mercoledì 15 luglio 2015

VALSECCA

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Valsecca è un ex comune italiano della provincia di Bergamo; dal 21 gennaio 2014 è confluito nel comune di Sant'Omobono Terme.

Valsecca è sempre stato un paese di emigrazione fin dal suo nascere. L'estimo del 1476 ricorda che emigravano per vendere quel poco che producevano: oggetti di legno, panno di lana detto appunto "Valdemagnum", utensili per il lavoro dei campi e dei boschi, che venivano prodotti nei "torni a pedale" o nelle otto officine, sorte  lungo il corso del "Petola". Il 1920 e il 1946 sono date memorabili e dolorose per  Valsecca; segnano il tempo di una massiccia emigrazione.
Nel 1920 si emigra verso la Francia. Longwi ed Herserange si popola di gente di Valsecca  o della Valle Imagna, tanto da far diventare lingua locale, il dialetto Valdimagnino. Ancor oggi, dopo tanti anni, le persone che ritornano da quei paesi, non sanno una parola d'italiano, ma parlano correttamente il vecchio dialetto valdimagnino. Il 1946 segna invece l'esodo verso la Svizzera, soprattutto nel cantone francese. Sono famiglie intere che partono,  giovani coppie e per alcuni è il viaggio di nozze. Molte sono ormai le famiglie di Valsecca  residenti a La Chaux de Fondes, a Le Lode o nei dintorni pur conservando legami con il  paese d'origine, ritornando con più o meno frequenza.  Non mancano per circostanze particolari, la più importante delle quali è festa quinquennale del Santo Crocifisso, che registra un rientro, anche solo per alcuni giorni, molto forte.
Degli emigranti del 1946, alcuni sono rientrati negli anni '60 - '70, chi non è rientrato ha  conservato l'abitazione, che facilita l'occasionale ritorno. Fino agli anni novanta, massiccio era anche il fenomeno dei " frontalieri" , attualmente è quasi scomparso.

Il toponimo trova forse una giustificazione risalendo nei tempi, non tanto ai latini ma a popolazioni più antiche. La radice Sek—Seik, attestata specialmente in lingue germaniche, significa gocciolamento, stillare, defluire e questa indicazione etimologica, spiega un po' di più il toponimo Valsecca. Valsecca è una conca verde, ricca di acqua!
Il  toponimo Valsecca appare, per la prima volta, in un documento per un atto di vendita del 1169. Il monastero di Astino compra da Paolo di Pedelingo le terre che egli possedeva in località "Quada" di Valsecca in Valle Imagna. Il  toponimo ricorre ancora in un documento nel 1355, per dire che è frazione di Sant‘Omobono (atti no1. del not. Simone de Pilis, faldone 75, Archivio di Stato BG).
Gradualmente la conca di Valsecca, anche se e sempre descritta come zona di estrema povertà, si popola di molte persone, ed è ormai divenuto un paese e figura tra quelli della  Valle Imagna, che promettono fedeltà a Filippo Maria Visconti (6 agosto 1420).
Nel 1428 anche Valsecca, con tutta la valle, meno il paese di Brumano, che anche oggi fa  parte della diocesi di Milano, è ceduto dai Visconti alla Repubblica di Venezia e lo sarà per  quattro secoli. Ad essa, con tutta la valle, rimarrà fedele, anche per i benefici che dalla  Repubblica riceve.
Per questo si opporrà nel 1799 alle armate napoleoniche, non accogliendo con simpatia "il vento della libertà" tanto che, durante la dominazione napoleonica, nella caserma di Valsecca, dimora una "guarnigione di soldati francesi". Ne fa le spese anche il cappellano della chiesetta dei Carevi, che annota:" per tutto questo tempo non ho ricevuto un  quattrino per tutte le Sante Messe celebrate".
Cresciuta la popolazione, anche Valsecca, che certamente aveva già una piccola chiesa  disposta est—ovest e che é incorporata nell'attuale, diventa parrocchia.
Nel 1460 per decreto del Vescovo di Bergamo Mons. Pietro Barozio, viene staccata da  Sant'Omobono ed è eletta parrocchia con il titolo di San Marco Evangelista. Con Venezia, Valsecca vive in quegli anni i suoi momenti migliori. Nel 1476 complessivamente sono censiti 80 fuochi per un totale di 136 uomini adulti.

