mercoledì 14 ottobre 2015

BREME LOMELLINA



Breme è un comune posto nella bassa Lomellina, alla confluenza tra il fiume Po ed il Sesia.

È sede di un antico monastero che acquisì grande importanza nel 929, quando vi si trasferirono i monaci dell'Abbazia della Novalesa, distrutta dai Saraceni nel 906.

Dal punto di vista civile, Breme è noto fin dal X secolo, quando apparteneva al Comitato (contea) di Lomello. Nel 1164 è citato tra i centri della Lomellina posti sotto il dominio di Pavia; nell'elenco delle terre pavesi del 1250 appare come Bremide. Sotto i Visconti è sede di podesteria; i Visconti lo infeudano dapprima agli Adorno, e nel 1439 a Pietro Visconti, lontano congiunto del duca di Milano. Breme resta signoria dei suoi discendenti fino al XVIII secolo, quando il feudo è acquistato dagli Arborio di Gattinara, già signori di Sartirana Lomellina, che sono nominati Marchesi di Breme. Breme, posto al confine tra il ducato di Milano e il Monferrato, fu un'importante piazzaforte di forma pentagonale: nel 1638, presa dai Francesi, fu riconquistata dagli Spagnoli dopo un lungo e sanguinoso assedio. Nel 1707 entrò a far parte con la Lomellina dei domini dei Savoia.

L'origine del nome deriva dal latino "Bremis" o "Remetum". Secondo gli storici il nome potrebbe derivare da Bremo, duce dei Galli, oppure da Brema, città della Bassa Sassonia.

Il primo documento che porta testimonianza del piccolo borgo risalge al 929: un diploma del re Ugo, datato a Pavia il 24 luglio di quell'anno, conferma le donazioni fatte dal marchese Adalberto d'Ivrea, padre di Berengario II Re d'Italia, ai monaci dell'abbazia di Novalesa, tra le quali le "corti" di Breme e di Pollicino. Nello stesso anno inizia la costruzione dell'abbazia ad opera dei frati benedettini.

La storia dell'abbazia benedettina di Breme è strettamente collegata a quella dell'abbazia di Novalesa, in Val di Susa. Qui, sulle pendici del Moncenisio, a controllo dell'importante strada che univa i regni dei Franchi e dei Longobardi, viene fondato nel 726 un cenobio destinato a diventare, nel volgere di pochi anni, una delle abbazie più celebri d'Europa, centro di vita religiosa e spirituale, ma anche punto di riferimento culturale; la fama del suo scriptorium e della sua biblioteca travalica le Alpi ed il monastero è sotto la protezione di Carlo Magno.

All'inizio del X secolo (il 906) questa potente abbazia sembra sul punto di soccombere; dalle loro basi in Provenza, i saraceni si affacciano al di qua delle Alpi, portando ovunque saccheggio e distruzione. Donniverto, ultimo abate dell'abbazia di Novalesa e primo di quella di Breme, piuttosto che affrontarli, preferisce riparare a Torino con i suoi monaci, portando con sé gli arredi sacri, gli oggetti preziosi e una parte della biblioteca. Da qui, infine, vengono presi sotto la protezione del marchese Adalberto che, come abbiamo visto, dona loro alcuni possedimenti, tra cui Breme.

Nel 929 inizia, quindi, la costruzione dell'abbazia di Breme, e viene fondato l'Ordine Monastico dei Bremetensi; in seguito, nel 973, Papa Giovanni XIII conferma la nuova abbazia dedicata a San Pietro, che diviene centro del potente Ordine Bremetense, con privilegi e possedimenti in tutto il Piemonte. Nel 1543 questi monaci si fondono con gli Olivetani, fanno erigere il campanile e, sulle rovine dell'antica fortezza, edificano il nuovo monastero. L'Abbazia Bremetense viene soppressa nel 1784 da Vittorio Emanuele I. Tutti i beni passano nelle mani dello stato ed i monaci Olivetani si devono trasferire a Novara, nel convento di Santa Maria delle Grazie.

