sabato 30 maggio 2015

IL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELL' APPARIZIONE A PANDINO

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Il santuario di Santa Maria dell'Apparizione (noto anche come santuario del Tommasone o Madonna del Riposo) è un luogo di culto mariano situato a Pandino.

Il moderno santuario si trova lungo la vecchia strada per Rivolta d'Adda, accanto ai resti di una più antica costruzione, ai margini settentrionali del centro abitato di Pandino.

Secondo la tradizione ad un giovane di nome Tommaso Damici nell'anno 1432 gli apparve la Madonna del Riposo in una località prossima alla cascina Falconera. Damici riuscì a convincere le autorità a costruire sul luogo dell'apparizione una cappella, entro la quale vi fu collocata una statua lignea.

C’era una volta, a Pandino, persa nella campagna, una vecchia cascina, proprio sulla curva, dove la strada si biforca : a destra si va ad Agnadello, diritto si arriva a Rivolta.
Per quasi duecento anni l’avevano abitata varie famiglie di agricoltori.
Si chiamava “Cascina Tomasone” e il nome le derivava da una vecchissima storia, tramandata dalla gente di padre in figlio.
Nel lontano 1432, quando Pandino aveva da pochi anni un Castello, pur essendo un piccolo borgo di soli quattrocento abitanti, nel cascinale abitava Tomaso Damici, un giovanotto robusto, detto anche Tomasone.
Era da poco rimasto orfano di genitori e conduceva la terra, che suo padre gli aveva lasciato, meglio che poteva.
A questo giovanotto, una notte, è apparsa la Madonna col Bambino in braccio, seduta sopra il ceppo di un noce, che un furioso temporale aveva abbattuto qualche giorno prima.
Quella notte egli stava andando a incendiare la cascina del suo vicino, Gaspare della Falconera, col quale aveva avuto un dissidio. Per tre volte egli è uscito di casa, tenendo delle brace accese in un coppo.
Ma giunto al cancello , ogni volta s’accorge che una bella signora forestiera sta riposandosi con un bimbo sulle ginocchia ed un libro in mano, proprio lì, su quel ceppo di noce che egli, a fatica, aveva trascinato in cascina, dopo averne a lungo discusso col vicino, che ne reclamava la proprietà. E ogni volta rientra in casa, sperando che la signora se ne vada.
Ma la terza volta la Madonna lo ferma , gli parla, si fa riconoscere , lo induce al perdono e chiede che venga costruita una chiesa, proprio lì, sul posto, come segno di pace.
Tomaso cade in ginocchio e si pente del gesto malvagio che stava attuando. Quando rialza la testa, la bella Signora è scomparsa. Ai piedi del ceppo di noce è sgorgata una fonte che prima non c’era.
Alle prime luci dell’alba, Tomaso corre in paese, parla con la gente, racconta a tutti la strana apparizione. I capi di Pandino insieme a donne, uomini e bambini, corrono al Tomasone.
E’ vero ! Lì c’è una pozza d’acqua cristallina che non c’era mai stata.
Arriva anche Ubone degli Uberti , il marmista, da sempre zoppicante e sofferente : arriva arrancando, dietro a tutti, con le sue stampelle : pieno di fiducia , immerge la gamba dolorante nella fonte del miracolo e la ritrae guarita. Butta le stampelle e grida il suo grazie a Maria.
Le madri pandinesi, nel corso dei secoli, hanno raccontato la storia di questo lontano miracolo ai figli bambini e poi, ogni volta, li portavano nella piccola chiesa di Santa Marta, di fronte al Castello, davanti ad una statua di legno dorato e dicendo :
“Ecco, questa è la Madonna del Tomasone, fermiamoci a dire un’ Ave Maria” :
Così i ragazzini pandinesi sono cresciuti per decenni, forse addirittura per secoli.

