mercoledì 15 luglio 2015

IN GIRO PER MANDELLO DEL LARIO

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Mandello del Lario adagiato sulle acque del Lago di Lecco, posto su di una penisola quasi di fronte a Onno, è dominato alle spalle dalle pareti e dai torrioni della Grigna.
Mandello Lario è un luogo turistico dall'ottimo clima, prodigo di passeggiate e ascensioni d'ogni lunghezza e difficoltà.
Il territorio sul quale sorge la cittadina è stato formato, nel corso dei millenni, dal torrente Meria (Neria per il geologo lecchese Antonio Stoppani) le acque del quale, scendendo dal gruppo delle Grigne, hanno portato a valle ingenti quantità di massi, ciottoli, sassi e ghiaia, che, sempre più protendendosi verso il lago, hanno formato il cono di deiezione sul quale è sorto l'abitato. Le frazioni collinose poggiano invece su strati morenici qui formati dal Ghiacciaio Abduano, la cui altezza, sull'attuale livello del lago (199 m) era di 1200 m. Di ciò fanno testo i massi erratici o "trovanti" sparsi lungo le propaggini della Grigna ed in particolare sul versante nord dello Zucco di Sileggio, sopra Somana.

La Chiesa di San Giorgio fa parte della parrocchia di Sant'Antonio abate in Crebbio ed è una delle tre chiese appartenenti alla medesima parrocchia. È stata costruita su un piano che sovrasta il cosiddetto Sasso San Giorgio, che si erge sulla ex Strada Statale 36, oggi Strada Provinciale 72, e ovviamente sul lago. La facciata della chiesa segue l'orientamento dei primi secoli cristiani, quando c'era la cura di fabbricare i templi con l'abside verso est, in modo tale che i fedeli (e prima del Concilio Vaticano II anche il sacerdote) guardassero in direzione dell'Oriente dove è nato, vissuto e morto Gesù Cristo.
Secondo la tradizione, la chiesa venne fatta costruire nel XIII secolo, per volere di un crociato di ritorno dalla Terra Santa. Secondo un'altra leggenda, la chiesa sarebbe sorta sul rifugio di un monaco appartenente all'ordine dei Templari. Sulla data di costruzione c'è ancora molta incertezza: secondo Goffredo da Bùssero, che tenne un elenco delle chiese della pieve, la chiesa nel 1288 non esisteva ancora.
Nel 1570 lo storico Paolo Giovio pubblicò “Larii lacus vulgo Comensis descriptio”, nella quale parlava ampiamente della chiesa di San Giorgio posta a levante di Mandello.
Il 26 marzo 1594 venne stabilito da Nicola Rosaspina che nella chiesa di San Giorgio venisse celebrata almeno una messa a settimana. La famiglia Rosaspina aveva fatto installare nel 1530 una campanella (denominata Nicolaus) sul campanile quadrato della chiesa.
Tra il Seicento e l'Ottocento la chiesa ospitò il sepolcro comune per le frazioni di Maggiana, Lombrino e Crebbio.
Non ha mai trovato una spiegazione la presenza di un gradino, posto a metà chiesa, bordato e alto circa 10 centimetri: aveva uno scopo liturgico antico oppure serviva, come rialzo, per evitare eventuali allagamenti, visto che il sagrato è leggermente in pendenza?
La chiesa di San Giorgio, ad aula unica con soffitto a capriate a vista e abside quadrangolare con volta a crociera, deve il suo aspetto attuale a restauri, iniziati in epoca trecentesca, di un edificio che già esisteva nell'XI secolo.
Della primitiva costruzione è conservata un'acquasantiera ornata da un motivo a intreccio geometrico-floreale (molto diffuso nel comasco tra il VI ed l'XI secolo) sul fronte e sui fianchi da un rilievo (poco pronunciato) raffigurante una croce.
L'interesse principale dell'edificio è dato dai dipinti che ornano le pareti della navata; numerosi sono gli affreschi votivi databili tutti al XV secolo; la Crocifissione del presbiterio è della fine del XV secolo; il ciclo escatologico, secondo alcuni studiosi, mostra legami con la tradizione pittorica Ligure-piemontese, mentre secondo altri è più vicino alla tradizione locale, ed è collocabile agli anni ottanta del Quattrocento.
Oggi, nella chiesa di San Giorgio viene celebrata la festa del patrono, che la Chiesa Cattolica celebra il 23 aprile. Da alcuni anni la Pro Loco di Mandello, in collaborazione con l'associazione culturale I Amiis del Dialett, si adopera per aiutare la parrocchia di Crebbio nella celebrazione della medesima festa. La stessa Pro Loco è a disposizione per le visite guidate gratuite alla chiesa, nel periodo che va da aprile a ottobre. Inoltre, la chiesa viene richiesta soprattutto per la celebrazione di alcuni matrimoni religiosi.

