mercoledì 8 luglio 2015

BRAONE

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Braone è un comune della Val Camonica.
La storia di Braone (dal latino "brago" = palude oppure dal greco "bragos" o da "brieg" luogo acquitrinoso o dal francese "brai" = fango)è legata a una famiglia nobile e a una comunità articolata su poche famiglie che, con le loro corti, hanno formato il villaggio . Si hanno alcune notizie sull'esistenza del paese soltanto dal XII sec., quando anche Braone, come le altre comunità della Vallecamonica, venne infeudato dal Vescovo di Brescia e consegnato alla famiglia Griffi di parte Guelfa. Tuttavia la comunità e il villaggio sembra si siano sviluppati posteriormente, nei sec. XVI-XVII, sotto la dominazione della Serenissima Repubblica di Venezia (1427 - 1797), come testimoniano le date ancora esistenti sui portali delle corti.

Vicinia fin dal Medioevo, Braone diventa più tardi frazione del Comune di Niardo, ricostituendosi in Comune autonomo nel 1820. Nel 1927, con l'avvento del fascismo, Braone venne fuso in unico comune con Breno e Losine. Solo nel 1950 gli fu restituita l'autonomia.

Nel 1956 sono state rinvenute delle monete, definite solitamente come il tesoro di Braone, oggi esposte al Museo nazionale della Valcamonica, le più recenti delle quali databili a Anastasio I Dicoro (circa 518 ev).

La famiglia guelfa dei Griffi ebbe un forte radicamento un questo abitato.

La presenza della contrada "motta" fa supporre che anticamente fosse esistita una struttura militare del genere.

È presente un'ampia comunità di artigiani chiamati "Scalpellini" di Braone dediti oggi alla riscoperta della tecnica della lavorazione del granito, materiale presente in elevate quantità in questa zona ed utilizzato principalmente per l'edilizia.

Oltre alle dimore risalenti al 1500 e 1600, che sono ancora visibili nel centro storico, una menzione va a Casa Griffi, in posizione quasi staccata rispetto al paese, di linee particolarmente eleganti che ricordano la presenza importante che ebbe questa famiglia.
La Parrocchiale della Purificazione di Maria Vergine, rifatta quasi completamente nel 1700. Dall’antica e precedente chiesa quattrocentesca sarebbe il bell’affresco sulla facciata esterna. Si ha certezza che autore del portale in pietra di Sarnico è il milanese Carlo Verde. All’interno sono visibili degli affreschi dei pittori camuni Giovanni Chizzola di Breno e Domenico Faletti, di Cividate. Quest’ultimo fu autore anche della Via Crucis. Vi sono custoditi alcuni dipinti del 1600 attribuiti a G. Mauro della Rovere, detto il Fiamminghino e alla sua scuola.

La macchina delle Quarant’ore e del Triduo dei morti è  un pregevole manufatto dell’artigianato e dell’arte dell’intarsio del legno che viene applicato armoniosamente all’altare maggiore. Per allestire questa macchina si uniscono tra loro, come in un puzzle, 6 pesanti pezzi di legno di castagno sul contorno dei quali, tra una voluta e l’altra, svettano ben 55 candele.

Un tempietto di pregevole fattura dedicato alla “Madonna della Neve” è interamente costruito con pietre ben lavorate a mano in granito dell’Adamello e i blocchi sono sistemati a “corso”.Ha forma rettangolare ,a una navata,col tetto a due falde ricoperto di lamiere di rame;la sua lunghezza di m.6 e la larghezza di m.4 e l’altezza in colmo è di m.5 . L’entrata è costituita da un portale con arco a sesto acuto in stile gotico le cui spalle sono grossi monoliti finemente lavorati (due pilastri di un cancello di una villa signorile probabilmente di Pianborno) con la chiave di volta sulla quale campeggia in alto rilievo,sempre in granito, un magnifico cappello alpino scolpito da Prandini Enrico detto Cifra. Presenta due finestrelle sulle pareti laterali con vetro decorato artisticamente (Un orante con sullo sfondo il Pizzo Badile e la chiesa parrocchiale di Braone con sullo sfondo la Concarena) da Bonfadini G.Carlo. Sulla parete dietro l’altare vi è un bellissima pala in bronzo che rappresenta la Madonna della neve che col suo mantello protegge la montagna(il Pizzo Badile) e la chiesetta medesima ,opera di Pizio da Lozio. Il porfido per il pavimento,il rame,i materiali edili e tutte le suppellettili sono stati donati da persone generose. La costruzione della chiesetta è stata finalizzata alla memoria di tre alpini “andati avanti” prematuramente come testimonia le lapide commemorativa posizionata all’interno del tempio.

