venerdì 26 giugno 2015

ORINO



Orino è un comune della provincia di Varese, fa parte del Parco regionale Campo dei Fiori.

Nel 712 Liutprando, re Longobardo, donò al monastero di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia alcune terre, questo è anche il primo documento ufficiale in cui si parla di Orino. Questo atto appartiene alla raccolta del volume XIII degli “Historiae Patrie Monumenta” sotto il titolo di Codex Diplomaticus Longobardum; in questo, Liutprando dichiara di donare al venerabile monastero per amore di Dio e per il bene dell’anima sua una “larga” quantità di beni della corona reale. Dopo aver elencato le terre del Monferrato, dell’Astigiano, del Parmense e del Lodigiano, parla dei beni posti nello “Archiepiscopatus Mediolanenis”.
Un altro documento risalente  all’aprile del 979 è pubblicato dal Manaras nel “Registrum Sanctae Mariae de monte Vellate” ; è una “carta commutacionis” di alcuni appezzamenti, (boschi e pascoli) “…quadtuor pecie terre cum silve castane super abente in vico et fundo Aulini…”. Aulini sta ovviamente per Orino. E’ importante che il testo riporti la denominazione “vico” perché per tutta l’età romana e sino a quando in quella medioevale se ne perse l’uso, “vico” fu una qualifica non genericamente data a tutti gli insediamenti di campagna, bensì a quelli soli che oltre un proprio esclusivo ambito territoriale ed una propria organizzazione interna, avessero potuto vantare per tradizione anche un’origine antichissima. Si può quindi affermare che la fondazione di Orino risale a prima dell’anno mille; e già allora non si trattava di una semplice località o di un qualche alpeggio stagionale bensì di una comunità già ben organizzata.
Un diploma dato in Pavia l’11 febbraio 1159 da Federico II di Svevia con il quale tra l’altro vengono riconfermati i beni di San Pietro in Ciel d’Oro in territorio di “Orin” e gli atti del capitolo di San Lorenzo in Cuvio del medesimo secolo che attestano la presenza nel borgo di una “arx de Urino” e legano il fortilizio alla potente dinastia dei “ Parvexini de Arona “, troviamo altresì presenti nei medesimi atti notizie riguardanti la vetusta chiesa di San Lorenzo sita al margine estremo del paese e intorno alla quale secondo la leggenda sorgeva l’antico borgo.Rocca di Orino
E’ probabilmente da ascrivere tra il primo ed il secondo millennio la costruzione delle roccaforti valcuviano. E’ del 1120 il saccheggio della città di Varese ad opera dei comaschi, una delle conseguenze che la vallata dovrà subire in conseguenza delle guerre tra Milano e Como,fino a quando, dopo la pace di Costanza (1183) ed il trattato di Reggio (1185), finalmente le ostilità finiscono anche nelle nostre terre in seguito ad una intesa del settembre 1196 che la pone la Valcuvia sotto la tutela di Milano. Caratteristica particolare della valle è stata la sua dipendenza sotto il “profilo politico” da Milano contestuale alla sua “dipendenza spirituale” da Como. Dopo il periodo del Barbarossa, l’età delle signorie vede il territorio sotto il controllo prima dei Visconti e poi di Francesco Sforza che nel 1450 s’impone su tutti i pretendenti.  E’ in questo periodo che la Valcuvia trova un preciso feudatario in Pietro Cotta che viene investito dal suo signore del feudo “dell’intera valle e pieve di Valcuvia” quale “compenso” per i servigi resi. I Cotta terranno il feudo sino al 1728, anno in cui l’ultimo dei discendenti di quest’antica casata, lo venderà ad un ramo dei Visconti. Unica parentesi s’innesta all’inizio del XVI secolo quando il ducato di Milano, in lento declino, favorisce la politica espansionistica della Svizzera che, tra il 1512 e il 1513 si impossessa di Lugano e Locarno mirando successivamente alle terre del Luinese, alla Valtravaglia ed alla Valcuvia la cui occupazione avviene tra il maggio ed il giugno del 1513. Ritornerà di “proprietà” di Stefano Cotta il 4 gennaio 1514 ma la signoria della valle rimarrà ai cantoni di Lucerna, Uri e Nidwalden.
