giovedì 9 luglio 2015

LE CHIESE DI LECCO

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La principale confessione religiosa a Lecco è quella cattolica. La liturgia differisce da quella tipica della maggior parte del mondo cattolico in quanto in città si segue il rito ambrosiano, come in buona parte dell'arcidiocesi di Milano che prevede, tra le altre particolarità, l'adozione di un lezionario, un messale e un calendario liturgico differenti da quelli del rito liturgico romano. Sede della III zona pastorale dell'arcidiocesi che conta 181 parrocchie è presente in città un Vicario Episcopale e un prevosto a capo dei dieci decanati in cui la zona si ripartisce. Si trovano inoltre altre piccole comunità di altre religioni: Chiesa Cristiana Evangelica (con una sede in centro), Testimoni di Geova, Islam (con il centro maggiore nel rione di Chiuso), Chiesa ortodossa (con due chiese nei rioni di Castello e Belledo).

La religione cristiana fu diffusa nel III° secolo, però solo nel IV° secolo furono distrutti i resti del paganesimo. Di origine pagane, erano le colonne votive, cristianizzate poi con la croce,Colonna votiva foto del fine 800 queste erano sistemate nei croce via e proteggevano i viandanti e i villaggi, nel 1578 S.Carlo le propose a memoria della peste. Fra le più antiche e ancora esistenti, è quella situata nella piazza di Laorca sopra Lecco nel 1628. Il cristianesimo trionfò definitivamente nel V° secolo, lo dimostrano alcune lapidi del rione di Olate. Sul poggio di Santo Stefano sorse la Chiesa dell'intero territorio dedicata al Protomartire (qui appunto, dai massi ritrovati, si presume vi fosse il borgo). Più tardi la chiesa a capo dell'intero territorio sarà quella di "castello sopra Lecco", dove verrà, pure aperto un seminario per i chierici, che favorisce la cultura della popolazione. Sul poggio di Santo Stefano c'era anche un forte, che aveva intorno a sé l'antica borgata di Lecco la quale fu poi distrutta con il fuoco da Matteo Visconti e, in seguito rifabbricata più a valle tra i torrenti Gerenzone e Caldone, dove un ampio seno del lago offriva ai navigli un sicuro rifugio. Si ha conoscenza, attraverso un documento del XIII secolo, della presenza di un arciprete: il prevosto Giovanni Brusanave morto nel 1337. I canonici presenti erano otto ed incassavano le rendite ma non tenevano conto dei beni che spesso davano in affitto alle loro stesse famiglie. Le chiese venivano spesso abbandonate e talvolta i prevosti si combattevano per avere Lecco. Questa situazione privava la popolazione dei sacramenti e delle predicazioni, condizione che portò le varie frazioni ad avere un proprio sacerdote. Si ebbe così agli inizi del 1400 una parrocchia a Ballabio ed un’altra ad Acquate. Nel 1464 si stabilisce che il prevosto può risiedere presso la Chiesa di S. Nicolò, dentro le mura, piuttosto che in quella di Castello sopra Lecco di S. Protasio e Gervasio. Con San Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, si mise definitivamente ordine con la sede del prevosto a Lecco e la costituzione di vere parrocchie staccate dalla Prepositura, ordinamento che porterà anche alla formazione dei comuni staccati da Lecco. La chiesa di Lecco, dedicata a San Nicolò, fu costruita sugli avanzi dell'antico fortilizio, mentre più recente è il santuario di Nostra Signora della Vittoria.