Braone ha vecchie case di struttura contadina con involti, tipici portali in granito, d’ogni epoca, come documentano le date incise sugli architravi, molte fontane sempre in granito, fornito dal torrente Pallobbia che scorre al lato del paese, che purtroppo non sempre s’è mostrato generoso. Questa abbondanza di granito ha favorito nei tempi passati, ma anche oggi, la presenza di una vera e propria scuola di scalpellini.

Ogni "curt" possedeva il proprio forno, un tipico esempio di vita che si svolgeva in chiusi clan familiari, durata fino ai tempi napoleonici e, in parte, anche nell'Ottocento. Ben ristrutturate sono due case della nobile famiglia Griffi, che ancora mantengono il fascino delle case signorili, con bei contorni di pietra grigia alle finestre, ai portoni, con archi, colonnine e capitelli, ornate da giardini, circondate da orti e prati verdi.
Nel paese si trova la sede del Dipartimento di Valcamonica del Centro Camuno di Studi preistorici, che può essere interessante visitare.

Il torrente Palobbia, nasce dalle montagne del Listino e del Galiner e dopo aver attraversato il comune di Braone, sfocia nel fiume Oglio, risultando uno dei maggiori affluenti.
L'acqua del torrente viene utilizzata in gran parte per produrre corrente tramite una centrale idroelettrica.
Il torrente Palobbia, viene regolarmente "ripopolato" dal gruppo "A.P.S.Braone", con rilascio di fauna ittica di dimensione variabile fra i 6-9 centimetri, ovvero avannotti di trote fario consegnati dalla Provincia di Brescia.

Il 23 aprile 1984 è stato inaugurato nella Piazzetta Griffi il Monumento ai Caduti in sostituzione delle due lapidi commemorative dei caduti delle guerre mondiali esposte in piazza S.Maria e ora alloggiate al cimitero.
Il monumento è composto da 15 stele di pietra di varia grandezza posizionate a mo' di canne d'organo e da altre che costituiscono il basamento. La materia utilizzata è granito dell'Adamello a grana fine tipica della montagna di Braone; infatti tali pietre sono state estratte dalla cava di Piazze di Braone e lavorate dalla Ditta Cappellini e dagli scalpellini del paese. Il manufatto presenta la scritta:BRAONE A TUTTE LE VITTIME DEL LAVORO E A TUTTI  I CADUTI DELLE GUERRE ;inoltre vi sono posizionate due sculture in bronzo con simboli del lavoro(galleria e martello) e della guerra (cappello alpino e cannone).

