mercoledì 23 settembre 2015

I RAVE

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Un ragazzo di 21 anni è morto a Parigi nel pieno della festa di musica techno Technoparade. Il giovane è caduto dalla statua di Place de la Republique. Un volo di diversi metri che non gli ha lasciato scampo. E' morto poco dopo l'arrivo dei soccorsi.

Non sono ancora chiari i motivi che hanno spinto il ragazzo a salire sul monumento. Molti partecipanti alla festa hanno postato su Twitter e Facebook il video del ragazzo che, da solo e nudo, si arrampica fino in cima alla statua. Poi scivola giù fino al piedistallo, precipitando da un'altezza di oltre 10 metri.

La parola rave deriva dal verbo inglese to rave, che significa "entusiasmarsi" ma anche "farneticare", "recriminare". Queste due caratteristiche distinguono la musica rave e i rave party (svolti sempre all'aperto) dal resto del genere elettronico e dalle serate in discoteca, in quanto il rave nasce dallo spirito di protesta e contestazione propri degli anni ottanta.

Rave party  è il termine utilizzato alla fine degli anni ottanta per descrivere le prime feste con musica elettronica (acid house, tekno, jungle, drum & bass, goa, ), caratterizzate dal ritmo incalzante di musica dance e giochi di luce. Negli ultimi anni il termine è usato per indicare tutte le feste in cui non vengono richieste autorizzazioni e assolti gli obblighi quali pagamento diritti d'autore, rispetto di normative igienico-sanitarie nella somministrazione di cibo e bevande ecc...

La nascita dei rave risale alla fine degli anni ottanta, in un clima di generale contestazione politica, in un momento in cui negli Stati Uniti come in Europa si formano controculture tese a denunciare problemi politici, difficoltà economiche e disagi sociali.

Un rave illegale mette in scena vari elementi:

affronto alla proprietà privata attraverso l'occupazione di spazi abbandonati delle grandi città e la loro autogestione temporanea (TAZ, Zone Temporaneamente Autonome);
attacco alle forme di produzione commerciale delle discoteche, al valore del denaro, ai rapporti sociopolitici di dominio nel governo della metropoli;
negazione della "star" come i DJ;
autoproduzione come concetto di massa (dalla produzione stessa della musica alla creazione di una vera e propria microeconomia alternativa);
approccio con empatia e stati alterati di coscienza;
ricerca di una consapevolezza comune, grazie alla condivisione di conoscenze su un uso creativo e sovversivo della tecnologia;
uguaglianza nelle diversità, al di fuori della politica tradizionale.
Una delle influenze più marcate della scena dei rave è stata la controcultura hippy che ha dato vita al movimento dei traveller, come nomadi che organizzavano grandi fiere gratuite, luogo di incontro per tutti i movimenti di controcultura, dai punk alle Crew che organizzavano feste acid house illegali a Londra.



Nacque così il concetto di "festa libera" che si politicizzò in "freedom for the right to party", diventato slogan di resistenza alla legislazione conservatrice messa in atto dal governo conservatore del Regno Unito nel corso degli anni ottanta.

I primi rave trovano vita nelle fabbriche abbandonate delle metropoli statunitensi, e più precisamente nelle fabbriche di Detroit, per poi espandersi in Gran Bretagna e nel resto dell'Europa. Con la momentanea invasione di un'area industriale ormai in disuso (in inglese TAZ, ovvero Temporary Autonomous Zone Zone Temporaneamente Autonome) si vuole stigmatizzare la condizione sociale di migliaia di operai disoccupati e celebrare la liberazione dell'uomo dalla catena del lavoro; per un'intera notte quel luogo riprenderà vita e le macchine fino ad allora produttrici di merci saranno teatro di una nuova, forte espressione musicale che si esprime in un suono senza strumenti né spartiti, ma scandito da suoni elettronici e casse ritmiche. Anche nella scelta dei suoni, che vengono campionati e poi mixati con il computer, si ritrova l'imprescindibile legame che il rave ha con la metropoli, nella quale nasce e si sviluppa; si tratta spesso di suoni provenienti dalla realtà urbana, sirene, antifurti, suoni di macchinari industriali. La musica techno è segnata fin dalla sua nascita dalla marginalità rispetto alla società, sviluppandosi fra le minoranze, nei club di Houston e Chicago frequentati per lo più da omosessuali e afroamericani.

Dagli Stati Uniti il fenomeno dei rave si diffonde in Europa e soprattutto in Gran Bretagna, dove l'influsso della cultura psichedelica figlia degli anni settanta dà vita a un nuovo genere musicale, l'acid house, che segnerà l'inizio dell'associazione tra i rave e il consumo di droghe e soprattutto la nascita del rave illegale. Negli USA infatti, i rave rimangono nei club; è in Gran Bretagna che il consumo di droghe determina la repressione governativa e la chiusura dei club, portando migliaia di persone a proseguire la loro festa fuori dalle città, organizzando feste illegali.

