sabato 2 aprile 2016

LE ALPI OROBIE



Le Alpi Orobie sono una sottosezione delle Alpi e Prealpi Bergamasche. La vetta più alta è il Pizzo Coca che raggiunge i 3.052 m s.l.m.

Sono limitate a nord dalla sponda meridionale della Valtellina inferiore che dal passo dell'Aprica si spinge in direzione ovest sino all'insenatura di Piona, all'estremità settentrionale del lago di Como.

Si trovano principalmente in provincia di Bergamo e sono comprese tra la Valsassina (Lecco) a ovest, la Valcamonica (Brescia) a est e la Valtellina (Sondrio) a nord.

A sud sono separate dalle Prealpi Bergamasche da una serie di valli secondarie della val Brembana, val Seriana e val Camonica: la Valsassina, la Valtorta, la val Secca, la Valcanale, la val Nembo, la val di Scalve e la val Paisco.

Mentre verso Nord si incide in precipiti ma brevi valli, la catena riserva verso Sud potenti contrafforti che delimitano le testate delle valli di Scalve, Seriana, Brembana, Varrone e Valsassina.

Ruotando in senso orario i limiti geografici sono: Passo dell'Aprica, Valle di Corteno, Val Camonica, Val Paisco, Passo del Vivione, Val di Scalve, Val Nembo, Passo della Manina, Val Seriana, Valcanale, Passo della Marogella, Val Secca, Val Brembana, Valtorta, Passo di Bobbio, Valsassina, Lago di Como, Valtellina, Passo dell'Aprica.

Anticamente questi monti furono considerati un tutt'uno con le Prealpi Bergamasche, ma da tempo è definitivamente prevalsa anche dai geografi, una partizione tra Prealpi Bergamasche e Alpi Orobie, che segue grosso modo la linea di passaggio tra la struttura alpina e quella prealpina, strutture caratterizzate da una diversa altitudine, forme diverse del terreno e un diverso rivestimento vegetale.

Le Alpi Orobie sono ben individuate dal punto di vista geologico, essendo comprese tra due grandi sistemi di faglie che le separano dalle Alpi Retiche e dalle Prealpi Bergamasche e costituite quasi esclusivamente da rocce molto antiche, modellate in forme comuni alle Alpi Retiche vere e proprie.

Il Pizzo Coca è una montagna situata a cavallo tra la Val Seriana e la Valtellina. Si erge lungo lo spartiacque che divide la provincia di Bergamo dalla provincia di Sondrio. È la montagna più alta delle Alpi Orobie.

Ha due sommità distanti parecchie decine di metri: la meridionale, quotata sulla carta ed appena a nord dell'incontro degli spigoli sud e sud-est, sommità compresa nel versante seriano; la settentrionale sulla linea orografica principale di elevazione appena minore.

È raggiungibile dal lato sud (cioè dalla provincia di Bergamo) partendo da Valbondione. Da qui si imbocca il sentiero n° 301 che porta al Rifugio Coca, gestito dal CAI di Bergamo, quindi si prosegue verso il Lago di Coca: da qui, prima di arrivare sulla riva del lago, si sale su per il ghiaione ad est in direzione della Bocchetta del Camoscio. Passato un primo salto il sentiero sale velocemente per una costa piuttosto ripida fino ad arrivare a una colonna radio per chiamate d'emergenza, quindi si percorre a semicerchio l'anfiteatro naturale posto ai piedi della Bocchetta del Camoscio. Da qui comincia la parte più ripida del sentiero che vi permetterà, dopo circa 300/400 metri di dislivello, di raggiungere il Pizzo Coca.

La forte pendenza di questo sentiero permette a chi è allenato di raggiungere in un tempo relativamente breve la vetta, dopo un dislivello abbastanza considerevole (oltre 2.100 m). Un'altra via di accesso dal lato bergamasco prevede la risalita dal rifugio Curò, ma da qui si deve superare una salita a forte pendenza con terreno friabile, e quindi piuttosto scivoloso.

Dalla vetta si può godere di un panorama sulle Orobie orientali e sulla zona circostante. Si può ammirare il Gruppo del Bernina e il Monte Disgrazia e la catena delle Alpi Retiche che li collega a nord, il lago del Barbellino, il Pizzo del Diavolo della Malgina, il Monte Torena, il Pizzo Strinato, il Monte Costone, il Monte Trobio, il Monte Gleno e il Pizzo Recastello con sullo sfondo l'Adamello ad est, il Monte Grabiasca, il Pizzo Poris, il Pizzo Redorta, la Vedretta del Marovin, la Punta Scais (3.038 m) e il Pizzo del Diavolo di Tenda a ovest, la Presolana e il Pizzo Arera a sud oltre a diverse altre vette, nonché sul lato della valle Seriana che dà verso Valbondione.

Lungo la risalita da Valbondione via Rifugio Coca ci sono diverse fonti d'acqua, l'ultima della quale si trova in prossimità del Lago di Coca. Si incontra dell'acqua anche presso il nevaio sotto la Bocchetta del Camoscio, ma è acqua semi-stagnante e quindi meno buona. Salendo invece dal Lago del Barbellino l'ultima sorgente di acqua si trova sull'altopiano che si adagia ai piedi della Valmorta.

Il Pizzo Redorta è la seconda vetta più alta della provincia di Bergamo. Situato nel territorio del comune di Valbondione, il Pizzo Redorta si erge dal corpo montuoso che comprende le cime più elevate delle Alpi Orobie.

Il suo nome è riconducibile, secondo l'Olivieri, al latino Rotundus (da redondus), probabilmente riferito alla marcata curva che la Val Seriana compie in corrispondenza delle sue falde.

Per raggiungere la vetta si parte da Fiumenero, in alta val Seriana, e ci si dirige per il sentiero che a nord va verso la Valle del Salto e poi curva a destra in direzione del Rifugio Baroni al Brunone. Agevole fino ai Piani del Campo, il sentiero diventa più ripido man mano ci si avvicina al rifugio Baroni.

Dal rifugio si prende il sentiero che conduce verso il Rifugio Coca, e al bivio poco più avanti si prosegue per il sentiero alto che attraversa tutto il lato sud del Pizzo Redorta. Noto anche come Sentiero del Simàl, questo è senza dubbio uno dei più bei sentieri alpini. Poco dopo aver imboccato il bivio, prima di procedere verso il primo avvallamento, il sentiero si divide: qui bisogna prendere a nord verso la vedretta di Scais.

La "via normale" prevede la risalita lungo il lato sinistro del salto che si trova in fondo alla valletta e, una volta sorpassato il salto, l'attraversamento del ghiacciaio dello Scais. Raggiunta la bocchetta che divide il Pizzo Redorta dalla Punta Scais si prende a destra (verso est) e si supera un salto di 5 metri circa dove è necessario arrampicarsi.