Fino al 1930 Braone era servito da fontane pubbliche le cui acque sgorgavano da sorgenti localizzate appena sopra l’abitato (alcune fontane o lavatoi erano alimentati anche dal torrente Pallobia).
Le fontane esistenti nelle corti,non essendoci la rete idrica che potesse dare un servizio alle singole abitazioni,erano essenziali come abbeveratoi per gli animali e per attingere acqua ad uso domestico.
Una delle sorgenti sgorgava nei pressi della chiesa parrocchiale ed alimentava pure una fontana situata nella zona di Sommavilla almeno dalla metà del ‘700.Detta fontana chiamata “Funtani’ dè Shumaìla” ,rispetto ad altre di granito di pregevole fattura ma costruite in tempi più recenti (1923) o a quelle più antiche più semplici fatte con lastre varie,è interessante per la forma e per l’età. Infatti fu scavata in un unico masso di granito non perfettamente regolare (m2xm1)senza i mezzi moderni, quindi a mano,da uno scalpellino di cui si conoscono solo le iniziali (G.B.) nel 1766 come testimonia l’incisione sulla parte frontale del manufatto.
Negli anni “30-40 durante la costruzione del canale SEB(Società Elettrica Bresciana) la sorgente ha interrotto il flusso d’acqua per cui detta Società ha provveduto a fornire le fontane della zona alta del paese col pompaggio dell’acqua attinta probabilmente dalla stessa sorgente che nel frattempo aveva abbassato la propria falda a livello del canale(quest’acqua oggi alimenta Via Dossi ,Brendibusio,Gisole).Nel 1956 la fontana,in occasione del posizionamento della prima rete idrica , venne alimentata con l’acqua della sorgente di Poia.
Nel 1988 la via Sommavilla ,in prossimità della Parrocchiale, fu allargata e il “funtani’ “fu spostato e riposizionato in una nicchia ricavata nel nuovo muro di sostegno della scarpata retrostante.
Interessante notare che,mentre si procedeva alla demolizione del vecchio muro all’interno dello stesso dietro la fontana ,fu trovato l’antico sgocciolatoio anch’esso in granito lavorato,per cui questo importante manufatto fu rimesso al suo posto originale,sostituendo il provvisorio tubo di ferro(utilizzato per 40 anni) completando in modo egregio il monumento e dunque riportandolo a com’era nella metà del ‘700.

La Santella del torrente Palobbia è stata eretta per devozione e  per voto della comunità di Braone, oltre che con intento apotropaico, cioè per allontanare il pericolo di inondazioni.All’interno del fornice, chiusa da un’inferriata, è affrescata la Pietà. Il quadro ha l’aspetto di ex-voto. Infatti la Madonna con il Cristo sulle  ginocchia è presentata seduta su un muro in pietra sovrastante il corso d’acqua su uno sfondo a tinte fosche  come a simulare una turbolenza atmosferica.
A sinistra di chi guarda sono rappresentati S. Raimondo e S. Giovanni Nepomuceno sovrapposti all’affresco precedente in cui compare l’immagine probabile di S. Apollonio vescovo di Brescia. A destra si intravedono tratti delle figure dei  7 fratelli martiri Maccabei. Nella voltina c’è la rappresentazione del Padreterno. All’esterno, sulla parte più alta, è raffigurata, in sovrapposizione l’Annunciazione di fattura novecentesca, mentre più in basso a sinistra compare la figura di S. Cristoforo rivolto al torrente in atto di presentare il Bambino affrescata precedentemente; a destra invece le immagini si sono sbiadite nel tempo.  Il tetto è a doppio spiovente con copertura in piode.
La santella al torrente (detta anche santella Griffi), è di antica costruzione. Si dice che esista documentazione in cui si rammenta che nel 1533, in occasione di una delle inondazioni del torrente Palobia, davanti a “questo santello” vi fosse concorso di popolo in preghiera. Nel tempo furono eseguiti vari interventi, come quando “fu restaurato a spese della chiesa nel 1821 e nel 1846”.

La Santella della Madonna di Lourdes si erge da terra ed è addossata al muro dell’antica abitazione Gelmini-Bonfadini. La piccola nicchia con arco a sesto ribassato contiene una statuetta della Madonna di Lourdes collocata alla fine degli anni ’50 del ‘900 e da poco ridipinta; riporta sulla cornice di base la scritta: AVE O MARIA SS. ed è chiusa da una grata in ferro.

La Santella al Brolo Parrocchiale raffigura una Madonna con la luna ai piedi, con postura di leggera torsione del busto.
Nell’anno 1747 Don Bartolomeo Bonariva nella sala fece dipingere sotto il soffitto tra cornici di legno l’immagine dell’Immacolata, poi nel 1895 essendo pericolante il soffitto, fu levata questa immagine e conservata intera fu trasportata per formar un santello all’entrata del brolo.

Un affresco su muro di casa del centro storico che ritrae, in falsa nicchia, la Madonna Immacolata  con i piedi sul quarto di luna e il giglio bianco e sorretta da quattro teste d’angelo. Posta su un muro del balcone, è ben visibile dalla strada nonostante le ridotte dimensioni dell’opera. L’affresco è di  fattura discreta  e di modalità stilistiche classiche.  I segni di pitture precedenti sottostanti segnalano le tracce di una consuetudine presente anche nel passato di affrescare alcune parti esterne delle abitazioni del  centro storico.

