venerdì 4 dicembre 2015

SANTA BARBARA



Iddio, che illumini i cieli e colmi gli abissi,
arda nei nostri petti, perpetua,
la fiamma del sacrificio.
Fa più ardente della fiamma
il sangue che scorre nelle vene,
vermiglio come un canto di vittoria.
Quando la sirena urla per le vie della città,
ascolta il palpito dei nostri cuori
votati alla rinuncia.
Quando a gara con le aquile
verso Te saliamo,
ci sorregga la Tua mano piagata.
Quando l'incendio, irresistibile avvampa,
bruci il male che si annida nelle case degli uomini,
non la ricchezza che accresce la potenza della Patria.
Signore, siamo i portatori della Tua croce,
e il rischio è il nostro pane quotidiano.
Un giorno senza rischio non è vissuto,
poichè per noi credenti la morte è vita,
è luce: nel terrore dei crolli,
nel furore delle acque,
nell'inferno dei roghi.
La nostra vita è il fuoco,
la nostra fede è Dio
Per Santa Barbara Martire.

Santa Barbara (Nicomedia, 273 – 306 circa) è venerata come santa e martire dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa. Benché non vi siano dati certi sulla sua vita, la sua figura è divenuta leggendaria grazie alla Legenda Aurea e il suo culto molto popolare per il fatto di essere considerata protettrice contro i fulmini e le morti improvvise e violente.

Nacque nel 273 d.C. a Nicomedia in Bitinia e Ponto, provincia asiatica dell'impero romano (oggi Izmit, in Turchia).

La leggenda vuole che suo padre Dioscoro, di religione pagana, l'avesse rinchiusa in una torre per proteggerla dai suoi pretendenti. Inoltre, per evitare che utilizzasse le terme pubbliche, egli gliene fece costruire di private. Barbara, vedendo che nel progetto vi erano solamente due finestre, ordinò ai costruttori di aggiungerne una terza, con l'intenzione di richiamare il concetto di Trinità. Quando il padre vide la modifica alla costruzione, intuì che la figlia poteva esser diventata cristiana.

La madre di Barbara aveva già abbracciato segretamente la religione cristiana, finendo col rivelare il suo segreto alla figlia. Questa, dopo aver sentito alcune delle preghiere, percepì Gesù all'interno del suo cuore, diventando così cristiana e coinvolgendo nella sua nuova passione anche la sua amica Giuliana, che convinse a convertirsi e a pregare insieme a lei.

Il padre decise allora di denunciare sua figlia al magistrato romano che, in quei tempi di persecuzione, la condannò alla decapitazione, prescrivendo che la sentenza venisse eseguita proprio dal genitore, dopo due giorni di feroci torture. Queste iniziarono con una flagellazione con verghe, che secondo la leggenda si tramutarono in piume di pavone (e per questo motivo spesso nella sua iconografia la santa è raffigurata tenendo in mano delle lunghe piume), quindi venne torturata col fuoco, ebbe le mammelle tagliate e fu quindi decapitata. Era il 4 dicembre dell'anno 306. Secondo la leggenda, Dioscoro procedette all'esecuzione, ma subito dopo venne ucciso da un fulmine, interpretato come punizione divina per il suo gesto. Con lei soffrì lo stesso martirio anche Giuliana.

Esistono diverse tradizioni sul luogo del martirio e della deposizione del corpo: la tradizione indica in Nicomedia il luogo del suo martirio. Tra le tante leggende sul luogo della sua morte una di queste, storicamente infondata e non avvalorata dall'antica tradizione, riferisce che il martirio avvenisse a Scandriglia e il corpo sia stato poi trasferito a Rieti nel X secolo per metterlo in salvo dalle scorrerie saracene: qui divenne patrona della città e le fu dedicata la cappella più ricca della Cattedrale. Un'altra vuole il martirio avvenuto in Egitto e le reliquie trasferite a Costantinopoli, da dove i veneziani, alla fine del X secolo, le avrebbero portate a Venezia, e di lì a Torcello e poi a Murano. Oggi i resti della Santa riposano nella Cappella omonima a Burano.

Viene festeggiata dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa il 4 dicembre (giorno in cui la Chiesa universale la ricordava prima che venisse cancellata dal calendario liturgico generale), data del suo martirio.



È invocata contro la morte improvvisa per fuoco, perciò gli esplosivi ed i luoghi dove vengono conservati sono spesso chiamati "santabarbara" in suo onore. È patrona dei minatori, degli addetti alla preparazione e custodia degli esplosivi, degli armaioli e più in generale, di chiunque rischi di morire di morte violenta e improvvisa. Molto invocata dai militari, è anche la protettrice della Marina Militare, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle armi di Artiglieria e Genio. È anche la protettrice dei geologi, dei montanari, dei lavoratori nelle attività minerarie e petrolifere, degli architetti, degli stradini, dei cantonieri, degli artisti sommersi e dei campanari, nonché di torri e fortezze.

Nel culto popolare è uso rivolgersi a Santa Barbara recitando la seguente preghiera: "Santa Barbara Benedetta, liberaci dal tuono e dalla saetta".

Come patrona delle attività principali del gruppo ENI le è stata dedicata la grande nuova chiesa costruita a Metanopoli, quartier generale del gruppo, per decisione di Enrico Mattei.

Alla santa è dedicata la caserma 'Santa Barbara' dell'Esercito Italiano, situata ad Anzio e attualmente sede della Brigata RISTA - EW. La Caserma della scuola di artiglieria contraerei di Sabaudia (LT), La Caserma sede dell'Artiglieria a Cavallo (Voloire) sita a Milano. Come protettrice dei Marinai della Marina Militare, un'immagine della Santa viene sempre posta nei depositi munizioni delle Unità Navali e delle caserme. Il 4 dicembre a bordo delle Unità Navali della Marina Militare, secondo la tradizione, si dona un fascio di rose rosse al 1º Direttore del Tiro di bordo. È tra le Sante più venerate al mondo, specie in sud America, Asia, Europa e Stati Uniti.

