lunedì 15 giugno 2015

IL TEATRO GRANDE A BRESCIA



Il Teatro Grande sorge nello stesso luogo dove si aprì il primo teatro pubblico di Brescia nel 1664.
Il vasto edificio del Teatro Grande presenta un assetto architettonicamente complesso, determinatosi in oltre tre secoli di adattamenti e di trasformazioni.

Originariamente delimitata dalle mura meridionali della cittadella (sec. XIV/XV), l’area del Teatro fu concessa dalla Repubblica di Venezia all’Accademia degli Erranti che, nel 1643, vi edificò la propria sede ad opera degli architetti Avanzo.

Costituitasi nel primo decennio del XVII secolo, l’Accademia riuniva la nobiltà cittadina:oltre al’attività equestre ed alla scherma, si svolgevano lezioni di matematica, di morale e di ballo; con cadenza pressoché annuale, gli accademici dedicavano una solenne cerimonia ai Podestà veneti con componimenti musicali e poetici.
Il palazzo accademico era composto dalla vasta sala superiore, raggiunta da un maestoso scalone, e dal portico terreno della cavallerizza che nel 1664 e nel 1710 fu adattato a teatro.
Del palazzo seicentesco rimane la facciata, ripartita dai tre finestroni, prospiciente corso Zanardelli (l’antico Mercato del Vino); nel 1780 si aggiunse il portico realizzato dagli architetti Antonio Vigliani e Gaspare Turbini.

L’ampia scalinata sottostante conduce all’ingresso principale del Teatro: al portale seicentesco si affiancano due aperture minori del 1745 circa. La scalinata prosegue all’interno dell’atrio, decorato nel 1914 dal pittore bresciano Gaetano Cresseri con due grandi affreschi monocromi (la Tragedia e la Commedia).
Alla sommità della scalinata tre portali settecenteschi introducono nella Sala delle Statue che, coperta dalla grande volta del XVIII secolo, fu definita nel suo assetto attuale da Girolamo Magnani nel 1863: sopra la balaustra si evidenziano le statue, in gesso e tela, opera di Giuseppe Luzziardi; alle pareti laterali sono collocati i busti del commediografo bresciano Girolamo Rovetta e di Giuseppe Verdi, eseguiti rispettivamente da Leonardo Bistolfi (1911) e da Domenico Ghidoni (1901).

Nel giugno del 2002 è stato posato un busto in bronzo di Arturo Benedetti Michelangeli dello scultore bresciano Gianpietro Moretti. Dalla Sala delle Statue, per un successivo vestibolo, si accede al Ridotto e, volgendo a sinistra alla sala teatrale.

Il Ridotto fu realizzato tra il 1760 ed il 1769 dall’Architetto Antonio Marchetti quale sala accademica degli Erranti, in sostituzione della precedente demolita nel 1739.
Dal Ridotto si accede alla caffetteria, in origine sede della “Reggenza” dell’Accademia, dove recenti restauri hanno scoperto l’ornamentazione eseguita nel 1787 da Francesco Tellaroli.
Sempre dal Ridotto, ripassando per un breve corridoio affrescato già appartenente alla stessa sala, si giunge alla Rotondina che introduce alle scale dei palchi ed alla platea della sala teatrale.

Questa parte dell’edificio sorge sull’area che gli accademici utilizzavano come maneggio, quindi occupata, nel 1735, dal teatro impostato da Antonio Righini e realizzato da Antonio Cugini, due noti scenografi ed architetti teatrali dell’ambito dei Bibiena; demolita e ricostruita nel periodo 1806-1810, la sala presentava una pianta a U con cinque file di palchi digradanti verso il boccascena.

L’attuale sala, della tipica conformazione “a ferro di cavallo”, fu progettata dall’architetto milanese Luigi Canonica ed inaugurata nel 1810 con un grande spettacolo operisitico musicato per l’occasione da Simone Mayr.

L’originaria decorazione neoclassica eseguita da Giuseppe Teosa, con allegorie ispirate alle vittorie di Napoleone, fu sostituita nel 1862/63 da fastosi ornati neobarocchi; solo il palco reale conservò la raffinata ornamentazione originaria, compresa la sovraporta con l’allegoria della Notte dipinta da Domenico Vantini.
La trasformazione fu attuata dallo scenografo parmigiano Girolamo Magnani, autore dei monocromi inseriti nei parapetti dei palchi e nel soffitto della platea.

Ancora nel soffitto si osservano pure i gruppi allegorici della Danza, della Commedia, della Tragedia e della Musica affrescati da Luigi Campini. Un certo interesse rivestono inoltre sia lo spazio del palcoscenico, che ancora conserva parte della struttura ottocentesca, sia il cosidetto “soffittone”, grande ambiente un tempo destinato alla preparazione delle scene dipinte ora adibito a salone per prove, piccoli eventi e feste.

