domenica 14 giugno 2015

LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PACE A BRESCIA

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Fu  costruita tra il 1720 e il 1746 per i padri Filippini su progetto dell'architetto veneziano Giorgio Massari; presenta una facciata incompiuta, un portale neoclassico e due cupole, la prima grandissima, che danno luce all’ampio spazio interno, a navata unica, scandito da  maestose semicolonne corinzie in marmo rosato, tra le quali sono inserite le nicchie con le statue degli apostoli. Gli altari marmorei delle sei cappelle laterali vennero realizzate su disegno del Massari. Gli affreschi  monocromi (1738-1741) all’interno della navata sono di Francesco Monti e di Giovanni Zanardi.

Tra i dipinti settecenteschi che conserva, nel presbiterio è esposta la Presentazione al Tempio (1738) di Pompeo Batoni. Pregevoli le numerose statue fra le quali quelle di Antonio Calegari nella cimasa dell’altare e sul secondo altare a destra,  e quella dell'Immacolata, copia di quella dorata che domina la cupola.

Vicino si trova l’oratorio della Pace edificato sui resti dell’antico palazzo di Bartolomeo Colleoni /1455 circa). Dell’originaria costruzione rimane il cortile, con porticato e loggiato ad archiacuti; nel salone al piano nobile si trova la tela di Pietro da Marone Presentazione al Tempio, una volta collocata sull’altar maggiore della chiesa.

La posa della prima pietra viene narrata nei Diari dei Bianchi, una famiglia bresciana con numerose presenze negli ordini religiosi e in Vescovado. Il capitolo, al riguardo, scrive: "Adì 15 settembre, Domenica in cui cade la solennità del Nome di Maria, si mette da Mons. Giov. Francesco nostro Vescovo (si tratta di Gianfrancesco Barbarigo) la prima pietra della Chiesa che intendono Fabbricare li Padri della Congregazione dello Oratorio, detti della Pace, e ciò con grande concorso di gente e superbissima musica, e sopra detta pietra, che fu collocata in cornu evangelii (uno dei lati del presbiterio) nel fondamento del Pilone dove dovransi mettere li balaustri dello Altare Maggiore, fu posta una scattola rottonda di piombo con dentro un medaglione di metallo, che da una parte aveva impresso l'arma del Pontefice regnante (era Papa Clemente XI) col nome del medesimo e l'anno del Pontificato, l'arma del Serenissimo Principe con il nome dell'istesso ed anno del Principato, l'arma dell'Ill.mo e Rev.mo nostro Vescovo con il nome del medesimo ed anno del Vescovato, e l'arma dell'Ecc.mo sig. Pietro Grimani , uno delli tre Inquisitori mandati dalla Serenissima Repubblica. Dall'altra parte della medaglia vi era il titolo di detta chiesa e l'anno di nostra salute 1720, e si faceva menzione della Congregazione dell'Oratorio. Ne' giorni poi in venire si seguita a lavorare alla galliarda, credendosi abbia a riuscire una delle chiese più celebri che sii in Brescia....

Questa lode da parte dei Bianchi doveva provenire, molto probabilmente, dalla vista del modello in legno della chiesa, sicuramente presente alla posa della prima pietra. Della medaglia, descritta, oltretutto, ne esistono ancora due esemplari.

Il cantiere, avviato dunque nel 1720, dura circa venticinque anni, fino al 1746. Giorgio Massari si mantiene costantemente in contatto con la fabbrica attraverso lettere, inviando disegni e particolari architettonici e decorativi. Visita comunque più volte il cantiere per accertare l'esecuzione regolare delle sue direttive, fin dal primo anno, il 1721: una nota nel Libro delle spese della Fabbrica attesta: "Regalo al sig. Giorgio Massari architetto per viaggi e visita alla fabrica". Altre visite si segnalano nel 1727 e nel 1728, e in quest'ultimo anno invia alla fabbrica il progetto della facciata, che poi non sarà compiuta. Per le trentasei colonne monolitiche, che dovevano essere collocate all'interno della chiesa, il Massari pensa inizialmente di far importare a Brescia una tonalità rosata di marmo rosso di Verona, ma viene fortunatamente scoperta una cava di pietra simile molto vicina alla città, come dimostra la cronaca di Alfondo Cazzago che, mentre descrive lo stato del cantiere al 5 dicembre 1725, annota: Quali colonne sono assai piaciute, e sono di marmo non mai più adoperato, ma fatto scoprire dalla Provvidenza di Dio lontano solo quattro miglia, cioè sul terren di Botticino da Sera.

Nel 1729 il cantiere riceve l'importante visita di Filippo Juvarra, chiamato in città per dare consigli su come estrarre le imponenti colonne interne del Duomo nuovo. Sempre il Cazzago riporta: "(Filippo Juvarra) ha veduto ancora la Fabrica della nostra Chiesa qui alla Pace, e l'ha lodata, ed approvata in tutto esprimendosi di non vedervi un difetto. Perciò ha detto che il Duomo sarà lo sposo, e la nostra Chiesa sarà la sposa tutta bella e ornata. Nel 1731 è ancora il Cazzago, che morirà a breve, a darci un nuovo resoconto sullo stato del cantiere: in quell'anno, le colonne sono ormai tutte collocate e una buona parte dell'edificio è costruita fino alla trabeazione di queste. comprese le cappelle laterali. Nello stesso anno, Bartolomeo Spazzi viene sostituito da Giacomo Scalvi alla direzione del cantiere, il quale avvia la fabbricazione dei due altari laterali principali, posti al centro della navata, e dell'altare maggiore: la decorazione scultorea dei tre viene affidata ad Antonio Calegari.

