lunedì 1 giugno 2015

LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE A SONCINO

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I Carmelitani si insediarono fuori Porta San Giuseppe nel 1468, acquisendo l'officiatura d'una chiesetta campestre. Costruito il modesto plesso conventuale, l'11 febbraio 1501 il card. Raimondo Perauti, vescovo di Gurk in Carinzia, pose la prima pietra della nuova chiesa voluta da padre Pietro da Mortara. Probabile progettista fu padre Antonio Maestri, già a lungo nel convento mantovano. Nel biennio 1515-126 fu eretto il campanile su progetto di maestro Gerardo da Piacenza.
Il sacro edificio fu solennemente consacrato l'8 settembre 1528 da mons. Luca da Seriate alla presenza di Francesco II Sforza che ne finanziò la decorazione.

La posa della prima pietra avvenne per mano del cardinale Raymond Perault, Vescovo di Gurck, diretto in Germania per predicate la Crociata. All’edificazione della chiesa concorse tutta la popolazione con una serie di lasciti di cospicua entità. Nel 1520 la fabbrica giunse a compimento anche per quanto riguarda l’interno. In un documento del 5 aprile 1519, tra i testimoni sono nominati il pittore Francesco Scanzi ed il suo Figulo Giovan Antonio Pezzoni, autore del fregio in terracotta. Dopo il 1527 alla committenza locale si sostituì quella altolocata del Duca Francesco II Sforza e del marchese Massimiliano Stampa. La chiesa venne consacrata l’8 settembre 1528, giorno della Natività della Vergine, da Luca da Seriate. In quell’occasione il Duca consegnò al patrizio soncinese Nicolò Tonso 200 ducati per la decorazione della cappella della Vergine e di altre due cappelle. La chiesa presenta una facciata semplice, a capanna, tripartita da robusti contrafforti angolari e lesene centrali. Un tempo vi erano affrescate le figure di S. Rocco e S. Cristoforo, oggi scomparse. Il portale, in pietra di Rezzato, reca due stemmi degli Stampa ed una scultura raffigurante la Madonna delle Grazie. Il campanile, incompiuto, venne eretto nel 1515 da Gerardo da Piacenza. L’interno, a navata unica con volta a botte e cappelle laterali, ricalca lo schema albertiano di S. Andrea a Mantova. Sotto l’imposta della volta corre un fregio in terracotta policroma invetriata con sfingi reggenti medaglioni entro cui sono effigiati busti di frati carmelitani. La bella decorazione è opera di Giovan Antonio Pezzoni. Nelle lunette della volta si aprono oculi che illuminano l’interno, circondati da una superba decorazione pittorica. Il presbiterio, a pianta quadrata, presenta una volta a crociera con costoloni mentre su lato sinistro vi si affaccia un palco con bifora. Il presbiterio è diviso dall’abside mediante un’iconostasi dipinta che in origine si presentava più avanzata, sino a chiudere il presbiterio stesso. L’abside è coperta da una volta poligonale con lunette e custodisce i magnifici sepolcri marmorei dei marchesi Stampa. Partendo dalla prima cappella destra, eretta nel 1517 su commissione di Antonio Salandi da Genivolta presenta una bella Assunzione, cui la cappella è dedicata, posta sulla parete di fondo, opera di Francesco Scanzi. Nella lunetta della volta troviamo l’Incoronazione della Vergine, mentre sulle pareti troviamo, a destra, S. Giuliano che uccide i genitori ed a sinistra i Santi Stefano e Lorenzo. La volta di questa ed altre cappelle presenta, entro i cassettoni, delle formelle in terracotta. La seconda cappella, affrescata da Francesco Scanzi intorno al 1528, presenta un bell’affresco raffigurante la Madonna in trono col Bambino, un angelo ed i Santi Cosma, Antonio Abate, Antonio da Padova e Damiano. Nella lunetta ammiriamo il Martirio dei Santi Cosma e Damiano. Sulla parete destra ammiriamo S. Giorgio che uccide il drago, mentre di fronte si trova la Guarigione dell’Infermo, appartenente alle storie dei S. Cosma e Damiano. La pittura dello Scanzi, squisitamente manierista, rivela chiari influssi della scuola cremonese e dell’ambiente bergamasco ruotante intorno a Lorenzo Lotto. La cappella della Vergine, affrescata dallo Scanzi nel 1528 per volontà del Duca Francesco II Sforza, conserva una splendida Visitazione, derivante dal modello fiorentino della SS. Annunziata. Nella lunetta troviamo l’Incontro alla Porta Aurea, mentre sulla parete destra troviamo la Presentazione di Maria al Tempio e su quella sinistra lo Sposalizio della Vergine. Anche la quarta cappella, dedicata ai Santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, venne affrescata dallo Scanzi. Sulla parete di fondo ammiriamo la Trasfigurazione fra i due San Giovanni, mentre la lunetta presenta il Battesimo di Cristo. Sulle pareti laterali troviamo due storie dei Santi. A destra notiamo la Decollazione del Battista, mentre a sinistra ammiriamo S. Giovanni Evangelista resuscita Drusiana. I personaggi della Decollazione, dall’effetto drammatico, derivano i loro modelli dalla pittura del Romanino e da quella del lodigiano Callisto Piazza. L’ultima cappella, purtroppo priva della decorazione originaria, presenta uno strappo d’affresco proveniente dalla parete di fondo della quarta cappella sinistra e qui trasportato nel 1960. Raffigura la Madonna in trono col Bambino e le Sante Barbara, Caterina, Agata e Lucia, sempre opera di Francesco Scanzi. L’arcone del presbiterio, affrescato nel 1530 dal cremonese Giulio Campi, presenta una grandiosa Assunzione della Vergine. Notiamo la Vergine mentre ascende al cielo, portata da schiere di angeli osannanti, mentre ai lati vi sono due schiere di angeli musicanti; in basso, attoniti, si trovano gli Apostoli i quali, contemplando il sepolcro vuoto, scorgono la Vergine in Cielo. Questo affresco riveste grande valore storico in quanto è la prima manifestazione manieristica di uno dei più grandi pittori del ‘Cinquecento lombardo. Nell’angolo in basso a destra dell’arco trionfale, sempre del Campi, notiamo un donatore, identificabile