Santella di casa Lardelli è un affresco che rappresenta la Sacra Famiglia con due angeli che volteggiano in alto. Accanto vi sono S. Pietro e S. Domenico
L’affresco è stato eseguito all’inizio degli anni ’30 del ‘900 da un lavorante alla costruzione del canale che passa sotto il paese. Nel 1997, volendo il Comune allargare la strada, la famiglia Lardelli rifece il muro e fu eseguito lo strappo delle immagini ad opera del decoratore Carlo Bettoni di Bienno e della pittrice Angelita Mattioli di Braone. Dal 1999 il trittico è appeso ad una parete dell’atrio della tromba delle scale del Comune.

La Santella di via Ziralda, casa Bonfadini consiste in nicchia di forma absidale con quattro personaggi nimbati. Ambedue i santi sono all’interno della nicchia e si presentano con i classici semi. La Madonna  è assisa su un trono di nubi e il Bambino è seduto su un cuscino sul  ginocchio sinistro di Lei.
L’opera risale al 1970 ed è di Giuseppe Mogni.

La Santella della Madonna del Rosario rappresenta con modalità di ex-voto la Madonna con Bambino in atto di dare la corona del Rosario ad un devoto genuflesso.

Sulla facciata della Chiesa Parrocchiale c'è un affresco che rappresenta una Madonna incoronata con Bambino e due santi.
Nel 1738 vennero dipinte tre immagini: La Madonna incoronata seduta in trono con Bambino e i santi Bartolomeo apostolo e  S. Cristoforo con il Bambino sulle spalle”. Nel 1983 il parroco Don Domenico Baruselli staccò il dipinto ormai quasi del tutto deteriorato e lo sistemò in chiesa sopra il confessionale delle donne. Nel 2012 l’attuale parroco don Angelo Corti lo ha collocato sulla parete sinistra del presbiterio della Chiesetta  di S. Luigi.

La santella di Vicolo Cocchi è un affresco di ridotte dimensioni che riproduce un’immagine di S. Antonio con saio e la scritta S. Antonio di Padova.
Non si conosce notizia circa l’origine dell’immagine di S. Antonio da Padova affrescata al di sopra del portale di ingresso del cortile di vicolo Cocchi. L’opera è precedente all’intervento di intonacatura del muro in malta cementizia avvenuto negli anni ’80 del ‘900.

La Santella  di S. Marco  rappresenta il Santo in piedi, con bordone, dal quale fuoriescono tre fiori bianchi. Sotto la voltina compare la colomba con ramo d’ulivo. In alto c’è la scritta “S. Marco Evangelista”. Una cancellata chiude l’ingresso.
Di antica fondazione fu ristrutturata nel 1894. Dell’antica santella rimane il nome del personaggio e la struttura muraria, che è stata mantenuta anche in occasione dell’allargamento della strada della seconda metà degli anni ’80 perché, si dice, la santella era arretrata rispetto alla sede stradale. Il proprietario Gianni Gelmini incaricò per le immagini  il pittore Giuseppe Mogni, che ha rifatto completamente la parte pittorica. La santella è stata benedetta nel 1986 dal parroco don Domenico Baruselli.

La santella al canale è edificata in calcestruzzo con tetto a due spioventi con copertura in rame e chiusa da una cancellata in ferro. All’interno è collocata la statuetta della Madonna di Lourdes.Fu edificata nella prima metà degli anni ’30 del ‘900 al tempo in cui si costruiva il canale che si trova lì vicino innalzandola sopra un muro di cinta di un terreno prospiciente una delle  stradine di campagna, ora in disuso, che collegava con i campi del Comune di Ceto.

La Santella di via Dossi è una grotta costruita aggiungendo ad un’anima in ferro, con malta di cemento, pietre all’interno e pietre più grandi all’esterno. Vi è sistemata dentro una statua della Madonna di Lourdes.
Santella della famiglia Cocchi- Asticher costruita nel 1965 da Cocchi Andrea con pietre di tufo portate poco per volta da Tavernola, dove egli lavorava alla cava. La statuetta precedente, deteriorata, è stata sostituita dal figlio nei primi anni ’80 del ‘900. All’interno vi sono le tracce della scritta con le conchiglie: AVE MARIA. La conchiglia è il simbolo del pellegrino.