Nell'estimo del 1476 è ancora nominata come "contrada de Valdimania ", Alla fine del secolo XVI, Giovanni da Lezze,  scrive che é ente autonomo, comprendente anche Falghera. Da allora é sempre citato  come ente autonomo fino al 1809. Nell'epoca napoleonica, con la "concentrazione" dei  2 comuni, perde la sua autonomia diventando unico comune con Mazzoleni , Cepino, Falghera e Costa lmagna.
La riacquista nel 1816 ( compartimento territoriale della libertà) e,  da allora, è sempre stato comune autonomo.
In tutti i documenti Valsecca è sempre nominato come paese povero: “ A Valsecca- Falghera non si raccoglie grani ne vini, solamente castagne per 6 mesi l’ anno, e carboni  intorno ai cento sacchi“.
Ci sono un po' di animali, ma l'economia della famiglia è sempre povera. Per venire  incontro alla povertà della gente, nei secoli passati, nasce una "Pia Istituzione" che  giornalmente distribuisce pane ai poveri.
Un quadro, che si trova in sacrestia, raffigura "il curato Sibella che distribuisce il pane ai  poveri. La prima strada rotabile arriva a Valsecca solo nel 1872. L‘emigrazione è stata sempre, per tutti i tempi, la fonte più ricca di sostentamento.

Le origini del paese dovrebbero comunque risalire al periodo medievale quando il territorio, fino ad allora scarsamente antropizzato, vide un incremento abitativo dovuto alle lotte tra guelfi e ghibellini.

Queste infatti costringevano alcuni esponenti dell'una o dell'altra fazione (nonostante la valle fosse considerata una sorta di feudo guelfo) ad abbandonare i propri luoghi d'origine e di trasferirsi in posti al riparo dalle persecuzioni avverse, tra cui appunto la zona di Valsecca, in cui si costituirono numerose piccole contrade, tra cui Feniletto, Butella, Roccolo, Fraccio, Cornello, Carevi, Capagnone e Costa.

Gli abitanti stessi infatti, cercarono di mantenersi estranei alle dispute di potere, cosa che garantì loro tranquillità al riparo da scontri e ritorsioni sia durante le suddette lotte, sia dopo l'avvento della Repubblica di Venezia, che fece coincidere i propri confini territoriali con quelli del comune, dotandolo di alcune fortificazioni e di una caserma della gendarmeria, volte a controllare anche gli scambi commerciali con la vicina città di Lecco.
Soltanto negli ultimi decenni il turismo e la conseguente rivalorizzazione del territorio hanno arginato questo fenomeno, dando nuova linfa al paese.

L'edificio di maggior richiamo è indubbiamente la chiesa parrocchiale di San Marco evangelista. Edificata nel corso del XV secolo, ma soggetta a successivi ampliamenti (XVIII secolo) e ristrutturazioni (XX secolo), presenta al proprio interno dipinti di buon pregio, ma soprattutto un crocefisso in legno opera di frà Giovanni da Reggio.

La chiesa di San Marco Evangelista fu costruita verso la fine del 1400, rimaneggiata più volte nel corso dei secoli. Al suo interno vi sono pregevoli opere tra le quali una "Madonna con Bambino e Angeli" del 1400, scolpita in bassorilievo su marmo con uno stile che richiama quello dell'Amodeo; una "Adorazione dei Magi" del '600 di Carlo Ceresa; un "San Marco in adorazione"  del 1729 di Francesco Quarenghi; la Via Crucis del '700 di Gaetano Peverada e altre tele del XVII e XVIII secolo.
Accanto alla parrocchiale sorge l'oratorio del Santissimo Crocefisso dove, oltre la bella cupola affrescata con un Concerto d'Angeli, si conserva un miracoloso crocefisso, opera probabilmente di Frà Giovanni da Reggio (1654), a cui si attribuisce il merito di aver salvato il paese dalle numerose epidemie di colera che infestavano la valle nel corso dell' '800. Ancora oggi, ogni cinque anni, nel mese di luglio, la statua viene tolta dalla cappelletta ed esposta all'adorazione dei fedeli per una intera settimana.

