venerdì 29 maggio 2015

IL CASTELLO DI PANDINO

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Il castello venne fatto erigere dal signore di Milano Bernabò Visconti e dalla moglie Beatrice Regina Della Scala, intorno al 1355-1370 come residenza di campagna per la caccia, grande passione di Bernabò.

Intorno al 1355, il signore di Milano Bernabò Visconti, grande appassionato di caccia, scelse Pandino per farvi costruire un castello per poter comodamente  risiedere in questi luoghi  e dedicarsi alla sua attività prediletta; il territorio infatti, in quell’epoca era ancora ricco di boschi abitati e selvaggina. La costruzione ha la forma tipica dei castelli viscontei di pianura dell'epoca: pianta quadrata con quattro torri quadrate angolari, cortile interno con porticato ad archi acuti al piano terra e loggiato superiore con pilastrini quadrati. All'esterno sono visibili le numerose finestre, monofore al piano terra, in origine destinato alla servitù, bifore al piano superiore, riservato ai nobili. Il lato est del piano inferiore era originariamente aperto come una sorta di secondo porticato ed era adibito a salone per i banchetti estivi (attualmente, corsi e ricorsi storici, è utilizzata dalla mensa della scuola agraria).

Il castello al momento della realizzazione venne completamente affrescato persino nella zona delle stalle, ora utilizzate come biblioteca comunale. Le pitture del castello erano realizzate da svariate forme geometriche, tarsie a imitazione del marmo e alcune figure umane, variando vano per vano. Nelle forme geometriche vennero rappresentati gli stemmi araldici dei Visconti e Della Scala.

Alla morte di Beatrice Regina Della Scala sposò una Savoia ed in suo onore fece ridipingere gli stemmi scaligeri con lo stemma della casata Savoia.

Passato agli Sforza ed in seguito ad altre nobili famiglie, è attualmente di proprietà del Comune.
Grazie alla ricchezza dell'impianto originario e alla sua integrità, il castello di Pandino è sempre stato considerato come uno degli esempi più importanti dell'architettura fortificata viscontea trecentesca, in cui esigenze difensive e residenziali si sono perfettamente armonizzate. Costruito a nordest dell'abitato, all'interno dell'antica cerchia muraria fortificata, circondato da un profondo fossato prosciugato, ha uno schema architettonico semplice costituito da un quadrato di 66 m per lato, con quattro torri angolari sempre a base quadrata. Edificato totalmente in mattoni presenta una cornice marcapiano che divide in due la parete muraria, scandita a sua volta da monofore e bifore. Le torri sono invece tripartite, con una monofora al primo piano e una bifora negli altri due. I due ingressi sui lati sud e nord sono sottolineati dalla presenza dei rivellini che anche se hanno interrotto l'omogeneità delle facciate, sono stati ingentiliti con l'aggiunta dello stesso motivo decorativo di mattoni a scaletta che corre lungo tutta la restante parete muraria.
All'interno il cortile è caratterizzato da portici a sesto acuto, mentre al piano superiore da un loggiato con copertura a capriate. La destinazione originaria degli spazi non è nota, anche se non doveva essere molto differente da quella che è documentata per i secoli XVI e XVII, con al piano terra i servizi e ad oriente un ampio salone destinato ai banchetti. Si accedeva al piano superiore tramite una piccola scala in legno, oggi sostituita da quelle costruite nei torrioni.
Il castello, rara e preziosa testimonianza, conserva ancora quasi interamente le decorazioni che ne ornavano le pareti del portico, del loggiato e delle stanze, gli arconi delle finestre e i pilastri. In quasi tutte le stanze la decorazione segue uno sviluppo comune che prevede a partire dal pavimento uno zoccolo con specchiature marmoree riquadrate. Nella fascia superiore trova posto il motivo decorativo principale, che si sviluppa adattandosi ai particolari architettonici della stanza stessa. I motivi, a carattere fondamentalmente geometrico si succedono con diverse varianti e sono alternati a figure araldiche o vegetali.
Nella sala superiore dell'ala meridionale si conserva la testimonianza più integra di tutto l'apparato decorativo: sopra al consueto zoccolo marmoreo si sviluppa un finto loggiato con archi carenati ornati esternamente da fiori. Lo spazio tra un arco e l'altro è occupato da medaglioni con lo stemma dei Visconti e dei Della Scala; nella fascia superiore i motivi geometrici sono alternati a finte bifore.
Sulle superfici esterne del portico e del loggiato, pur se con delle varianti, si presentano gli stessi motivi che ornano le sale interne, mentre è più impegnativo fare delle ipotesi sulla decorazione esterna del castello perché scarse sono le tracce di colore riscontrate. Gli unici elementi figurativi si trovano sulle pareti del portico presso il salone dell'ala ovest e rappresentano San Cristoforo e Sant'Antonio abate. Il riquadro che contorna la figura è sormontato da una lunetta ogivale in cui è raffigurato a monocromo Cristo in pietà, affiancato da un angelo con i simboli della passione. Di fronte al salone sopra ogni pilastro del portico si intravede un tondo con un'immagine figurata. Solo due sono chiaramente distinguibili e rappresentano delle figure mostruose, composte dell'unione di un uomo e di un animale, intente a suonare uno strumento musicale. Se per i motivi decorativi di tipo geometrico parallelismi si possono riscontrare nella Rocca di Angera o nel castello di Legnano, questi ultimi soggetti sono particolarmente inconsueti.
A Pandino infatti, probabilmente per il tipo di soggetto rappresentato, pur se con delle diversità dovute al numero di frescanti presenti, e alle loro specifiche abilità, sono pochi i brani di particolare maestria, che potrebbero riferirsi ad un unico artista di buon livello che forse sovrintendeva a tutta la decorazione.