La sala teatrale attuale segue i canoni della tipica sala del teatro all’italiana: è stata realizzata nel 1810 su progetto dell’architetto Luigi Canonica ed è distribuita a ferro di cavallo, con dimensioni di 22 x 17 m circa, e si sviluppa in altezza su cinque ordini di loggiati (tre di palchi e due di gallerie).
L’area occupata dalla sala teatrale era sino al 1740 un cortile adibito a cavallerizza dell’Accademia degli Erranti. Solo in quella data il teatro venne costruito su quest’area, abbandonando lo spazio sottostante la sala dell’Accademia utilizzato per i precedenti teatri.
Nei secoli passati i diversi livelli sui quali si strutturava la sala teatrale assumevano valenze diverse dal punto di vista della gerarchia sociale: la posizione superiore era ovviamente privilegiata e lo stacco netto creato dalla muratura dei palchi con la platea, che non è per nulla graduale, fa intuire la differenza sociale tra chi stava in platea, la borghesia, e chi occupava i diversi ordini, la nobiltà; l’ultimo piano, il loggione, era invece destinato al ceto popolare. Il modello originario della sala si ispirava al topos della piazza, del cortile o della sala di palazzo, un ambiente dove convivevano classi sociali diverse.
I toni cromatici che creano un meraviglioso colpo d’occhio all’ingresso dello spettatore nella sala sono il rosso granata (delle poltrone di platea, della tappezzeria e dei sedili dei palchi), l’avorio e l’oro (delle strutture dei palchi e delle varie decorazioni in legno intagliato e cartapesta).
La decorazione originale, poi sostituita dall’attuale nel 1862, è da attribuire al bresciano Giuseppe Teosa. Quella attuale invece è prevalentemente opera di Girolamo Magnani: i parapetti delle varie file di palchi portano decorazioni a rilievo dorato su fondo avorio diverse da piano a piano: si passa dai tratti semplici del piano terreno, alla più ricca decorazione del primo ordine con tralci, putti musicanti e profili virili, ai rilievi dorati alternati a cornici raffiguranti nudi femminili, putti e strumenti musicali che si alternano sui tre ordini successivi.
L’arcoscenico conserva forme e decorazioni quasi del tutto originali: è costituito da una doppia trabeazione orizzontale sostenuta agli estremi da mensole dorate sulle quali sono inserite figure alate femminili nell’atto di suonare lunghe tube. Al centro è posizionato l’orologio alla cui cornice si appoggiano due figure semisdraiate.
Il soffitto è decorato con geometrie di stucco dorato e gli affreschi del Magnani, che si stagliano sul cielo azzurro che fa da sfondo, si organizzano su corone circolari concentriche costituite da medaglioni ovali monocromi con putti, da figure femminili monocrome, da allegorie riferibili alla commedia, alla tragedia, alla musica e alla danza. Nella zona centrale il soffitto è occupato da un foro semichiuso da una grata che un tempo sorreggeva il grande lampadario.

Nei secoli passati la platea fu luogo di ritrovo dove si partecipava a veglioni, balli e spettacoli equestri, ma anche a convegni e dibattiti. Essa era quindi concepita non solo come luogo di piacere e di lustro ma anche come ambiente di educazione ed istruzione.
Attualmente le poltrone di platea sono suddivise in 18 file stabili più 4 file nella zona dell’orchestra per un totale di circa 400 posti. Le poltrone sono rigorosamente in tinta con i palchi ed su di un piano leggermente degradante verso il palcoscenico.
Il pavimento, risistemato nel 2001, è costituito da listoni di parquet in legno di rovere, materiale che contribuisce ad incrementare l’acustica della sala. Su di esso s’intravedono le bocche grigliate dell’impianto di condizionamento d’aria, installato con l’intento di aumentare il conforto agli spettatori durante le ore trascorse in teatro, indipendentemente dalle difficoltà climatiche stagionali.

I cinque ordini di loggiati che costituiscono l’alzato della sala teatrale si suddividono in tre file di palchi composte ciascuna da 28 palchi suddivisi in due rami, e in due ordini di gallerie; la prima galleria è composta da otto palchi suddivisi sui due rami nelle parti più vicine ai prosceni, mentre la parte centrale libera da tramezze è attrezzata con poltrone a cavea; l’ultimo piano è totalmente adibito a galleria con poltrone disposte a gradoni.
L’ interno dei palchi è rivestito di un appropriato tessuto nella tradizionale tinta rosso-granata. Dello stesso colore sono i velluti imbottiti che rivestono le panche ed i poggiaschiena, dall’originaria struttura lignea. Completano l’arredamento le placche portaspecchio e gli appendiabiti.