Politicamente Breme è dapprima feudo dei Visconti di Milano, quindi degli Arborio di Gattinara. In seguito viene ingrandito da Mercurino, gran cancelliere di Carlo V, che acquista vaste terre limitrofe. Nel 1164 Federico Barbarossa concede l'Abbazia ed il feudo di Breme al marchese di Monferrato, Guglielmo V. Successivamente, la località è teatro della lotta egemonica tra Pavia e Milano, e l'antica rocca riporta danni gravissimi. Nel 1635 i duchi sabaudi ed il maresciallo francese De Crequì fanno costruire una fortezza a forma pentagonale a due porte, dopo aver demolito varie abitazioni e parte del convento di San Pietro. La fortezza, in grado di accogliere fino a 1.500 uomini, dopo aver resistito a numerosi fatti d'armi ed a lotte furibonde di predominio, cade in mano agli spagnoli, che, per non fornire al nemico una base sicura in caso di conquista, decidono di distruggerla.

L'Abbazia di San Pietro attualmente è quello costruito dagli Olivetani intorno alla metà del ‘500 e radicalmente restaurato un secolo dopo, in seguito allo smantellamento delle fortificazioni sabaude.

Il corpo principale è quello disposto attorno all’attuale cortile delle scuole, l’antico chiostro del monastero, ma facevano parte del complesso abbaziale anche i fabbricati del cortile, legati all’edificio principale da un arco sul quale si nota, molto sbiadito, l’emblema dei frati Olivetani. Completava il monastero il giardino terrazzato, situato a sud dell’edificio principale e chiuso da un muro di cinta.
La chiesa abbaziale era situata sul lato nord del chiostro ed era «orientata», cioè rivolta verso Oriente, verso Gerusalemme, come tutte le chiese antiche. La facciata si trovava dove oggi c’è il cancello d’ingresso al chiostro e il presbiterio, posto sopra la cripta, era rialzato rispetto al piano della navata, come spesso si nota nelle chiese romaniche. Di essa non rimane più nulla, salvo alcuni archetti decorativi di stucco sul muro nord.

Si è invece ben conservata la cripta della chiesa abbaziale, probabilmente tra i primi edifici costruiti e dunque databile intorno all’anno 1000.
È difficile ricostruire, sulla base di quanto è rimasto, la disposizione dei locali all’interno del monastero; con ogni probabilità, al piano terreno erano situati i locali comuni: la sala capitolare, il refettorio, lo scriptorium, l’erboristeria-farmacia, mentre al primo piano trovavano posto l’appartamento dell’abate e le celle dei frati.

Nell’ala ovest, l’attuale municipio, che costituiva l’ingresso al monastero, vi erano dei locali «di rappresentanza», mentre la casa a fianco, isolata rispetto al corpo principale del monastero, era adibita a foresteria. La parte rustica, con i servizi legati alle necessità del monastero (mulino, forno, officina, granai, stalle, ecc.), era probabilmente situata nel gruppo di fabbricati a nord della chiesa, nel cortile adiacente. Nei sotterranei, infine, trovavano posto i magazzini, la dispensa, la cantina, la ghiacciaia e la cucina; quest’ultima, in particolare, si è ben conservata e merita una visita: situata accanto al pozzo dell’acqua, vi troneggia un monumentale camino e alcuni fornelli in muratura. Anticamente, dal locale adibito a cucina si poteva accedere al refettorio, attualmente utilizzato per altre destinazioni urbane.
E’ possibile inoltre, visitare la ghiacciaia ancora molto ben conservata scendendo le scale dall’atrio dell’ingresso dell’attuale Palazzo Comunale.
La cucina è periodicamente utilizzata per scopi didattici dalle scolaresche di Breme e dei paesi limitrofi.