Questo tratto è piuttosto rischioso soprattutto nella discesa a causa della forte pendenza e della roccia sdrucciolevole. Si prosegue quindi in cresta fino alla cima.

Un'altra via d'accesso, particolarmente ripida e costituita da ghiaioni, prevede la risalita per il lato destro della valletta ai piedi del salto sopra descritto, ma da qui l'accesso è pericolosissimo, soprattutto d'estate.

È inoltre possibile raggiungere la vetta partendo dalla Centrale di Vedello a Piateda (Sondrio), da dove si sale in direzione della Diga di Scais, si prosegue salendo la vallata fino a raggiungere il Ghiacciaio di Scais dove il sentiero si unisce all'itinerario di risalita precedentemente descritto.

La vetta offre una visuale sulla valle Seriana, sul Pizzo del Diavolo di Tenda, sul Pizzo Coca, sulla Punta Scais e sulla valle del torrente Nero.

La Punta Scais è una vetta  alta 3.038 m s.l.m. Insieme al Pizzo Redorta, è la seconda vetta in ordine di altezza delle Orobie Bergamasche.

Seconda celebratissima vetta delle Alpi Orobie, sorge come un'aguzza cuspide dalla linea orografica principale, sulla quale ha un breve sviluppo verso nord con una bella spalla, e maggiore sviluppo verso sud, con un'ardita torre, il Torrione Curò e un'elevazione dalle linee più modeste (2997 m) non di rado nominata Fetta di Polenta, delimitante a settentrione la bocchetta di Scais.

La prima salita risale al 1881 e venne effettuata dai pionieri dell'alpinismo bergamasco Luigi Albani, Giuseppe Nievo, dalle guide Ilario Zamboni, Isaia Bonetti e dalla più esperta guida bergamasca dell'epoca, Antonio Baroni, cui verrà dedicato in seguito il rifugio omonimo.

Posizionata a nord del Pizzo Redorta, è raggiungibile partendo dalla val Seriana dal rifugio Coca o dal Rifugio Baroni al Brunone mentre da quello valtellinese è raggiungibile dalla Vedretta di Scais o dalla Cresta Corti partendo dal Rifugio Mambretti (2003 m).

Dal rifugio Baroni è possibile raggiungerla per la cresta sud integrale, scavalcando la Fetta di Polenta e la Torre Antonio Curò, con difficoltà di III grado, ed un passo di IV grado, non esposto ma abbastanza 'tecnico', sul celebre passaggio della cosiddetta Placca Baroni, o Piodessa, una ripida e assai liscia placca spiovente sul versante del Ghiacciaio di Scais.

Dal rifugio Coca invece è possibile raggiungerla risalendo (nei periodi idonei) dal Lago di Coca il ripido e lungo (ma pressoché facile) Canalone Orientale, che conduce ad una bocchetta, alla base della Torre Curò. Da questa, superato il Torrione, si giunge in vetta dove sono sorgono due piccole croci, l'ultima delle quali è stata dedicata a Mario Merelli, l'alpinista deceduto il 18 gennaio 2012 nel tentativo di raggiungere la cima.

Il Pizzo del Diavolo della Malgina è situato a est del Pizzo Coca, e come il Coca fa da spartiacque tra la provincia di Bergamo e quella di Sondrio. Dall'alto dei suoi 2.924 m s.l.m. è la sesta vetta in ordine di altezza della provincia di Bergamo.

La via normale per raggiungere la vetta è lunga ma agevole. Si parte da Valbondione seguendo il sentiero che conduce al Rifugio Curò.

Arrivati al rifugio si può optare per due vie: la prima, più breve ma più ripida, prevede l'attraversamento della diga dell'ENEL del lago del Barbellino passando per il sentiero sottostante e proseguendo per il lago di Valmorta. Giunti al lago si prende a destra, cioè in direzione est, e ci si arrampica su per la Valmorta fino al nevaio principale che è proprio sotto il Pizzo del Diavolo della Malgina. Si attraversa quindi il nevaio tenendo la sinistra (lato nord) e, arrivati alle rocce, ci si arrampica lungo il sentiero, molto ripido e costituito per lo più da pietraie scoscese, fino a raggiungere la vetta.

Il sentiero consigliato è comunque il secondo, la via normale, molto più agevole e panoramica, che prevede, una volta raggiunto il rifugio Curò, il proseguimento per il sentiero che conduce al Lago del Barbellino Naturale, costeggiando a sud tutto il lago del Barbellino e proseguendo per il sentiero fino a raggiungere la deviazione per il lago della Malgina, sentiero che va a sinistra in direzione nord. La deviazione si trova a metà strada tra il lago del Barbellino e il Lago del Barbellino Naturale.

Si continua quindi per il sentiero fino a raggiungere il lago della Malgina: da qui si prende il sentiero a sinistra, in direzione nord-ovest, e si sale lungo la pietraia fino al nevaio. Si segue quindi il sentiero che va a destra verso il passo a est del Diavolo della Malgina (Falso passo della Malgina). Arrivati al passo si segue lungo il sentiero che si arrampica lungo la pancia sud del pizzo fino a raggiungere la vetta.
Dalla vetta, quando il cielo è terso, si può godere di un panorama indimenticabile. Verso sud appare maestoso il Monte Gleno con ai lati il Pizzo Recastello e il Pizzo Strinato, e più in basso il lago della Malgina e il lago Gelt. Ad est si vede il monte Torena, oltre il quale si apre la Valle di Belviso, con a nord le sorgenti del Serio. Ad ovest invece si ha una splendida visuale della bocchetta dei camosci e del Pizzo Coca, mentre a nord si apre la Valtellina.

Il Dente di Coca si trova lungo lo spartiacque che divide la Val Seriana dalla Valtellina, ed è situato lungo la dorsale che collega il Pizzo Coca al Passo di Coca.

È raggiungibile dal lato sud (cioè dalla provincia di Bergamo) con un percorso di tipo alpinistico. Da Valbondione si imbocca il sentiero che porta al Rifugio Coca, quindi si prosegue per il canale nord verso il lago di Coca. Si costeggia il laghetto sul lato est e si segue il sentiero 302 in direzione del Passo di Coca. Arrivati al passo si prosegue in direzione est lungo il sentiero che percorre la cresta fino a raggiungere l'ultimo salto, che prevede una arrampicata piuttosto ripida, e la cui discesa è da affrontare in corda doppia.

Esistono altre vie di salita, tutte più o meno vetuste ma di bassa difficoltà, localizzate principalmente sui versanti Ovest e Sud Ovest; sono caratterizzate da una roccia quasi sempre friabile, tranne che nei tratti più ripidi, dove la roccia è più salda.

