martedì 23 febbraio 2016

LIVIGNO

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Le origini del nome Livigno sono controverse. Secondo lo storico Sertoli Salis, Livigino è detto in antico "Vinea et Vineola".Quella antica grafia senza il prefisso "Li", mantenuta fino al 1399, nulla ha a che vedere con la coltivazione della vite: è assolutamente da escludersi che vi siano mai stati dei vigneti. Altri lo fanno derivare dal termine "lovin" che significherebbe lupino.
L'origine etimologica più verosimile e probabile è la corruzione del termine "lavina" (ladino: "lavina"; bormino: "leina"; antico tedesco: "Lobine") che corrisponde a "valanga di neve".
Considerando il fatto che la vallata di Livigno rimaneva e rimane per moltissimi mesi sommersa da uno spesso strato di neve, possiamo facilmente avvalorare la tesi dell'origine del nome di Livigno dall'antico "lavina".

Nell'VIII secolo il territorio passò di proprietà dal Convento dei Cappuccini alla Comunità di Bormio in cambio di una botte di vino. Verso il 1300 si individuano i primi elementi storici di residenti stabili e organizzati: essi ottengono dai vicini Grigioni il permesso di vendere sui loro mercati i loro prodotti agricoli, in cambio ottengono l'autorizzazione a importare polvere nera e sale, esenti dai dazi applicati ad altri confinanti. I rapporti sociali, economici e politici erano prevalenti verso l'area del canton Grigioni anziché verso i padroni di Bormio, con i quali era in atto un contenzioso permanente. L'isolamento geografico condizionava ogni possibilità di progresso, benessere e crescita culturale. Non di meno si intrattenevano rapporti sociali con la valle dell'Engadina anche per la maggior facilità degli accessi: esistevano scambi di denaro, mediante prestiti e depositi; l'assistenza sanitaria in Livigno si appoggiava prevalentemente ai medici svizzeri perché ritenuti più esperti dei mali e delle cure in uso a quei tempi; gli scambi di merci avvenivano fra Livigno e la valle engadinese.

La lana prodotta dalle tante pecore allevate in Livigno si trasportava a Tubre per venderla ai mercanti che rifornivano i lanifici della Repubblica di Venezia. La via di percorrenza era la Valle del Gallo, l'Alpe del Gallo, il Giufplan e giù per la Val Monastero. Dalla stessa strada arrivavano il sale, la polvere nera, le patate e la farina, mentre dalla Forcola, Val Poschiavo e Tirano arrivavano i cereali e il vino. I trasporti avvenivano col "brozz" (carro a due ruote a trazione animale) e col "bast" (basto da carico per muli e cavalli). Nel 1600-1700 in diversi momenti gli abitanti di Livigno riuscirono a ottenere e mantenere diverse forme di concessioni e autonomie di fatto, soprattutto sugli scambi di merci in esenzione dai dazi, sui sentieri di percorrenza e sulle fonti d'acquisto. Verso la fine del Settecento l'Impero d'Austria riconobbe ufficialmente le autonomie e le franchigie della Comunità di Livigno. Nel 1805 il Comando Napoleonico di Morbegno riconobbe ufficialmente le franchigie di Livigno.