Negli anni novanta la cattiva immagine di questo nuovo genere di musica si trasformò rapidamente in un fenomeno diffuso e condiviso soprattutto tra i giovani. Col passare del tempo i rave persero il loro valore di protesta, diventando manifestazioni legali regolamentate in moltissimi locali come le discoteche.

Nella metà degli anni novanta, in Francia, in particolare sotto l'influenza della Spiral Tribe (i primi ad usare il termine Free sui loro volantini, piuttosto che Rave), iniziarono a diffondersi i Free Party, una innovazione, sia musicale (grazie all'evoluzione dei software musicali) sia ideologica del rave party ormai scomparso e diventato fenomeno di moda.

Nel 1996, in risposta al Criminal Justice Act, si sviluppa un'azione di protesta a livello globale racchiusa nello slogan "Reclaim the streets", che consiste nell'occupazione di spazi metropolitani, azioni di disturbo del traffico urbano attuate in bicicletta (massa critica) e nell'organizzazione di street party, una nuova forma di corteo danzante caratterizzato dalla presenza di migliaia di persone che ballano seguendo i carri sui quali sono montati i sound system. A Londra, lo slogan Reclaim the streets si avvale di diversi connotati sociali, politici ed economici; esso infatti abbraccia la protesta ecologista contro la speculazione stradale, la stigmatizzazione dell'auto come simbolo del vivere urbano, la reazione alla repressione poliziesca nei confronti dei rave. Da queste parate musicali improvvisate discendono le attuali manifestazioni realizzate in tutta Europa, note sotto il nome di Street Rave Parade.



Fra le principali rave parade a livello mondiale, la storica Love Parade di Berlino e la Street Parade di Zurigo. Per l'Italia si ricorda la Street Rave Parade di Bologna. Quest'ultima, a differenza delle parate di Berlino e Zurigo è più impuntata ad essere un'unione tra festa e manifestazione con contenuti politici. Pur essendo eventi autorizzati dalle autorità governative, i rave autorizzati sono oggetti di critiche e polemiche.

Ad esempio, la decima edizione della street parade di Bologna ha contrapposto il sindaco Sergio Cofferati e gli organizzatori della manifestazione, il centro sociale Livello57. Prevista per il 25 giugno 2006, la street parade si è infine svolta il 1º luglio dopo aver sollevato numerose polemiche circa la sua organizzazione. Il sindaco di Bologna, le forze dell'ordine e il comune ne hanno osteggiato il carattere itinerante a causa dei danni riportati dalla città nelle edizioni precedenti e dell'ostentata vendita e consumo di stupefacenti tra i partecipanti. Per questo la sua proposta è stata quella di organizzare la Street all'arena Parco Nord o al centro agroalimentare, nella periferia della città. Dopo questo braccio di ferro si è infine giunti ad un accordo e la manifestazione si è svolta mantenendo il suo carattere itinerante ma è stato limitato il numero di diffusori sonori presenti ed è stato accorciato il percorso autorizzato ad un solo chilometro, contro i 7,5 degli anni passati. Alla fine però i ravers hanno deviato il corso della street parade e hanno percorso una strada più lunga passando per le strade non predisposte, creando disagi agli automobilisti della città.

Il fenomeno dei rave party ha trovato nei social networks lo strumento di comunicazione ad una larga base delle date e dei luoghi degli appuntamenti.

Nel 2001 in Francia è stato varato un decreto legge (legge Mariani) che vieta l'organizzazione di rave senza l'autorizzazione dei prefetti locali, non consente il raduno di oltre 250 persone e prevede in caso contrario il sequestro dell'impianto e conseguenze penali per gli organizzatori. La norma prevede anche il dispiegamento di agenti o, nei casi giudicati pericolosi per la pubblica sicurezza, il divieto di adunarsi. Il decreto Mariani ha avuto la sua prima applicazione nella serata del 9 agosto 2001, quando 120 poliziotti hanno interrotto un rave party nella campagna di Bourg-Saint-Andéol, nell'Ardèche (sud della Francia), sequestrando l'impianto di diffusione sonora e arrestando 700 persone per spaccio di droga.