Nel settembre del 1515 la sconfitta delle truppe svizzere a Marignano (Melegnano) ad opera di Francesco I riporta Orino e la Valcuvia nel ducato di Milano, prima nelle mani dei francesi e vent’anni più tardi, nel 1535, in quelle degli spagnoli che v’insediano un loro governatore.Unica nota di progresso, nel totale sfruttamento attuato dagli spagnoli, è rappresentata dall’edificazione di fastose ville e di nuove chiese nonché dall’ampliamento di molte già esistenti; risale a questo periodo la costruzione del nucleo originale di quella che oggi è la nota Villa Bozzolo. Nel 1713, con il trattato di Utrecht lo stato di Milano passa sotto il dominio dell’Austria, anche in Valcuvia il miglioramento sociale è sensibile e lo sarà ancor di più con l’avvento al trono di Maria Teresa e successivamente di Giuseppe II. Il miglioramento sociale se ci fu non riuscì comunque a far scomparire la miseria e, tra le altre cose, nuove calamità vennero ad aggravare una situazione già al limite della sopravvivenza. E’ opportuno ricordare, a sostegno della determinazione degli orinesi e dei valcuviani, le calamità che li colpirono e che loro dovettero superare, dalla peste del 1524 al nubifragio di proporzioni gigantesche che vi si abbattè nel 1755: 1574-75 epidemia di peste, 1587 anno di carestia, 1588 epidemia di febbre, 1596 epidemia di peste, 1615 la siccità brucia i raccolti, 1628 anno di carestia, 1629-32 epidemia di peste (di cui ci racconta anche il Manzoni ne “I Promessi Sposi”), 1636 passaggio delle truppe alleate di Francia, Parma e Savoia (guerra dei trent’anni), 1636 epidemia di peste, 1640 alluvione, 1652 epidemia di peste, 1705 quaranta giorni di maltempo provocano molte frane, smottamenti e inondazioni, 1747 una grande tempesta rovina tutti i raccolti, 1755 una grandinata a mezza estate devasta i campi, fino appunto all’alluvione del 14 ottobre dello stesso anno 1755, che provoca nell’intera Valcuvia nove morti e si pensi che cinque dei quali solo ad Orino. Centinaia sono i senza tetto, i campi vengono devastati al punto che cambia letteralmente l’aspetto della valle.
Il 15 maggio 1796 Napoleone conquistò Milano e scacciati gli austriaci dai territori del ducato, proclama la repubblica Transpadana, nella quale è ovviamente ricompresa anche la nostra Valcuvia. Gli eventi maturano e si susseguono: nel Luglio del 1797 viene proclamata la Repubblica Cisalpina, nel 1799 gli austriaci rioccupano la Lombardia, il 2 luglio 1800 vi è la rioccupazione di Milano e la restaurazione della Repubblica Cisalpina, 1814 rioccupazione austriaca della Lombardia in seguito alla caduta di Napoleone. Durante la prima dominazione francese l’assetto sociale della valle subì un violento scossone: i francesi abolendo titoli e privilegi nobiliari, feudi e franchigie portarono anche in Valcuvia i loro principi di “Liberté Egalité Fratenité”. Purtroppo vennero anche requisiti i beni delle confraternite e delle congregazioni religiose molte delle quali furono così costrette a sciogliersi dopo esser state anche nelle nostre zone, durante i tanti momenti e periodi di carestia e miseria, unico perno e sostegno sociale per molta della nostra povera gente.
Con la restaurazione austriaca del 1815 il sistema di vita e l’organizzazione sociale subiscono un nuovo cambiamento. Titoli e privilegi nobiliari vennero in parte ripristinati ed il territorio, dal punto di vista amministrativo, riorganizzato e conglobato nel Regno Lombardo Veneto. La miseria storica della Valle non cessa e così, anche nella prima metà dell’ottocento, non manca il suo elenco di sciagure: 1815 anno di carestia, 1815-18 epidemia di febbre petecchiale, 1821 alluvione fino al 1835 quando un muratore della Valcuvia proveniente da Genova e poi morto a Brenta, porta la prima epidemia di colera. Seguirono le “cinque giornate di Milano” ma i successivi tentativi di sbarco a