Santa Barbara è la Santa che rappresenta la capacità di affrontare il pericolo con fede, coraggio e serenità anche quando non c'è alcuna via di scampo. È stata eletta, infatti, patrona dei Vigili del Fuoco, in quanto protettrice di coloro che si trovano "in pericolo di morte improvvisa".
La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella cattedrale di Rieti.
Esistono molte redazioni in greco e traduzioni latine della passio di Barbara; si tratta, però, di narrazioni leggendarie, il cui valore storico è molto scarso, anche perché vi si riscontrano non poche divergenze. In alcune passiones, infatti, il suo martirio è posto sotto l'impero di Massimino il Trace (235-38) o di Massimiano (286-305), in altre, invece, sotto quello di Massimino Daia (308-13). Né maggiore concordanza esiste sul luogo di origine, poiché si parla di Antiochia di Nicomedia e infine, di una località denominata 'Heliopolis ', distante 12 miglia da Euchaita, città della Paflagonia. Nelle traduzioni latine, la questione si complica maggiormente, perché per alcune di esse Barbara sarebbe vissuta nella Toscana, e, infatti, nel Martirologio di Adone si legge: 'In Tuscia natale sanctae Barbarae virginis et martyris sub Maximiano imperatore'. Ci si trova, quindi, di fronte al caso di una martire il cui culto fino dall'antichità fu assai diffuso, tanto in Oriente quanto in Occidente; invece, per quanto riguarda le notizie biografiche, si possiedono scarsissimi elementi: il nome, l'origine orientale, con ogni verosimiglianza l'Egitto, e il martirio. La leggenda, poi, ha arricchito con particolari fantastici, a volte anche reali, la vita della martire: si tratta di particolari che hanno avuto un influsso sia sul culto come sull'iconografia. Il padre di Barbara, Dioscoro, fece costruire una torre per rinchiudervi la bellissima figlia richiesta in sposa da moltissimi pretendenti. Ella, però, non aveva intenzione di sposarsi, ma di consacrarsi a Dio.
Prima di entrare nella torre, non essendo ancora battezzata e volendo ricevere il sacramento della rigenerazione, si recò in una piscina d'acqua vicino alla torre e vi si immerse tre volte dicendo: 'Battezzasi Barbara nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo'. Per ordine del padre, la torre avrebbe dovuto avere due finestre, ma Barbara ne volle tre in onore della S.ma Trinità. Il padre, pagano, venuto a conoscenza della professione cristiana della figlia, decise di ucciderla, ma ella, passando miracolosamente fra le pareti della torre, riuscì a fuggire.
Nuovamente catturata, il padre la condusse davanti al magistrato, affinché fosse tormentata e uccisa crudelmente. Il prefetto Marciano cercò di convincere Barbara a recedere dal suo proposito; poi, visti inutili i tentativi, ordinò di tormentarla avvolgendole tutto il corpo in panni rozzi e ruvidi, tanto da farla sanguinare in ogni parte. Durante la notte, continua il racconto seguendo uno schema comune alle leggende agiografiche, Barbara ebbe una visione e fu completamente risanata. Il giorno seguente il prefetto la sottomise a nuove e più crudeli torture: sulle sue carni nuovamente dilaniate fece porre piastre di ferro rovente. Una certa Giuliana, presente al supplizio, avendo manifestato sentimenti cristiani, venne associata al martirio: le fiamme, accese ai loro fianchi per tormentarle, si spensero quasi subito. Barbara, portata ignuda per la città, ritornò miracolosamente vestita e sana, nonostante l'ordine di flagellazione. Infine, il prefetto la condannò al taglio della testa; fu il padre stesso che eseguì la sentenza. Subito dopo un fuoco discese dal cielo e bruciò il crudele padre, di cui non rimasero nemmeno le ceneri. L'imperatore Giustino, nel sec. VI, avrebbe trasferito le reliquie della martire dall'Egitto a Costantinopoli; qualche secolo più tardi i veneziani le trasferirono nelle loro città e di qui furono recate nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Torcello (1009). Il culto della martire fu assai diffuso in Italia, probabilmente importato durante il periodo dell'occupazione bizantina nel sec. VI, e si sviluppò poi durante le Crociate. Se ne trovavano tracce in Toscana, in Umbria, nella Sabina. A Roma, poi, secondo la testimonianza di Giovanni Diacono (Vita, IV, 89), San Gregorio Magno, quando ancora era monaco, amava recarsi a pregare nell'oratorio di Santa Barbara. Il testo, però, ha valore solo per il IX sec.; comunque, è certo che in questo secolo erano stati costruiti oratori in onore di Barbara, dei quali fa testimonianza il Liber Pontificalis (ed. L. Duchesne, II, pp. 50, 116) nelle biografie di Stefano IV (816-17) e Leone IV (847-55).
Barbara è particolarmente invocata contro la morte improvvisa (allusione a quella del padre, secondo la leggenda); in seguito la sua protezione fu estesa a tutte le persone che erano esposte nel lavoro al pericolo di morte istantanea, come gli artificieri, gli artiglieri, i carpentieri, i minatori; oggi venerata anche come protettrice dei Vigili del Fuoco. Nelle navi da guerra il deposito delle munizioni è denominato 'Santa Barbara'. La festa di Barbara è celebrata il 4 dicembre.

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