In seguito al consolidarsi della devozione, la cappella venne inglobata in un più ampio Santuario edificato alla fine del XV secolo. Sotto il portico antistante la Chiesa, venne conservata la cappella preesistente, nella quale continuò la devozione alla Vergine attraverso il suo simulacro.
Il Santuario quindi comprendeva: la cappella dell’apparizione, una fontana, la Chiesa con portico, ed una casa dove risiedeva un eremita addetto alla cura del luogo.
Nel seicento, per attribuire maggiore dignità e rilievo al culto della Vergine, la statua lignea fu spostata dalla nicchia esterna (che costituiva il reale luogo dell’apparizione) al più consono altare maggiore nell’abside del Santuario.

La descrizione più completa perviene grazie alla visita pastorale del Vescovo Fraganeschi del 1752. L’edificio appariva di discrete proporzioni, con portico in facciata; l’interno era ad una sola navata con ampio presbiterio contenente l’altare maggiore. L’altare ligneo custodiva la statua della Madonna (oggi nel nuovo Santuario) nascosta da una tela che recava dipinta la stessa immagine, e che, tramite un meccanismo, veniva sollevata durante le feste maggiori, mostrando così la statua ai fedeli.
Dietro l’altare si trovava un ampio coro illuminato da due finestre, tra le quali era collocata una tela con l’immagine di San Rocco, verso il quale nei secoli si era sviluppata una forte devozione parallela a quella per la Vergine.
Nella navata si trovavano due altari laterali, uno a destra, con statua di San Rocco, ed uno a sinistra, contenente un enorme quadro dell’Assunta. Questa grande tela di Andrea Mainardi, detto il Chiaveghino, dipinta nel 1586, è oggi conservata nella Chiesa Parrocchiale sul lato destro dopo l’ultima cappella. Fu commissionata per l’altare maggiore del Santuario, ma la costruzione del nuovo altare con l’immagine della Vergine ne fece venir meno la funzione, determinandone lo spostamento nell’altare laterale.

Le pareti erano ricoperte da numerosi affreschi di epoche diverse, recanti immagini di Santi. Ad oggi restano lacerti visibili di quanto rimane dell’antico Santuario.
Si possono riconoscere, da sinistra verso destra, San Fermo, i Santi Gioacchino ed Anna, San Defendente e San Carlo Borromeo in adorazione della Madonna di Loreto, le Sante Margherita e Lucia. Tutti gli affreschi sono inquadrati in una partitura pittorica che simula un susseguirsi di lesene in falsa prospettiva, che a loro volta inquadrano riquadri e nicchie.

Nella seconda metà del XVIII secolo, il lento declino del Santuario si concluse con la soppressione dovuta agli effetti di una riforma promulgata da Maria Teresa d’Austria nel 1755, che aveva coinvolto anche il patrimonio ecclesiastico.
La statua, simbolo della devozione dei pandinesi alla Madonna, venne quindi collocata sull’altare maggiore della Chiesa di S. Marta, con la promessa di essere riportata nella sua Casa appena fosse stato possibile.
Il Santuario, dopo reticenze da parte dell’amministrazione locale, dovette essere venduto a privati, che presto lo adibirono a cascinale. I proventi della vendita vennero destinati al pagamento dei debiti contratti dalla Comunità pandinese per la costruzione dell’ambizioso progetto della Chiesa Parrocchiale.

A distanza di oltre due secoli, giunse il momento tanto atteso, e, grazie all’infaticabile opera dell’allora Parroco Mons. Luigi Alberti, fu possibile riedificare un nuovo Santuario dove ricollocare la venerata immagine della Vergine del Riposo.
Posata la prima pietra il 23 Aprile dell’anno 1995, il Santuario venne consacrato il 5 Ottobre del 1997 dall’allora Vescovo di Cremona Mons. Giulio Nicolini.
Il nuovo edificio rispetta il significato dell’antico Santuario: vi si riconoscono infatti la fontana, memoria dell’antica vasca d’acqua, le opere Parrocchiali annesse (fra le quali la Casa dell’Accoglienza), che richiamano l’antico casolare dell’eremita, il portico, segno dell’accoglienza verso i pellegrini.





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