sabato 4 luglio 2015

BORNO

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Borno è un comune della Val Camonica situato sul cosiddetto Altopiano del Sole, ovverosia la valle percorsa dal torrente Trobiolo, tributaria della media Valle Camonica e dominata dalle vette più orientali delle Prealpi Orobiche. Il comune comprende però, a occidente, anche un tratto del settore bresciano della Val di Scalve.

Recenti studi di etimologia hanno riscontrato che ci sono parecchi nomi di luoghi somiglianti in zone molto diverse e distanti tra loro: ciò indica che gli antichi abitanti parlavano una lingua comune o con caratteristiche alquanto simili. Si è notato che il suono o la radice comuni “br” nelle lingue indeuropee indicava acqua, torrente, fiume, stagno, ecc. e che si trova attualmente in numerose lingue moderne, come ad esempio nell’inglese brook (torrente); in tedesco, con lo stesso significato, vi sono Brunnen, Bronn e Born (fonte, sorgente); in inglese c’è poi burn (sorgente), in ceco, bulgaro e sloveno brod (guado) e in serbo-croato bara (palude).

C’è pure un’altra antica radice, molto simile - “br” o le sue varianti “brn”, “brd”e “brg” - che invece indicano un’altura, un monte, un luogo abitato fortificato, un passo, una selva, ecc.; radice che possiamo ritrovare nelle lingue moderne: il gaelico bar (monte), l’inglese barrow (tumulo), il tedesco Berg (monte), il ceco brdo (collina), il danese borg (castello), di nuovo l’inglese boroug (città) e il polacco bor (bosco); anche i toponimi di Brescia e del Brennero hanno in sé questa radice antica.

Si può allora ipotizzare che gli antichi camuni indicassero questa zona come un luogo abitato in altura o un altopiano separato dalla circostante Valle Camonica. Queste radici le possiamo riconoscere tuttora in alcuni paesi vicini come Berzo, Breno, Braone, Bienno e Prestine ed indicano che i primitivi abitatori volevano identificare varie zone abitate più elevate rispetto al territorio sottostante.

Secondo lo studioso Gnaga in cenomane, lingua parlata da una popolazione celtica stanziatasi nel V secolo a.C. tra i fiumi Oglio e Adige e il lago di Garda, la parola bùrnich significa luogo abitato e ad essa si può far risalire il toponimo Bùren. In numerose zone dell'altopiano sono stati scoperti alcuni massi istoriati dagli antichi camuni, con inciso il disco solare; i celti chiamavano il dio sole Bormo: il luogo potrebbe aver tratto il nome dalla divinità che si venerava in questi luoghi, ma questa ipotesi è abbastanza difficile da verificare.

Con l’avvento della dominazione romana il nome antico potrebbe essersi cristallizzato nel tempo, con deboli variazioni fonetiche, perdendo però il suo contenuto semantico, cioè il significato originario primitivo; oppure, a detta di alcuni storici, i romani avrebbero imposto alla popolazione locale nuovi toponimi, causandone una modifica radicale. Analogamente il nome di Borno potrebbe derivare dal latino eburneus (bianco, candido), da intendersi come luogo splendido ed incantevole, oppure da boreus (settentrionale), in quanto luogo posto a nord rispetto alla Civitas Cammunorum, centro principale dell’occupazione romana; alcuni ne riconducono l’origine ad un nome gentilizio latino, come Burno o Burnus. Fino ad ora, comunque, non sono stati trovati reperti od epigrafi che possano suffragare l’ipotesi latina del nome.

Con le invasioni barbariche molti popoli si insediano nelle valli e, quindi, molte lingue si sovrappongono e si mescolano tra loro: proprio al lungo periodo medievale sono riconducibili varie congetture che indicano un’ipotesi, credibile o fantasiosa, per il nome del paese. Lo studioso Odorici lo fa risalire alla voce del latino medievale burnus, inteso come luogo abitato sull’orlo della valle; dalle parole del latino classico burgens e burgensis (abitante del borgo) pare siano derivate nel Medioevo le parole bùren e bùrengus, che indicherebbero l’abitante del borgo.

In un antico germanico la parola Burn indicava il ferro; già dal periodo pre-romano Borno era situato sulla via di comunicazione con la Valle di Scalve, dove c’erano numerose miniere di questo minerale, che veniva poi trasportato nei vicini forni fusori di Lozio, Malegno e Bienno: il luogo, costituendo un’importante area di scambio, potrebbe avere tratto il nome dal metallo. L’Olivieri lo fa addirittura provenire dalla voce provenzale e piemontese burna (buco).