Accanto alla quattrocentesca chiesa parrocchiale di Valsecca, sulla sinistra, tra la chiesa e  il cimitero, uno dei pochi o forse l'unico rimasto dopo l'editto Napoleonico, c'è una piccola  chiesetta, sull'architrave del portale c'è una data 1902, ma non è l'anno della sua costruzione, ma della sua ristrutturazione.
In essa è conservata l'immagine di Cristo morente in croce. A quando risalga la piccola cappella non si sa. Occupava la navata attuale ma era "indecente e pericolosa" (cronicon parrocchiale) .
L'ampliamento del 1902 e opera dell'ing. Don Antonio Piccinelli. "Demolita la vecchia sacrestia" vi aggiunge la cupola, l'abside, ritocca il piccolo campanile e, sul davanti, un portico che avrà poi ritocchi nel 1964.
Gli affreschi della volta e della cupola, che richiamano i segni della passione del Signore sono dei pittori bergamaschi Gaetano Oberti e Giovanni Cavalleri. Nel 1970 è stata  restaurata con ritocchi, secondo le mode del tempo. l buoni fedeli di Valsecca nel 1894 però, avevano progettato di costruire al loro Crocifisso, una dimora più ampia e degna, ma "per una catena di avvenimenti, una peggiore dell'altra" non fu possibile e la costruzione,  iniziata per la custodia del Crocifisso divenne, non so per quali strade, prima scuola elementare e poi sede del comune di Valsecca »
Sia dell'immagine del Crocifisso che della chiesetta,  le notizie si perdono nel tempo e ci si  affida ad una "pia tradizione". L'autore dell'immagine è ignoto anche se oggi la si attribuisce a Fra Giovanni da Reggio Emilia. Per l'epoca lo si fa risalire alla metà del  settecento ma, sia l'immagine che la chiesetta potrebbero essere anteriori.  Infatti, dalla visita pastorale del Vescovo Mons. Pietro Milani, tenutasi a Valsecca il 15 X 2 settembre del 1604, tra le prescrizioni c'è anche questa: "allargare il buco del santuario acciocchè sia capace a ricevere ciò che si getta nel santuario". E' il santuario del Santo Crocifisso?
Un altro particolare che mette in dubbio questa Pia tradizione potrebbe essere il quadro di San Marco Evangelista, collocato al centro dell'abside della chiesa parrocchiale, dipinto da Francesco Quarenghi nel 1729.
La pergamena che San Marco sta scrivendo è un' ode alla croce. Come mai? Era già molto viva la devozione al Santo Crocifisso? Nell’abside della chiesa si può ammirare una tela del '600, di scuola veneta, raffigurante l'invenzione della S. Croce. Perché questa scelta? Non c‘e difatti documentazione scritta, per ora, il primo ed unico documento scritto, è un piccolo opuscoletto stampato nel 1884 dalla tipografia Daniele Legrenzi. L'autore è probabilmente un prete oppure lo stesso parroco. Scrive perché: "non seppi rifiutarmi alle istanze di alcuni devoti che mi pregarono di scrivere un breve cenno per far conoscere la benedetta effige di Gesù Crocifisso, che si venera a Valsecca".