con Massimiliano Stampa, marchese di Soncino dal 1525, all’epoca consigliere e amico del Duca. Quest’ultimo è invece ritratto nella pala d’altare. Passiamo ora al presbiterio, dove troviamo l’iconostasi, decorata con quattro magnifici putti reggicortina, sempre del Campi. Anche la decorazione absidale è di Giulio Campi il quale ricevette la commissione ducale. Sulla volta troviamo quattro medaglioni con nastri da cui sporgono, con illusionismo tipicamente michelangiolesco, i Quattro Evangelisti. Sulla parete destra troviamo uno stemma del cardinale Perault a ricordo del suo passaggio nel febbraio del 1501. I tre tondi con Santi carmelitani risalgono al 1510, mentre gli altri sei vennero eseguiti dal Campi più tardi e raffigurano, a mezzobusto, altri Santi carmelitani, attualmente visibili presso la vicina casa di religiose insediatesi nell’ex-convento. Infatti i tondi campeschi vennero strappati nel 1960 per ripristinare gli altri più antichi. Il tondo principale raffigura l’Eterno Benedicente, opera di pittore di scuola veneziana molto vicino ai modi di Benedetto Diana, in quegli anni impiegato presso S. Maria della Croce di Crema. Gli altri tondi rivelano un certo interesse per la rappresentazione prospettiva e risultano simili a quelli del cremonese Alessandro Pampurino ed allo spagnolo Pedro Fernandez, attivo a Castelleone. La parete di fondo è occupata dalla monumentale ancona lignea intagliata e dorata con gli stemmi della famiglia Stampa. Originariamente conteneva la pala d’altare di Giulio Campi, ma con la soppressione del convento il dipinto venne rimosso finché giunse, dopo varie vicende, alla Pinacoteca di Brera a Milano. Attualmente troviamo un dipinto raffigurante la Madonna in Gloria col Bambino tra la S. Maria Maddalena dé Pazzi e la Beata Giovanna Scopelli da Reggio, probabilmente dipinta nel 1669 dal bresciano Giuliano Caleppi per conto di padre Giovanni Battista Guarguanti. Procedendo verso l’uscita, ammiriamo ora le cappelle di sinistra. La prima cappella, dedicata agli Angeli, presenta la lastra tombale di Pietro Martire Stampa. La parete di fondo accoglie una Madonna in trono col Bambino tra i Santi Michele e Gabriele, mentre nella lunetta troviamo la Caduta degli Angeli Ribelli. La parete destra è ornata da un bell’affresco raffigurante Tobiolo e l’Arcangelo Raffaele, mentre sulla parete sinistra troviamo la Processione di Bologna, opere di Francesco Scanzi. Quest’ultimo affresco rappresenta il viaggio compiuto dal Duca a Bologna dove si trovava Clemente VII, il quale si apprestava ad incoronare imperatore Carlo V, per discolparsi e poter quindi essere reintegrato nella sua carica di Duca di Milano. La cappella successiva, dedicata alle Sante Vergini, presenta un affresco di pittore prospettico lombardo attivo intorno al 1515, raffigurante la Madonna in trono col Bambino tra le Sante Lucia, Caterina d’Alessandria, Orsola ed Apollonia. Nel 1528 l’affresco venne ricoperto da quello di soggetto analogo, opera dello Scanzi, poi strappato nel 1960 e trasferito in un’altra cappella. Nella lunetta troviamo il Martirio di Sant’Orsola, dello Scanzi, mentre ai lati troviamo Santo’Orsola e le compagne ed il Martirio di S. Apollonia. La cappella seguente è dedicata ai santi del Carmelo e venne affrescata da un allievo dello Scanzi, probabilmente Vincenzo Berlendi. L’affresco principale raffigura S. Alberto incoronato dagli angeli tra S. Cirillo di Costantinopoli e S. Angelo di Licata, mentre nella luinetta troviamo la Penitenza di un frate del Carmelo. Lungo le pareti laterali troviamo due Santi del Carmelo. La penultima cappella è dedicata alla Maddalena. Anche qui notiamo un doppio strato d’affreschi. Sulla parete di fondo troviamo la Deposizione nel sepolcro, mentre alle pareti laterali troviamo la Maddalena e gli Apostoli ed il Noli me Tangere. Nella lunetta si trova l’Assunzione della Maddalena. La cappella in origine era affrescata forse dallo Scanzi, ma venne ridipinta nel 1531 da Francesco Carminati, forse dietro committenza ducale. Al livello dello zoccolo vi sono tracce di una Madonna col Bambino, risalente alla precedente cappella del XV secolo. L’ultima cappella era dedicata alla Madonna delle Grazie e presentava un affresco, forse opera di Alberto Scanzi, raffigurante la Madonna delle Grazie. La cappella venne nuovamente affrescata nel 1528 da Francesco Scanzi il quale rispettò il precedente affresco posto sulla parete di fondo. Nella lunetta troviamo l’Assunzione, mentre lungo le pareti laterali troviamo la Fuga in Egitto e l’Adorazione dei Magi. La cappella venne ampliata nel 1631 con l’arretramento della parete di fondo per accogliervi una grossa lampada d’argento donata dalla comunità quale ringraziamento per la cessazione della pestilenza del 1630. Da allora la cappella assunse il nome di Cappella del Ringraziamento. La controfacciata venne affrescata nel 1531-1532 da Francesco e Bernardino Carminati con il Giudizio universale. Qui gli autori, mediante le stampe di Marcantonio Raimondi, si rifanno alla pittura di Raffaello. Nella lunetta sono raffigurati il Padre Eterno benedicente tra gli angeli ed i SantiPietro e Paolo. Anche la volta è riccamente decorata e consta di più fasi. La prima presenta profili e nastri, la seconda medaglioni figurati e svolazzi, modulati su quelli creati da Giulio Campi nel presbiterio e qui affrescati dai Carminati. L’ultima fase, posteriore al 1535, troviamo una decorazione a secco imitante un pergolato entro cui si affacciano putti ed angeli musicanti o reggenti gli stemmi della famiglia Stampa. Le lunette laterali decorate con figure di Profeti sono anch’esse opere dei Carminati. La bella decorazione monocroma delle lesene che separano le cappelle, costituita da strumenti musicali antichi, è opera di Francesco Scanzi il quale dipinse nei piccoli triangoli esterni ai tondi i Dottori e Santi del Carmelo.