La devozione Mariana nel territorio è testimoniata da vari oratori, chiese, santuari e cappelle votive; una recente ricerca ci illumina sulla diffusione e venerazione per le Madonne del Latte nella Provincia, tra cui anche quella di Debbio.
II santuario di Debbio aveva un tempo un’importanza particolare come punto di passaggio quasi obbligato; su un colle, tra campi coltivati, in vista di Mandello, si trovava all’incrocio delle vie di comunicazione tra le sponde del lago e le strade che portavano ai borghi e verso i monti; per raggiungere Mandello bisognava salire, lungo la via Ducale, fino a S. Giorgio e ridiscendere, superando il Sasso omonimo o prendere a Debbio la barca.
In effetti ci sembra oggi strano perchè esiste la carrozzabile a lago, realizzata dagli Austriaci nella prima meta dell’800 e la ferrovia Lecco-Colico (1892). Un’unica rampa univa la chiesa all’approdo a lago prima del 1820-30, mentre ora sono tre.
L’ importanza della Madonna di Debbio è testimoniata anche dalle cartoline che la rappresentano e che venivano inviate da Mandello oltre che dai disegni di artisti locali.
Storia
La costruzione e antica, ma non databile con precisione. Inizialmente dedicata a S. Stefano (come citata gia nell’ 883), è ricordata alla fine del XIII sec. da Goffredo da Bussero nel LIBER NOTITIAE SANCTORUM MEDIOLANI tra le venti chiese di Mandello.
Nel 1434 viene commissionato dai conti Stropeni un affresco della Madonna del latte. Del 1619 è la piccola campana, con la scritta “Sancta Maria ora pro nobis”, del XVII sec. molti ex voto, ora perduti, una pala con la lapidazione di S. Stefano, una tela di Madonna con Bambino tra Santi e offerenti. Molti lavori vengono realizzati nella seconda metà del ‘700: 1755 si sposta l’affresco, nel 1760 il Santuario viene dedicato a Santa Maria Nascente, nel 1781 viene dipinta la volta della chiesa. Nel XIX sec. il santuario assume maggiore importanza quando Pio VII consacra l’altare privilegiato di Debbio.
Le forme attuali dell’edificio risalgono alla seconda metà del 1700 e ripropongono la tipologia degli oratori della zona. La facciata a capanna ha una distribuzione simmetrica delle aperture, con due finestrelle ai lati del portone centrale, incorniciate in granito, una più grande superiore, decorata con cornice in stile Barocchetto come il portale sottostante. L’interno ad una navata, con volta a botte, presbiterio rettangolare, presenta la parete dell’altare dipinta a volute, conchiglie e fiori, un finto catino con le stelle.
Nell’insieme si ha l’illusione di uno spazio concavo molto ricco; ai lati dell’altare, ornato da un prezioso paliotto in seta, due porte danno accesso alla Sagrestia.
Alle pareti laterali, intonacate di rosa marmorizzato, undici ovali richiamano quasi tutti qualità e virtù di Maria.
Dipinto da autore sconosciuto, l’affresco rappresenta una Madonna che allatta seduta in trono, ricoperto da un drappo rosso; tiene il Bambino Gesù con la destra, mentre nell’altra mano ha un rametto di rose.
Realizzato inizialmente sulla parete interna verso Abbadia, nel 1755 è staccato e spostato nella nicchia sopra l’altare.
Dal 1760 è protetto da un vetro con cornice dorata; un recente restauro ci ha restituito la Madonna del latte com’era (il seno nel corso del 1800 era stato coperto).
La devozione popolare, iniziata nel 1434, continua nei secoli tanto che il luogo conosciuto come “Madonna di Debbio” e molte sono le elemosine,le offerte, i lasciti.
L’afflusso dei fedeli aumenta dopo che il 26-9¬1817 papa Pio VII concede l’Indulgenza Plenaria perpetua.
Anche una recente ricerca ha dimostrato l’attaccamento dei mandellesi per questo santuario, frequentato assiduamente fino al dopoguerra e agli anni ’60, e confermato come le donne in particolare vi si recassero per pregare questa Madonna del latte, chiederle la grazia di un figlio, la protezione durante la gravidanza, il parto e l’allattamento, che nei secoli passati voleva dire la sopravvivenza del neonato. Era abitudine portare i bambini a Debbio (piccoli, ma anche ragazzi); la panchina esterna permetteva anche a loro, quando la chiesa era chiusa, di vedere l’interno e di rivolgere una preghiera alla Vergine; si lasciavano fiori e ceri sulla finestra aperta e tante famiglie si recavano per la festa sia a piedi che in barca. Le processioni passavano per Debbio: a S. Marco, il 25 aprile, si facevano benedire le uova del baco da seta, ad aprile-maggio vi passavano le rogazioni, processioni mattutine per la benedizione dei campi. Molti matrimoni sono stati celebrati nel Santuario e si racconta di fatti miracolosi.
Una particolare attenzione meritano gli ex voto del ‘700 e ‘800, realizzati su supporti di materiale diverso, prevalentemente ligneo, una produzione pittorica minore ricca di fascino (le relative copie sono ora appese nella chiesa).
La festa della Madonna di Debbio preceduta da una novena, l’8 settembre era una ricorrenza molto attesa e speciale, con la S. Messa, i Vespri e i canestri; ci si fermava tutto il giorno per una scampagnata in compagnia.

