domenica 1 novembre 2015

LE FAMIGLIE ALLARGATE

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Il padre, la madre e i figli sotto lo stesso tetto: per molto tempo è stato il modello classico di famiglia. Ma oggi, disorientati dagli obblighi imposti dalla genitorialità o temendo di lasciarsi sfuggire occasioni importanti nella vita, sono molte le coppie con figli che ritengono di essere incompatibili e di separarsi. In oltre il 67% dei casi, i figli restano con la madre. Quando i genitori "si rifanno una vita", ovvero quando decidono di vivere con un nuovo/una nuova partner, il figlio si trova ad avere a che fare non più con due genitori uniti e poi separati, ma con quattro persone adulte che esercitano su di lui la loro autorità. Davanti a una situazione talvolta confusa, il figlio si ribella rendendo difficili le relazioni delle nuove coppie.

C’è chi- da adulto- mantiene in vita una  condizione da “single ad oltranza”, chi invece transita da un partner all’altro, adottando meccanismi di difesa a causa di un paura importante dell’ intimità, chi ancora fa  le “prove generali” con la convivenza, perché letta e vissuta come una possibile via di fuga dalle catene matrimoniali.
I sentimenti di oggi, sembrano avere caratteristiche di provvisorietà, sono a termine, part time e la dimensione di coppia non è più una speranza, ma una minaccia.
Molti coniugi, pur vivendo all’interno di un matrimonio naufragato, vedono la separazione come un trauma da dover evitare ai loro figli e rimangono intrappolati in una coppia dove non sono ne felici ne tristi, ne se stessi ne liberi, mantenendo in vita coppie/famiglie con un tasso elevato di infelicità cronica.
Altri protagonisti di amori infelici, temono per eventuali crolli economici, estorsioni e salatissimi alimenti, vivendo in una condizione di indigenza affettiva, ma di libertà economica.

Entrare in una vita familiare e scombinare certi equilibri rischia di far sentire chi arriva come un intruso. A volte l’incontro improvviso con dei bambini è già di per sé scombussolante, se si viene da esperienze da single senza figli.  

La difficoltà per il “nuovo arrivato” è anche quella di non sapersi collocare, non darsi un ruolo, aver paura di eccedere o di tenersi troppo in disparte. Sentirsi, per il partner, in secondo piano rispetto ai figli. Qualche volta anche rispetto all’ex coniuge. Possono smuoversi tutta una serie di fantasie, di aspettative, di ansie da rendere tutto più complicato. 
In un certo senso, infatti, si deve inventare un nuovo rapporto con i “figli dell’altro”, che non è quello del padre o della madre, né dell’amico/a. La relazione non è solo di coppia ma anche con i bambini e richiede impegno a livelli affettivi diversi. Ma se c’è accordo nella coppia nascente, non c’è rivalità con il genitore naturale e non si tenta di prendere il suo posto, possono nascere rapporti gratificanti e profondi, alle volte addirittura meno opprimenti dei comuni rapporti tra genitori e figli.



Certo, non è facile, immediato o scontato e diversi aspetti sono da tenere in considerazione: mettersi dalla parte del bambino, cercare di capire quanto andiamo ad impattare la sua vita, considerare le sue esigenze. Ed essere consapevoli che per elaborare esperienze esistenziali di questo tipo, ci può essere bisogno di tempo. Il bambino o ragazzo può avvertire il nuovo legame come un tradimento con il genitore che non è più in casa, aver paura di nuovi separazioni, sentirsi rivale, avvertire contrasto tra il nuovo arrivato e il padre (o la madre), avvertire nuove responsabilità, non voler deludere il genitore con il quale vive né l’altro. Autenticità, disponibilità, empatia sono gli ingredienti necessari per avvicinarsi ed entrare in contatto con questa persona. 

