sabato 11 luglio 2015

PASTURO

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Pasturo è un comune della provincia di Lecco, citato nei i Promessi Sposi del Manzoni come paese di origine di Agnese madre di Lucia Mondella. La poetessa Antonia Pozzi che trascorse a Pasturo i migliori anni della sua vita nella casa di villeggiatura della famiglia, è sepolta nel piccolo cimitero del paese. Situato ai piedi della Grigna Settentrionale e punto di partenza per le escursioni verso i Rifugi Pialeral e Brioschi è anche sede di importanti fiere locali quali la Sagra delle Sagre (agosto) e la Manifestazione Zootecnica Valsassinese (settembre).

Nella conca della Valsassina, sulle pendici orientali della Grigna Settentrionale o di Montecoden, si trova l'abitato di Pasturo, il cui nome stesso sembra indicare la feracità dei pascoli del piano e della montagna, che sono tutt'ora fra i maggiori della provincia. Il vasto cerchio di argille, marne e morene è inciso profondamente dal corso del torrente Pioverna, che poco a nord di Baiedo, frazione di Pasturo, si insinua fra due roccioni precipiti, alti circa 300 metri sul fondovalle: è lo sbarramento della Chiusa, dove la strada supera il torrente con l'antico ponte di Chiuso, luogo strategico nella vicenda storica della valle. Dalle rupi sovrastanti Baiedo, rocce rossastre di verrucano, ci raccontano che il diavolo staccasse un grande masso trascinandolo più a sud in località Alghero, dove appunto si trova la Corna del Peccato, forse un masso erratico trasportato da un ramo del ghiacciaio dell'Adda. Secondo la tradizione, su esso sono visibili le impronte delle zampe del demonio, impegnato così a conquistarsi un'anima che lo aveva sfidato, aria di leggenda circonda anche la rupe sulla quale si innalzava la rocca di Baiedo, dove ritrovamenti sporadici di punte di freccia e ceramiche del periodo neolitico fanno pensare ai primi insediamenti Valsassinesi: un corredo di bronzi attesta pure la civiltà di Golasecca (VI.V secolo a.C.), il castello insieme con la “curtis” Bruscanti (identificabile nei prati Buscanti sul Pioverna), fu possesso nel 975 della contessa Ferlenda di Lecco. Nella metà del XV secolo vi sorgeva una formidabile fortezza sforzesca, che era presidiata da Simone Arrigoni quando le truppe Francesi invasero il ducato: costui fu catturato a tradimento nel 1506 e giustiziato perché aveva congiurato per l ritorno degli Sforza. Lo stesso Leonardo, che ricorda la sua terribile fine, pare che traesse da quel forte un disegno per i suoi progetti militari, prima che fosse quasi interamente distrutto nel 1513.

Baiedo fu la patria degli Arrigoni di Vedeseta, che ebbero in Milano ragguardevoli personaggi, tra i quali Pietro Paolo, accorto presidente del Senato nella metà del Cinquecento. Due edifici religiosi della frazione. La chiesa di S. Pietro Martire, forse di origine quattrocentesca, conserva un altare barocco di ottima fattura, arricchito da un Martirio dipinto nel 1691 da Ludovico Vignati, e affraschi eseguiti nel 1886 da Luigi Tagliaferro e Antonio Sibella. Più antica anche se molto rimaneggiata è la chiesa di S. Andrea, che sorge presso il cimitero, dov'è sepolta la gentile poetessa Antonia Pozzi (1913-1938), i cui componimenti furono raccolti e pubblicati postumi da Eugenio Montale con il titolo di “Parole”. Superato il gelido torrente Grinzose, si entra nel nucleo antico di Pasturo detto un tempo della Chiesa. Numerose sono le costruzioni rustiche , che presentano ancora le caratteristiche logge di legno e portali decorati da stemmi tra i quali spiccano quelli medievali degli Zucchi. Su un grande edificio posto in via A.Manzoni n.89, si può tuttora ammirare un affresco con la Madonna e i S.s. Sebastiano e Rocco, dipinto nel 1583 da Francesco Cironi Valsolda.