Un’altra parola tardo-latina è burna, indicante termine o pietra di confine, il che fa ipotizzare che Borno fosse un’importante zona di confine tra vallate. In italiano antico esiste la parola bornio, che significa pietra, roccia sporgente o balza rocciosa, parola usata anche da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia. Questo termine deriva dal francese borne (cippo, termine, limite, confine), a sua volta probabilmente derivato dal celtico botina, che voleva dire pietra di confine; pure in inglese troviamo la parola bourne (frontiera) e a Bormio, nella vicina Valtellina, la parola born si riferisce ancora oggi ad una rupe o balza rocciosa. In questo caso il termine indicherebbe un abitato costruito sulle rocce, oppure vicino o confinante con i dirupi, come possiamo notare risalendo dal fondovalle lungo la strada vecchia che da Cogno conduce all’Annunciata.

Si giunge infine al primo documento scritto, datato 1018, che attesta in modo definitivo il nome del luogo: si presume, perciò, che il toponimo fosse già in uso da alcuni secoli. Si legge infatti nel documento, redatto in latino, che dirime una lite tra feudatari e liberi uomini di Borno, questa frase: in villa quae dicitur Burnum. Il nome che in seguito è stato italianizzato in Borno, così come lo conosciamo adesso.

Le più antiche testimonianze delle presenza dell’uomo a Borno, partono dal Paleolitico Finale, un lasso di tempo compreso tra i 15.000 e 10.000 anni fà, dopo lo scioglimento dei ghiacciai pleistocenici che avevano ricoperto la Valle impedendone l’accesso.
Il territorio di Borno è importante per il periodo del IV e del III millenio a.C., l’età del Rame, a testimonianza del quale troviamo stele e massi con incisioni. Tra questi vi è anche il masso noto come “Masso di Borno” il primo ad essere rinvenuto dagli studiosi nel 1953 nella zona dell’altopiano. Detta roccia si può ammirare oggi nel Museo Archeologico di Milano.
A Borno, oltre hai resti di queste necropoli, vi sono dei resti di strutture murarie di un possibile insediamento. Nel periodo longobardo, sotto il regno di Liutprando, all’incirca verso il 735, dovrebbe collocarsi l’inizio dell’astio tra i Bornesi e gli Scalvini per il possesso del monte Negrino, una plurisecolare contesa con omicidi e incendi dolosi d’ambo le parti, terminata nel 1682.
A seguito dell’arrivo dei Franchi in Italia nel 764, la Valcamonica venne donata in feudo, da Carlo Magno, al Monastero benedettino di San Martino di Marmoutier. Proprio negli anni che seguirono la donazione carolingia fu costruita in Borno la Cappella Santi Martini. Dall’anno 893 al 953, a seguito delle invasioni degli Ungari e dei Saraceni, i Camuni edificarono numerosi fortilizi, rocche e torrioni per rifugiarvisi durante le scorrerie. A questi si fanno risalire le presunte 12 antiche torri medioevali di Borno molte delle quali riedificate su fortificazioni preesistenti (attualmente sono state individuate soltanto sette torri).
Nel Medio Evo la comunità bornese fu al centro delle maggiori lotte coni comuni limitrofi. Nel 1156 avvenne una rissa tra due schiere di Bornesi e Loziesi, nei pressi di Malegno, durante una comune processione di catecumeni alla Pieve di Cividate, in seguito alla quale nel 1186 i Bornesi ottennero il sacro fonte battesimale divenendo chiesa autonoma. Nell’anno 1166 un fatto d’armi, che portò all’uccisione di 11 uomini, avvenne in zona di Confine tra Borno ed Esine, scaturito per il possesso di una palafitta sull’Oglio, installata dai Bornesi per la pesca. Nel 1386 le famiglie dei Fostinoni, Lanzoni e Gerboni, del partito guelfo, si ribellarono al vescovo di Brescia per ragioni fiscali e vennero ammonite assieme ai reggenti del comune. Feudatari di Borno furono i Federici, Camozzi, Gandellini, Fostinoni, Montanari, Gerboni, lanzoni, lazzaroni, Curti, Gheza, Magnoli, lupi, Negri, Guarnieri, Pernici, Dabeni. Sebbene le famiglie guelfe risultino più numerose di quelle della fazione avversa, la Comunità di Borno resterà sempre ghibellina, sia per il predominio della famiglia Federici in Valle, sia per la controversia con gli Scalvini di parte guelfa.