Sulla parete nord di sviluppa una sola via, aperta dai fratelli Longo nei primi decenni del '900, e ripetuta solo 3 o 4 volte, con una sola ascensione invernale. La via presenta passi continui con grado di difficoltà di IV grado, e tratti di V+; inoltre, si sviluppa su una roccia estremamente friabile, soggetta a numerosi crolli, il che l'ha sempre resa una via estremamente pericolosa. L'ultima salita di questa via si ebbe all'inizio degli anni ottanta, quando P. Merelli e socio la percorsero in prima invernale; da allora la via viene considerata impraticabile.

Il Pizzo del Diavolo di Tenda è situato lungo lo spartiacque che divide la Provincia di Bergamo dalla Provincia di Sondrio, e segna il punto di demarcazione tra val Brembana a sud-ovest, valle Seriana a sud-est e Valtellina a nord.

La via più rapida per raggiungere la vetta da sud parte da Carona, in Val Brembana, dove si prende il sentiero per il Rifugio Fratelli Calvi (strada carrabile parzialmente cementata in alcuni tratti). Giunti al rifugio si scende al Lago Rotondo e si prende il sentiero che dà verso nord in direzione del Passo di Valsecca - Rifugio Baroni al Brunone. Raggiunta la vallata che si apre verso il Passo di Valsecca, anziché seguire in direzione del passo (direzione est) bisogna salire verso nord. Si segue quindi il sentiero tracciato in mezzo ai detriti sui quali giaceva la vedretta del Diavolo di Tenda, ormai completamente sciolta, e si prosegue su per la pietraia fino a giungere alla cresta che segna il confine tra le provincie di Bergamo e Sondrio.

Una volta arrivati alle rocce ci si arrampica seguendo la costa nord/ovest della montagna fino a raggiungere la vetta.

Il percorso, che prevede un dislivello di circa 1.800 metri, è fattibile in circa 4 ore per l'andata e in 3 ore per il ritorno camminando di buon passo.

Il monte Torena, alto 2.911 m s.l.m., divide l'alta valle Seriana dalla valle di Pila, dove il lago che dà il nome alla valle si allunga in direzione della Valtellina.

Il percorso che da Valbondione, in provincia di Bergamo, porta verso il Torena, è piuttosto lungo. Si imbocca il sentiero per il rifugio Curò, quindi si costeggia il lago del Barbellino e si prosegue in direzione del lago del Barbellino Naturale. Giunti a questo punto vi sono due sentieri che conducono alla vetta del Torena.

Il primo punta a Nord, in direzione cime di Caronella / sorgenti del Serio. Al rifugio che si incontra prima del lago bisogna prendere il sentiero che si arrampica a nord, costeggiare il lago sul sentiero più in alto, a circa 100 m di distanza dalla costa del lago, e quindi proseguire verso le cime di Caronella / passo del Serio. Arrivati al bivio, prendere per il passo del Serio e, prima di raggiungere il passo, attraversare il ghiaione e arrampicarsi lungo il sentiero che ritroverete salendo su per la cresta alla fine del ghiaione stesso. Si raggiunge una prima vetta, quella più bassa, e si prosegue poi in cresta fino a raggiungere la croce.

Per il rientro è anche possibile tornare alla prima vetta (quella più bassa) e scendere per ripida pietraia in direzione del sottostante Passo del Serio: raggiunto quest'ultimo, se ne discende il sottostante ghiaione e ci si riallaccia al percorso di andata.

Il secondo sentiero costeggia il lago in basso e conduce prima al passo di Pila, poi sale a sinistra, cioè verso nord, attraverso dei prati, e si prosegue in piano fino a raggiungere il ghiaione attraverso il quale ci si arrampica fino in vetta.

Dalla vetta si gode di un maestoso panorama sulla vallata dei laghi Barbellino e Barbellino naturale.

Il Pizzo Recastello è situato in alta val Seriana, sul lato sud della conca del Lago del Barbellino.

Per raggiungerlo dalla via più breve si parte da Valbondione, in provincia di Bergamo, si prende il sentiero per il rifugio Curò, quindi si costeggia il lago del Barbellino fino alla prima cascata sulla destra, dove bisogna prendere il Sentiero Naturalistico Antonio Curò.

Una volta saliti lungo il sentiero che costeggia a ovest la prima cascata si prosegue diritto seguendo l'avvallamento che sale per la Val Cerviera fino a un secondo salto, anch'esso da superare ma sulla sinistra. A questo punto, piegando a destra si giunge ai Laghi della Cerviera, mentre proseguendo per il sentiero Curò si raggiunge, dopo un'altra ripida salita, la deviazione per il Pizzo Recastello. Si sale quindi per la vallata e si oltrepassa un ghiaione fino a raggiungere il canalino attrezzato che vi permetterà di arrampicarvi fino in cresta al lato ovest. Da qui per arrivare in vetta si può seguire la cresta o proseguire lungo il sentiero, facendo attenzione agli smottamenti, lungo il sentiero che dal lato nord porta in cima.

Dalla vetta si vede il Pizzo Coca, parte del Pizzo Redorta, il Pizzo del Diavolo della Malgina, il Monte Gleno, il Pizzo dei Tre Confini e si ha un'ampia visuale sulla vallata che si apre attorno al lago del Barbellino.

Il Monte Gleno è situato lungo lo spartiacque che separa l'alta val Seriana dalla contigua Val di Scalve, in provincia di Bergamo. Ai suoi piedi si estende un ghiacciaio che negli ultimi anni si sta ritirando.

La zona è frequentata dai camosci che, soprattutto d'inverno, si spostano sulla pancia nord del Pizzo Recastello, nascondendosi nelle vallate che salgono verso la vetta. La vegetazione spontanea della zona è ricca di piante rare e protette tra cui la nigritella e la stella alpina.

Per raggiungere la vetta si può partire da Valbondione, in val Seriana, o da Pianezza/Vilminore in Val di Scalve, entrambe in provincia di Bergamo.

Partendo da Valbondione si prende il sentiero per il rifugio Antonio Curò e, passato il rifugio, si costeggia il lago del Barbellino a sud fino quasi in fondo al lago dove, verso sud, si dirama il sentiero che sale per la valle del Trobio.

Il sentiero sale con un buon grado di pendenza fino a raggiungere la Vedretta del Trobio, da dove si ha una splendida visuale del Monte Gleno con annessi ghiacciai, Pizzo dei Tre Confini e Pizzo Recastello.

Si prosegue lungo il sentiero che attraversa la vedretta. Il posto è coperto di neve e ghiaccio da metà novembre fino a inizio giugno, mentre in agosto la scarsa vegetazione riesce a malapena a macchiare il colore grigio/marrone della terra e delle rocce lasciate dal ghiacciaio in ritirata.

