fino ai restauri novecenteschi, una costruzione posticcia che fungeva da abitazione del campanaro e che entrava nella torre attraverso questa apertura.

Il secondo ordine è cieco, ma con la specchiatura divisa da un costolone verticale.

Sulla parete meridionale del terzo ordine è presente l'orologio e sulla parete occidentale due piccole feritoie.

Il quarto ordine è per tre lati cieco (col solito costolone centrale) ma si differenzia sul lato meridionale: sulla parte sinistra vi si apre una piccola monofora mentre a destra, all'interno di un'elaborata cornice in cotto, vi è murata una lapide con un bassorilievo raffigurante un liocorno rampante.

Al quinto ordine per ogni lato vi sono aperte due finestre con arco a tutto sesto. A differenza degli ordini inferiori, gli archetti di questo ordine proseguono anche sulle lesene.

L'ultimo ordine è la cella campanaria con una trifora per lato composta da colonnette binate unite; un fregio ad archetti intrecciati precede la cornice che supporta una balaustra con dodici pinnacoli.

Il coronamento finale è una lanterna a forma di ottagono divisa in tre parti: il lato inferiore è un ottagono con fornici ciechi; la zona centrale è una galleria praticabile, con due archi per lato, che sostiene il solito fregio ad archetti intrecciati e cornice superiore, sovrastata da una balaustra con otto torrioncini; termina il campanile la copertura a cono con ringhiera.

In totale il campanile è alto 58 metri.
L’interno è a tre navate di cinque campate (slanciata quella centrale, basse le laterali) più la parte absidale a terminazione piatta secondo l’uso cistercense. Le volte a vela sono sorrette da pilastri. In alto, le pareti della navata centrale sono traforate con monofore e bifore.

Il presbiterio è organizzato secondo le regole del Concilio. Dopo gli ultimi restauri risulta così organizzato: l’altare maggiore al centro della crociera, l’ambone sulla sinistra e la cattedra del vescovo sulla destra, tutti monolitici, in rosso di Asiago, opera dello scultore Mario Toffetti (l’altare del 1979, gli altri due manufatti del 2012). Le tre opere presentano immagini simboliche che richiamano la predicazione della parola, il magistero del vescovo-pastore, l’Eucarestia. Il pavimento è in palissandro venato, tagliato con volute libere sempre da Toffetti (2012).

Al centro della parete absidale è stata collocata una grande tela dell’Assunta (patrona della cattedrale) di Vincenzio Civerchio (1470-1544), in parte ridipinta da Mauro Picenardi (1735-1809).

Il cuore della cattedrale, nell’abside della navata sinistra, è il Crocifisso miracoloso, salvato dalle fiamme nelle quali l’aveva gettato il soldato ghibellino Giovanni Alchini nel 1448. Da allora è veneratissimo dai cremaschi.
L'origine della devozione per questo Crocifisso risale al 1448 nel pieno delle contese tra guelfi e ghibellini; quest'ultimi avevano cacciato dalla città i devoti al papa ed un bergamasco, tale Giovanni Alchini, raccolto in bivacco all'interno del duomo con alcuni soldati, prese il Crocifisso - ritenendolo guelfo perché aveva il capo reclinato a destra - e lo gettò nel fuoco. Immediata la reazione di alcuni presenti che estrassero dalle fiamme l'opera e che poi notarono che il Signore avesse come ritratto le gambe. L'atto sacrilego ha sicuramente radici di verità: durante i restauri del 1999 vennero alla luce i segni di quelle antiche bruciature. Da quel gesto venne affibbiato ai cremaschi il triste appellativo di brusacristi, per la verità assai inclemente visto che fu un insano gesto compiuto da uno “straniero”.
La cappella del Crocifisso si trova a sinistra dell'altare maggiore e si presenta con un impianto decorativo prevalentemente settecentesco. Alle pareti si trovano due dipinti ottocenteschi di Sante Legnani raffiguranti Il Crocifisso dato alle fiamme e la Supplica al Crocifisso. Ma l'elemento di maggior interesse è il grande e venerato Crocifisso ligneo scolpito tra il 1250 ed il 1275 probabilmente in Francia. Presenta un'espressione molto intensa e dolorosa, quasi in contrasto con il resto del corpo scolpito in maniera più primitiva. Nel 1999 fu avviato un restauro che eliminò lo sporco e le sovradipinture e che mise in luce anche le bruciature del rogo che subì nel 1448.
Il duomo è dedicato all’Assunta. Immagini della Vergine sono sulla facciata interna, una Maestà bizantineggiante; nel primo altare a sinistra, un affresco della Madonna con Bambino di Rinaldo da Spino (sec. XV), completato dal Civerchio (1523) e restaurato da Mauro Picenardi (1780).

