mercoledì 16 marzo 2016

DERVIO

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Dervio è un comune situato sulla sponda orientale del Lago di Como.

Il toponimo "Dervio" si pensa derivi dal latino "Delphum" che significa quercia, pare infatti che in tempi remoti la zona dell'Alto Lario fosse completamente ricoperta da querceti.

Dervio deve la sua particolare forma a conoide al Varrone, torrente che taglia in due il paese stesso e che nasce dall'omonima Val Varrone. Durante il suo incessante corso ha eroso e trasportato sedimenti rocciosi, i quali si sono pian piano adagiati sul fondo del lago, fino ad emergere e formare la penisola derviese. Oltre alle frazioni più importanti, sono presenti altre località di "montagna", quali: Pianezzo, Mai, Monte, Pratolungo e Vignago; inoltre da Dervio parte la strada provinciale della Valvarrone (SP67) che permettette di raggiungere Lavadee, rinomata località turistica, ed il Rifugio Roccoli Lorla da cui parte il sentiero per il Monte Legnone che con i suoi 2.609 m d'altezza è la cima più alta della provincia di Lecco e del settore più occidentale delle Alpi Orobie.

Il clima è caratterizzato da estati calde, rinfrescate dal vento che spira lungo le sponde (i due venti sono la Breva e il Tivano) ed inverni non eccessivamente rigidi, per via dell'effetto mitigatore delle acque del lago.
In origini Dervio era abitata da piccoli nuclei di capanne adibite a riparo per i popoli nomadi, inizialmente i liguri e poi quelli di origine celtica, che si muovevano alla ricerca di fonti naturali di sopravvivenza, finché non decisero di fermarsi fondando dei villaggi.
Ciò è testimoniato dai ritrovamenti a Dorio di un "Paalstab" (scure) dell'età del bronzo, conservato nel museo di Como e dei "massi cupelliformi" riconducibili ai popoli celti.
In seguito con la conquista romana nel II secolo a. C. si andò sviluppando una civiltà abbastanza evoluta detta gallo-romana, i cui centri di comando divennero “pagi” innestandosi nella costituzione giuridica dello stato romano. Successivamente i romani fortificarono i passaggi obbligati delle valli, tra cui si poteva comunicare con segnalazioni a vista, speculari di giorno e con fuochi la notte. Si ritiene risalgano a questo periodo imperiale (V-VI sec. d.C.) il “Castelvedro” in località Mai di Dervio, come il castello di Vezio e quello di Esino. Dopo la caduta dell’impero, le migrazioni barbariche dei Goti e dei Longobardi rafforzarono il sistema difensivo romano e la diffusione del cristianesimo trasformò poi in “pievi” gli antichi centri di comando, tra cui quella di Dervio sottoposta alla chiesa di Milano. I Longobardi avviarono la politica feudale che ebbe poi il suo pieno sviluppo sotto i Franchi, le terre della Valvarrone e Valsassina appartennero ai conti di Lecco finché la politica degli imperatori tedeschi (Ottoni) cominciò a contrastare lo strapotere dei feudatari con la concessione dei feudi ai vescovi.
Attorno all’anno Mille il territorio divenne diritto dell’arcivescovo di Milano. Fu poi teatro della guerra contro le “tre pievi” (Dongo, Gravedona e Sorico) e quella decennale tra Como e Milano con numerose battaglie navali sul lago. Nel Medioevo Dervio e Corenno assunsero il titolo di “borgo”, in quanto cinte da mura e rette come liberi comuni.