Si prosegue a sinistra e si sale verso il ghiacciaio alto del Gleno. Una volta passato il torrente Trobio e passato il primo salto si percorre il sentiero tra le rocce o tra la neve, a seconda del periodo, fino a raggiungere il ghiacciaio alto. Se si vuole attraversare il ghiacciaio d'estate sono necessari i ramponi: in alternativa si può fare il giro attorno al ghiacciaio facendo molta attenzione a non scivolare. Alcune pietre possono inoltre nascondere il ghiaccio sottostante e far scivolare giù di parecchi metri!

Arrivati al passo del Gleno si segue la cresta fino alla vetta. Quest'ultima parte del sentiero è poco scoscesa.

Dalla vetta si vede il Pizzo Coca, il Pizzo dei Tre Confini, il Pizzo Redorta, il Pizzo del Diavolo della Malgina, la Valle del Gleno che scende verso le rovine della vecchia diga del Gleno e la val di Scalve.

Clima freddo d'alta montagna con inverni particolarmente nevosi e valori negativi molto al di sotto dello zero ed estati fresche e temporalesche. Il vento è presente con una certa frequenza e forza tutto l'anno.

Presso il rifugio Curò, sulla sponda ovest del Lago del Barbellino, è possibile vedere le fotografie che mostrano le varie fasi della ritirata del ghiacciaio del Gleno a partire dall'inizio del XX secolo. Formato allora da un maestoso corpo di ghiaccio unico, il ghiacciaio è ora diviso in due parti: quella più alta, sotto la vetta del Monte Gleno, è ormai molto ridotta, mentre quella più bassa, sotto il lato nord della cresta che collega il Pizzo dei Tre Confini al Monte Gleno, è più estesa ma anch'essa in rapido scioglimento. Il quadro con le fotografie sopra descritte è appeso sulla parete delle scale che portano agli alloggi.

Il 1º dicembre del 1923 la diga situata nella valle del Gleno (versante sud del monte) cedette, e l'inondazione che ne conseguì causò nelle sottostanti Valle di Scalve e Val Camonica circa 356 vittime.

Il monte Trobio ( m s.l.m.) è una montagna situata ta l'Alta valle Seriana, in provincia di Bergamo, e la val Belviso, in provincia di Sondrio

La via più breve per raggiungere la vetta parte da Valbondione. Si prende il sentiero che conduce al rifugio Curò e, una volta giunti in prossimità del rifugio e in vista del lago del Barbellino, si costeggia il lago lungo il sentiero che lo percorre sulla sponda sud fino a giungere alla deviazione per il monte Gleno, che si dirama sulla destra una volta giunti quasi in fondo al lago, poco prima dell'avvallamento che racchiude le acque del torrente Trobio. Da qui si sale fino alla Vedretta del Trobio e, attraversato l'avvallamento, si sale verso sinistra in direzione del Monte Gleno.

La cima può essere raggiunta sia salendo verso l'avvallamento che si dirige verso il monte Costone (più a sinistra per chi sale), raggiungendo così la cresta che lo divide dal monte Costone e percorrendola fino in cima, sia salendo verso il monte Gleno (più a destra per chi sale) e, una volta arrivati al ghiacciaio sottostante il passo del Gleno, arrampicandosi sulle rocce a sinistra.

Il Monte Trobio, dall'alto dei suoi 2865 m di altezza, offre una piacevole visuale sul Pizzo Coca, sul pizzo Recastello, sul pizzo dei Tre Confini e sulla sottostante Vedretta del Trobio.

La cima è allineata lungo la cresta che unisce, da nord-est a sud-ovest, il monte Torena, il pizzo Strinato, il monte Costone, la cima del Trobio, il monte Gleno e il pizzo dei Tre Confini. L'intera cresta è parzialmente percorribile: Il tratto che collega il pizzo Strinato al monte Costone è molto pericolosa, e il tratto che collega la cima del Trobio al monte Gleno è percorribile parzialmente (l'ultimo tratto di discesa dal Trobio al Gleno deve essere anticipato costeggiando il lato del monte esposto a Sud in direzione del ghiacciaio onde evitare il dirupo più avanti)

Il monte Costone si trova in alta valle Seriana, sul confine tra i comuni di Teglio (SO) e Valbondione (BG).

Poco distante dalla cima del monte Trobio, il monte Costone offre un'ottima veduta delle principali vette dell'alta valle Seriana. Da qui infatti si possono ammirare, in ordine di altitudine, il pizzo Coca, il pizzo Redorta, la punta Scais, il pizzo del Diavolo della Malgina, il pizzo del Diavolo di Tenda, il monte Torena, il Pizzo Recastello, il monte Gleno, il monte Trobio, il pizzo Strinato, il pizzo dei Tre Confini e le cime di Caronella, oltre ad offrire un'ampia panoramica del Gruppo del Bernina e del monte Disgrazia in Valtellina, e delle cime del gruppo dell'Adamello.

La via più breve per raggiungere la vetta parte da Valbondione. Si prende il sentiero che conduce al rifugio Curò e, una volta giunti al rifugio si costeggia il lago del Barbellino lungo il sentiero che lo percorre sulla sponda sud fino a giungere alla deviazione per il monte Gleno, che in fondo al lago si dirama sulla destra, poco prima dell'avvallamento che racchiude le acque del torrente Trobio.

Da qui si sale fino alla vedretta del Trobio e, una volta attraversato l'avvallamento, si sale verso sinistra in direzione del monte Costone. Il sentiero non è segnato: il modo migliore per identificare la zona dove salire è localizzare il ghiacciaio sotto il Passo del Gleno: il monte a sinistra è il monte Trobio e quello successivo è il Costone. Salire fino in cresta e proseguire a sinistra fino al salto sul quale bisogna arrampicarsi per giungere in vetta.

Il monte Costone è raggiungibile anche partendo dal rifugio Barbellino, presso il lago del Barbellino Naturale. In questo caso si sale per la valle che dà a sud in direzione del pizzo Strinato. Il sentiero è lungo e arriva alla cresta che divide lo Strinato dal Costone. La via più semplice per raggiungere il Costone, comunque, si dirama verso destra all'altezza della conca da cui parte l'ultimo tratto di sentiero che va verso la cresta.

Il versante dell'arrampicata che dà sul ghiacciaio del Trobio è sciabile da novembre inoltrato. Attenzione agli smottamenti.

Il Pizzo Strinato si innalza sopra il Rifugio Barbellino, in alta valle Seriana, in provincia di Bergamo.

La vetta si raggiunge nel modo più breve partendo da Valbondione (BG). Si segue il sentiero che conduce al rifugio Curò e si prosegue per il sentiero che costeggia a sud il Lago del Barbellino in direzione del Rifugio Barbellino e del lago del Barbellino naturale. Arrivati al rifugio si segue lungo la vallata scoscesa che sale a sud, la via è ben segnata. Si prosegue quindi costeggiando la pancia dello Strinato e si raggiunge la cresta. A questo punto si prende a sinistra (verso nord) lungo il sentiero che, seguendo la cresta dello Strinato, diventa di volta in volta più visibile.