Il piccolo libretto narra come il santo Crocifisso sia giunto a Valsecca. Rifacendosi ad una "pia tradizione" lo dice portato a Valsecca, alla metà del settecento, da Bortolo Belli. Questo Bortolo Belli, era uno dei tanti ambulanti dl Valsecca di quel tempo che "viaggiava in quelle parti per ragioni di traffico", vendendo oggetti di uso casalingo, costruiti nelle fucine del paese o ai torni a pedale durante le giornate invernali. Lo aveva trovato o comprato ad Intra, sul lago Maggiore, e l'aveva portato a spalle fino al suo paese.
Le due "B" presenti sulla vecchia croce, come attesta una vecchia fotografia, confermerebbero questa tradizione, lasciando però  l'incertezza del tempo.  Il Santo Crocifisso è descritto così: "Il devoto Simulacro di grandezza più che naturale è  scolpito in legno, (da restauro del 1996 il legno e il tiglio), con finissimo lavoro ed é  racchiuso in bella nicchia dorata, che si innalza sopra il gradino dell’altare e forma con esso un solo disegno.
Attorno alla croce vi sono tre graziosi angioletti in atto di raccogliere con un calice il  Preziosissimo Sangue; questi sono per nulla sgradevoli, sia per la naturalezza delle forme,  come per il devoto espressivo atteggiamento".
Continuando nella narrazione, l'autore descrive poi la cappella, che era molto più piccola dell'attuale, ma in discrete condizioni con due affreschi di Antonio Sibella, pittore valdimagnino, raffiguranti uno la deposizione di Cristo dalla croce, l'altro I'Addolorata dipinti non molto tempo prima, essendo ancora vivente l'autore. Toccante è la descrizione che fa del santo Crocifisso "Essa rappresenta  Gesù spirante,  ed è artisticamente bella; massime la testa viene giudicata classica, non potendo si immaginare espressione più viva ne più eloquente.
L'autore è ignoto; ma i pregi dell'opera sua rilevano un genio illuminato e scorto dalla fede e dall'amore, poiché non avrebbe potuto scolpire a si nobili tratti l'agonia divina di Gesù, chi non fosse avvezzo a contemplare il Crocifisso con lo sguardo di un'anima profondamente cristiana.  Nei lineamenti di quella faccia adorabile si legge lo spasimo dell’atroce supplizio, santificato da una pazienza divina, addolcito da quell’ineffabile misericordia, che pose sulle labbra del morente Gesù la preghiera del perdono per gli stessi crocifissori. Non si può fissare lo sguardo in si pietosissima immagine senza sentirsi toccare il cuore di tenerezza e di compunzione; e ricordare all’anima l'intera storia dell'amore di un Dio, che per la salvezza delle sue misere creature, volle vivere e morire sazio di obbrobri e sitibondo ancora di pene".
La devozione al Santo Crocifisso, inizialmente fu solo della popolazione di Valsecca, ma per alcuni avvenimenti eccezionali, si è diffuso in tutta la valle. L'autore ricorda il colera del 1836, un’ epidemia del 1849, ancora il colera del 1855 e del 1867, "e tutti quelli che sollevarono Io sguardo, il cuore e la prece a Gesù Crocifisso furono liberati dal morbo fatale".
Queste circostanze contribuirono a divulgare la devozione al Santo Crocifisso oltre i confini di Valsecca e della valle, per cui " grazie continue spirituali e corporali ricevono coloro che con umiltà e fiducia, ricorrono a Gesù Crocifisso lo attestano i numerosi voti di cui si vedono coperte le pareti di questa di vota cappella.  In ogni bisogno privato e pubblico, tutti ricorrono a lui.