La chiesa di S.Gervasio, fu sede della prepositura fino al 1584 e fu quindi più importante di Lecco. Ingrandita nel 1600, nel 1705 fu aggiunta la fastosa facciata con il ricco portale. Nel 1927 venne modificato il coronamento della fronte con il fastigio. Negli anni 1814-16 viene rifatto il campanile, su progetto di Giuseppe Bovara. A dispetto del nome del rione, non sono mai stati trovati né ruderi o altro che attestino l'esistenza di una fortificazione, anche se molti ipotizzano l'esistenza di un vecchio castello, una volta collocato dove sorge ora la chiesa. Durante l'ultimo rifacimento della pavimentazione  interna e esterna della chiesa, sono state ritrovate molte tombe, risalenti molto probabilmente alla grande pestilenza Manzoniana. Nella piazza adiacente, si trova la statua di S.Giovanni Nepomuceno collocata nel 1859 in occasione dell’inaugurazione della fontana.La statua precedentemente era ospitata nella cappelletta collocata sul ponte “Azzone Visconti”, cappella purtroppo scomparsa nel 1910 con la sistemazione ed allargamento del ponte effettuato per ragioni di viabilità. Durante la “Battaglia di Lecco”, avvenuta nel 1799 fra gli austro-russi ed i francesi, la statua cadde nel fiume Adda. Venne in seguito recuperata dai pescatori di Pescarenico e ceduta agli abitanti di “Castello”

Nel periodo altomedievale, quando Lecco era ancora borgo, la  basilica non era ancora dedicato a San Nicolò, solo in età comunale è accertabile l’intitolazione.   L’edificio venne ricostruito tra la fine dell’XI e l’inizio delXII secolo, proponeva uno schema architettonico romanico a tre navate,di cui la centrale la più alta è soffittata con tavole lignee dipinte. L’atrio laterale, in pietra molera, venne chiuso a fine Trecento e trasformato nella cappella di Sant’Antonio abate,ora battistero, che conserva pregevoli affreschi originali. Divenuta chiesa battesimale nel Quattrocento,  il San Nicolò subì trasformazioni significative a fine Cinquecento: dell’epoca è il magnifico fonte battesimale provvisto di  cibori ligneo a tempietto. L’edificio ebbe una nuova facciata, su disegno di Giovanni Maria Fontana, entro il 1774. Tra il 1830 e il 1862 divenne il cantiere principale dell’architetto Giuseppe Bovara, cui si devono,  sostanzialmente, l’impianto e la fisionomia attuale della chiesa. I Lecchesi volevano dotare la loro  basilica di un campanile che fosse simbolo e vanto della loro chiesa e della loro città, sostenuti dal Prevosto di Lecco, Antonio Mascari. L'incarico di redigere il progetto fu affidato all'ingegnere Gattinoni. Il campanile fu eretto sopra un baluardo circolare, una volta torione della vecchia fortezza del borgo.  Purtroppo nel 1894 i lavori vennero interrotti per mancanza di fondi. Per portare a termine l'opera, contenendo la spesa, il progetto fu modificato dall'architetto Cerutti e nel 1904 il nostro bel campanile, di 96 metri, fu terminato. Tolte dal vecchio campanile le cinque campane, fuse nella fonderia di Grosio, e aggiuntene altre quattro, i lecchesi poterono  ascoltare nella notte di Natale di quell'anno un festoso concerto di nove campane a coronamento dello sforzo e del sacrificio sopportato da tutti i Lecchesi per portare a termine il loro campanile. Al 1925 risale, infine il decisivo programma decorativo a fresco di Luigi Morgari.