La parrocchiale di San Eusebio, ricostruita nel 1597, custodisce stucchi barocchi degli Aliprandi, tele del 1645 di Aloisio Reali e un altare marmoreo di Carlo Giudici, ai lati dell'altare due quadri di Aldo Carpi, rappresentanti, uno i Funerali di Maria Vergine, l'altro Gesù che benedice i fanciulli; questi quadri furono commissionati dall'avvocato Roberto Pozzi, podestà di Pasturo per onorare la memoria della figlia: la poetessa Antonia. La cappella dei ragazzi e le stazioni della Via Crucis sono state affrescate dal pittore bellanese Giancarlo Vitali (1960). L'organo, costruito nel 1849 dalla bottega organaria Tornaghi di Monza, è collocato su cantoria e racchiuso in una pregevole cassa di noce, opera del pasturese Bonaventura Pigazzi. Gli affreschi della facciata sono del Tagliaferri. La chiesa precedente, ricordata nel XIII secolo e divenuta parrocchiale nel 1343, si sviluppava perpendicolarmente a quella odierna. Di essa rimane l'abside gotica, ora adibita a battistero, mentre la facciata con affreschi cortesi ricoperti da scialbature è incorporata in un locale attiguo al possente campanile. Di notevole interesse all'interno una Crocefissione giottesca, Santi della fine del Trecento e una rara scena della Storia di San Giuliano l'ospitaliere della metà del XV secolo. Dopo la piazza del Municipio, l'oratorio di San Giacomo e della Madonna della Cintura anticipa il nucleo detto della Crotta; l'edificio ha una tela del Reali (1660) raffigurante la Madonna della Cintura, i Santi Carlo, Antonio da Padova e Agnese; sullo sfondo il panorama del paese. Fastosi sono gli stucchi degli Aliprandi che adornano il presbiterio (1670-1673). Di pregevole fattura un pallio d'altare 'di corame in rilievo', commissionato dal parroco Lorenzo Ticozzi nel 1667, raffigurante la Madonna, San Pietro Martire e Sant'Andrea.

La statua della Madonna della Cintura, posta in una nicchia al centro dell'altare, viene portata solennemente in processione la prima domenica di settembre, giorno in cui ne ricorre la festa. Dalle strette vie del borgo si può iniziare l'ombroso itinerario della Grigna, attraverso la Cornisella, fino al Pialcral, un verde pianoro tra le valli dei Grassilunghi e dell'Acquafredda, che concorrono a formare il Pioverna. Qui sorgeva il rifugio Mario Tedeschi, ripristinato dopo la devastazione nazista, ma distrutto da un'enorme slavina nel gennaio del 1986: esso costituiva la base per l'ascensione della vetta della Grigna, che si erge con la sua bastionatura dolomitica in sintonia con l'appelativo di Pelata, registrato da Leonardo che ebbe modo di ammirarla. Dal Rifugi Luigi Brioschi del CAI, meta preferita dell'alpinismo milanese di fine secolo, la groppa del monte declina al Pizzo della Pieve, sotto cui si estendono il Prabello e la Chiesina di San Calimero, già esistente nell'anno 1343. Sulla vetta della Grigna, dietro il rifugio Brioschi è posta la bellissima chiesetta (in cristallo) dedicata a Santa Maria della Strada, da cui si gode la bellissima vista dell'arco alpino. La zootecnica è l'attività più caratteristica di Pasturo, che ogni anno, almeno dal 1919, offre un'apposita rassegna; dal 1965 inoltre, in agosto, ha luogo la Sagra delle Sagre di Prato Pigazzi, dove vengono esposti i prodotti dell'artigianato valligiano. Famose sono le casere per la stagionatura dei formaggi, che vengono prodotti anche localmente dalle aziende Doniselli, Invernizzi e Mauri, quest'ultima sorta nel 1929 e conosciuta per i suoi formaggi molli. Stracchini quadri, taleggi, robiole, gorgonzola e caprini sono prodotti tipici del paese, conosciuti in tutta la regione. Qualche industria metalmeccanica, mobiliera ed edile, insieme con l'espansione della villeggiatura, hanno permesso l'incremento abitativo del paese, che è compreso nel Parco Nazionale delle Grigne.

Un tempo gli abitanti, abili nel lavorare il ferro, usavano emigrare a Firenze e a Roma e più recentemente in America. Grazie soprattutto all'allevamento del bestiame che vi si praticava, Pasturo è stato da sempre uno dei paesi più ricchi e popolosi della valle, tanto che fin dal 1073, quando vi possedeva terre il vescovato di Bergamo, fu conteso dai nobili del tempo. Molte tombe scoperte nei dintorni a partire dal 1883 ci fanno certi della presenza dei celti e dei romani, attratti forse anche dalle miniere di piombo e di ferro, scavate ancora tra il Seicento e l'Ottocento, e dalle caratteristiche strategiche della Chiusa. Nativi di Pasturo sono Cesare Ticozzi (1760-1821), letterato e giurista, presidente di vari dipartimenti napoleonici; suo fratello Stefano (1762-1836) ne condivise la passione politica, lasciando il sacerdozio e dedicandosi anche a scritti d'arte su Tiziano e Correggio e al romanzo: ebbe successo 'Bianca Capello', edito nel 1826. Scrisse infine sulla storia della Valsassina e delle terre vicine Andrea Orlandi (1869-1945).