Laveno, prima di Garibaldi nel 1848, poi, nel ’49, del Cap Camozzi, pur trovando un qualche seguito tra la molta gente esasperata furono degl’insuccessi. Il 23 maggio 1859 le truppe garibaldine varcano il Ticino all’altezza di Sesto Calende e marciano su Varese. Gli austriaci lasciano il territorio ma non mollano Laveno, sbocco valcuviano sul Lago Maggiore, e resistono anche al deciso tentativo d’espugnazione che Garibaldi attua personalmente nella notte tra il 30 ed il 31 maggio. Dopo la vittoria piemontese a Magenta del 4 giugno, la Lombardia passa dall’Austria al Piemonte. Il 23 0ttobre 1859 la Valcuvia fu ripristinata in Mandamento, il III del circondario di Varese. Nel 1861, l’elezione del primo parlamento italiano, vedrà una Valcuvia decisamente conservatrice votare per il rappresentante monarchico Speroni. Ci pare curioso ricordare anche la parentesi “rivoluzionaria” orinese nei moti valcuviano. A Marzo, Milano insorge: l’eco delle barricate arriva appunto sino in Valcuvia, così Pompeo Clivio, orinese e patriota, parte a piedi alla volta della città, non sappiamo se da solo o assieme ad altri. La strada è lunga, i chilometri tanti e probabilmente il buon Pompeo giunge a Milano quando l’Italia ormai è “fatta”. Quale riconoscimento della sua impresa e della sua pronta e volenterosa partecipazione tornerà in Valcuvia con la nomina a “Capitano della Guardia Nazionale”.
Garibaldi e l’unità d’Italia non riuscirono a debellare la povertà della Valcuvia. Ad Orino, castagne, frutta, fieno, un po’ di segale, patate e granturco erano i principali prodotti agricoli, ad essi si aggiungevano nei mesi autunnali, un po’ di vino e noci. Mentre una delle attività che occupavano gran parte delle donne e dei bambini nei mesi estivi era l’allevamento dei bachi da seta con le quali molte famiglie integravano in qualche modo i pochi proventi dei raccolti. Francia, Svizzera, Lussenburgo e in qualche caso l’America furono la meta di molti orinesi, di cui ancora si racconta e ci si ricorda, che partirono, a volte senza più tornare, alla ricerca di un po’ di benessere.La vita amministrativa della comunità è ben documentata e dimostra l’autonomia e la fierezza con le quali essa ha sempre governato le sue sorti. Era retta da una vicinia organo costituito da tutti i capi famiglia radunati la domenica sulla pubblica piazza al suono della campana e da un sindaco e un console eletti annualmente dai vicini.
Egualmente autonoma è la vita religiosa: la comunità d’Orino, infatti, staccatasi dal Distretto di Cuvio, ha avuto diritto di far eleggere il parroco dall’assemblea dei capi famiglia, a patto ovviamente che provvedesse direttamente al suo sostentamento. Così le famiglie di Orino decisero di autotassarsi,  concedendo annualmente al Sacerdote le cosiddette “ primizie parrocchiali”.  L’elezione avveniva nella chiesa parrocchiale, e gli elettori erano esclusivamente i capifamiglia (all’epoca cui si riferisce l’atto riportato gli aventi diritto erano 54) che, esaminate le candidature, esprimevano la  loro preferenza per chiamata nominale, a scrutinio segreto. Tra le righe possiamo trovare una ulteriore curiosità: nel 1906 le “primizie parrocchiali” ammontavano a lire 500  annue. In archivio è presente tra le   altre anche una lettera di fine ’800 con la quale il Prefetto invitava il Sindaco ad intimare la riunione dei Capifamiglia di  Orino per procedere all’elezione del  Parroco locale, al fine di coprire il   posto allora vacante con il  successivo verbale di avvenuta elezione del Parroco di Orino, redatto nel 1793, dell’adunanza dei Capifamiglia.
Orino fu nei secoli scorsi terra d’emigranti, in genere qualificati artigiani, che con il loro lavoro resero illustre il nome del loro paese all’estero.
In questo secolo il comune fu accorpato ad Azzio con R.D. 7 luglio 1927, n. 1287 e riacquistò la propria autonomia  amministrativa il 17 novembre  1955, con  il D.P.R. n.  1333.