Una volta raggiunta la vetta, se si vuole arrivare alla croce bisogna scendere altri 20 metri sul lato nord. La croce è stata posizionata più in basso per poter essere visibile dal sottostante rifugio Barbellino. Scendendo è possibile seguire la cresta che collega lo Strinato al Monte Costone, ma è molto pericoloso, sia perché è necessario rocciare che per il fatto che in alcuni punti della cresta la roccia si sfalda. Dall'alto si vedono molto bene il Monte Torena, le Cime di Caronella, il Pizzo del Diavolo della Malgina il Pizzo Coca e il gruppo che comprende il Monte Costone, il Monte Trobio, il Monte Gleno, il Pizzo dei Tre Confini e il Pizzo Recastello.

Il Pizzo di Rodes (2.829 m s.l.m.) è una cima quasi estrema del grande contrafforte che si dirama dalla linea orografica principale in corrispondenza dell'anticima del Pizzo Porola.

Domina le val d'Arigna, la val di Caronno e del Serio valtellinese: dalla sua vetta si ha un amplissimo giro d'orizzonte su tutte le Alpi Retiche occidentali, sulle Alpi Orobie e sulle lontane montagne dell'Appennino, del Gran Paradiso, del Canton Vallese, dell'Oberland Bernese, dell'Adamello e delle Dolomiti. È facilmente accessibile da tutti i suoi lati.

Nella discesa dalla vetta si ha una vista sui laghi di Santo Stefano, sulla val d'Arigna.

Il Pizzo dei Tre Confini è situato in alta val Seriana, sul lato sud della conca del Lago del Barbellino.

Per raggiungerlo dalla via più breve si parte da Valbondione, in provincia di Bergamo, si prende il sentiero per il rifugio Curò, quindi si costeggia il lago del Barbellino fino alla prima cascata sulla destra, dove si prende il Sentiero Naturalistico Antonio Curò che sale a ovest della cascata fino all'imbocco della Valle della Cerviera.

Una volta saliti per il sentiero che costeggia a ovest la prima cascata si prosegue lungo il sentiero che segue l'avvallamento e sale su per la Valle della Cerviera fino a un secondo salto da superare ma sulla sinistra. A questo punto, seguendo il sentiero di destra si va ai Laghi della Cerviera, mentre proseguendo per il sentiero Curò si giunge, dopo un'altra ripida salita, al bivio per il Pizzo Recastello. Qui si prosegue in direzione del Passo di Bondione. Arrivati al passo, anziché scendere in direzione del Rifugio Nani Tagliaferri si sale lungo il sentiero sotto cresta che, dopo un dislivello di 200 metri, conduce alla vetta.

La vetta si può inoltre raggiungere da Lizzola di Valbondione e, se ben attrezzati, anche dalla Valle del Trobio.

A dispetto del nome, il pizzo è situato interamente in provincia di Bergamo, lungo il crinale che collega il Pizzo Recastello al Monte Gleno. Il nome deriva dal fatto che originariamente questo segnava la linea di demarcazione tra i confini amministrativi di Vilminore di Scalve, Bondione e Lizzola, questi ultimi due raggruppati nel 1927 nell'entità amministrativa di Valbondione.

Le Cime di Caronella sono un corpo montuoso delle Alpi Orobie con due punte principali: la punta occidentale, alta 2.796 m s.l.m., e la punta orientale, alta 2.871 m s.l.m.

Il gruppo montuoso si trova in alta val Seriana, presso l'alto circo del Barbellino Superiore, sul confine tra i comuni di Valbondione (BG) e Teglio (SO).

Le punte sono localizzate tra il Passo di Caronella e il Passo del Serio, sotto il quale sono site le sorgenti del Fiume Serio.

Per raggiungerle dalla via più breve si parte da Valbondione, in provincia di Bergamo. Si imbocca il sentiero per il rifugio Curò, quindi si costeggia il lago del Barbellino e si prosegue in direzione del Lago del Barbellino Naturale.

Giunti al rifugio Barbellino, presso l'omonimo lago Naturale, si segue il sentiero per il passo di Caronella. Pochi metri prima del valico, si risale a destra un ripidissimo canale di sfasciumi che posta in cresta. Da qui si piega a sinistra e si prosegue lungo il crinale per poi raggiungere, con un'ultima risalita ripida, la vetta orientale. Si prosegue lungo la cresta Est scendendo ad un intaglio (2.750 m circa), per poi risalire con passi su roccia friabile di II grado, che porta in breve alla cima Ovest (2.796 m). Da qui si discende lungo il ghiaione del versante opposto che riporta in breve al Passo di Caronella, da cui per sentiero segnato, si ritorna a valle.

Il monte Aga ha forma allungata da nord a sud, e la vetta ha due punte unite da una cresta facilmente percorribile. Il lato est è più ricco di vegetazione, mentre sul lato ovest vi è una sassaia.

Il monte è situato lungo lo spartiacque che divide l'alta valle Brembana dalla val Venina, tra il pizzo Cigola e il pizzo del Diavolo di Tenda, in provincia di Bergamo.

Per raggiungere la vetta dalla via più breve si parte da Carona e si imbocca la carrabile in direzione Rifugio Fratelli Calvi.

Passato il paesino di Pagliari si prosegue sulla carrabile fino alla deviazione per il Rifugio Fratelli Longo lungo il sentiero che si diparte sulla sinistra. Si prosegue fino a sbucare su una deviazione della carrabile lasciata in precedenza e si procede fino al Rifugio Fratelli Longo. Continuando sempre sulla stessa strada si arriva poco più avanti al Lago del Diavolo, formato da uno sbarramento artificiale spesso frequentato da stambecchi.

Qui si può proseguire a sinistra in direzione del Passo di Cigola e quindi seguire il sentiero che si inerpica su per lo sfasciume fino a raggiungere la cresta che unisce le due punte, oppure si può prendere il sentiero a destra e, dopo il passo, si prosegue su per il ripido tracciato che sbuca sotto la Madonnina.

Nonostante la punta più alta sia quella a nord, la Madonnina è stata posizionata sulla punta sud per poter essere vista dal Rifugio Fratelli Longo.

Il monte Grabiasca, alto 2.705 metri, è posto sullo spartiacque che divide la valle Brembana dalla valle Seriana. La via più breve per raggiungerlo parte da Carona, in provincia di Bergamo.

Da Carona Alta si prende il sentiero per il rifugio Fratelli Calvi (strada carrabile parzialmente cementata in alcuni tratti) e, una volta al rifugio, si scende al lago Rotondo costeggiandolo sulla destra (lato est) e, una volta dall'altro lato, si prosegue lungo il sentiero che si dirama dai piedi del lago verso il canale situato a nord. Si sale fino all'avvallamento da dove si diramano due canali all'interno dei quali scorrono due ruscelli.