La casa di Agnese era un tipico edificio di architettura spontanea, con una corte antistante e porticato. La facciata lineare era alleggerita dalla presenza di archi.
Oggi purtroppo, a seguito di una recente ristrutturazione, si è perso lo stile rurale, infatti gli spazi vuoti creati dagli archi e dal sottotetto, utilizzato nel passato per riporvi legna e affini, sono stati chiusi dalle finestre e da una fascia in legno, tipica delle abitazioni di montagna.
L’edificio è residenziale e pertanto non visitabile.

Nel centro di Pasturo, prospettante sulla piazza che ha nel proprio perimetro anche il municipio, esiste un’antica chiesa intitolata a San Giacomo Apostolo che è meglio conosciuta come Santuario della Madonna della Cintura. Accenna a questo oratorio Eugenio Cazzani in San Carlo in Valsassina, spiegando che il nome di santuario della Madonna della Cintura deriva dalla «tipica devozione alla Madonna diffusa dagli Agostiniani, che fiorì a Pasturo verso la metà del Seicento. L’8 settembre 1673 mons. Salatino trovandosi in parrocchia per la visita regionale, benedisse il quadro collocato sull’altare maggiore, raffigurante la Madonna della Cintura con ai suoi piedi i Santi Agostino e Rocco. Nel 1886 detto quadro fu sostituito con una statua benedetta, l’1 settembre di quell’anno, da mons. Federico Mascaretti, vescovo titolare di Zama. La statua fu incoronata il 5 settembre 1965 dal vescovo Ambrogio Galbiati».
La devozione alla Madonna cosiddetta della Cintura ebbe origine dal seguente fatto, così descritto dal Cazzani: «Santa Monica, madre di Sant’Agostino, rimasta vedova, risoluta di imitare la Vergine anche nell’abito, la pregò di farle conoscere come vestisse dopo l’ascensione al Cielo del suo Divin Figliuolo. Maria le apparve con una veste assai dimessa, stretta ai fianchi da una cintura di pelle, che porse a Santa Monica con raccomandazione di sempre portarla, e d’insinuare tale pratica, simbolo di penitenza, a tutti i fedeli bramosi del suo patrocinio. A questa devozione i pontefici accordarono la partecipazione dei beni spirituali che sono propri dell’ordine di Sant’Agostino».
La devozione al cingolo agostiniano, che deve essere nero, è nata da una tradizione – quella riportata della visione della mamma di Agostino – non appoggiata a documenti coevi, e messa per iscritto solo molto più tardi. A Pasturo tale devozione ebbe sviluppo verso il 1660. Secondo il compianto parroco don Tullio Vitali, che si era fatto promotore, con il generoso concorso della cittadinanza, dei restauri interni del tempio, la devozione alla Madonna sarebbe approdata a Pasturo dal Cantello di Concenedo. Qui era sorto, unico in Valsassina, il monastero delle monache agostiniane di Sant’Antonio Abate, fondato come Hospitale dalla venerabile Guarisca Arrigoni, valsassinese. Niente di più facile, perciò, che un monaco agostiniano addetto al servizio del Cantello, nella vicina terra di Concenedo, sia stato il propagatore di tale devozione,
L’annuale festa si celebra la prima domenica di settembre. La statua della Madonna della Cintura, donata da Dionigi Doniselli nel 1886, viene esposta in trono e poi portata in processione per le strade del paese con una grande manifestazione di fede e d’affetto alla Vergine.