La chiesa arcipretale di San Lorenzo sorge su una piazza all'inizio del lungolago. L'edificio attuale del XVII secolo è sorto in sostituzione del tempio precedente a tre navate, sorrette da piastroni terminanti con absidi. Di chiara impronta romanica resta il campanile del XII secolo a fianco della facciata decorato da archetti pensili e da due piani di bifore. La facciata si presenta con semplice coronamento a cimasa orizzontale sulle navate laterali e con una cimasa composita curvilinea sulla navata centrale. La decorazione della chiesa risale al XVII secolo e segue il gusto decorativo barocco, in quanto presenta stucchi e grandi quadri. Da segnalare il prezioso ciborio intagliato e l'altare a baldacchino in legno policromo.
Unito alla chiesa, si riconosce ancora il complesso dell'abbazia benedettina, già esistente nell'833 d.C., di cui rimane solo il chiostro.

Il Santuario della Madonna del fiume è un vero gioiello del barocchetto lombardo, con interno impreziosito da stucchi, dorature, affreschi e tele dipinte da Giacomo Antoni Santagostino. Affreschi di notevole interesse della fine del 1400 e dei primi del 1500, sono inclusi nella chiesa di S.Giorgio e in quella di S.Zenone, in frazione Tonzanico.
La nascita dell'edificio di culto è legata a un miracolo avvenuto nel '600,  quando le acque del fiume Meria, in seguito a un’esondazione, depositarono davanti a un’immagine della Madonna con Gesù Bambino dipinta sul muro di cinta di una vigna, un intero sacco di grano trascinato via da un mulino. La devozione per l’effigie della Vergine accrebbero la popolarità dell’immagine, alla quale si volle perciò dare degna collocazione all’interno di un edificio di culto. L'iniziativa della costruzione spetta all'arciprete, Giovanni Battista Sambuca, che si avvalse delle elemosine della comunità e delle donazioni dei maggiorenti locali. La chiesa, terminata nel 1632, fu inizialmente dedicata alla Vergine Assunta, ma da subito   prevalse l’intitolazione alla Beata Vergine del Fiume. Al suo interno conserva un ricchissimo apparato decorativo formato da dipinti di Giacomo Antonio Santagostino e dagli stucchi di David Reti, qui attivi negli anni trenta del XVII secolo. Ulteriori interventi ornamentali furono apportati nel '700, epoca alla quale risale l'altare maggiore dove tuttora si venera l'effigie miracolosa.