Negli anni 1384-1389 vennero redatti gli Statuti di Dervio, che dettavano regole precise sulla vita civile e sociale; questo documento tuttora esistente è stato tradotto in italiano e pubblicato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Dervio. La comunità di Dervio era allora composta anche dalle terre di Corenno, Dorio, Introzzo, Sueglio, Tremenico e Vestreno, ma risulta che i paesi della Valvarrone si separarono a partire almeno dal 1367. Nel 1410 Dorio e nel 1520 Corenno si separarono da Dervio, poi ritornarono a farne parte nel 1928, ma Dorio si staccò nuovamente nel 1950.
Agli arcivescovi seguirono i Ducati milanesi dei Visconti e degli Sforza, fino alla dominazione spagnola che portò ad un periodo di decadenza. La tranquillità della vita quotidiana era spesso infranta dalle scorrerie di eserciti delle grandi potenze, che transitavano sul territorio avendo come salario il diritto di saccheggio. Due nomi sono rimasti famosi: il Medeghino (1530-1532), che percorreva con la sua flotta le acque del lago razziando ovunque e rifugiandosi poi nell’imprendibile castello di Musso, ed i Lanzichenecchi (1629), che lasciarono dietro di loro la tragica peste ricordata da Manzoni ne “I Promessi Sposi” e che a Dorio fece una strage portando gli abitanti da 300 a 84; le ricorrenti epidemie di peste sono testimoniate dalla chiesetta di Santa Cecilia di Dervio che fu utilizzata come lazzaretto.
Con la successiva dominazione austriaca fiorì l’industria del ferro e lo sfruttamento delle miniere dell’alto Varrone portò lo sviluppo industriale in un’economia fondata sull’agricoltura. Nacquero a Dervio industrie come la “Redaelli”, quattro cartiere all’avanguardia, cantieri nautici e laboratori artigiani, in Valvarrone le cave minerarie, a Dorio la filanda (1840-42), che assorbivano manodopera anche dai paesi circostanti. I collegamenti migliorarono con la conclusione della strada dello Spluga (1834) e l’apertura del tratto ferroviario Bellano-Colico (1894), la costruzione della strada carrabile per la Valvarrone (1916-1917). Tutto questo ha determinato un notevole sviluppo, che grazie alla tenacia ed all’operosità degli abitanti ha portato al benessere attuale, che vede gradatamente l’economia del nostro territorio trasformarsi da industriale a turistica, grazie a quelle risorse naturali che avevano favorito i primi insediamenti abitativi.
Su uno sperone di roccia che domina la piana di Dervio, è ben visibile la torre del Castello di Orezia, anche se sarebbe più esatto chiamarlo mastio, dato che la fortificazione attorno alla torre era data dalle mura degli edifici circostanti.
La prima citazione risale al 1039-40, quando subì un lunghissimo assedio.
Non si conosce l'origine del nome di Orezia, ma con tale nome la località era già citata alla fine del '200 insieme alla vicina Chiesa di san Leonardo (In plebe deruio loco castrum goleza ecclesia sancti leonardi). Nei documenti latini il nome aveva alcune varianti: orezia, oretia, horetia, holetia, olletia.
Il luogo era legato alla famiglia Cattaneo; nel 1397 un Giacomo Cattaneo del fu ser Anselmo cedette vari terreni e beni a Dervio, molti attorno a Castello: vigne e campi, piante (fichi, salici, marroni e castagni) e parte di una costruzione; proprio a Castello un'intera casa con tetto in pietra e con una loggia. I vicini di queste proprietà erano tutti Paruzzi o Cattaneo.
Per la sua posizione tra i monti e la piana, nello Statuto si trova più volte indicato come punto di confine.
Agli inizi del XV sec., durante il dominio dei Rusca, gli abitanti acquistarono una bombarda a difesa del Castello (et hoc pro solvendo bombardam unam emptam per soprascriptos omnes de Catanis pro deffensione suprascripti castri).

