lunedì 5 ottobre 2015

SE C'ERA IL DUCE......

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In questi ultimi tempi spesso si sente dire : " se c'era il Duce...." ma cosa ha fatto di così strabiliante?

Se non c’era il Duce col cavolo che prendevi la pensione, visto che l’INPS la inventò lui!
Il primo sistema pensionistico in Italia a tutela dello stato di sopraggiunta invalidità sul lavoro o nel caso di impossibilità al lavoro per vecchiaia venne costituito nel 1898 quando venne introdotta la CNP, Cassa Nazionale di Previdenza nella quale venivano iscritti i lavoratori di alcune categorie e definitivamente dal 1919 quando l’ente divenne CNAS (Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali) prevedendo l’iscrizione obbligatoria per tutti i lavoratori.

Se non c’era il Duce e ti ammalavi, peggio per te, non prendevi lo stipendio.
Con la legge 11 gennaio 1943 n.138 venne istituita la prima Cassa Mutua di Assistenza di Malattia che offriva tutele minime ai soli lavoratori dipendenti del pubblico impiego e nulla per gli altri. L’indennità di malattia è un dono della repubblica democratica visto che venne istituita con decreto legislativo del Capo provvisorio dello stato nr.435 del 13 maggio 1947 l’INAM, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro le malattie, riformato nel 1968 che assisteva tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private. E nel 1978, con Legge 23 dicembre 1978, nr. 883, veniva estesa, oltre che l’indennità retributiva in caso di malattia, anche il diritto all’assistenza medica con la costituzione del Servizio Sanitario Nazionale.

Il Duce ha inventato la Cassa Integrazione Guadagni per aiutare i lavoratori di aziende senza lavoro.
Nel 1939, tramite circolari interne, veniva prevista la possibilità, prevista senza un reale quadro normativo per poterla applicare, visto che allora era totalmente inutile. L’Italia, già coinvolta nelle guerre nelle colonie (Libia, Abissinia) si stava preparando all’entrata in guerra al fianco della Germania e l’industria (soprattutto quella bellica) era in gran fermento, motivo per cui non solo si lavorava a turni pesantissimi ma si assistette addirittura al primo esodo indotto di lavoratori dall’agricoltura all’industria. La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.

Quando c’era il Duce non vi era disoccupazione in Italia.
Vero, anche se in maniera discutibile. Unica precisazione da fare è che tale evento non era giustificato dal reale stato di benessere dell’economia ma da due eventi ben precisi: l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie (e l’artigianato) che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito lavoravano a pieno regime. Per contro, l’accesso al lavoro era precluso a tutti coloro che non sottoscrivevano la tessera del Partito Nazionale Fascista, sanzione che era estesa anche ai datori di lavoro che eventualmente li impiegassero. Motivo per cui durante il fascismo assistemmo ai primi flussi migratori, di tutti coloro che per motivi politici non intesero allinearsi al regime ma avevano una famiglia da mantenere. Francia (prima dell’invasione nazista), USA, Argentina, Brasile e Africa le direttive principali dell’emigrazione Italiana: anche mio bisnonno da parte di padre fu costretto ad emigrare in Etiopia visto che nella Romagna nessuno intendeva rischiare dando lavoro a uno privo della tessera del partito. Gli extracomunitari attuali non esistevano visto che venivano direttamente sfruttati in loco nelle colonie, mentre i migranti erano i nostri poveri che non volevano tesserarsi al partito, motivo per cui in Italia, chi non lavorava per la guerra era indotto ad emigrare.



Se non c’era il Duce le grandi strade in Italia non venivano costruite.
Anche questo non è vero, visto che la necessità di realizzare infrastrutture in Italia fu un’idea di Giovanni Giolitti durante il suo quinto governo (15 giugno 1920/7 aprile 1921), avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture, sviluppo industriale dimostratosi necessario dal confronto con le altre grandi potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale. Tale “rivoluzione” non potè essere attuata da Giovanni Giolitti, prima, e dal governo Bonomi che ne seguì solo per i sette mesi che resse a causa del boicottaggio e dell’ostruzionismo politico da parte del nascente fascismo, prima generico movimento popolare (1919) e poi soggetto in forma di partito dal 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista.