All’interno della Santella dei Ronchei sulla volta vi compare la colomba con raggi di luce. Sul fondo tre teste d’angelo poggiano su nuvole sopra due infiorescenze bianche. A sinistra è ritratto S. Giuseppe nimbato. A destra il vescovo S. Agostino nimbato. Sul frontespizio in alto vi è il triangolo con occhio divino.
Costruita anticamente per devozione,  è stata ristrutturata più volte. Una è del 1959 per iniziativa di Agostino Facchini  in seguito a voto effettuato nella ritirata della campagna di Russia: è stata rifatta la muratura e sostituito il tetto di legno e piode con uno in cemento. Pietro Bortolo Bettoni di Bienno, detto Peo, lo stesso che compose le immagini alla santella di Piazzola, rifece completamente la parte decorativa nel 1979. Dato che le pitture, non di affresco, tendevano a deteriorarsi e a staccarsi, la famiglia Gelmini intervenne con lavori di drenaggio del terreno e incaricando la decoratrice braonese Moira M. che nel  2013 riportò le immagini ai primitivi colori del Bettoni. Fu sostituita la statuetta della Madonna in gesso con una più grande in marmo di Carrara dell’artista braonese  Mario Prandini.

La santella di via Provinciale è con nicchia su basamento in conci di granito e tetto di cemento. Vi è l’immagine di una Madonna come è stata immaginata dal pittore Giuseppe Mogni. Un cancelletto in ferro chiude l’entrata e presenta le lettere A M ad indicare Ave Maria.Voluta da Facchini Giovanmaria negli anni ’70 del ‘900, originario di Braone e trasferitosi poi al Badetto. E’ stata dipinta nel 1996 in sostituzione di un preesistente Cristo inginocchiato nell’orto dei Getzemani dello stesso autore ed è stata benedetta dal parroco Don Domenico Baruselli  il 20 settembre 1997 durante la processione dei festeggiamenti del bicentenario della chiesa parrocchiale. La firma è in basso a destra.

Nella Santella della Prada è ritratta una Madonna con il Bambino con dito in bocca.
Storia ed interventi: l’antica santella fu costruita per voto su iniziativa della fabbriceria nella seconda  la metà dell’’800 per la benedizione della campagna e vi erano raffigurate Maria SS., S. Apollonia e S. Lucia. Quella andò distrutta per i lavori di ampliamento della strada ad opera dell’Amministrazione provinciale e fu ricostruita nella seconda metà degli anni ’60 del ‘900 per interessamento di Francesca Prandini. La precedente icona che ritraeva la Madonna su pannello di multistrato molto deteriorato è stata sostituita per iniziativa di B.G.M. nella primavera del 2008 da una nuova ancora su multistrato ed è opera di Maria Do. L’autrice, ricordando i fatti di cronaca dei bambini di Gravina di Puglia caduti nella cisterna nel 2008 e 2006 ricorda come uno di essi fosse stato trovato rannicchiato con il dito in bocca.
Ora la santella appare lontana dalla via Provinciale e orientata fuori asse rispetto alla direzione attuale perchè quando è stata costruita la superstrada verso la fine del ‘900 è stata effettuata la deviazione della Provinciale in sottopassaggio.

La Santella di Gisole si presenta ristrutturata con modalità conservative, con una copertura metallica. All’interno è rappresentata la natività con la caratteristica della Vergine che tiene sul capo tre corone. A sinistra è presente l’immagine, in parte perduta, di un santo vescovo che potrebbe essere S. Apollonio, messo a difesa contro le inondazioni; si trova infatti a pochi metri dal fiume Oglio. A destra si nota in piedi una figura non identificata, con veste bianca, con la palma del martirio.
Costruita da Facchini Marta fu Francesco, è stata ristrutturata dall’Amministrazione comunale nella seconda metà degli anni ottanta del ‘900 sovrapponendovi anche una protezione metallica. La caratteristica delle tre corone in capo alla Vergine è aspetto singolare e rarissimo nell’iconografia mariana e richiama cultura fiorentina del XVII secolo che ha elaborato l’immagine di Maria madre e sposa della SS. Trinità.