All'inizio della Via Azzone Visconti, proprio affacciandosi sulla centralissima piazza Alessandro Manzoni, si presenta con le sue linee imponenti e severe il Santuario "Nostra Signora della Vittoria". Nel tempio si venera l'icona della  Regina delle Vittorie ed è conservato l'antico quadro della Madonna con i bambini, già conservato nella Prepositurale di San Nicola, fatto trasportare nel Santuario dall'Arcivescovo di Milano Card. Schuster. La consacrazione è stata effettuata dal Cardinale Schuster il 5 novembre 1932, ma l'idea della costruzione era iniziata ben prima durante la grande guerra. I numerosi caduti che non avrebbero fatto più ritorno a casa, nonché l'esigenza di un nuovo punto di culto in una zona sempre più popolosa e lontana dalla basilica di S. Nicola, portarono all'acquisto dell'area necessaria nel 1917, nonché alla posa della prima pietra nel 1918. I mezzi finanziari necessari per l'acquisto del terreno arrivarono grazie al ricavato di una vendita di un fabbricato, sito in via F.lli Cairoli, donato per tale scopo da una lecchese d'adozione "Domenica De Dionisi Ved. Manzoni". La costruzione prese il via più tardi grazie all'apporto di ulteriori mezzi finanziari reperiti grazie all'opera di raccolta di un gruppo di volonterosi uniti dall'allora vicario spirituale don Salvatore Dell'oro. Il santuario veniva costituito dallo stesso Car. Schuster in Rettoria ed affidata agli "Oblati Vicari dei Santi Ambrogio e Carlo". L'architetto Piero Palumbo di Siena ha voluto imprimere una monumentalità al santuario utilizzando vari materiali. Il tempio, rivelando riminiscenze romaniche, con grandi pareti in muratura completamente disadorne, ottiene, con carattere semplice, un effetto grandioso e severo.
La cripta è dedicata alla memoria dei "Caduti Lecchesi" e ne conserva le spoglie. Alcuni affreschi, strappati dalla chiesa di San Giacomo degli Zoccolanti a Castello sopra Lecco, demolita nel 1936, hanno trovato collocazione in questo tempio: di scuola lombarda del primo '500 è la "Madonna fra Sant'Antonio abate e San Rocco", mentre attribuiti ad allievi di Gaudenzio Ferrari è la "Crocefissione".
La torre campanaria, alta 61 metri, completata il 18 ottobre 1940, custodisce la "campana dei caduti". Arrivata in città il 4 novembre 1968, in occasione del cinquantesimo anniversario della Vittoria, ogni sera alle 19, con i rintocchi dell'Ave Maria ricorda i caduti di tutte le guerre.
Il 5 novembre 1972 don Aldo Cattaneo, celebrando i quarant'anni della consacrazione, affermava che il tempio si tratta di un "santuario non di miracoli, se per miracoli si intendono guarigioni istantanee, apparizioni, lacrimazioni, ma devozionale, dove la Grazia lavora prodigiosamente nelle anime, ogni giorno, e insieme tempio civico in memoria dei Caduti per la patria, una falange dei quali attende il giorno della risurrezione nella cripta-ossario".
La festa del santuario si celebra l'otto dicembre.

La chiesa dei Santi Materno e Lucia si trova nel quartiere di Pescarenico, in piazza Padre Cristoforo. Essa era la chiesa conventuale del Convento dei Cappuccini di Pescarenico, che fu reso celebre dal Manzoni, il quale, ne I Promessi Sposi, lo cita come sede conventuale di Fra Cristoforo. Il convento non esiste più dal 1810, mentre la chiesa, ampiamente ristrutturata, è attualmente sede parrocchiale.
La chiesa fu costruita nel 1576 da Hurtado de Mendoza, cavaliere di Sant'Jago e governatore della piana di Lecco, come tempio per l'adiacente Convento dei Cappuccini. Venne dedicato, assieme alla chiesa, a San Francesco d'Assisi e affidato ai frati francescani, i quali lo adibirono ad alloggio per i confratelli provenienti da Bergamo che si recavano a Como o Domaso. Nel 1789 divenne caserma per le truppe francesi mentre nel 1810 il convento fu soppresso per volere di Napoleone Bonaparte e la chiesa venne riattata, specie nella facciata, che è attribuita all'architetto Giuseppe Bovara e dedicata a San Materno, associato più tardi a Santa Lucia, presumibilmente in omaggio al Manzoni.
L'edificio presenta la struttura tipica delle chiese francescane, caratterizzate da una semplice navata con soffitto a capanna e arconi trasversi. Dopo la soppressione del convento furono aggiunte delle cappelle sul lato sinistro della navata: la prima, detta del Crocefisso, è ricavata dall'oratorio e al suo interno si trovano un altare e delle balaustre in marmo del primo Settecento; nella seconda, dedicata all'Addolorata, è sepolto il governatore spagnolo Hurtado de Mendoza. L'altare della cappella, in legno, parrebbe un assemblaggio di elementi del tardo Cinquecento e di elementi ottocenteschi. Contiene inoltre una delle opere d'arte più singolari del Lecchese: si tratta di nove teche di vetro contenenti composizioni in cera policroma riferibili alla cultura napoletana del tardo Seicento, che rappresentano sette scene di vita di Cristo e della Vergine, oltre a due scene della vita dei Santi Francesco e Chiara. Sul lato sinistro dell'edificio si trova uno splendido dipinto di Giovan Battista Crespi detto Cerano, illustrante i patroni San Francesco e San Gregorio Magno che adorano la Trinità. All'esterno si trova un singolare campaniletto a sezione triangolare che fu danneggiato da un fulmine nel 1713 e che è stato recentemente ripristinato.