Fondato nel 1624 a pianta ottagonale sovrastata da una cupola con lanterna. Successivamente venne costruito il nartece a nove arcate ed una Via Crucis, situate nella piazza antistante l'edificio con quattordici cappelle barocche. Le pitture originali delle cappelle vennero sostituite da riproduzioni su lastre agli inizi del '900. Il campanile a pianta ottagonale risale al 1912. Secondo la tradizione il Santuario venne costruito dopo l’esondazione del 1624 del fiume Meria che distrusse la cappella della Beata Vergine. Molti dei resti dell'edificio, tra cui parte di un muro dipinto con l’immagine dipinta della Vergine con Bambino, vennero recuperati per ricostruire l'attuale Santuario sul luogo del ritrovamento. L’immagine della Madonna fu collocata sopra l’altare solo nel 1793.
L'interno conserva importanti opere tra cui alcune tele settecentesche, affreschi e statue che rappresentano la Vergine, i Profeti e i Santi.

Rongio è una frazione geografica posta in posizione rialzata a nordest del centro abitato.
Rongio fu un antico comune del Milanese.
Anticamente aggregato alla comunità generale di Mandello, fu designato comune a sé stante dalle riforme dell'imperatrice Maria Teresa, che gli aggregò i piccoli villaggi di Molina, Tonzanico e Motteno, per un totale di 657 abitanti. Nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del regno d'Italia napoleonico nel 1805 risultava avere 750 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse per la prima volta a Mandello, ma il Comune di Rongio fu tuttavia ripristinato con il ritorno degli austriaci. Il primo Consiglio comunale fu eletto nel 1822 grazie al regio assenso governativo. Nel 1853 il paese risultò essere popolato da 1160 anime, salite a 1263 nel 1871. Nel 1921 si registrarono ben 1707 residenti. Fu il regime fascista a decidere nel 1927 di sopprimere definitivamente il comune, unendolo definitivamente a Mandello.
La chiesa di San Giacomo,documentata dal 1558, è di fondazione più antica. Forma attuale frutto di un intervento di abbellimento e restauro del 1903. Dal 1913 il fonte battesimale. All’interno, sull’altare di marmo policromo intarsiato (1745), una nicchia accoglie la statua del Santo in abiti vescovili.Sulla volta del presbiterio La cena in Emmaus.Nello spessore di un pilastro che divide il presbiterio dalla navata, visibile affresco tardogotico raffigurante Madonna col Bambino con ramo di ulivo. Nella navata si apre la Cappella della Madonna del Rosario con bella statua della vergine. Copertura della navata con volta a crociera adue campate. In controfacciata, in posizione elevata, il coro.
La chiesa di Sant'Antonio da Padova risale al 1654. Sopra l’altare maggiore una statua di Sant’Antonio con Gesù Bambino circondato da fanciulli. Sulle pareti del presbiterio 2 tele: a sinistra Sant’Antonio resuscita un morto; a destra fatto che narra l’origine della chiesa. Nella navata 2 nicchie con statue della Vergine Immacolata e di un Santo Guerriero. Due tele nella navata rappresentano Maria Immacolata che trionfa su un drago e il sacrificio di Isacco. Nelle lunette dipinti 2 miracoli di Sant’Antonio.