La Santella di Piazzola si presenta come cappella con altare, dall’aspetto neoclassico, l’unica di queste dimensioni tra le antiche santelle di Braone. Sono rappresentate le classiche immagini della Madonna del Rosario di Pompei con i santi Domenico e Caterina da Siena.  A sinistra sono riprodotti S. Lucia e S. Rocco, a destra S. Agostino e S. Antonio abate. Non si sa quando sia stata costruita benchè ci siano delle ipotesi tra cui una: “Il santello alla Piazzola ... è probabile sia il più antico, costruito nel 1300 per voto di questa esigua popolazione, per preservarsi dalla rovina che un tempo discese da questi monti e distrusse le poche case che vi erano sottostanti in contrada Fontana e Clusdònega, che formavano il paesello di Braone. Indi di tempo in tempo veniva restaurato dalla chiesa o da privati. Come avvenne  nel 1798, che fu restaurato dal Rev. Curato Perotti. In seguito…dal pittore Vielmi di Breno”.
Nel 1978 Raimondo Facchini assunse l’iniziativa di ristrutturare il manufatto: all’interno si rifece la cornice, e all’esterno si ricostituì quanto deteriorato riportando tutto l’insieme alle linee architettoniche neoclassicheggianti delle suddette precedenti ristrutturazioni. Fu rifatto il tetto. Facchini diede incarico a Bortolo Bettoni di Bienno di decorare l’interno con le immagini di Santi: fu rifatto tutto mantenendo memoria di quanto vi fosse prima. La presenza di S. Rocco, protettore contro la peste, le dimensioni del manufatto e la distanza dal paese, presuppongono un uso nella famosa peste manzoniana del 1630.
Nel 2008, costatando il forte deterioramento delle pitture per l’umidità ambientale, per la tecnica non ad affresco e per i colori dati su base cementizia, Raimondo prese di nuovo l’iniziativa di intervenire su di esse. L’inarrestabile deterioramento richiese poi un nuovo intervento. Fu data ventilazione alle murature, furono consolidate  le immagini e riportati i colori dell’opera originaria per mano del pittore biennese Franco M. nella primavera dei 2014.

La santella di Negola è in muratura posta su roccia viva. E’ ricavata una nicchia e all’interno di una struttura in pezzo unico di ferro si trova la statuetta della Madonna e all’esterno è impressa la scritta: “Nostra Signora di Fatima”. In basso vi è una targhetta metallica con la scritta "PROTEGGI CHI PASSANDO TI GUARDA".
Di antica edificazione, è stata ricostruita da Pierino Binetti  dopo che si era ridotta a un cumulo di pietre, alle soglie degli anni ’60 del’900. Fu benedetta dal parroco don Stefano Guizzardi nell’agosto 1960 con concorso di popolo.C’è monitoraggio periodico da parte del Binetti.
Nel 2013 sono state ripassate tutte le superfici di nuovo colore.

La Santella si Mezzana è costruita su un muro di sostegno posto a monte sulla strada di Mezzana. All’interno è stata collocata una statuetta della Madonna di Medjugorje.
Storia ed interventi: è stata costruita nel 2006 da Bonfadini G.M. in seguito ad un fatto di cronaca: per scampato pericolo alla guida del trattore mentre eseguiva lavori di manutenzione della strada di Mezzana  per conto della Protezione Civile.

Nella nicchia ricavata sulla facciata di un antico cascinale sul pianoro di Négola è stato affrescato un S. Antonio da Padova.
Non si conosce l’origine. In seguito ad una recente ristrutturazione del cascinale, vi sono stati dei ritocchi di consolidamento dell’opera.

La Santella al bivio di Servil è in muratura con tetto a vista a doppio spiovente che sopravanza.E' stata fabbricata da Donina Antonio. Nel 1980 Bortolo Poli ha ristrutturato l’antica santella diroccata dando incarico al figlio Ulisse di procedere con le pitture. Viene ritratta con colori a tempera su muratura asciutta la Madonna di Fatima che appare ai tre pastorelli inginocchiati. Ai lati sono ritratti S. Giacomo e S. Agostino in onore dei nonni. Nel frontespizio si legge: “Spes nostra salve”. E’ detta la hantela dela ólta de Hervìl.