Il santuario della Madonna della Rovinata è posto alle pendici del Monte Resegone.
Le origini del santuario risalgono al 1849. A seguito di una frana che interessò l’area geografica della località, una cappelletta eretta anni prima a testimonianza della venerazione mariana della popolazione locale, rimase indenne dallo smottamento. Tale evento, giudicato miracoloso dalle genti, indusse il parroco del tempo, don Andrea Magni, ad iniziare i lavori di costruzione di una chiesetta. Il 16 agosto 1859 venne completato e consacrato l’edificio, nel quale venne posto un quadro raffigurante la Madonna dell’Addolorata, donato dal marchese Paolo Mirasole Serponti.
Tutt'oggi è oggetto di devozione, e il santuario è noto anche per la festa che si celebra annualmente alla terza domenica di settembre.

La Chiesa di Santa Marta sita nella centrale via Mascari è considerata fra i luoghi di culto più antichi della città poiché fu costruita nel Duecento ed inizialmente dedicata a San Calimero, presenta oggi una facciata porticata a vento del Settecento e ricche decorazioni barocche all'interno; la semplice navata con volta a botte è del 1615. Subì un completo restauro nel 2012.

La Chiesa di San Giovanni Evangelista si trova nel rione di San Giovanni alla Castagna in Via Don Antonio Invernizzi; fu ricostruita alla fine del XVII secolo e contiene vari arredi lignei risalenti al Seicento, una pala con la Deposizione di un seguace di Vincenzo Civerchio e una statua in terracotta dipinta della Vergine addolorata.
La Chiesa di Sant'Andrea si trova nel rione di Maggianico in via Zelioli; fu eretta parrocchia per volere di San Carlo Borromeo nel 1567, nel 1615 il Card. Federico Borromeo nella sua visita ordina la costruzione di una nuova chiesa (dando specifiche indicazioni sulla sua struttura) perché la precedente giaceva in pessimo stato e non era più sufficiente per accogliere la popolazione del periodo. I lavori si protrassero per alcuni anni fino a quando il 30 novembre 1631 venne solennemente consacrata nel giorno della festa di Sant'Andrea. L'impianto della chiesa è rimasto sostanzialmente invariato, sottolineando altresì l'opera dell'architetto Giuseppe Bovara che la restaurò e che progettò anche gli altari laterali in stile neoclassico per accogliere due polittici rinascimentali di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari. Nel 1763 venne costruito il campanile mentre per le campane bisogna attendere oltre un decennio quando il 23 gennaio 1777 giunsero a Maggianico i Crespi di Crema che predisposero tutto per la fusione delle nuove 5 campane che avvenne nel mese di aprile con grande soddisfazione del parroco Giovan Battista Conti, che fece pochi anni più tardi nel maggio 1790 fece ripavimentare la chiesa parrocchiale da Antonio Conca di Varenna. Giuseppe Bovara negli anni 20 del 1800 giunge a Maggianico restaurando il portico seicentesco, progettando il nuovo altare laterale dedicato alla Madonna, promosse e seguì in prima persona l'opera di restauro dei polittici. Nel 1843 venne costruito il nuovo altare maggiore in stile neoclassico su disegno dell'architetto Adriano Gazzari mentre le statue degli angeli sono di Gaetano Benzoni. Nei decenni successi si susseguirono le opere di restauro dell'esterno della chiesa ricavando nella facciata l'ampio rosone ad arco; mentre a fine '800 l'allora parroco Giuseppe Dell'Oro fece affrescare episodi della vita di Sant'Andrea nel presbiterio. Oltre ai grandi due polittici rinascimentali, la chiesa parrocchiali accoglie altre tele di pregio del seicento e settecento poste nel battistero.
La Chiesa di San Rocco si trova nel rione di Maggianico nella località di Barco e fu eretta nel 1843 dall'architetto Giuseppe Bovara dopo il voto che la popolazione del rione fece contro il colera.
La Chiesa di San Giovanni Battista situata nel rione di Chiuso è celebre poiché al suo interno custodisce le spoglie di Don Serafino Morazzone, parroco della chiesa dal 1773 al 1822, divenuto poi Beato nel 2011, in Piazza Duomo a Milano dai Cardinali Dionigi Tettamanzi e Angelo Amato. Ha un aspetto tipicamente romanico mentre all'interno contiene numerosi affreschi del XV secolo attribuiti a Giovan Pietro da Cemmo raffiguranti la Crocifissione ed una balaustra in arenaria del XVII secolo. Nel XIX secolo furono rinnovati la facciata ed il campanile.
La Chiesa di San Giuseppe si trova nel rione del Caleotto in via Baracca e fu eretta fra il 1947 e il 1951 su progetto di Carlo Wilhem. Nel tempio si possono ammirare i dipinti di Orlando Sora, divenute le opere maggiori e famose di questo artista molto legato alla città. La chiesa è stata dedicata, mediante una celebrazione eucaristica tenutasi il 18 marzo 2012 da parte del Cardinale Angelo Scola, a San Giuseppe, patrono dei lavoratori, poiché sorge infatti in una zona in cui, a partire dalla fine del XIX secolo e per tutto il Novecento fiorirono le più importanti industrie a livello nazionale del ferro grazie alle quali venne attribuito alla città di Lecco il soprannome di "Manchester d'Italia".