Alla cripta dell'abbazia vi si accede da un’apertura posta sul lato posteriore del fabbricato, scendendo due brevi rampe di scale ricavate, nel ‘600 nello spessore del muro.
Vi era un secondo accesso, oggi murato, dalla navata sinistra della chiesa, che è attualmente visibile (ma non visitabile, in quanto situato in un’abitazione privata) nel cortile adiacente. Lunga poco più di 11 metri e larga 6, la cripta è orientata come tutte le chiese preromaniche e romaniche ed è divisa in tre navatelle da quattro colonne cilindriche in pietra e da quattro pilastri in laterizio, di epoca più tarda.
Il muro che la chiude sul lato occidentale, verso il chiostro, le quattro colonne in mattoni e parte delle volte soprastanti presentano una muratura in laterizio di mediocre fattura tarda settecentesca.
Probabilmente, in antico, la cripta continuava per altre tre campate.
Tutto il resto della muratura perimetrale interna è in laterizio frammisto a ciottolo di fiume e il pavimento si presenta ora acciottolato.

Le quattro colonne in pietra, di cui una è in marmo bianco venato, potrebbero provenire, come pezzi di recupero, da edifici di epoca romana dalla vicina Lomello.

La chiesa parrocchiale dedicata alla B.V. Assunta, è anteriore alla fondazione dell’abbazia. Il marchese Adalberto d’Ivrea infatti, nel suo atto di donazione ai monaci di Novalesa, parla delle «corti di Breme e di Pollicino», e il termine «curtis» nell’alto medioevo indica un possedimento fondiario autosufficiente, dotato di mulino, forno, cantina, officina e, naturalmente, di una chiesa. Il fatto poi che alla chiesa fosse annesso un battistero testimonia l’importanza che Breme aveva nella zona, come punto di riferimento tra i paesi limitrofi.
La costruzione della chiesa risale ai secc. X - XI, ma vi si scorgono tracce murarie di epoche precedenti. Lo stile è tipicamente romanico; la facciata, originariamente «a capanna», venne modificata nel XIII sec. con il rialzo della navata centrale e forse l’aggiunta delle due navate laterali; alla stessa epoca risale anche il bel campanile quadrato, situato posteriormente sul lato sinistro della chiesa. La muratura è principalmente in laterizio, con mattoni di diverse dimensioni alternati a ciottoli di fiume e sistemati in modo irregolare, tanto da far ritenere che in origine la facciata fosse intonacata e, forse, affrescata. Le cappelle laterali, che ampliano il volume complessivo dell’edificio, sono state aggiunte nel secolo scorso. Il sottogronda della navata principale e delle navate laterali è ornato da un motivo in mattoni «a dente di sega», tipico di molte costruzioni romaniche.
L’interno, molto rimaneggiato, è a tre navate, con abside semicircolare e senza transetto, come si nota spesso nelle chiese romaniche di area lombarda. I pilastri che sostengono la navata centrale, in laterizio e a sezione quadrata, sono affiancati e rinforzati da semicolonne di marmo (aggiunte nel 1933), come pure le arcate tra i pilastri. Il soffitto a cassettoni, dovuto anch’esso ai restauri del 1933, sostituì la bassa volta, neanche quella originaria, costruita nel secolo scorso.
Sempre ai restauri del 1933, dovuti al prevosto don Carlo Ferrandi, si deve la sistemazione attuale del presbiterio: fu costruito l’arco che lo separa dalla navata, sul quale sono affrescate figure di santi che fanno corona intorno alla Vergine Assunta; fu costruito il nuovo altare maggiore, sovrastato da un alto ciborio; sull’altare un grande crocifisso sostituì la pala d’altare (di autore anonimo, raffigurante la discesa dello Spirito Santo sopra la Vergine e gli Apostoli, si trova attualmente in sagrestia)

Il battistero, situato sul lato destro della chiesa, è un gioiello dell’architettura romanica paleocristiana.
La struttura esterna è poligonale, con muratura in laterizi misti a ciottoli di fiume, affiorante qua e là dall’intonaco sgretolato. La volta è spaccata da un lanternino, di epoca posteriore.
Sul lato est è situata una piccola abside, ora tutt’uno con la chiesa, che doveva forse costituire il nartece d’ingresso al battistero.
L’interno, ora adattato a cappella di S. Barnaba, è stato oggetto di importanti restauri eseguiti dal prevosto don Giovanni Battista Amiotti negli anni 1896-98 (e, pare, suggeriti dall’allora vescovo mons. Merizzi).