Santa Maria delle Grazie racchiude uno dei cicli decorativi più ampli e completi di tutto il Cinquecento lombardo. L’interno è armonioso, elegante, una vera summa dell’arte rinascimentale secondo l’interpretazione cremonese: colori vivaci, segno morbido, grande forza espressiva. Di molti artisti che lavorarono in questa chiesa nulla sappiamo: senza paternità, ad esempio resta l’imponente «Giudizio Universale» della controfacciata. Ma di altri interventi sono ben noti gli autori. Gli Scanzi, ad esempio, che in Santa Maria delle Grazie operarono nelle cappelle e nella volta della navata: Alberto il padre, Francesco il figlio, Ermes e Andrea i possibili, ma solo secondo la tradizione, fratelli. Giulio Campi, ricoprì di affreschi l’arco trionfale, il coro e il presbiterio, eseguendo fedelmente quanto gli era stato commissionato dal marchese Massimiliano Stampa, che volle farsi ritrarre, si crede, in uno degli oranti che assistono all’Assunzione della Vergine. Già, Massimiliano Stampa. Un personaggio oscuro, dal comportamento dispotico, perfino folle a tratti, che ambiva partire missionario per convertire i Mori dell’Africa settentrionale. Sua nipote fu la sventurata Marianna de Leyva. E «sventurata» la chiamò il Manzoni, perché lei, Marianna, fu la celeberimma Monaca di Monza raccontata ne «I Promessi sposi»: gli anni della prima giovinezza li trascorse proprio qui, a Soncino, tra le mura del castello e quelle di Santa Maria delle Grazie.




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