Andare a un rave, significa non solo andare a manifestazioni il cui accesso è gratuito, (contrariamente alle discoteche tradizionali dove occorrono soldoni per entrarci, altri per consumare un cocktail e fondamentalmente trovare lo stesso schifo che si trova a una “festa”, con la differenza dei lustrini e delle cubiste) ma evadere in tutto. Dimenticare per un attimo la dura realtà: del lavoro, della situazione familiare, di un amore finito, delle piccole e grandi delusioni che ognuno può avere, specie quelle particolarmente dure che non si riesce a comprendere da non adulti.. Certo “artificiale” è il metodo, sintetica come le droghe con cui si accompagna, la non realtà che si “vive” nelle feste illegali. Già illegali ma perché? Prima negli Usa, poi in Gran Bretagna e nel resto d’Europa, la nascita del fenomeno rave legato al consumo di droghe e la conseguente repressione che ne è seguita, ha fatto sì che le “feste” fossero organizzate fuori città, nei boschi, in mezzo alle campagne, o in capannoni industriali dimessi (come per recuperare quello spazio che nessuno si sentirebbe di darti). Illegali perché non autorizzate ufficialmente quindi, non perché diverse da una ordinaria serata sballo nelle discoteche “ufficiali” dove si accalcano ogni week end centinaia di ragazzini con tacito consento di mamma e papà. Gli stessi che a frittata fatta scendono dalle nuvole chiedendosi com’è possibile? “Mio figlio…era un bravo ragazzo che non faceva male ad una mosca”. Beh, cari genitori, insegnanti, educatori, psicologi, sociologi, politici. Basta vedere le file interminabili che si creano nei bagni di quest’ultime per capirci un po’ di più su cosa accada realmente al loro interno ( a meno che si tratti di un’epidemia viscerale improvvisa che coglie tutti all’improvviso). Chetamina, (anestetico usato dai veterinari per addormentare i cavalli), popper, acidi e mdma, speed, cocaina e chi più ne ha più ne metta girano ovunque, non soltanto tra gli zombi dei rave. E poi al rave,non vanno solo tossici o disagiati mentali: c’è quello di sinistra, di destra, di centro, c’è l’operaio che si spacca la schiena per pochi euro a settimana come il figlio del professionista, del poliziotto; lo studente dell’università pubblica e quello che fa il master da 40mila euro; il ragazzo “ribelle” e la ragazza della porta accanto. Insomma tutti, senza distinzione di alcun genere. Probabilmente gli stessi che vanno alle Street Parade, quelle sì rave istituzionalizzati, autorizzati da questo e quel Comune, perché magari promotori di un messaggio “politico” o molto più semplicemente mezzo di “sensibilizzazione” su un particolare tema del momento. Ma allora, come si può fare a fermare “la rave generation” prima che il problema venga sommerso di nuovo dalla polvere, o fino a quando non ci sarà un'altra madre che piange ripetendo la stessa domanda? Alla politica l’ardua sentenza. Di sicuro parlare di autorizzazioni non ha senso, visto che i rave sono assembramenti clandestini (dove e quando ci sarà la festa si sa anche mezz’ora prima tramite tam tam di sms o con l’infoline, magia di libertà creata da Internet, anch’essa realtà virtuale e incontrollabile per ironia della sorte). Di conseguenza anche intervenire preventivamente sui luoghi prescelti ( a meno che non si possa mobiliate centinaia di pattuglie delle forze dell’ordine spargendole per le campagne, i boschi e i capannoni di mezza Italia) diventa difficile se non improponibile. E poi anche quando Polizia, Carabinieri o Guardia di Finanza dovessero imbattersi in 10mila persone collassate in una “festa” che già dura da giorni che possono fare? Spegnere i muri di casse che sparano la musica a tutto volume? Deportarne tutti e 10mila, completamente strafatti? Del resto non c’è da dimenticare che in Italia c’è il diritto di riunione. E non è vietato l’uso della droga per sé, ma è punito lo spaccio. Nemmeno li si può stringere, come ormai avviene per tutto, nelle ganasce fiscali o dei balzelli che già soffocano altre attività legali, perché dietro ai rave non c’è impresa, non esiste chi si arricchisce e chi si impoverisce. E’ cultura dello sballo allo stato puro. Fuga dalla realtà e dai suoi problemi, a cui,che ci piaccia, prima o poi si torna. Almeno fino a quando il “down” dell’ennesimo acido non ti permette di ritornarci più.



Sovraffollamento, musica techno ad alto volume e condizioni igienico sanitarie scarsissime sono le caratteristiche principali dei rave party. Si tratta di condizioni che, a detta degli studiosi, possono provocare delle disfunzioni neurologiche molto simili a quelle che si provano con l’assunzione dell’ecstasy, anche se non si fa uso di droghe. Questo è il risultato al quale è approdata la ricerca condotta dal Dipartimento di Patologia Molecolare IRCCS Neuromed di Pozzilli, in provincia di Isernia, i cui risultati sono stati pubblicati sull’autorevole rivista Pharmacological Research.

La ricerca ha sottoposto i topi di laboratorio ad un ambiente molto simile a quello che si può vivere durante un rave party e i risultati delle conseguenze sono stati molto simili a quelli registrati dopo l’assunzione dell’ecstasy. Fra i molti, i più intensi hanno interessato l’alterazione della capacità dell’apprendimento e la memoria. Le condizioni ambientali che si vivono durante un rave party andrebbero, infatti, ad interagire con una particolare zona del cervello, l’ippocampo, e a toccare in particolare la proteina Tau, che si rivela essere un componente critico della struttura cellulare dei neuroni.



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