Secondo la consuetudine italiana, il palco reale del Teatro Grande è collocato sul fondo della sala, nella mezzeria, occupando il primo ed il secondo ordine. Osservato dalla sala il palco reale ha un’apertura pressoché rettangolare, solo lievemente curvilinea e sporgente nella balaustra e nel baldacchino di copertura. All’interno invece la pianta è circolare ed è superiormente chiuso da una cupoletta decorata da losanghe.
La decorazione interna di tipo neoclassico, l’unica originale del 1810, è composta da un fregio orizzontale con aquile dorate che percorre la parte alta delle pareti e da candelabri, sempre dorati, disposti in colonna che richiamano tratti e stilemi egizi. Sopra la porta vi è la tela in forma di lunetta dipinta da Domenico Vantini nel 1810 e raffigurante un’allegoria della notte.
Sul retro del palco reale si apre il salottino di sua pertinenza, nobilmente decorato e arredato con le prestigiose poltrone neoclassiche in legno dorato che si utilizzavano nel palco durante le visite dei sovrani.

Il Ridotto del Teatro Grande, o più comunemente detto “Foyer”, è forse uno dei più mirabili esempi dello sfarzo architettonico settecentesco applicato ad una struttura di spettacolo.
La sala, presente in tutti i teatri moderni, è attigua alla più vasta sala teatrale vera e propria, ove si assiste agli spettacoli ed era soprattutto destinata, nell’Ottocento in particolare, ai vizi del gioco e del fumo. Attualmente il pubblico sosta nel “Foyer” prima dell’inizio degli spettacoli e vi s’intrattiene anche durante gli intervalli, potendo disporre altresì di un’ulteriore adiacente saletta con servizio bar.
La lunga vicenda costruttiva della sala degli Erranti, l’attuale Ridotto, si legò alla vita dell’Accademia per oltre tre decenni, iniziando dal 1739, quando la demolizione della sala secentesca pose il problema di una generale ridefinizione della sede accademica. L’intenzione degli Erranti era quella di avere una sala separata da destinare alle cerimonie pubbliche, avendo in tal modo l’opportunità di affittare un maggior numero di palchi.

Dopo numerose difficoltà e ritardi, il 23 febbraio 1760 la Reggenza decretò l’inizio dei lavori della nuova sala che prevedeva anche due stanze ad essa contigue, affidandone la direzione all’architetto Antonio Marchetti. Concluse nel 1765 le opere murarie, la nuova sala doveva essere dotata del necessario decoro ornamentale che fu affidato ai pittori veneziani Francesco Battaglioli e Francesco Zugno. Nel 1771 la sala fu poi dotata di lumiere di cristallo a cui si aggiunsero ventiquattro candelieri in legno intagliati da Beniamino Simoni. Il 22 marzo 1772 la sala accademica fu finalmente inaugurata, mentre le stanze attigue furono realizzate circa dieci anni dopo e decorate dai pittori Francesco Tellaroli, tra il 1789 e il 1790, e dal bresciano Giuseppe Teosa, nel 1811, con raffigurazioni allusive al gioco d’azzardo qui praticato in età napoleonica.
L’assetto originario della sala del Marchetti non coincide in realtà con quello attuale; nel corso dell’Ottocento infatti furono eseguiti numerosi restauri che rendono difficoltosa la lettura attuale della struttura del Ridotto. La sala si compone attualmente di una serie di paraste d’ordine gigante disposte lungo il perimetro tra le quali sono collocate delle logge con parapetti traforati, elementi distintivi dell’ambiente. La percorribilità perimetrale della sala, resa nella parte superiore dalle gallerie, viene ripresa nel portico terreno e nelle logge laterali realizzate attraverso illusioni pittoriche.
È evidente in tutto l’ambiente la volontà di dilatare lo spazio interno e di creare una destinazione versatile da adattare alle diverse esigenze di utilizzo della sala: incontri e conversazioni, cerimonie e giochi d’azzardo. Nonostante gli interventi decorativi dovuti al “restauro” effettuato da Antonio Tagliaferri nel 1894 (aggiunta delle specchiere, dei putti in gesso di Francesco Gusneri e delle statue affrescate di Bortolo Schermini), il salone rimane tra le più interessanti realizzazioni del Settecento bresciano per la particolarissima struttura architettonica a logge e per la decorazione affrescata.

Attraverso il corridoio trasversale della vecchia ed originaria biglietteria principale, racchiuso fra enormi serramenti vetrati del primo Ottocento, si entra nell’interessante “Antisala delle statue”, sala che precede una successiva, naturalmente superiore per importanza.
Questo ambiente fu determinato definitivamente nel 1862 dopo numerose modifiche. L’aspetto attuale della sala è costituito da un peristilio con colonne lisce stuccate e capitelli ionici e da quattro pilastri angolari che sorreggono un sistema architravato con balaustra sormontato da 16 statue in gesso e tela gessata opera di Giuseppe Luzziardi.
Il soffitto, una volta a vela, è tinteggiato con un colore blu cupo, mentre nei riquadri centrali sono collocati due busti bronzei, a destra Gerolamo Rovetta, drammaturgo e romanziere bresciano, a sinistra Giuseppe Verdi. Molto più recente è la posa del terzo busto di bronzo, raffigurante il gran maestro e pianista bresciano Arturo Benedetti Michelangeli, avvenuta il 12 giugno 2002, in occasione del settimo anniversario della morte dell’artista. La scultura è opera del maestro Gian Pietro Moretti.



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