Nel primo periodo della dominazione veneta Borno divenne il primo comune della Valcamonica per numero di abitanti con circa 1500 anime e 330 fuochi, possedeva 812 bestie grosse e 1652 bestie minute, possedeva 6 fucine a maglio 19 mulini, 2 folli e 2 raseghe. Forniva legname da opera e manufatti in ferro a Venezia ed armava l’esercito della Serenissima con decine di Cernide (militi ausiliari locali). La parrocchia, sia pure in tempi diversi, disponeva di tre romitori con altrettanti romiti: la Chiesa di S. Cosma, la chiesa campestre di S. Fiorino e I’eremo montano di S. Fermo. Per interessamento del frate Amedeo Mendez da Silva negli anni 1467-69 sorse, poco distante dalla località Rocca, il convento che ospitò dapprima i frati del Terz’Ordine della Penitenza, poi gli Amadeiti, i Minori Osservanti, i Minori Riformati e infine i Frati Minori Cappuccini, che nel ‘900 tennero il noviziato, le scuole elementari, il servizio mensa per i poveri e prestarono servizio ai Sanatori di Croce di Salven.
Nel 1580 cessò la contesa tra Borno ed Erbanno per il possesso di boschi e pascoli in località Calvarina e nello stesso anno la comunità ricevette la visita pastorale del cardinal Borromeo. Nell’anno 1630 la peste bubbonica mietè 38 vittime, l’ospedale degli appestati venne edificato in località lazzaretti, ai margini dell’abetina sottostante l’attuale località Corna Rossa. Il 3 agosto del 1688 un vastissimo incendio distrusse oltre 200 case su 300, tutto il grano, mietendo 8 vittime. Durante la cosiddetta guerra di Gradisca, tra Venezia e Austria, i Bornesi, in soccorso della Repubblica marinara, armarono ben 270 Cernide capitanate da Stefano Magnolo. Con l’avvento napoleonico e della Repubblica Cisalpina Borno, appartenente al dipartimento del Serio, divenne sede di Municipalità e di Giudicatura di pace. Sorse la Congregazione di Carità e fu edificato il cimitero per la sepoltura collettiva dei morti.
Durante il periodo austriaco si abbatterono sulla comunità numerose carestie, pestilenze e calamità naturali. Tra 1905 e il 1907 la prima società elettrica valligiana diffuse l’elettrificazione in Borno e nel vicino Ossimo. Sorsero in questo periodo le ville signorili e prese consistenza il turismo estivo d’elite. Nelle guerre italo-abissina, di Libia e d’ Africa Orientale, caddero 7 soldati bornesi. Durante la grande guerra perirono 33 soldati. Durante il periodo fascista, nel 1923, venne costruita la strada provinciale Malegno-Ossimo-Borno che sostituirà il vecchio percorso delle viti. Nel 1928 iniziarono i lavori per la costruzione dei Sanatori antitubercolari in località Croce di Salven. Negli anni 1930-31 venne realizzato dalla Società Olcese, in località Prati di lova, un bacino artificiale con relativo canale di derivazione e condotta forzata che scende dalla centrale della Rocca. Il secondo conflitto mondiale richiese altro tributo di sangue bornese: caddero 20 soldati e 1 8 risultarono dispersi in Russia, Grecia e Dalmazia.
Durante la Resistenza un gruppo di ufficiali tedeschi rocciatori fu fatto oggetto d’imboscata, in località Sedulzo, da parte di una brigata delle Fiamme Verdi della Valle di Scalve. Nello scontro perirono 14 tedeschi e 2 partigiani. Il paese dovette sopportare una cruenta rappresaglia. Furono bruciate numerose cascine sul versante di Lova, rastrellato il bestiame dei contadini e deportati un centinaio di giovani nel campo di concentramento di Villafranca. A partire dagli anni ‘60 l’economia bornese si trasforma da agrosilvo- pastorale in economia turistica. Nel 1962 si stacca da Borno la frazione di Piamborno che unitamente a Cogno di Borno e Cogno di Ossimo costituisce la nuova municipalità di Piancogno. Negli anni ‘70 Borno diviene stazione turistica invernale, viene realizzata la funivia-bidonvia Ogne-Monte Altissimo. Dalle circa 900 abitazioni degli anni ‘60 si passa alle 2900 censite nel 1991; nel periodo estivo la popolazione varia dai 2.700 residenti a circa 20.000 persone. Da ricordare, nel luglio 1998, la storica visita a Borno del Papa Giovanni Paolo II.



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