Nel 1736 il Massari è nuovamente in visita al cantiere per avviare i lavori di erezione della cupola, parte di notevole impegno dell'intero complesso architettonico. Nel gennaio 1737 giunge ai padri il gradito dono di Angelo Maria Querini: la pala dell'altare maggiore, la Presentazione al Tempio di Gesù di Pompeo Batoni. Contemporaneamente all'innalzamento della cupola si provvede alla costruzione del campanile: il Massari invia in proposito una lettera molto dettagliata che ne descrive le caratteristiche architettoniche e le misure, mostrando una certa preoccupazione sul fatto che tutto venga eseguito secondo le sue direttive.

Nel 1738, rivestita di piombo la cupola, ha inizio la decorazione pittorica degli interni, monocroma color grigio stucco polveroso: Francesco Monti, che già in quell'anno aveva cominciato a dipingere per la chiesa la Madonna col Bambino e San Maurizio, viene chiamato ad affrescare i riquadri della volta con gli Episodi della vita della Vergine, affiancato da Giacomo Zanardi che si occupa invece dell'ornato. I lavori dei due proseguono fino al 1746.

Gli anni dal 1739 al 1746, dunque contemporaneamente al lavoro dei due pittori, vedono un'ulteriore, fervida attività decorativa e scultorea all'interno della chiesa. I marmisti di Rezzato e Botticino sono attivamente impegnati nell'assemblaggio degli altari della crociera e dell'altare maggiore, per i quali viene chiesta la consulenza di Giovanni Maria Morlaitero. Le statue di Antonio Calegari, già commissionate anni prima, vengono posizionate nello stesso periodo, o integrate negli altari in via di realizzazione. Il Massari, in concomitanza con questi lavori, invia una ricca serie di disegni per gli interni, ad esempio per il pavimento del presbiterio, per le due cappelle centrali, per i capitelli e per altre decorazioni interne alla chiesa: questi ultimi due, in particolare, vengono eseguiti per mano di Giovanni Zirotti, raffinato scultore locale.

È possibile percepire l'effettivo impegno di Giorgio Massari nella fabbrica, così come la sua preoccupazione che tutto si svolgesse secondo le sue direttive, da una lunga serie di annotazioni leggibili in più contratti: in uno, ad esempio, si può leggere: "attenersi al dissegno fissato ed approvato dal sig. Giorgio Massari Architetto", oppure, riguardo ai capitelli, "devono essere fatti secondo le misure e dissegno fatto dal sig. Giorgio Massari", oppure ancora, in una polizza, si dice addirittura che "le sagome, mandate dal sig. Giorgio Massari Architetto in giusta misura, dovranno essere copiate dall'artefice e restar in mano dei Padri Fabriceri le sagome originali per confrontare la giusta esecuzione, non dovendosi prendere un minimo arbitrio sopra di esse e occorrendo qualche difficoltà, avvisare per scrivere, e aspettare la risoluzione dell'architetto".

Nel 1745 la chiesa si arricchisce di opere d'arte: il pittore Giacomo Zoboli fornisce la pala di San Filippo Neri genuflesso davanti alla Madonna, Giambattista Pittoni la Madonna col Bambino adorata da San Carlo Borromeo e Pompeo Batoni il San Giovanni Nepomuceno davanti alla Vergine, contribuendo così con un'altra opera oltre a quella già realizzata per l'altare maggiore. Nel 1737 era invece arrivato il San Francesco di Sales cui appare la Madonna di Antonio Balestra, commissionato da Emilia Venazzoli, anonima benefattrice locale.

Il 24 maggio 1746 la chiesa, ormai completata nei suoi elementi principali, mancando solo i quattro altari laterali, viene consacrata dal vescovo Angelo Maria Querini. Così il Guerrini, sulla scorta della relazione redatta al tempo, descrive la solenne giornata della consacrazione: "Compiuto il tempio, il Cardinal Querini in persona volle consacrarlo il 24 maggio 1746 con lo splendore delle funzioni pontificali, perché fosse solennemente inaugurato con le feste annuali in onore di San Filippo (il 24 maggio è appunto la festività di San Filippo Neri). Grandiosi festeggiamenti in quei giorni alla Pace! Splendore di riti sacri, sfarzo settecentesco di addobbi, profusione di musica vocale e strumentale, accademie letterarie, versi, elogi, una folla immensa accorsa ad ammirare la mole e le eleganze architettoniche del nuovo tempio.

I Padri Filippini, in riconoscenza al Massari che aveva saputo creare per loro una degna chiesa, gli inviano a Venezia un prezioso reliquiario d'argento. Nel 1756, oltretutto, avviata la realizzazione delle cantorie, viene nuovamente chiesta consulenza al Massari circa i colori da utilizzare e i dettagli architettonici.

Posto su due cantorie gemelle ai lati dell'altar maggiore, è un grande strumento a tre tastiere nato dall'unione dei due corpi, comunque suonabili autonomamente attraverso due consolle meccaniche, l'uno Amati del 1854 e l'altro Tamburini del 1972.




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