Nella nicchia della facciata della cascina Cocchi in Piazze vi è una croce lavorata grezzamente. Verso la fine dell’ '800 le famiglie Gheza e Cocchi costruirono la cascina sul prato più a monte del pianoro di Piazze. In seguito la famiglia Cocchi acquisì tutto lo stabile.  A metà anni ’60 del ‘900 Cocchi Antonio collocò nella nicchia preesistente una croce di legno del posto, che osservata a distanza assume aspetto caratteristico. Negli anni ’70 e ’80, prima della costruzione della chiesetta degli  Alpini poco distante, davanti alla cascina veniva celebrata la S. Messa estiva in Piazze.

Su un dosso roccioso si erge la santella dei cacciatori in muratura con granito locale. Il tetto a doppio spiovente è ricoperto da lamiera. Sul colmo è fissata una croce in ferro su cui si sta attorcigliando un serpente. All’interno è collocata una statuetta della Madonna di Lourdes. Nel 1980 l’Associazione Cacciatori ha costruito la santella e vi ha collocato la Madunina, all’inizio del pianoro di Foppe Sotto, sul luogo dove sono i ruderi di una vecchia cascina atterrata per l’urto di macigni caduti dalla montagna nel 1895.

Il Crocifisso al Ponte è un crocifisso con copertura in legno piantato nel terreno.
Il Cristo in bronzo su croce di legno è stato collocato nel 2006 da Soave Cocchi nella stessa struttura che conteneva una precedente immagine di Cristo in legno risalente alla metà dell’ '800 distrutta da mani ignote due mesi prima.

Il crocifisso di via Dossi è in legno proveniente da Ortisei in provincia di Bolzano, collocato su base granitica ed è stato eretto nel 1996 da mons. Mario Rebuffoni.

Salendo da Braone o da Ceto e proseguendo a piedi con la mulattiera, segnata come sentiero dell’Adamello n.38, che parte dalla località Scalassone, si sale verso le Foppe di Braone dove vi sono due malghe e due rifugi.
Dopo 40-60 minuti di cammino, a quota 1350m.s.l.m. nei pressi del “Funtani’ dè S. Carlo” vi è una deviazione con relativa segnaletica che porta al torrente Palobbia ad un luogo di rara bellezza naturalistica a dir poco emozionante perché suggestivo e primitivo. Infatti agli occhi del visitatore si apre all’improvviso una finestra con un paesaggio mozzafiato per le grandi rocce compatte di granito ,con un netto taglio verticale e levigate alle base dal millenario scorrere tumultuoso del torrente, e per la presenza di una magnifica cascata (“Salt dè Rebèt”) di circa 70 metri con le sue acque limpide e spumeggianti.