Un sentiero poco battuto e quindi difficile da trovare conduce attraverso il canale di sinistra (quello più a nord) ad un altro avvallamento dove il sentiero è leggermente più riconoscibile. Quindi si segue in direzione nord fino alla cresta. Il sentiero sulla cresta, anch'esso non molto visibile, segue a tratti la pancia della montagna per evitare la zona più rocciosa per poi ricollegarsi più in alto alla cresta a meno di cento metri dalla vetta.

Alternativamente si può salire anche dal versante opposto, che appartiene alla val Seriana. La partenza è posta a Grabiasca, frazione di Gandellino e si sviluppa nell'omonima valle mediante la traccia numerata con segnavia del CAI numero 255. Una volta raggiunta la baita alta di Grabiasca, il sentiero si inerpica sulle pendici del monte con andamento impervio.

Dalla vetta si gode di una buona visuale sulla conca del rifugio Calvi, sul monte Aga, su parte della valle del torrente Fiumenero in valle Seriana e sul pizzo Redorta. La vista sul lato nord è invece coperta.

Il Pizzo Tornello è situato lungo lo spartiacque che separa la valle del Gleno dalla contigua Valle del Vo, entrambe laterali da destra della Val di Scalve, in provincia di Bergamo.

Il sentiero più utilizzato per raggiungere la vetta del pizzo Tornello è quello che sale lungo la piccola valle del Tino, percorsa dall'omonimo torrente. Contrassegnato con il segnavia del CAI numero 412, ha due differenti punti di inizio: il primo dalla chiesa di Vilmaggiore (frazione di Vilminore), il secondo presso la località Ronchi, entrambi posti nel comune di Vilminore di Scalve e che si ricongiungono tra loro dopo alcune centinaia di metri. Dopo aver superato la località Cascinetti (1719 m s.l.m.) il sentiero si dirama in due tracce, una delle quali raggiunge la baita di Varro ed il lago di Cornalta (2181 m s.l.m.), che si ricollegano nuovamente presso il pianoro in cui è situato il lago di Varro (2236 m s.l.m.). L'ultimo tratto prosegue su una pietraia che conduce alla sella tra il pizzo Tornello ed il monte Tornone, prosecuzione del pizzo stesso. Qui si interseca il segnavia numero 430 che conduce al Rifugio Nani Tagliaferri, e proseguendo in direzione Nord in breve si guadagna la vetta.

Alternativamente è possibile salire tramite il sentiero numero 410, che prende vita nei pressi dell'abitato di Bueggio (anch'esso frazione di Vilminore) e risale la valle del Gleno, toccando l'omonimo lago, tristemente noto per la tragedia legata al cedimento della propria diga.
Proseguendo sul versante sinistro della vallata, si superano alcune baite fino a raggiungere i ruderi del rifugio Bissolati e quindi la baita Alta di Gleno (2.050 m s.l.m.). Da qui si percorre un tratto in mezzacosta fino a raggiungere la vetta tramite le pendici poste ad Ovest.

Dalla vetta, spartiacque tra i comuni di Vilminore di Scalve e Schilpario, è possibile ammirare un panorama a 360° che comprende la Presolana, il Pizzo del Diavolo di Tenda, il Pizzo Redorta, il Pizzo Recastello, il Pizzo dei Tre Confini ed il monte Gleno, nonché l'alta val di Scalve con il Pizzo Camino, il Cimone della Bagozza e la Concarena.

Il Monte Masoni è la montagna più alta delle Alpi Orobie Occidentali; si trova lungo lo spartiacque che divide l'alta Val Brembana dalla Valcervia, tributaria della Valtellina. Seguendo il crinale ad est si incontra il Pizzo Zerna, mentre ad ovest vi è il Passo di Venina.

Si parte da Carona, in alta val Brembana, da dove si prende il sentiero per il Rifugio Fratelli Calvi (strada carrabile parzialmente cementata in alcuni tratti). Si attraversa l'abitato di Pagliari e si prosegue lungo la carrabile.

Si passa una cascata e poco più avanti, passato un doppio tornante, si lascia la carrabile e, in prossimità della fontanella, si prende il sentiero a sinistra in direzione val Sambuzza - Passo di Publino. Si prosegue lungo il sentiero attraverso un bosco e si passano diverse baite fino a superare definitivamente l'ultimo tratto di bosco in prossimità del Baitone.

Il sentiero prosegue su per la val Sambuzza fino a raggiungere un primo pianoro. Attraversato il prato si prosegue sul sentiero che continua in salita fino al Lago di Valle Sambuzza. Si attraversa il torrente emissario del lago sul ponticello di legno e si prosegue per il sentiero che costeggia il lago a ovest. Poco più avanti, prima di raggiungere il Bivacco Pedrinelli, si costeggia il lato sud-ovest del Pizzo Zerna salendo man mano fino a giungere ai piedi della vetta. Il canalino finale si percorre in arrampicata con piccozza e ramponi.

A causa della forte pendenza del Pizzo Zerna e del Monte Masoni l'itinerario di risalita è soggetto a frequenti cadute di valanghe, ed è quindi da affrontare solo quando la neve è ben assestata.

Il Monte Masoni è raggiungibile inoltre seguendo un altro itinerario, ovvero proseguendo sulla carrabile che da Carona va in direzione del Rifugio Fratelli Calvi fino alla deviazione che, a sinistra, si dirige verso il Rifugio Fratelli Longo. Si prosegue lungo un sentierino e si rientra sulla carrabile più avanti, per poi lasciarla definitivamente e imboccare sentiero che a sinistra (direzione nord) si dirige verso il Passo di Venina. Arrivati in cresta si segue in direzione ovest fino alla croce.

Il monte Pradella è situato in Val Seriana, in provincia di Bergamo.

Completamente situata nei limiti amministrativi del comune di Valgoglio, domina la val Sanguigno e la suddivide dalla zona del lago di Aviasco.

Cima poco frequentata per via sia della distanza dai principali itinerari della zona, che per la lunghezza, può essere raggiunta da più parti.

La prima prevede la partenza poco a monte dell'abitato di Valgoglio, da cui si prosegue lungo la traccia contrassegnata dal segnavia C.A.I. numero 232 che si addentra lungo la val Sanguigno. Dopo circa tre ore di cammino, presso la baita di Presponte, si abbandona il sentiero e si seguono gli omini ed i bollini sulle pietre che, senza una traccia obbligata, raggiungono il lago Gelato e, dopo circa due ore, permettono di raggiungere la vetta.

