mercoledì 17 agosto 2016

TRAPIANTI E RELIGIONI

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I trapianti sono accettati dalla Chiesa cattolica e la donazione è incoraggiata in quanto atto di carità. Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica “Evangelium Vitae” ha invitato la comunità cattolica a interessarsi a realtà nuove che a volte trovano nei credenti una certa resistenza. È il caso, per l’appunto, della donazione degli organi.
Buddismo: la donazione è una questione di coscienza individuale.
Ebraismo: gli ebrei ritengono che se è possibile donare un organo per salvare una vita, è obbligatorio farlo. Poiché ridare la vista è considerato salvare la vita, è incluso anche il trapianto della cornea.
Greco Ortodossa: non pone obiezioni alle procedure che contribuiscono a migliorare lo stato di salute dell’uomo, ma la donazione dell’intero corpo per la sperimentazione o la ricerca non ne segue la tradizione.
Induismo: la donazione degli organi per il trapianto è una decisione di tipo individuale.
Islam: i maomettani approvano la donazione da parte di donatori che abbiano dato in anticipo il proprio consenso per iscritto e gli organi non devono essere conservati, bensì trapiantati immediatamente.
Protestantesimo: incoraggia e sostiene la donazione degli organi.
Mormoni: la donazione degli organi per i trapianti è una questione personale.
Testimoni di Geova: la donazione è questione di coscienza individuale fatto salvo che tutti gli organi e i tessuti devono essere completamente privi di sangue.

Non sono tanto i numeri, che restano comunque positivi, a indicare la qualità del sistema italiano dei trapianti. La vera cartina di tornasole è la crescita organizzativa che lo sostiene. Sono migliorate le terapie sui pazienti in lista di attesa per un organo e quelle successive all’intervento. Questo si traduce in una minore mortalità. Per la gestione del meccanismo donatore/ricevente non esistono più tre livelli di coordinamento ma due, dopo l’eliminazione dei centri interregionali. Ciò equivale a uno snellimento tecnico e di passaggi. Di pari passo sono diminuiti gli ospedali dove si trapianta, scesi sotto i 45. La concentrazione delle operazioni significa maggiore casistica e qualità chirurgica.

Il rendiconto del 2015 è stato presentato dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha parlato di eccellenza. Gli accertamenti di morte sono stati 2.332 e la rete ha offerto 1.388 donatori di cui 1.170 sono stati utilizzati. In aumento i donatori di tessuti, in particolar modo la cornea. Notevole l’incremento della donazione da vivente di rene e fegato. Poi la donazione a cuore fermo, la vera novità dell’anno scorso. Sono state 6, alle quali si sono aggiunti altri due casi nel 2016. Il successo di questa via alternativa è dovuto alle tecniche di riperfusione attraverso la macchina Ecmo (circolazione extracorporea), che ossigena i tessuti permettendo di recuperare lo svantaggio dei 20 minuti di attesa dopo che il battito si è fermato, il tempo necessario per l’accertamento di morte. Una specie di “restauro” degli organi. Si è concluso dunque con un segno positivo l’anno 2015 per i trapianti di organo nel nostro Paese, con un totale di 3.317 interventi eseguiti (67 in più rispetto al 2014 e 228 rispetto al 2013). Cresce complessivamente l’intera attività trapiantologica, con alcune peculiarità: cuore e fegato hanno registrato un buon incremento, arrivando rispettivamente a 246 (19 in più rispetto al 2014) e 1.067 interventi (10 in più rispetto al 2014). I trapianti di rene sono stati 1.877, in aumento grazie agli interventi eseguiti da donatori viventi. Il polmone ha subìto una leggera inflessione (112 nel 2015; 126 nel 2014), mentre il pancreas risulta in crescita (50 nel 2015; 43 nel 2014). Altrettanto positiva l’attività trapiantologica per i tessuti e le cellule staminali emopoietiche; per quest’ultime, sono stati 704 i trapianti da donatore non familiare adulto (+11 rispetto al 2014) e in aumento quelli da donatore familiare semi-compatibile (“aploidentico”).


Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti, alla domanda su quali potranno essere ulteriori strategie per assottigliare il gap tra pazienti in attesa (9.070) e offerta di organi, risponde: «È un concetto superato. Consideriamo piuttosto i pazienti in lista che vengono operati nel giro di due tre anni, sono 8 su 10. La sopravvivenza è aumentata, prima e dopo il trapianto. La mortalità oscilla tra il 2% dei malati di rene e il 10% di quelli del polmone».
Le zone d’ombra si intravedono nelle regioni del Sud Italia, che però stanno lavorando per guadagnare terreno. Mettere i propri organi a disposizione della comunità attraverso una dichiarazione ufficiale è una strada facile? «Sì in alcuni Comuni, come Milano, Bologna, Cagliari, Ancona e Perugia dove si può indicare il consenso al prelievo al momento di richiedere o rinnovare la carta di identità. Roma era partita bene, poi sono sopraggiunti problemi burocratici» spiega Nanni Costa. Sono 553 (all’11 febbraio 2016) le amministrazioni già partite col nuovo sistema di raccolta (454 nel 2015) . Fra quelli che accettano di dichiarare, il diniego è inferiore al 10%.



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