Essere empatici, cercare di mettersi dalla parte del bimbo o ragazzo, capire cosa sta provando e quali sono le sue esigenze.
Non stare sulla difensiva, non agitarsi di fronte alle provocazioni del bambino. Il tenersi alla larga del bambino può significare il volersi difendere da possibili separazioni, rifiuti, abbandoni.
Evitare di giudicare. Non fare paragoni, non criticare quello che fa il bambino, trattenersi soprattutto nei primi periodi.
Accettare il bambino per quello che è. Non è come lo vorremmo, non può fare quello che vorremmo, bisogna rispettare la sua storia familiare.
Non irrigidirsi in comportamenti ostili, impuntandosi su chi ha ragione e chi no, essere elastici nei rapporti.
Essere disposti al cambiamento, a modificare qualcosa di se stessi, fondamentale per entrare in un processo di relazioni nuove.
Non assumersi responsabilità che non competono. Si entra in relazioni già consolidate, si incontrano bambini in un certo momento della loro vita con abitudini e comportamenti acquisiti che possono anche non cambiare mai.
Non fingere amore nei confronti del figlio se fin dall'inizio non riuscite ad andare d'accordo: il figlio avvertirà la menzogna e perderà la fiducia nell'adulto appena entrato nella sua vita. Meglio aspettare di abituarsi l'uno all'altro.



Insomma, è consigliabile parlare molto con il figlio: questo aiuterà il genitore presente a imporre la sua scelta di un nuovo compagno (o compagna). Ovviamente, questo non impedisce che il figlio provi dei moti di rivolta contro questa situazione: di fatto, non è lui la causa dello scompiglio familiare. Inutile quindi mettere mano all'ascia di guerra: la calma e la fermezza sono le armi più efficaci per riuscire a superare insieme gli ostacoli.

I confini della famiglia non chiari, la mancanza di modelli, la presenza di stili e valori diversi così come fratelli di età differenti, possono diventare punti di forza. Permettendo ad ognuno di essere più creativo, meno legato a ruoli prefissati nei rapporti con gli altri, libero di scegliere chi amare e con chi avere rapporti più stretti. In sostanza, si possono avere maggiori risorse rispetto alla famiglia nucleare. Se ci concentriamo sulla realtà psicologica invece che su quella istituzionale, è la qualità dei rapporti che regge il sistema familiare, più le relazioni sono buone tra tutti, più si vive in una dimensione di Famiglia, di casa, si sente di appartenere, al di là di membri non consanguinei, non conviventi, non riconosciuti giuridicamente.

Il nuovo compagno o compagna non gode di alcuno statuto giuridico agli occhi del figlio del partner. Al contrario, ha una serie di responsabilità e di doveri nei confronti del figlio del compagno (o compagna). Ed è proprio questa ambiguità a riaccendere spesso lo scontro tra gli ex: il genitore biologico infatti mal sopporta le scelte, in particolare scolastiche, del nuovo compagno o compagna dell'ex-coniuge. Il figlio si ritrova quindi in ostaggio, prigioniero delle liti tra adulti: nessuno di loro riesce più a imporre la propria autorità e il figlio approfitta di questo malessere, sbottando con frasi del tipo: "Non sei mio padre per cui non mi dai ordini", che contengono anche un rimprovero al padre biologico per la sua assenza. Nonostante gli sforzi messi in atto, il nuovo compagno (o compagna) si sente preso in giro; la storia d'amore tra i due adulti si trasforma nello scontro di influenze che può talvolta portare alla rottura della relazione sentimentale.

Il figlio percepisce l'arrivo del nuovo compagno della madre o della nuova convivente del padre come un intruso che viene a rompere l'intimità conquistata a prezzo della separazione dei suoi genitori. Volontariamente o inconsapevolmente, può tentare di sabotare questa nuova relazione, tanto più se non ha rinunciato a voler "ricucire" il rapporto tra i suoi genitori. Quindi, non è solo rendendosi simpatici ai suoi occhi, sorridendogli, coprendolo di regali o assecondando tutti i suoi capricci che il nuovo arrivato riuscirà a vivere serenamente con lui.




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