La seconda via si diparte invece dal passo di Aviasco, a sua volta raggiungibile da Valgoglio (prima mediante il sentiero numero 268 e poi il 229) e dalla val Brembana (alternativamente dal lago Colombo, traccia 214, e dalla zona del rifugio Fratelli Calvi, sentiero 236), da cui in poco più di ora si giunge alla cima. Una terza opzione offre la possibilità di raggiungere la vetta passando dal passo di val Sanguigno Est, posto a fianco del pizzo Farno (spartiacque tra le valli Seriana e Brembana), lungo una traccia (non segnalata C.A.I.) che lambisce le cime di Valsanguigno.

Il Corno Stella è situato in alta val Brembana, in provincia di Bergamo.

Nonostante la sua altezza non sia particolarmente elevata, il Corno Stella offre una vista ampia su diverse vette alpine, soprattutto grazie alla morfologia delle montagne circostanti.

Il sentiero più rapido e sicuro per raggiungere la vetta parte da Foppolo alta, alla partenza degli impianti di risalita. Si può proseguire lungo il sentiero che attraversa i campi, che d'inverno diventano piste da sci, oppure si può percorrere la carrabile che sale dopo l'avvallamento a destra (direzione sud) e che più in alto, ovvero in prossimità della baita di Montebello, si unisce al sentiero.

Si sale quindi lungo il tracciato lasciando la baita sulla sinistra, e si percorre il sentiero che, costeggiando il Montebello sul lato est, arriva al lago Moro. Il sentiero, in questo tratto, è per lo più pianeggiante e offre un'ampia veduta della sottostante valle di Carisole, che ospita gli impianti sciistici di Carona. Arrivati in vista del lago Moro salire lungo il sentiero a destra (direzione est) e proseguire lungo il sentiero fino a raggiungere la cresta.

Si prosegue quindi lungo la cresta e, poco più avanti, si continua sul tracciato che costeggia il lato sud del Corno Stella e che infine si arrampica fino in vetta. In vetta vi è la croce e un disco direzionale che vi aiuterà a riconoscere le varie montagne circostanti. Dall'alto è possibile ammirare il Monte Disgrazia, il Gruppo del Bernina, la Valle del Livrio con il sottostante Lago di Publino, parte della Val cervia, il Pizzo Zerna e, nelle giornate limpide anche il Monte Rosa.

L'escursione in vetta da Foppolo non presenta difficoltà particolari, con un dislivello di 1000 m. circa. È possibile raggiungere la vetta del Corno Stella anche partendo dalla Valle del Livrio, ma il sentiero non è battuto e in diversi tratti si corre il rischio di perdere la via. Nel caso si volesse salire dal lato della provincia di Sondrio (lago di Publino / valle del Livrio) per la prima volta è consigliabile farsi accompagnare da qualcuno che conosce la zona

Il Monte Legnone è la cima più alta della provincia di Lecco e del settore più occidentale delle Alpi Orobie. La vetta del Legnone si eleva a punto tale da essere chiaramente visibile da Milano e dalla Brianza.

Di bella forma piramidale con linee regolari, rappresenta il poderoso pilastro d'angolo tra il bacino del Lago di Como e la Valtellina, separando quest'ultima dalla Val Varrone, solco vallivo adiacente alla Valsassina.

Non risulta alpinisticamente molto interessante, dacché formata su tutti i suoi versanti soprattutto da sfasciumi ad eccezione del versante nord, che sprofonda per quasi 2.500 metri sulla piana di Delebio, peraltro in modo piuttosto irregolare e senza una vera e propria parete rocciosa. È però assai frequentato dagli escursionisti, anche perché la vetta offre in assoluto uno dei migliori panorami della Alpi Centrali, non avendo alcuna sommità di simile altitudine nelle vicinanze e protendendosi sul lago e sulla bassa Valtellina tanto da restare isolata rispetto alla cresta orobica di cui è parte.

Nel massiccio del Legnone è presente una cima secondaria, posta ad occidente della vetta principale, che prende il nome di Legnoncino (1.711 m).

Il monte Cabianca è situato lungo lo spartiacque che divide la Val Brembana dalla Val Seriana, a cavallo tra i comuni di Carona e Valgoglio in provincia di Bergamo.

Il monte Cabianca può essere raggiunto sia dal comune di Carona che da Valgoglio.

Da Carona si sale verso il rifugio Calvi, situato a quota 1.990 m. s.l.m., si prosegue per il sentiero direzione passo della Portula e, prima della baita Pian dell'Asino, si sale a destra (ovest) in direzione lago dei Curiosi. Presso il lago si prende per il canalone e si sale fino al Naso di Cabianca (2.475 m). Si prosegue lungo la cresta che conduce prima alla Spalla e quindi in vetta.

Da Valgoglio invece si sale fino la località Bortolotti, dalla quale si segue il segnavia del CAI numero 268, che permette poi di raggiungere le case ENEL nei pressi della diga del lago Sucotto. Da qui proseguire verso la capanna Lago Nero, posta nei pressi dell'omonimo lago, per arrivare quindi al lago di Aviasco. Poche decine di metri dopo la diga dello stesso, seguire la traccia che sale a monte e, in circa un'ora, permette di arrivare in vetta.

Un'altra via alternativa si dirama dal passo di Aviasco (a sua volta raggiungibile dal versante della valle Seriana dall'omonimo lago e da quello della valle Brembana mediante la valle dei Frati) e sale al monte dei Frati (2.502  m) e, tramite una facile cresta, tocca la cima del monte Valrossa (2.550  m) da cui in breve si arriva alla cima del monte Cabianca.

Il Pizzo dei Tre Signori è una montagna (2.554 m s.l.m.) sulla cresta principale delle Alpi Orobie, ove questa si pone tra i solchi orografici della Valtellina (con la tributaria Val Gerola), della Val Brembana (con le tributarie Valtorta e Valle d'Inferno) e della Valsassina (con la tributaria Val Biandino).

Gode di una particolare fama "geografica" che il nome ricorda, essendo da secoli il punto geografico di spartizione fra tre diverse giurisdizioni politiche: un tempo tra lo Stato di Milano, la Repubblica di Venezia e il Canton dei Grigioni nella Confederazione Elvetica, quand'essa occupava la Valtellina; oggi tra la Provincia di Sondrio, la Provincia di Lecco e la Provincia di Bergamo.

I versanti principali della vetta sono quelli che scendono verso le valli sopracitate e presentano itinerari di salita sempre agevoli, ancorché lunghi; il più interessante risulta tuttavia quello che raggiunge la sommità del lato valsassinese per la cresta ovest, presentando poco sotto la vetta un pittoresco passaggio roccioso attrezzato con catene denominato "Il Caminetto", il che ne denota la particolare morfologia.