Questo decreto fu prontamente riconfermato dall'Impero d'Austria nel 1818. Da quest'ultima data cominciò l'attività politica dell'Amministrazione Pubblica di Livigno a tutela delle proprie franchigie, dei propri contingenti di importazione e di esportazione in esenzione dai dazi. Nei tempi della controriforma Bormio fu presidiata dai Gesuiti a difendere il cattolicesimo contro le infiltrazioni dei protestanti e Livigno si trovò in mezzo, tra i protestanti svizzeri e i Gesuiti di Bormio, con le complicazioni del caso. Nel 1914 l'esercito italiano costruì e aprì la strada di collegamento Bormio-Livigno. Nel 1960 cominciò un limitato movimento turistico, ma fu solo dopo il 1968, a seguito della costruzione del bacino del Gallo, che si aprì la strada verso i mercati del nord attraverso il Tunnel Munt La Schera che di fatto diede inizio allo sviluppo turistico della località. Nel 1960 ne fu ottenuto il riconoscimento formale della CEE. Per molti decenni andò avanti un contenzioso fra le autorità amministrative provinciali e l'Amministrazione di Livigno per l'assistenza sanitaria: quelli chiedevano la nomina d'un medico italiano, questi continuavano a nominare medici svizzeri, non riconosciuti dall'autorità italiana. Nel 1972 vi furono l'istituzione dell'IVA e il relativo riconoscimento ufficiale della sua esenzione per la zona extradoganale di Livigno. Nel 1975 fu sede della VIII Universiade invernale.
Le prime esenzioni alla base dell’attuale zona franca risalgono al 1538. In quell’anno Livigno ottenne dalla comunità di Bormio l’autonomia per il godimento di pascoli e boschi, per il pagamento di decime alla Curia di Como, per la manutenzione di strade e ponti e per il transito di merci. Livigno difese per secoli l’autonomia conquistata: nel 1805 Napoleone riconobbe il Beneficio doganale, che fu confermato nel 1818 dall’Imperial Regia Intendenza austriaca di Morbegno e poi ampliato dal Regno Lombardo Veneto nel 1841. 
Entrata a far parte del Regno d’Italia, nel 1861, Livigno chiese conferma dei suoi privilegi. La ottenne con la legge del 17 luglio 1910, che riconobbe l’extradoganalità e fissò i confini e i benefici per gli abitanti, regolamentati ancora nel 1911, 1934, 1940, 1954 e 1973. Anche la Cee ha riconosciuto i diritti di Livigno nel 1960.

Questo status, comune anche alla vicina località engadinese di Samnaun, ha favorito lo sviluppo turistico a partire dalla fine degli anni cinquanta. 

I prezzi delle merci vendute a Livigno sono esenti IVA. Chi visita Livigno trova conveniente l'acquisto di tabacchi, zucchero e alcoolici, nonché merci di maggior pregio di cui occorre verificare la convenienza (profumi, orologi ecc.), le merci acquistate devono rimanere entro i limiti stabiliti dalle tabelle doganali. È pure conveniente il rifornimento di carburante: si noti che è possibile esportare solo il carburante contenuto nei serbatoi dei veicoli medesimi (quindi si può fare un pieno senza particolari limiti) oppure in taniche omologate aventi capienza non superiore a 10 litri, pena severe sanzioni.

La particolare situazione doganale ha creato una situazione anomala di "turismo commerciale" cioè di un rilevante trasferimento di persone che si spostano prevalentemente per acquistare a prezzi più favorevoli. Tale situazione è anche evidente nella alta densità, struttura e dimensione dei negozi.

L'originario principale motivo della nascita della zona franca era correlata all'isolamento che ha lungamente caratterizzato questa località; si pensi che sino all'inverno del 1952/53 (anno di avvio dell'apertura invernale del Passo del Foscagno) la comunità di Livigno rimaneva completamente priva di qualsiasi via di comunicazione con il resto del mondo per l'intero inverno, dalle prime nevicate autunnali fino allo scioglimento delle nevi nella primavera.

Durante il periodo invernale sono molte le persone che raggiungono la località per trascorrere una vacanza sulla neve. Le strutture turistiche invernali sono ottime e inoltre l'elevata altitudine (il centro dell'abitato è situato a 1816 m s.l.m. con piste da sci sino ai 2.800 metri in areale centro-alpino) consente a Livigno di avere facilmente condizioni ottimali della neve, ricorrendo solo occasionalmente all'innevamento artificiale, che è invece ormai una necessità imprescindibile per molti altri centri di villeggiatura invernale.

Durante la stagione estiva non mancano i villeggianti che approfittano della zona extra-doganale per fare shopping o che, attirati dall'altitudine del luogo, lasciano le città calde e afose per rifugiarsi nel fresco clima di Livigno. Questa località è infatti conosciuta anche come "il piccolo Tibet", in ragione delle caratteristiche geomorfologiche del luogo, che sono in parte simili a quelle himalayane (Livigno è infatti un altopiano circondato da montagne nel cuore delle Alpi Retiche).