La chiesa dedicata a S. Giovanni Battista in località Cornello è sorta nel 1774 per esigenze di un prete residente, Don Giovanni Rota, che ritenendo difficoltoso raggiungere ogni giorno la chiesa parrocchiale, trasforma in chiesetta una stanza della sua casa.

Il turista che cammina per la strada o meglio lungo le mulattiere di Valsecca, non può non sorprendersi e meravigliarsi degli affreschi delle tante cappellette. Ce ne sono infatti 27, senza contare gli affreschi sulle pareti delle case o, in piccole nicchie, sulle pareti delle stalle. Alcune sono veramente belle! Sono quasi tutte dell'800, molte portano anche l'autore dell'affresco: sono il Riva, il Tagliaferri e  A. Sibella.
L'immagine ricorrente é la Madonna, vista nelle varie devozioni. Anche queste hanno  sperimentato l'incuria dl questi ultimi anni; l‘affresco è rovinato o totalmente scomparso.  Se questo turista non si è stancato e mantiene viva la sua curiosità, girando per le varie  frazioni di Valsecca, sparse su colli e vallette, può sempre imbattersi in qualcosa di interessante: una stalla del 1456, una casa del 1490, qualche nucleo abitativo, che ha conservato la caratteristica del tempo, come il Gromo e Campagnone.
Sosterà davanti alla caserma, sforzandosi di leggere il suo cartiglio quasi illeggibile: " ` A CASERMA DE l (iure) L (legis) TER (territoriale) GENDARMERIA.

Divisa dal resto della valle dallo sperone di Rota Fuori, con il campanile che potrebbe fare da faro alle due valli", ha a destra la Coma Rossa, a sinistra la Camozzera ed è chiusa dal monte Serada. Valsecca è una conca "riccamente coperta di boschi, di prati e di colli; e su quel manto di lieta verzura, rotto da severe e bizzarre rupi, spiccano gli sparsi casolari ": il Gromo, il Cornello, i Carevi, Cafrago ed ha al centro la bella chiesa di San Marco Evangelista.
In tutto questo verde, senti il rumore dei suoi ruscelli che, dopo tante piccole cascate e dopo aver formato tanti piccoli laghi, spumeggiando tra rocce nere e bianche giungono  impazienti al "Petola" per poi confluire nell’Imagna.

Valsecca offre un clima salubre, un'aria pulita, una grande tranquillità, il verde di tutti i suoi boschi ed il chiaccherio dei suoi numerosi ruscelli.
Anche se paese povero e piccolo, Valsecca si è fatto conoscere dando i natali a persone che hanno fatto conoscere in Italia e nel mondo, questo sperduto paese della Valle lmagna
Carlo Maria Baracchi nato il 2 ottobre 1688 e morto a Parma nel 1762. Provinciale dei "Servi di Maria", solo per la sua volontà non volle accettare incarichi più alti, fu profondo teologo, poeta, oratore sommo. Ha lasciato parecchie opere, in parte stampate.
Don Antonio Sibella più noto come" curato di Valsecca", ma parroco di essa per 36  anni e vicario foraneo della Valle Imagna. Nato il 27 aprile 1728 e morto, in concetto di  santità, il 16 gennaio 1801. Venerato in vita, la devozione è continuata anche dopo la sua morte ed è giunta fino a noi. E' sepolto al centro della chiesa di Valsecca e la sua tomba è sempre meta di devoti.

Di questo secolo noto e anche il Dott. Alessandro Moscheni, grande chirurgo e, a  quel tempo, famoso ostetrico.

Arch. Alessandro Moscheni: patriota delle guerre dell'indipendenza, e nato il 28 aprile 1798 . Arrestato e condannato a morte per cospirazione contro il governo del tempo,  per decreto aulico dell’11 aprile 1835, la pena le fu commutata in carcere duro a vita, da scontarsi allo Spilber, dove ebbe come compagno di cella, Silvio Pellico.

Prof Dott. Don Francesco Bugada, nato il 17 gennaio 1858 e morto il 17 maggio  1930 e alunno di Giosuè Carducci e, se i tempi fossero stati migliori, possibile successore  alla cattedra di letteratura Italiana all‘Università di Bologna, latinista di fama. Fu insegnante  indimenticabile di latino e greco nel collegio di Celana per molti anni.

Ing. Marco Todeschini: nato il 25 aprile 1899 e morto il 13 ottobre 1988. Scienziato di  fama mondiale per la sua ricerca sui fenomeni dell'universo, illustrati nelle sue due opere fondamentali: " Teoria delle apparenze - Psicobiofisica ", membro d'onore di 25 Accademie italiane ed estere, è stato candidato al premio Nobel nel 1969.



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