Dal versante valtellinese è anche una meta scialpinistica, il cui interesse è mitigato dalla lunghezza dell'itinerario e dalla scarsa sciabilità generale. La cima frequentata per quasi tutto l'anno, offre un panorama molto vasto ed interessante, notevole soprattutto sulle vette retiche del Masino e del Bernina, nonché verso i solchi vallivi bergamaschi.

Il versante valsassinese ospita il noto rifugio Grassi, tra quelli storici per l'alpinismo lombardo, altre strutture che possono agevolare la salita alla vetta sono, ancora sul lato valsassinese il rifugio Santa Rita, sul versante valtellinese il rifugio FALC e il rifugio Trona Soliva, su quello bergamasco il rifugio Benigni.

Numerosi sono i rilievi costituenti la dorsale delle Orobie.

Il gruppo del "Tre Signori" che si estende dal Passo di Salmurano alla Bocchetta di Trona. È alto 2.554 metri e prende il nome dagli antichi confini politici che la sua cima individuava: tre stati, quali il Ducato di Milano, la Repubblica Veneta e la Repubblica dei Grigioni si incontravano sulla cima; oggi a questa altitudine si incontrano le province di Bergamo, Lecco e Sondrio.
Procedendo verso est, troviamo il gruppo del Ponteranica, il quale si estende tra il Passo San Marco e il Passo Salmurano. La vetta orientale, nella stagione invernale, è la classica meta di sciatori e alpinisti provenienti sia dal versante bergamasco che da quello valtellinese. Il gruppo prende il nome dal Comune di Ponteranica, proprietario dal XVI secolo dei pascoli che si estendevano alla base dei versanti meridionali della montagna. Al giorno d'oggi, quegli alpeggi vengono utilizzati dai pastori nella stagione estiva.
Il Pizzo Coca, alto 3.050 metri è la cima più elevata delle Orobie. Apprezzato dagli alpinisti è il ripido canalone che incide il versante nord e che scende dalle due vette costituenti la cima della montagna. Su uno sperone roccioso, dominante l'omonima Val di Coca, sorge un rifugio che offre una vista spettacolare sulle valli circostanti. È l'ideale base d'appoggio per escursioni al Lago di Coca o al gruppo Scais-Redorta.

Caratteristica importante della dorsale orobica è la scarsità di valichi transitabili. La maggior parte dei passi, infatti, è situata a quote piuttosto elevate (specialmente nel settore orientale) e risulta servita solo da sentieri o mulattiere.

L'unica strada che valica la dorsale è quella del Passo di San Marco (1991 m), che ricalca in parte il percorso dell'antica Via Priula, realizzata nel XVI secolo e collega Mezzoldo, in Val Brembana, con Morbegno, in Valtellina.

La metamorfosi delle Alpi Orobie comprende un periodo lungo quasi 300 milioni di anni. Pochi sono i luoghi della terra che raccolgono così tante e così diverse situazioni geologiche. Nel periodo più antico della loro esistenza, il Permiano, il complesso montuoso, simile alle Ande dei nostri giorni, fu interessato da un'intensa attività vulcanica. Le eruzioni di tale periodo portarono alla formazione di Collio, situata nell'omonima località dell'alta Val Trompia nel bresciano. Il materiale eruttato dai vulcani e quello derivante dall'erosione delle rocce metamorfiche dei rilievi, fu trasportato a valle dai corsi d'acqua e sedimentato, in forma di limi, sabbia e ghiaia, in vasto bacino alluvionale. In questo enorme bacino sedimentario, laghetti di acqua dolce erano abitati da anfibi e rettili.
Durante la fine del Permiano, si costituì una formazione di rocce definita verrucano lombardo, ovvero una successione di rocce, ben evidente perché di colore rossastro. Il nome verrucano deriva dal Monte Verruca, nella zona del Monte Pisano in Toscana, dove si trova un conglomerato di rocce simili.
La regione fu raggiunta, nel Triassico Inferiore, dal mare. Possiamo individuare come antichi sedimenti marini rocce arenarie e marne, indicate con il nome di Servino o formazione di Werfen. A partire dal Triassico Medio si sono depositati calcari e dolomie che, formando barriere coralline, hanno dato origine ai gruppi montuosi a sud delle Orobie. A parte i depositi del Quaternario, le rocce più recenti risalgono a circa 30 milioni di anni fa e sono di tipo intrusivo.

Oggi la disposizione delle rocce non è più quella originaria in seguito alle trasformazioni operate dall'orogenesi alpina. Si è assistito ad un generale accorciamento della crosta primitiva, il quale ha portato a piegamenti e accavallamenti (chiamati sovrascorrimenti) di rocce che in origine seguivano un andamento nord-sud. Sono proprio gli accavallamenti l'aspetto più interessante della zona, poiché caratterizzati dalla sovrapposizione di rocce più antiche a rocce più recenti. Il principale sovrascorrimento è delimitato dalla faglia orobica, che in unione a faglie minori presenta un andamento est-ovest nella zona centrale. In definitiva, la struttura delle Orobie sarebbe il raccorciamento della crosta terrestre di un centinaio di chilometri.
Sono i ghiacciai del Pleistocene, il più antico periodo del Quaternario, ad aver contribuito al modellamento delle Orobie: durante tale periodo, occuparono gran parte dei monti, incidendo il fondo delle vallate. L'azione glaciale ha portato alla formazione di conche, valli a "U", valli cinte da versanti con ripidi pendii (valle Seriana), fondivalle lisciati e arrotondati, ricchi di conche, alcune delle quali ancora occupate da laghi piccoli e grandi. Sono proprio queste conche ad aver assorto alla funzione di serbatoi artificiali d'acqua per la produzione di energia idroelettrica.
Bruschi pendii, in corrispondenza di rocce resistenti all'erosione e in epoca glaciale occupati da cascate di ghiaccio (ice-falls), sono oggi sede di cascate come quelle del Serio a Valbondione, le più alte d'Italia attivate solo per qualche ora all'anno. I ghiacciai non hanno solo scavato parte della superficie della crosta terrestre ma anche accumulato il materiale che essi trasportavano: vi sono ovunque depositi morenici, anche di notevole spessore. Ricordiamo i ghiacciai di pietra (rock-glaciers): corpi detritici accumulatisi sui versanti o originari depositi morenici fluiti lentamente verso il basso nel corso dei secoli e dei millenni.

Un caso anomalo rispetto alla formazione generale delle Orobie, riguarda la zona di Zogno, in Valle Brembana: le rocce di quest'area, sotto l'azione di spinte, invece di fratturarsi come avviene nel caso di rocce più compatte quali le dolomie, si sono piegate e talvolta accartocciate su sé stesse.

Oltre al parco delle Orobie Valtellinesi ed al parco delle Orobie Bergamasche, le aree protette delle Alpi Orobie sono la riserva naturale delle Valli di Sant'Antonio e la riserva naturale orientata Bosco dei Bordighi.




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