Olcio è un piccolo centro abitato di antica origine, storicamente appartenuto alla pieve di Mandello, parte del territorio milanese.
Nel 1786, nell'ambito della riforma delle circoscrizioni della Lombardia austriaca, Olcio coi suoi 326 abitanti fu assegnata alla provincia di Como, ritornando però già nel 1791 sotto quella di Milano.
In età napoleonica, anno 1809, quando il borgo contava 328 residenti, al comune di Olcio furono aggregati i comuni di Lierna e Uniti e Somana, ma dopo soli tre anni, nel 1812, anche il comune di Olcio fu soppresso, e aggregato a Mandello. Tutti i centri recuperarono l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.
Nel 1853 aveva 487 residenti, all'unità d'Italia, anno 1861, Olcio contava 492 abitanti. Il comune, coi suoi 372 abitanti, venne soppresso nel 1927 e aggregato a Mandello del Lario.
Sicuramente già esistente nel 1145, quando il santuario di Santa Maria del Monte è citato in un privilegio papale.
Nel 1335 fu ospizio benedettino, con annessi locali edificati in epoca medievale.
Dal 1440 dipende dalla Parrocchia di Olcio.
Della primitiva costruzione romanica il campanile e la planimetria, ad aula unica con portico esterno.
L’altare maggiore conserva un quadro con Maria e Bambino tra i SS. Giuliano e Lorenzo.
Seriamente danneggiata da un disastroso incendio nel 1997, in seguito restaurata nelle forme attuali
La Chiesa di Sant'Eufemia è sicuramente anteriore alla Parrocchia, costituita con atto notarile il 4 Novembre 1491, come attestano elementi del campanile di epoca romanica, sovrastato da cupola a cipolla appena accennata di epoca successiva.
L’aspetto attuale si deve a un rifacimento del XIX sec.
All’interno ricca decorazione ottocentesca con dipinti nella zona presbiteriale di Giovanni Maria Tagliaferri (1873). Sull’altare maggiore in marmo policromo è una pala con la Natività.
In controfacciata in posizione elevata pregevole organo Carnisi (1853).

Somana è una frazione geografica posta sul Lario a nord del centro abitato, verso Lierna.
Somana fu un antico comune del Milanese.
Anticamente aggregato alla comunità generale di Mandello, fu designato comune a sé stante dalle riforme dell'imperatrice Maria Teresa, popolato da 197 abitanti. Nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del regno d'Italia napoleonico nel 1805 risultava avere 214 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse ad Olcio, ma nel 1812 fu decretata di converso la prima unione con Mandello; tuttavia, il Comune di Somana fu ripristinato con il ritorno degli austriaci. Nel 1853 il paese risultò essere popolato da 382 anime, salite a 422 nel 1871. Nel 1921 si registrarono ben 428 residenti. Fu il regime fascista a decidere nel 1927 di sopprimere definitivamente il comune, unendolo definitivamente a Mandello.

La chiesa di Sant'Abbondio è stata consacrata nel 1803 ed eretta parrocchia indipendente nel 1858. Struttura ad aula unica coperta da volta a botte. Facciata a capanna in cui si apre il portale centrale sormontato da un occhio. Il campanile termina con un’elegante cipolla. All’interno catino absidale decorato con affresco raffigurante il Sacro Cuore di Gesù benedicente tra schiere di Angeli musicanti. Sulla parete dell’abside riquadri con scene cristologiche. Nella volta affrescato il miracolo di Sant’Abbondio che con la resurrezione di una bambina induce i pagani alla conversione.