Livigno, secondo comune tra i più elevati d'Italia, è il più settentrionale della Lombardia e il più popolato fra i 26 comuni italiani posti oltre i 1.500 metri di altitudine sul livello del mare. Zona extradoganale, fa parte della Comunità montana Alta Valtellina ed è una rinomata stazione turistica invernale ed estiva delle Alpi.

Livigno è una località dell'alta Valtellina posta su un altopiano a circa 1800 m di quota s.l.m., ai piedi delle Alpi di Livigno. Il paese si snoda lungo la strada che percorre per oltre 15 km l'intera valle attraversata dal torrente Spool che convoglia le proprie acque verso l'Eno (Inn) e da questo al Danubio. Livigno è quindi uno dei comuni italiani non appartenenti a bacini idrografici italiani.

È raggiungibile dal resto del territorio nazionale dalla Valtellina attraverso il Passo del Foscagno, (mantenuto di norma aperto tutto l'anno), percorrendo la Strada statale 301 del Foscagno; oppure dalla Svizzera tramite la Forcola di Livigno (transitabile solo in estate) passando per la Valle di Poschiavo oppure dall'Engadina tramite il passo del Bernina. L'accesso di fondo valle è possibile attraverso il tunnel stradale Munt La Schera, dall'Engadina. Il tunnel di circa 3,5 km di lunghezza è a corsia unica (senso unico alternato), a pagamento di pedaggio. Il tunnel collega la parte bassa e alta dello Spool evitando il tratto impraticabile del torrente.

Nel suo territorio è compresa la frazione di Trepalle, che si sviluppa fino a 2.250 metri s.l.m. Tale quota ne fa l'abitato permanente più alto d'Europa, nonché una tra le più fredde località italiane.

Il clima di Livigno è tipicamente alpino, con inverni lunghi e rigidi ed estati brevi e fresche. Durante le ondate di freddo più intenso il termometro può precipitare fino ai -28 °C, durante le giornate estive più calde la temperatura non supera generalmente i +23/+24 °C.

Livigno, incastonato tra l'Engadina e l'alta Valtellina, è un'incantevole valle che si allunga per 12 km. Tra due catene di monti che discendono dolcemente dai 3000 m. ai 1800m. del paese, costituito da una serie ininterrotta di abitazioni in legno e sassi. Con la vicina e graziosa frazione di Trepalle, l'abitato permanente più alto d'Europa, Livigno è una della più importanti e attrezzate stazioni turistiche delle Alpi che, con più di cento accoglienti alberghi, offre al visitatore stupende vacanze a contatto con la natura e con la tradizione alpina per tutto l'arco dell'anno.

Per capire la dimora tradizionale livignasca occorre rifarsi ai tre elementi storici dell'economia locale: il bosco, il prato e la neve. I boschi hanno qui una natura secolare. Essi si formano molto lentamente perché il ciclo vegetativo delle piante è qui di soli quattro mesi l'anno. Per gli altri otto mesi le piante vivono una sorta di letargo. Questi boschi hanno dato il legno per le case di Livigno. I boschi sono sempre stati sacrificati al prato. Il contadino livignasco ha avuto storicamente gran fama per la cura di ampie superfici a prato dato che a queste altezze il fieno si taglia una sola volta all'anno, mentre l'attività zootecnica, l'unica possibile da queste parti, ha richiesto l'allargamento continuo della zona a pascolo. Da qui il forte disboscamento avvenuto nei secoli.
La struttura della dimora permanente è diversa da quella del pur vicino bormiese ed è funzionale al clima molto più rigido e alla presenza di abbondante legname.
La casa tradizionale più antica è costituita dall'abitazione ('l bàit) e da un rustico (toilà e stàla) giustapposti in linea o ad angolo, è completamente di legno (la presenza dello zoccolo in muratura indica che la costruzione è più recente); è edificata con dei tronchi sovrapposti uni agli altri.
Il tetto (téit), a due spioventi e falde poco inclinate, è coperto da un assito di larice traversato da travi che trattengono lo scivolamento della neve, oppure ha una copertura di piccole "scàndole", cioè scaglie di larice. Rari i comignoli, piccole le finestre, per evitare la dispersione di calore e provviste di doppi vetri e scuri interni.