L'architettura dell'edificio risponde a quel tipo ideale di "palazzo fortificato" che i Visconti portarono a compiutezza di forme nella seconda metà del Trecento e che ha trovato qualche anno più tardi la sua più limpida e grandiosa affermazione nel castello di Pavia.
Delle quattro torri dell'organismo originario si sono conservate intatte solo quelle dell'ala orientale, mentre le corrispondenti due torri dell'ala occidentale vennero mozzate nell'Ottocento in quanto pericolanti. Del fossato circostante, interrato, restano attualmente solo i contorni. I corpi di fabbrica si presentano oggi privi di merlature, probabilmente demolite nel corso del Settecento quando il castello, decaduto al rango di edificio rurale, ebbe una nuova sistemazione delle coperture; le ricerche effettuate in questi anni da studiosi locali e dal Cavalieri ne hanno infatti accertato l'esistenza e hanno pure fatto luce sull'originaria disposizione delle falde del tetto, analoga a quella del castello di Pavia.
Ognuna delle quattro facciate è regolarmente scandita dalla presenza di sei monofore al piano terreno e da bifore al primo piano, mentre fasce di mattoni disposti a scaletta avvolgono, come festoni, le nude pareti dei corpi di fabbrica e delle torri.
Il cortile è circondato al piano terreno da un portico ad archi acuti di sei campate per lato e da un'aerea loggia soprastante, suddivisa in dodici campatelle per lato e spartita da snelli pilastrini che sostengono architravi in legno sui quali si appoggiano le falde del tetto. Sede del Comune e di uffici comunali, della biblioteca e del convitto della locale Scuola Casearia Professionale, lo stato di manutenzione del castello è buono per merito soprattutto dell'attenzione che l'Amministrazione comunale vi dedica ormai da un cinquantennio, con il costante obiettivo di un suo utilizzo sempre più orientato a valorizzare gli aspetti di storia, di cultura e di arte.
Nonostante le manomissioni sopra descritte il castello gode tuttora di una buona consistenza e costituisce una della maggiori e più apprezzabili architetture fortificate della Lombardia.

Adagiato nella bassa pianura lombarda, nel territorio compreso tra il corso dell'Adda e del Serio, il borgo di Pandino ha sempre ricoperto una posizione di rilievo. Per tradizione si riteneva che il castello fosse stato costruito a partire dal 1379, per volere di Regina della Scala moglie di Bernabò Visconti, che apprezzava notevolmente questi luoghi vicini alle terre venete di cui era originaria. Un'attenta rilettura dei documenti ha invece fatto anticipare la datazione di circa un ventennio, riconducendola agli anni compresi tra il 1354 (salita al potere di Bernabò), e il 1361, data del primo documento in cui si fa chiaro riferimento al castello. Nel 1385 Gian Galeazzo si impadronì del castello, che vendette dieci anni dopo al lucchese Niccolò de Diversis. Dopo aver recuperato il maniero i Visconti lo cedettero in feudo prima a Giorgio Benzone, signore di Crema (1414-1423), poi a Luigi Sanseverino (1434-1440). Nel 1469 il castello e i terreni circostanti furono concessi a Ludovico il Moro che irrobustì l'apparato difensivo con la costruzione dei rivellini. A partire dal 1479, essendo stati confiscati a Ludovico Maria Sforza tutti i beni, la fortezza fu nuovamente affidata ai Sanseverino, fino all'estinzione del ramo maschile della famiglia, per cui passò ai Landriani. Nel 1552 divenne di Pagano d'Adda e rimase a questo marchesato fino al 1862, quando fu completamente trasformato in azienda agricola, anche se era stato relegato a quest'uso già nel xviii secolo. Nel dopoguerra il corpo ovest fu acquistato dal Comune che ne intraprese i restauri negli anni '50, mentre le restanti ali rimasero, parcellizzate, a proprietari privati. Oggi vi hanno sede gli Uffici Comunali, il Convitto della Scuola casearia e la Biblioteca. L'esterno e il cortile sono visitabili tutti i giorni, mentre l'interno previo appuntamento.
Grazie alla ricchezza dell'impianto originario e alla sua integrità, il castello di Pandino è sempre stato considerato come uno degli esempi più importanti dell'architettura fortificata viscontea trecentesca, in cui esigenze difensive e residenziali si sono perfettamente armonizzate.

Il castello, uno dei più importanti e significativi esempi realizzati dalla dinastia viscontea, che pure fu una grande realizzatrice di architetture fortificate, fu fatto innalzare, secondo le approfondite ricerche storiche condotte da Giuliana Albini e Federico Cavalieri, da Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, tra il 1354 e il 1361.
Nella seconda metà del Quattrocento gli Sforza, nel quadro di un esteso aggiornamento delle difese dello scacchiere dell'Adda, minacciato dalla presenza della Repubblica Veneta, rafforzarono le mura del borgo di Pandino e il castello stesso, al quale vennero addossati, in corrispondenza dei rispettivi ingressi, due torrioni muniti di apparato a sporgere e di ponti levatoi.
Dopo essere giunto nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento a uno stato di grave decadenza per trascuratezza di manutenzione e per utilizzi incompatibili, il castello è stato acquistato nel 1947 dall'Amministrazione comunale di Pandino, che ha poi dato subito avvio a importanti lavori di restauro, scongiurandone la rovina che sembrava imminente. Successivamente è stato dato corso al restauro dei pregevoli dipinti trecenteschi, basati sul motivo geometrico del quadrilobo entro il quale sono raffigurati, in posizioni alterne, a gloria dei due proprietari, gli stemmi dinastici del biscione visconteo e della scala, che adornano, come un grande tappeto, le facciate verso il cortile e le pareti di fondo dei portici e delle logge.



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