Nel 1343 si dava come costruita recentemente a Pasturo la chiesuola di Sant’Eusebio: un piccolo e angusto edificio, che aveva l’altare dove ora si scorge il vano del battistero e la porta d’ingresso vicino al campanile. La chiesa e l’altare furono consacrati il 18 novembre 1355 da Frate Agostino dei Minori Agostiniani, vicario generale dell’arcivescovo Roberto Visconti.
Questa modesta chiesetta, con qualche piccolo rifacimento, si conservò per due secoli. San Carlo, in occasione della sua prima visita pastorale (25 ottobre 1566), ne riconobbe l’insufficienza e la brutta conformazione, prescrivendo d’ingrandirla. La cosa non passò immediatamente in atto. Il curato Rognoni lasciò scritto laconicamente che i lavori iniziarono nel 1596. La fabbrica fu allungata verso mezzogiorno, venendo così a occupare in parte il cimitero più antico e altre adiacenze. I privati contribuirono numerosi, con particolare generosità. Pronta ormai la chiesa nelle sue parti sostanziali, si pensò alla consacrazione. Per incarico del cardinale Federico Borromeo, il 5 luglio 1628 Francesco Maria Abbiati vescovo di Bobbio consacrava la chiesa e l’altare. Era parroco di Pasturo don Pietro Platti, oriundo del luogo; se ebbe la consolazione di veder consacrare la chiesa di Sant’Eusebio ampliata e rinnovata, provò nei due anni successivi l’angoscia e il dolore della moria causata dalla peste, che ridusse di oltre metà il numero dei suoi fedeli.
In ossequio alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II, nel 1970 fu ristrutturato tutto il presbiterio e realizzato il nuovo altare rivolto al popolo, che venne consacrato il 22 novembre 1972 da monsignor Ferdinando Maggioni, vicario generale di Milano.
Un documentato studio di Giovanna Virgilio ci informa che la decorazione della chiesa originaria è testimoniata da lacerti di affreschi situati in un vano addossato al lato occidentale esterno della chiesa e, internamente, sulla parete sinistra della navata, in corrispondenza del vecchio presbiterio. I primi, raffiguranti San Giorgio ed un viso femminile, probabilmente di una Madonna in trono, si possono collocare nella seconda metà del Quattrocento in quanto attestano l’evoluzione del linguaggio tardogotico in senso quasi umanistico, diversamente dagli affreschi tre-quattrocenteschi all’interno della chiesa raffiguranti vari Santi e un episodio della Vita di San Giuliano l’Ospitaliero, disposti su quattro ordini senza un preciso criterio narrativo o iconografico. Seppure eseguiti da mani diverse, sono accomunati dall’accentuato linearismo verticale delle vesti, dalla ripetitività dei caratteri espressivi, dall’uso di una prospettiva incerta e funzionale all’impostazione gerarchica delle figure. Fa eccezione un Santo vescovo in trono, nel secondo ordine, che esibisce un linguaggio decisamente più maturo nell’assetto del trono e nell’impostazione figurale, di gusto cinquecentesco.
Nel presbiterio è collocato un altare marmoreo con un grande tempietto del 1777, mentre ai lati sono appesi due grandi quadri novecenteschi di Paolo Carpi.
Nella cappella sinistra è esposta una pregevole statua della Madonna del Rosario, di probabili origini seicentesche. Le pareti e il sottarco recano lacerti di affreschi tardo cinquecenteschi raffiguranti episodi della Vita della Vergine e figure di Sante.
Sul lato opposto della navata è situata la cappella dei Santi Sebastiano e Rocco, rappresentati nella pala tardo seicentesca di lieve impronta cairesca. Lateralmente sono collocate due tele del 1645 raffiguranti a sinistra il Battesimo di Sant’Eusebio e a destra Santa Restituta che presenta i figli al Papa, eseguite da Luigi Reali, autore pure di quelle del 1658: il Martirio di Sant’Eusebio e il Martirio di San Calimero sulla parete destra della navata, Sant’Eusebio vescovo e San Biagio vescovo (1643) sull’arco trionfale, e un Ritratto di Sant’Eusebio nella sacrestia. Questo pittore, si cui si è conservata una tela con San Calimero benedicente persino nella lontana chiesa di San Calimero ai Monti, lasciò in Valsassina tra il quarto e il sesto decennio del Seicento un numero considerevole di tele, dalle quali affiora una complessa cultura di origine milanese e fiorentina.
Gli affreschi ottocenteschi sulla volta della navata e del presbiterio furono dipinti da Antonio Sibella, mentre quelli della facciata da Luigi Tagliaferri nel 1873.
Notevole è l’arredo ligneo della chiesa, tra cui l’organo, del 1734, il confessionale a destr del 1781 e quello a sinistra dl 1698.

Nel 1883, nel centro dell’abitato, di fronte al municipio, venne in luce una tomba gallica nella quale si trovarono due cuspidi di lancia, un coltello e un’accetta di ferro; nella adiacenze, si scoprì altra tomba in cui si rinvenne una lunga spada; mentre gli oggetti prima citati furono consegnati al Museo di Como, la spada andò perduta.
Nel 1937, lungo la strada congiungente Pasturo alla provinciale, una tomba di incinerati diede oggetti ornamentali di bronzo, frammenti di vasi e altri oggetti che andarono perduti.



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