A destra dell’altare maggiore, la cappella di San Pantaleone, medico di Nicomedia, martire sotto Diocleziano (305-313), patrono della diocesi. I Cremaschi gli attribuiscono la liberazione dalla peste nel 1361. Sull’arco trionfale, tela composita della Passione di San Pantaleone, di Carlo Urbino (sec. XVI); sull’altare, Statua lignea attribuita al Civerchio; sulla parete sinistra, Santi Pantaleone, Vittoriano e Bellino, di Mauro Picenardi (1779-81).

La cattedrale contiene molte altre opere d’arte: nella seconda campata sinistra Santi Sebastiano, Cristoforo e Rocco, tavola del Civerchio (1518). All’altezza del presbiterio, sulle pareti delle due navate, quattro tele raffiguranti i Miracoli dell’Eucarestia di Giovanni Battista Lucini (1639-86). Nella quarta campata della navata destra, una Sacra Famiglia, tempera di allievi del Civerchio (XVI sec.); accanto, Cristo appare a San Marco in carcere, capolavoro di Guido Reni (1575-1642). Nella seconda campata una Sacra Conversazione attribuita al veneziano Francesco Bissolo (1470-1540); sotto, Monumento a Pio IX di Quintilio Corbellini (1878); di fianco, una Santa Lucia di Mauro Picenardi. Nella prima (un tempo altare di san Marco) sarcofago barocco di san Giacinto e bella la Madonna con Bimbo in un’edicola tardotrecentesca.

Sulla parete fondale dell'abside, dietro l'altare maggiore, si trovava l'organo a canne, costruito nel 1963 dalla ditta Tamburini e dalla stessa ampliato con l'aggiunta di alcuni registri nel 1966. Lo strumento, che riutilizzava il materiale fonico e parte dei somieri (opportunamente riadattati) del precedente organo Inzoli del 1908, era a trasmissione integralmente elettrica con consolle mobile indipendente con tre tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 32.

L'organo è stato smontato durante i lavori di restauro complessivo della cattedrale nel 2011. Necessitando di interventi, anche a seguito di operazioni effettuate negli anni ottanta e considerate poco felici, ma non avendo sufficienti risorse economiche la diocesi provvedeva ad acquisire, grazie ad una donazione, un organo di origine olandese, poi ceduto alla parrocchia di Capergnanica. L'organo originale ha subito molti interventi di restauro e manutenzione e si è pensato di trasformarlo da trasmissione elettrica a trasmissione meccanica. Alcuni, tra cui Alessandro Lupo Pasini, un concertista d'organo cremasco, hanno espresso le loro perplessità a riguardo della costosa trasformazione dell'organo, e hanno fatto notare che il vecchio strumento Tamburini potrebbe ancora assolvere la sua funzione con gli interventi di normale manutenzione.A favore del ripristino dell'organo storico sono intervenute anche associazioni come Italia Nostra al fine di salvaguardare un esempio di arte organaria cremasca di rilevanza storica e artistica. Dal momento della riapertura, la cattedrale è dotata di un organo positivo provvisorio, offerto in comodato dall'organista titolare del duomo, Alberto Dossena.

Interessanti le sacrestie. In quella dei canonici, una serie di notevoli tele; nell’attigua penitenzieria, dipinti a tempera di Rosario Folcini, artista cremasco vivente (1962).

La sacrestia principale è un’elegante struttura che sembra risalire al periodo di riedificazione della città (1185 circa): il vano è coperto da quattro voltine a crociera, sorrette da una colonna centrale con bel capitello.




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