La Chiesa dei Santissimi Cipriano e Giustina sorge a pochi passi dall'ospedale di Lecco nel rione di Germanedo ma non si hanno notizie certe sulla sua costruzione anche se le poche informazioni permettono comunque di stabilire che le sue origini siano del 1500. Inizialmente dedicata solo a Santa Giustina fu dedicata a San Cipriano solo nel 1608.
La Chiesa di San Francesco d'Assisi si trova in Piazza Cappuccini, al termine di Viale Filippo Turati nel rione di Santo Stefano e fu eretta nel 1962, qualche anno dopo il ritorno dei frati cappuccini in città.
La Chiesa Dei Santi Giorgio, Caterina, Egidio si trova nel rione di Acquate ed era già esistente nel 1232 e nel tempo l’edificio subì varie migliorie fino al 1846 quando gli fu donato l'attuale aspetto neoclassico così come il campanile, il quale, in principio era una massiccia torre romanica.
Il Tabernacolo dei Bravi è una piccola cappella al lato della via pedonale Tonio e Gervasio dove la tradizione letteraria del Manzoni descrive come luogo del famoso appostamento di Don Abbondio da parte dei Bravi per riferirgli il messaggio del loro signore Don Rodrigo.

Il Monumento a San Nicolò è posizionato su un basamento tra le acque del lago a Punta della Maddalena, nei pressi della foce del torrente Gerenzone; posizionato nel 1955 e restaurato nel 2013, l'opera in bronzo ricoperta da foglie d'oro alta due metri di Giacomo Luzzana, raffigura il santo in parametri vescovili orientali nel gesto di proteggere il lago e la città.
Il Cimitero di Laorca è considerato patrimonio storico-culturale, si sviluppa attorno alle grotte del Corno Medale nella frazione di Laorca. L'anfiteatro naturale, di forte suggestione, è raggiungibile percorrendo il sentiero della via Crucis che parte dal centro dell'abitato e ospita fra gli anfratti rocciosi la chiesa di San Giovanni da cui prende il nome la grotta principale, le cappelle e il cimitero stesso.



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