domenica 14 giugno 2015

IL DUOMO NUOVO DI BRESCIA

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La nuova Cattedrale dedicata all’Assunta, la cui costruzione occupò circa due secoli, venne realizzata sull’area della chiesa paleocristiana di San Pietro de Dom della quale rimangono pochissime testimonianze. La vecchia cattedrale aveva sviluppo longitudinale, divisa in tre navate da ventotto colonne forse provenienti da edifici romani. Quattro di queste colonne furono riutilizzate, dopo la demolizione della chiesa, due per il portale del Broletto che si affaccia sulla piazza e due per il portale della chiesa di Santa Maria della Carità in via Musei. Più volte rimaneggiata durante i secoli la Cattedrale di San Pietro nel XVI secolo minacciava rovina al punto che nel 1599 Brescia ne decretò la demolizione La posa della prima pietra venne compiuta dal vescovo Marino Giorgi (o Zorzi) il 12 maggio 1604. La nuova Cattedrale mutato il titolo in Santa Maria Assunta, fu costruita - cominciando dal pilore est del lato nord - su progetto del bresciano Giovan Battista Lantana, presto sostituito da quello del barnabita milanese Lorenzo Binago che mutò profondamente il disegno primitivo. I lavori procedettero con una certa alacrità nel primo trentennio del Seicento per poi rallentare dalla metà del secolo. Col Settecento un rinnovato impulso viene dato alla fabbrica dal cardinale Angelo Maria Querini che, insieme ai lavori murari, dotò la chiesa di suppellettili e dipinti di grande pregio fatti eseguire a Roma. In questo periodo, in una girandola di consulenze affidate a nomi celebri come Andrea Pozzo, Giorgio Massari e Filippo Juvarra, il tempio fu portato a compimento (ad eccezione della cupola) seguendo i disegni prima di Giovan Battista e Antonio Marchetti, che si succedettero nel corso del secolo alla direzione dei lavori. Il compimento della cupola nel 1825 segna la conclusione della fabbrica che fu consacrata quasi un secolo dopo, il 4 luglio 1914 dal vescovo Giacinto Gaggia. Durante il secondo conflitto mondiale, il 13 luglio 1944, la copertura in rame e la struttura lignea della cupola, colpiti da uno spezzone incendiario, presero fuoco diventando uno dei simboli più drammatici dei bombardamenti che martoriarono la città. I necessari lavori di restauro furono compiuti nell’immediato dopoguerra.

L’esterno in marmo bianco di Botticino, è scandito da alte paraste corinzie che ripropongono lo stesso ritmo dell’interno. La zona dell’abside è decorata con due nicchie entro le quali sono poste le statue dei Santi Faustino e Giovita patroni di Brescia, scolpite da Antonio e Carlo Carra (1673) che hanno eseguito anche la statua di San Giovanni Battista, posta sopra la porta laterale del fianco nord. L’imponente mole della cupola (la terza per grandezza in Italia dopo quella di San Pietro e di Santa Maria del Fiore) fu realizzata su disegno dell’architetto milanese Luigi Cagnola tra il 1815 e il 1825, riprendendo, semplificata nelle sue forme neoclassiche, l’idea già proposta da Antonio Marchetti. Otto alte finestre con timpano triangolare si aprono nel tamburo, scompartito da colonne binate che, avanzando, fungono da punti di forza per i costoloni della calotta. La lanterna presenta la stessa alternanza di finestre (qui arcuate) e di colonne che concludono il movimento ascensionale della struttura nella doppia croce posta all’apice. La realizzazione della facciata occupò gran parte del XVIII secolo. La parte inferiore fu realizzata su disegno di Giovanni Antonio Biasio, mentre il registro superiore, con il coronamento del timpano si deve ad Antonio Marchetti. Il portale, invece, realizzato su disegno di Giovan Battista Marchetti, accoglie nel timpano ricurvo spezzato, entro un ovato, il Busto del cardinale Angelo Maria Querini, opera di Antonio Calegari (Brescia 1699-1777) autore anche delle figure della Fede e della Carità, poste sul frontone della finestra del registro superiore. Le statue che ornano il timpano raffigurano: al centro il gruppo della Vergine portata in cielo dagli Angeli fiancheggiato a sinistra da San Pietro e a destra da San Paolo, opere modellate da Giovan Battista Carboni (Brescia 1723ca-1790) ma eseguite dal bergamasco Pier Giuseppe Possenti (Bergamo 1750- Milano 1828) nel 1792; le due statue estreme, a sinistra San Giovanni evangelista e a destra San Giacomo apostolo, sono invece opera di un non meglio noto Citerio di Como.

L’interno, a pianta quadrata nella quale è iscritta una croce greca che si prolunga in un braccio nel profondo presbiterio, è aggregato attorno all’ampio volume della cupola. Domina un’impressione di spoglia solennità: alti pilastri scanalati in stile corinzio ritmano tutta la struttura della chiesa e otto colonne binate sostengono la cupola, aggiungendo profonde variazioni chiaroscurali al sottile gioco alternato della pietra di Botticino e dei setti murari intonacati di bianco. Sull’alto cornicione con fregio a girali vegetali si impostano le volte a pieno centro marcate da archi in pietra decorati con motivi a cassettoni e si aprono le grandi finestre che conferiscono grande luminosità all’interno del tempio. I pennacchi della cupola sono decorati con medaglioni ovali entro i quali trovano posto le figure dei quattro evangelisti con i loro simboli: Matteo e Marco sono opera di Giovan Battista Carboni, mentre Luca e Giovanni sono opera di Santo Calegari il giovane (Brescia 1722-1780) e furono realizzati nel corso degli anni Settanta del Settecento. Al di sopra del cornicione si imposta il tamburo scompartito da pilastri corinzi binati e da otto grandi finestre.La calotta, infine, è decorata con cassettoni ottagoni centrati da rosette che, degradando verso l’alto, aumentano il senso di verticalità della struttura.
Nella cattedrale si trovano due organi a canne monumentali: l'organo Mascioni Opus 898 (1968) e l'organo Tonoli-Porro (1855), collocati rispettivamente nella cantoria in cornu Evangeli e in cornu Epistulæ, entrambi entro delle casse in stile neoclassico.

L'organo Tonoli fu costruito nel 1855 ad unico manuale (il secondo fu aggiunto nel 1880) in sostituzione di un organo precedente del 1750; lo strumento fu notevolmente ampliato nel 1906 da Diego Porro ed è stato oggetto di un accurato restauro di Gianluca Chiminelli nel 2005-2006.









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