In mezzo ai boschi, ad una ventina di minuti di passeggiata dal centro ed a 525 metri sul livello del mare, sorge la Rocca di Orino, costituita da un quadrilatero con cinta muraria difeso da possenti torri. Il primo nucleo della fortezza, situata a nord-est del paese, si suppone risalga al III secolo a.C., ma dell'insediamento originario non sono rimaste tracce. I primi documenti in cui la fortezza viene citata risalgono al 1176. Dall'esame della struttura muraria emerge una serie di lavori di ristrutturazione, quasi sicuramente eseguiti in epoca viscontea-sforzesca. Nel 1513, in seguito al disfacimento del Ducato di Milano, venne occupata dalle truppe svizzere: la prima di una serie di occupazioni che causò lo smantellamento della rocca. All'inizio del secolo scorso è stata sottoposta a lavori di ristrutturazione dall'allora proprietario. La ristrutturazione continua tuttora grazie all'opera del nuovo proprietario. Leggende locali asseriscono l'esistenza di un fantasma nella Rocca.

La chiesa parrocchiale dedicata all'Immacolata, risalente al XVI secolo, ha le forme barocche della metà del XVII secolo.
L’attuale Chiesa Parrocchiale è stata edificata, ampliando la precedente, dedicata più genericamente a S.Maria, in fasi successive dalla seconda metà del 1600.
Il coro dietro l’Altare maggiore è stato aggiunto nel 1878. La prima notizia attestante l’esistenza di una chiesa in centro al paese risale al 1515, si tratta di una donazione che contribuirà a formare il beneficio per mantenere una cappellano in loco.
La Chiesa divenne parrocchiale nel 1645, ma una contestazione del Prevosto di Canonica ne rimandò il riconoscimento ufficiale al 1651. Riconoscimento di cui oggi resta uno strumento rogato dal notaio Giovanni Antonio Botta il 17 maggio 1655. L’accordo avvenne "…nella pubblica piazza di Orino, vicino al cimitero di S. Maria dello stesso luogo di Orino al suono della campana, come è abitudine dello stesso Comune per trattare e discutere i problemi, su ordine di Carlo Giovannoni Console del detto luogo di Orino".
I termini dell’accordo prevedevano che il Console, il Comune e gli uomini del paese si impegnassero a versare ogni anno 72 lire Imperiali e a portare nella visita alla matrice di San Lorenzo di Cuvio, che si teneva una volta all’anno, un cero di due libre di cera lavorata. L’atto precisa inoltre che il prevosto dichiara di avere ricevuto dalle autorità del paese Lire 216 Imperiali a saldo degli anni 1652-53-54.
Il fonte battesimale attesta la natura di vice parrocchia anche quando vi era solo il cappellano.
Il corpo della torre del campanile è stato aggiunto verso la fine del 1700.

La Chiesa di S. Lorenzo è la più antica del paese. Un documento del 5 novembre di quell’anno, conservato nell’archivio della plebana di San Lorenzo in Cuvio, parla già di proprietà appartenenti alla chiesa. In esso vi è una istanza indirizzata al Vescovo di Como affinché egli deleghi al vicario generale Uguccione, Vescovo di Novara, la causa di una controversia relativa al "menacatus seu custodie" della chiesa di San Lorenzo di Orino.
C’è anche un altro documento del 979, conservato tra gli atti di S. Maria di Velate, che parla di un terreno sito in Orino che confinava con una proprietà della Chiesa di S. Lorenzo: "seconda silva est ibi prope: da una parte S. Laurenti, da alia Eremberti". Potrebbe essere la nostra, ma potrebbe trattarsi anche della Collegiata di Canonica. Di quella antica chiesetta oggi rimane purtroppo solo il campanile, poichè il resto è stato riedificato intorno al 1635
Dal punto di vista architettonico, la chiesa di San Lorenzo si presenta con linee semplici e sobrie.

L'interno è a navata singola con coro a volta e la copertura, che un tempo era in semplice tavolato, si presenta oggi con travi e tegole a vista.

L'originaria pavimentazione in cotto è stata sostituita con una copertura in marmo ed è stato aggiunto un soppalco posteriore in cui trovano posto il coro e l'organo, costruito dalla ditta Mascioni di Comacchio e trasferito dalla chiesa della Beata Vergine.

L'ancona è costituita da un dipinto ad olio su tavola di legno con protezione in vetro che raffigura San Lorenzo accompagnato dai simboli canonici della graticola e della palma del martirio. L'opera è stata attribuita a Giovanni Mauso della Rovere detto il Fiammenghino (1575-1640).

Risale al III secolo dopo Cristo una delle prime leggende che coinvolgono i dintorni di Orino. E’ il 389 d.C. gli Ariani cacciati dal Vescovo di Milano Ambrogio (futuro santo) in seguito alla condanna della loro dottrina da parte della Chiesa, si rifugiano in cima al colle che attualmente ospita l’abitato di Santa Maria del Monte.Sempre secondo la leggenda, gli Ariani occupano la Rocca di Orino e la presidiano fino alla conquista del "Forte di Varese" da parte delle truppe milanesi.La tradizione vuole che gli Ariani venissero messi in fuga oltra che dal sopraggiungere dell’esercito ambrosiano, dall’apparizione della figura si San Lornezo avvolta nelle fiamme. Gli abitanti del luogo, una comunità di pastori, riconoscenti, chiamarono la località dell’apparizione con il nome del Santo e vi edificarono una cappella.E’ in questa località che sorge la piccola chiesa di San Lorenzo con annesso il cimitero comunale.

Davanti alla chiesa di San Lorenzo sorge un tiglio monumentale la cui età è stimata in due secoli. Numerose le costruzioni in stile liberty realizzate quando Orino era una rinomata località di villeggiatura. Nella foresta attorno alla Rocca il masso erratico Sasso Nero è oggetto di alcune leggende. Su una delle cime del Campo dei Fiori, a quota 1.139 metri sul livello del mare, c'è il Forte di Orino, uno dei capisaldi della Linea Cadorna realizzata durante la Prima Guerra Mondiale per prevenire invasioni austro-tedesche attraverso la Svizzera neutrale.




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