La pavimentazione fu rialzata in modo da coprire la vasca battesimale (a immersione, come in tutti i battisteri paleocristiani) e fu sfondata una parete, così da metterlo in comunicazione con la chiesa; a tutto l’insieme, poi, venne conferita un’intonazione neoclassica.

La chiesa di San Sebastiano, costruita nei primi anni del XVII secolo, era originariamente dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano ed era sede di una delle numerose confraternite esistenti allora in paese.

Nell’interno, costituito da un’unica navata, è pregevole l’altare in marmi policromi intarsiati, nel tipico stile del barocchetto piemontese.

Sull’altare un crocifisso ligneo sec. XVII, sulla destra lo stendardo della Confraternita, con dipinta la scena del martirio di S. Sebastiano.

La chiesa di Santa Maria di Pollicino è un oratorio campestre situato a circa 2 km dal paese sulla strada per Candia Lomellina. La chiesetta, sicuramente preesistente alla fondazione dell’abbazia, era una pertinenza della «curtis» di Pollicino o Polliciano (l’etimologia, per alcuni studiosi, è derivata da «Padi limus», ossia palude del Po).
La curtis, identificabile con l’attuale cascina Rinalda, era uno dei possedimenti donati da Adalberto d’Ivrea ai monaci di Novalesa.

Lo stile romanico è stato più volte modificato dai numerosi restauri e rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli. Sappiamo, dalla relazione di una visita pastorale, che nel 1576 aveva ancora un «portico» sulla facciata, l’altare di serizzo e le pareti interne affrescate, particolarmente l’abside; questi affreschi, oggi completamente scomparsi, erano già sbiaditi all’epoca della visita, perché il visitatore apostolico ordinò che «fossero rinnovate le pitture».
Subì un nuovo restauro radicale nel 1897 e un ultimo nel 1958, quando fu rifatto il soffitto a capriate, il selciato esterno e l’altare.
Al centro dell’abside è collocata la statua lignea della madonna, seduta con il bambino in braccio, opera di un anonimo scultore del ‘400.
Attualmente la chiesa è di proprietà della famiglia Tagliabue, visitabile su richiesta.

L'Obelisco eretto a testimonianza del passaggio di San Carlo Borromeo al monastero di Breme avvenuto nell’anno 1579.
Nel viaggio di ritorno per la visita alle chiese di Valmacca e Frassineto Po, appartenenti alla vasta Diocesi di Milano, Carlo Borromeo rimase colpito dall’imponenza dell’abbazia e decise di fermarsi per una breve sosta.
L’accoglienza dei monaci e della comunità fu talmente calorosa che Carlo Borromeo si fermò anche per la recita del Santo Rosario.
La colonna fu innalzata nel 1623 e da allora ogni giorno, al tramonto, un rintocco di campana viene dato a ricordo del Suo passaggio.
L’obelisco nel 1623 fu posizionato nella piazza principale del paese di fronte al Corpo di Guardia. Nel 1877 fu spostato al centro di Piazza Marconi ed in seguito, nel 1923, fu collocato ai piedi della Piazza d’armi, oggi Piazza della Chiesa.

Il Monumento ai caduti, nel 1924 fu realizzato nella Piazza G. Marconi poi, negli anni 60, è stato spostato nella Piazza antistante l’Abbazia di San Pietro, oggi sede del Municipio.


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