La suggestione ambientale di Livigno è dovuta in gran parte alle conformità delle sue montagne e all'apertura della vallata. Il fondovalle nei 12 Km. lungo i quali si snoda il paese degrada di appena 100 m., cioè è quasi completamente piano. E' questo straordinario fondovalle piatto che accentua la caratteristica irreale del filiforme abitato. Livigno è stato un classico "villaggio di strada", con le case di legno allineate in ordine sparso, alla base dei prati per evitare il faticoso trasporto del fieno e sfuggire alle valanghe, distanziate le une dalle altre per evitare il pericoloso propagarsi degli incendi, composte dall'abitazione vera e propria e da un piccolo rustico.

Oggi Livigno ha diecimila ettari di pascolo e una vastissima superficie a prato. Questo bosco a sfumatura alta, che si è ritirato per far posto al verde, si sublima nella bàita livignasca.
Fino a qualche decennio fa l'aspetto di Livigno era quello di un museo all'aperto.
Museificare Livigno sarebbe stato spopolarlo dei suoi abitanti e condannarlo probabilmente ad un isolamento ancor più crudele di quello secolare a cui lo aveva destinato la natura.
La scelta dello sviluppo turistico è stata perciò un'occasione per dare un futuro alla zona.
Ciò ha comportato inevitabilmente nuove costruzioni e si è persa quella caratteristica sgranata dell'abitato, quella separazione da una casa all'altra che, nata per ragioni di protezione, marcava tuttavia, all'interno dell'isolamento generale di Livigno, l'individualismo e l'auto-isolamento dei gruppi familiari livignaschi. Tutto dunque, nella famiglia livignasca era organizzato per l'autosufficienza, per sopravvivere in lunghi periodi di isolamento.
L'economia zootecnica riduceva quasi completamente la dipendenza dall'esterno. La casa era l'appendice terminale del prato e il suo punto di diramazione. La "Tea", cioè la dimora temporanea estiva, era posta un po' più in alto in cima agli appezzamenti di prato.

L'artigianato locale è incentrato sulla produzione del tappeto tipico denominato il <<pezzotto>> valtellinese, caratterizzato da una grande vivacità e varietà di colori, oltre a pregevoli disegni geometrici. Diffusa e apprezzata anche la lavorazione del peltro finalizzata alla produzione di oggetti artistici, monili, trofei, vassoi e piatti.

Il termine Ghibinèt (probabilmente dal tedesco Gabe Nacht) designa l'epifania livignasca e dell'alta Valtellina (gabinàt). I bambini entrano nelle case dicendo: "Bondì, ghibinèt!" e le persone contraccambiano con dolciumi e piccoli doni.

Il carnevale livignasco segue la tradizione occidentale, per cui è animato da carri allegorici, maschere e giochi popolari, quali il palo della cuccagna e competizioni agonistiche; peculiarità del carnàl da livìgn è la presenza dei sonét, che nonostante il termine non hanno a che fare col sonetto, ma che si trattano di componimenti in versi di stampo satirico.

Il marchè di venciun era ed è tutt'oggi la festa di chiusura dell'anno agricolo. Dopo la transumanza dalle baite (in livignasco tee) alle stalle del paese dove gli animali erano ricoverati da settembre a giugno, si festeggiava la fine della fienagione. Quest'ultima durava da metà luglio fino alla fine di agosto, al massimo ai primi di settembre. Il 21 settembre, giorno di marchè di venciun, si teneva la fiera campionaria del bestiame giovane, composto da vitelle, manze, giovenche, tutte di razza bruna. Questa tradizione si mantiene fino ai nostri giorni.
In settembre a Livigno si svolge un importante e prestigioso Torneo Internazionale di Scacchi (Livigno Chess Open) organizzato dal Circolo Scacchistico cittadino "Amos Cusini", giunto nel 2012 alla terza edizione il torneo richiama scacchisti da tutto il mondo. A vincere il torneo nel 2010 è stato il Grande Maestro russo Igor Naumkin, nel 2011 il Grande Maestro russo Sergey Volkov e nel 2012 il Grande Maestro italiano Alberto David.

Ogni anno, nel mese di luglio, la città ospita la Stralivigno, una manifestazione podistica internazionale competitiva di 21 km.







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