Maggiana  è una frazione del comune di Mandello del Lario. Il nucleo storico del paese si sviluppa intorno all'antica e alta torre medioevale oggi nota come Torre di Federico in quanto fu residenza dell'imperatore Federico I Barbarossa. La chiesetta della frazione invece sorge sul confine verso valle dell'abitato da cui si domina Mandello ed il lago di Como.
Solo nel 1621, erigendosi la parrocchia di Sant'Antonio in Crebbio (giuridicamente Comune di Abbadia Lariana), Maggiana fu assegnata ecclesiasticamente alla nuova parrocchia sottraendola a quella matrice di Mandello.
La forma della Torre del Barbarossa è quadrata, l'altezza è di 40 braccia e la larghezza di dieci. Le mura hanno da ogni parte finestre ogivali che si alternano con delle feritoie. Si accede per un ampio portone medioevale, che immette in un cortiletto d'ingresso dal quale, per una comodo scala, si entra al primo piano della torre. Quivi, immurata nel camino, si osserva una lapide che porta incisa una dicitura su Federico Barbarossa or resa illeggibile dagli anni, dalla fuliggine e ancora dagli uomini, poiché la pietra ora è scomparsa forse per tre quarti nella base del camino e la poca emergente non lascia scoprire altro che qualche consonante sconnessa. Dal primo piano si sale ai piani superiori fino all'ultimo, un tempo tutto ornato di affreschi che ora si sono andati affievolendo fin quasi a scomparire: solo dei trofei d'armi dipinti negli angoli resistono ai tempi quasi a testimoniare ai visitatori odierni il soggiorno che vi fece l'imperatore Federico I. Verso il 1800, la torre passò in proprietà del signor Francesco Alippi, il quale, orgoglioso di possedere un monumento tanto storico, la restaurò, ornando la sommità di un comodo terrazzo con quattro pilastrini granitici agli angoli congiunti fra loro da riquadri in ferro lavorato, sormontata in un angolo dal parafulmine, mettendo così l'interno al riparo dall'azione corruttrice delle intemperie. Il 5 maggio 1828 un muratore stava smurando il camino al primo piano, quando rinvenne addossata al muro una lapide di granito tutta annerita dal fumo; pulita e lavata convenientemente vi si lessero le parole: FRIDERIC - IMPERAT - GERMAN HIC - TUTUS - QUIEVIT - ANNO 1158 (Federico, imperatore di Germania, qui sicuro riposò - anno 1158). Non è a dire la gioia dell'Alippi al rinvenimento di una documentazione tanto sicura del soggiorno di Federico Barbarossa a Maggiana, e da quel giorno accrebbe a dismisura la sua considerazione per la torre di cui, orgoglioso, si sentiva proprietario. Dal 19 marzo 1910, la torre è notificata al signor Tomaso Comini fu Ignazio, i familiari del quale, se richiesti, con la già sperimentata cortesia, sono lieti di fare da guida nella visita alla torre fino al terrazzo, dal quale l'occhio si posa compiacente sui colli finitimi, sui pendii, sulla sottostante Mandello e sul lago fino a Bellagio.
Essa attualmente è adibita a museo. Il museo è allestito dall'associazione locale "Gruppo Amici di MAGgiana" (GAMAG) ed è visitabile solo su prenotazione o nelle giornate della festa in costume medievale de "La Torre in festa", che si svolge tutti gli anni nel mese di giugno. Il Gamag, nel dicembre 2008, ha ottenuto per un ulteriore triennio la gestione della Torre.
Il lavatoio di Maggiana è stato scolpito interamente a mano, le massaie del posto possono ancora oggi lavare i panni nella vasca principale. L'acqua è potabile.

Moregallo storicamente sempre appartenuta a Mandello, in quanto questi territori appartenevano ai nobili mandellesi che, per raggiungere la frazione dall'altra parte del lago, vi arrivavano con la barca. Moregallo è, infatti, una frazione situata sulla riva opposta del lago passata alle cronache pochi anni fa, quando è sorta una polemica sulla cava di sabbia presente in loco, che venne a essere sperequata e privata quasi completamente del materiale, prezioso per il mondo dell'edilizia.

La grotta Ferrera si trova in località Acqua Bianca.
Il livello orografico della grotta è 590 metri sopra il livello del mare ed ha un dislivello massimo di circa -37 metri.
La caverna è costituita essenzialmente da un’unica immensa sala lunga circa 175 metri e larga circa 50 metri. È percorsa per un breve tratto da un ruscello proveniente da una volta che forma una cascata.
L’accesso è estremamente facile, poiché si apre sul bordo di una mulattiera molto ben tenuta; anche la percorribilità interna è facile, tuttavia il suolo è coperto da fango scivoloso e costellato di crepacci.
La caverna è stata originata dalla dissoluzione di una parte di roccia più corrodibile seguita dal crollo di altri strati sovrastanti al fine di ristabilire l’equilibrio. Questo tipo di formazione è frequente nelle grotte della zone limitrofe.








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