Fra le principali attività praticate sul lago vi è la pesca; la nostra riviera è infatti una delle zone più pescose di tutto il Lario. Nei tempi passati è stata una delle principali fonti di sussistenza per gli abitanti del paese.
Nel lago si possono pescare numerose varietà di pesce: agone, pesce persico, lavarello, trota, alborella, cavedano, luccio, carpa, tinca,…e tante altre visto che ne sono state censite 23 specie.
La pesca più caratteristica è senz’altro quella dell’agone; nelle serate di giugno e luglio lo spettacolo che si può ammirare è qualcosa di unico, la sfilata dei cavalletti di legno protesi in acqua, con i pescatori seduti sulla piattaforma finale, impegnati per ore nella pesca con la canna o il quadrato dei pesci che si avvicinano alla riva per deporre le uova.
Il sistema di conservazione degli agoni ha una tradizione secolare. I pesci, una volta puliti e salati, vengono infilati in cordicelle ed appesi al sole ad essiccare; quindi vengono messi in contenitori e pressati con un torchio per farne uscire l’olio. Nascono, così, i “Missultin” che, cotti alla piastra, sono un piatto tipico del Lario, ricercato dai buongustai e celebre sin dai tempi remoti.

La particolare conformazione geologica della zona, rende possibile la presenza di una grande varietà di habitat, per questo motivo durante le escursioni è possibile incontrare animali selvatici molto diversi fra loro, specialmente se dal lago si sale sino alle montagne.
Lungo le spiagge si incontrano varie specie di uccelli acquatici quali i cigni, le anatre (germano reale) le folaghe e gli svassi; nelle acque del Lario vivono numerose specie di pesci fra le quali le più note sono: arborella, agone, anguilla, cavedano, lavarello, luccio, persico, tinca, trota che testimoniano la buona qualità dell’acqua del lago.
Passeggiando nei boschi o nelle selve delle montagne circostanti capita di incontrare varie specie di animali selvatici come il ghiro e lo scoiattolo, ma anche la lepre, la volpe, la faina, la donnola o nelle ore notturne il tasso; per poterli ammirare meglio occorre dotarsi di un binocolo.
Fra i mammiferi ungulati il più diffuso è il capriolo, presente in varie decine di esemplari che popolano i boschi arrivando anche vicino alla riva del lago, ma salendo verso le cime delle montagne si trovano anche i camosci e qualche esemplare di cervo e stambecco. Sulle pendici del Legnone vivono le simpatiche marmotte e l’ermellino.
Oltre ai mammiferi sono ben distribuite sul territorio moltissime specie di uccelli fra i quali citiamo il fagiano, il gallo forcello, la poiana, il corvo imperiale, l’allocco, la civetta, oltre a una grandissima varietà di piccoli uccelli stanziali e migratori che allietano con il loro cinguettio le passeggiate.

La Valvarrone è solcata dal fiume Varrone, che nasce dalla cima omonima nel gruppo del pizzo dei Tre Signori (2553 m.) e passa nelle vicinanze di Premana, Pagnona, Tremenico, Introzzo, Sueglio, Vestreno, per poi sfociare nel lago.
Questo fiume, che nella parte finale presenta un letto piano e insignificante, nella parte a monte dell’abitato di Dervio ha un letto molto vario e interessante con grossi massi che danno origine a piccoli bacini e cascatelle circondati dai boschi, che creano un ambiente naturale di notevole interesse.
Nelle acque pulite del fiume gli appassionati della pesca possono catturare delle trote, che trovano nella conformazione del Varrone il loro habitat ideale; si possono cimentare inoltre in gare di pesca, organizzate dalle locali associazioni, che provvedono al periodico ripopolamento del fiume.
Per chi desidera ammirare l’ambiente naturale del fiume e godere di momenti di tranquillità in piena solitudine, c’è un piccolo sentiero detto “delle Prese” che parte da Via Valvarrone e risale sul fianco destro il corso del fiume per circa mezzo chilometro sino ad un ponticello in legno che attraversa il fiume per salire verso la località Pianezzo.
Per gli amanti dell’avventura proponiamo invece, nel periodo estivo, un tuffo nelle trasparenti e fresche acque dei pozzi che si trovano lungo il fiume, oppure la risalita del letto del fiume lungo la Valvarrone con un percorso impervio e selvaggio per esperti, fatto di grandi massi, scavati dalle acque, in mezzo ad una natura incontaminata che molto difficilmente ha contatti con l’uomo.

La tavola locale ha una importante caratteristica: è semplice ed ispirata ai profumi e sapori del lago e della montagna.
Nei numerosi ristoranti si può gustare il pesce del lago alla griglia o in carpione (lavarello, agone, alborelle, persico, luccio ecc.) ma il piatto tipico del lago è senza dubbio il “Missultin” l’agone essiccato cotto alla piastra e servito con crostoni di polenta.
Fra le carni spicca la selvaggina locale come capriolo, lepre, fagiano cotta arrosto, in salmì o accompagnata con gli squisiti funghi porcini e condite con l’olio d’oliva del Lario. In alternativa si può gustare un bel piatto di polenta taragna fatta con i formaggi grassi e il burro degli alpeggi.
Fra i primi piatti citiamo il risotto con il pesce persico, con i porcini o il tartufo nero delle nostre montagne; le paste condite con il pesce di lago affumicato o il ragù di capriolo, i tortelloni con castagne ripieni con selvaggina, ma non dimentichiamo le zuppe contadine e la trippa.
Fra i formaggi della zona troviamo quelli degli alpeggi come il casera, i caprini o la mascarpa, senza dimenticare il taleggio della Valsassina o il bitto della Valtellina.
Fra i dolci notevoli le crostate ai frutti di bosco, la miascia, i gelati artigianali o le castagne sciroppate.
Infine per i vini si possono degustare i vini della confinante Valtellina fra i quali citiamo i rossi Sassella, Inferno, Grumello o il bianco Chiavennasca.

Vi si tiene il Festival Internazionale Cinema d'Animazione e Fumetto.


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