Quando c’era il Duce il popolo stava meglio!
Anche questa è un’affermazione discutibile. Infatti, a seguito delle sanzioni internazionali irrogate nel 1936 all’Italia a seguito dell’invasione dell’Etiopia, il 18 novembre di quell’anno venne indetto il “Giorno della fede” in cui gli italiani furono invitati, in teoria, a donare tutto il proprio oro alla Patria ricevendo, in cambio delle fedi nuziali (gli sposati) anelli in ferro con la scritta “ORO ALLA PATRIA – 18 NOV.XIV” che qualche anziano possiede ancora. Teoricamente perché, malgrado fosse fatto su invito volontario, chiunque venisse colto a possedere oro proprio anche in casa, veniva perseguito come traditore e nemico della patria dalle squadre del Fascio Littorio, ripassati (come si diceva allora) a manganello ed olio di ricino. E sempre per sostenere la guerra in Abissinia ed Eritrea prima, quella al fianco dei tedeschi poi, venne imposta l’autarchia: tutti i prodotti di importazione vennero soppressi come la maggior parte del grano utilizzato per la pasta e sostituito dall’”italico” riso, come ad esempio il caffè, sostituito dal “surrogato” fatto con cicoria tostata e il the, sostituito dal “coloniale” karkadè, misura che complessivamente peggiorò di molto la qualità della vita del popolo.
E il sequestro ai contadini della produzione agricola: agli agricoltori, come i miei parenti nell’alto forlivese, veniva imposta una elevata produzione agricola di cui solo una piccola parte veniva lasciata al contadino per il consumo personale e la vendita al mercato mentre una quantità esosa veniva “prelevata” dai fascisti locali “per il bene della patria”. E anche gli animali da carne.
Furono anni in cui calò l’allevamento dei maiali, animale ingombrante, oneroso da mantenere, visibile e quindi facilmente “prelevabile” in favore dell’allevamento del coniglio, più piccolo, più discreto e quindi più facilmente nascondibile; nel paese di Santa Sofia di Romagna (FC), tutta la collina della frazione di Camposonaldo, zona impervia da esplorare, divenne prima che territorio e base dei partigiani luogo di allevamento abusivo dei conigli, quelli che le famiglie contadine mangiavano la domenica e nei giorni di festa malgrado le disposizioni del regime.



Il Duce amava l’Italia.
«Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (fonte: L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 37): e così fu, visto che nella disastrosa “campagna di Russia”, solo per compiacere Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata e fornita nelle sue operazioni di guerra, persero la vita ufficialmente 114.520 militari sui 230.000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti UNIRR stimano in circa 60.000 gli italiani morti durante la prigionia in Russia. Il Duce amava talmente l’Italia da aver introdotto leggi razziali antisemite nel 1938 solo per compiacere l’alleato nazista, inutili perché in Italia gli ebrei, a differenza che in Germania, non avevano un’importanza rilevante in un sistema economico di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio. E i fascisti, soprattutto durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) collaborarono attivamente ai massacri di rappresaglia a seguito delle operazioni partigiane e alla deportazione nei lager di cittadini italiani.
In Italia inoltre il fascismo fu istitutore e gestore di “lager”: la bibliografia ufficiale stima 259 campi di prigionia, alcuni normali campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania, altri ancora autentici campi di sterminio come la Risiera di San Sabba a Trieste, dove il tenore dei massacri era inferiore solo ai campi di Germania e Polonia.

Il Duce diede il voto alle donne.
Errato, perché le donne erano ammesse alle votazioni solo per piccoli referendum locali mentre erano escluse al voto per le elezioni politiche. La prima volta che le donne furono democraticamente ammesse al voto fu al referendum repubblica/monarchia del 1946.

I numeri del fascismo in Italia:
42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale.
28.000 anni complessivi di carcere e confino politico.
80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica.
700.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive “operazioni di polizia”.
350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale.
45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno.
640.000 internati militari nei lager tedeschi di cui 40.000 deceduti ed i 600.000 e più prigionieri di guerra italiani che languirono per anni rinchiusi tra i reticolati, in tutte le parti del mondo.
110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all’estero.
Migliaia di civili sepolti vivi tra le macerie dei bombardamenti delle città.
Innumerevoli combattenti degli eserciti avversari ed i civili che morirono per le aggressioni fasciste.

Il programma politico, economico e sociale alla base degli atti di governo di Mussolini è antitetico a quello liberale: Mussolini voleva costruire una società corporativa, mentre il liberalismo economico, figlio dell’Ottocento, è una teoria del conflitto (ma un conflitto visto in positivo, al contrario del marxismo che invece ne propugna il superamento per via rivoluzionaria). Per questa ragione un liberale affermerebbe che pensioni, agro pontino e mille altri atti di governo concreto mussoliniano erano inseriti in una visione globale antitetica a quella, appunto, liberale: e pertanto erano ottime idee sprecate sull’altare di un progetto totalmente errato, liberticida, da respingere qui e per sempre.




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