I “silter” erano dei piccoli frigor naturali per prodotti caseari che si trovano qua e là spersi in località di montagna.
Non si può dire con certezza quando furono costruiti,tuttavia è presumibile  che nelle vallate alpine chiuse appaiono nell'era moderna quando la popolazione aumentò considerevolmente, per cui gli abitanti dei fondo-valle cominciarono a disboscare e a bonificare alcuni pianori situati tra i 500 e i 1800 di altitudine.
Infatti nel territorio di Braone le prime baite o cascine(bàicc),costruite quasi a secco erano modeste costruzioni realizzate con materia prima locale(pietra di granito,legno e piode di ardesia), formate di solito da due ambienti sovrapposti(stalla e fienile) per il ricovero degli animali,del fieno,degli attrezzi e delle persone durante la transumanza estiva per e dalle malghe. Di tali costruzioni le più antiche,ad es.in località Piazze m.950 s.l.m.,pur non essendoci documenti di riferimento circa la loro edificazione,si possono datare non prima del XVII sec.(nella mappa napoleonica del 1813 in Piazze si notano solo n.4 cascine che si possono individuare ancora esistenti ancora oggi sebbene un po' modificate).
Attraverso questo paesaggio antropizzato percorrevano i tratturi di montagna pecore,capre e mucche condotte agli alpeggi in località sempre più alte essendo sempre più insufficienti i foraggi del fondovalle. Pertanto se il fieno dello sfalcio poteva essere accatastato nei fienili per essere riutilizzato in autunno,se le persone si accontentavano di un angolo del “bàit”per un focolare  per cuocere le vivande e un mucchietto di fieno per dormire e gli animali più bisognosi ricoverati nelle stalle, i prodotti caseari per la loro conservazione dovevano essere collocati in luoghi freschi e il più vicino possibile ai prati e alle cascine.
Ecco che i contadini cercavano negli anfratti delle rocce bocche di aria fresca proveniente dal sottosuolo dovuta a corsi d'acqua sotterranea ,  le ampliavano e le modificavano per collocarvi i latticini. Infatti ne ricavavano delle piccole e basse stanze(silter) aventi per tetto dei grossi massi e la parte frontale,rivolta sempre a nord,composta da muretti a secco con la porticina di accesso. All'interno  vi era un arredamento essenziale costruito con pietre di granito semilavorate ossia delle mensole posizionate lungo il perimetro del silter per appoggiarvi vaschette rotonde colme di latte per formare la panna, ricotte e pani di burro. Qualche volta per la presenza li vicino di un ruscello parte della sua acqua veniva deviata dentro il silter e un apposito canaletto la faceva scorrere parallela alle mensole per rinfrescare di più l'ambiente. Ancora oggi questi reperti agro-silvo-pastorali  si possono vedere anche se spesso sono nascosti dalla vegetazione perché non più utilizzati da  60-70 anni.  Avrebbero bisogno di un intervento almeno conservativo perché,oltre a far parte del patrimonio ambientale ,sono elementi antropici  testimoni culturali di parte della nostra storia e servono per farci comprendere come hanno vissuto i nostri avi e quanti sacrifici hanno compiuto per  garantire anche il nostro futuro.

Nel territorio di Braone non abbiamo date o reperti archeologici o altri documenti antichi che testimoniano la presenza di cascine prima del XVIII sec. In quanto a date incise su pietra le più antiche risalgono alla metà dell'800 (1869); altri segni incisi su pietra per delimitare confini possono risalire a censimenti effettuati nel XIX° sec.Vi è poi un documento cartaceo,come la mappa napoleonica del 1813 che raffigura   cascine sparse nella campagna attorno  Braone ma pure alcune in località come  Negola,Servìl e Piazze.
I“bàicc”delle zone suddette ,ancora esistenti anche se aumentati di numero e di dimensione per necessità varie,presentano spesso le caratteristiche di un mondo contadino ormai passato. Infatti tali abitazioni presentavano e talvolta ancora presentano due ambienti:uno nella parte inferiore la stalla e l'altro nella parte superiore il fienile. Le cascine erano costruite con materiale del posto:pietre di granito a secco o con calce per i muri,legno di abete o larice per i solai e i tetti e piode di ardesia per la copertura. In tempi recenti,tranne la copertura dei tetti e i pavimenti,per le ristrutturazioni vengono utilizzati ancora pietra e legno.
Caratteristiche particolari delle cascine osservate nel territorio di Braone erano e talvolta  ancora oggi sono queste:le stalle con la mangiatoia e con il canaletto per il liquame, con volto ribassato di sassi annegati nella calce oppure con solaio di tavole di resinose sostenute da travi in legno appoggiate a mensole di pietra uscenti dai muri perimetrali e con finestrino di aerazione;i fienili con pavimenti in assi , con piccole finestre e con botola in un angolo per il passaggio  del fieno dal fienile  alla stalla sottostante,in un angolo lontano dal fieno c'era un caminetto in pietra e vicino al fieno un giaciglio per la notte; i bàìcc spesso costruiti a ridosso di grandi massi presenti in zona per risparmio di terreno utile alla fienagione e  di materiale da costruzione.
In tempi recenti le cascine di Negola ,Servil ,Piazze e Scalassone hanno avuto un'importante funzione logistica nella transumanza in quanto venivano utilizzate come stazioni per ricovero provvisorio di animali,come magazzini per il fieno falciato d'estate e come abitazione per le persone. Pertanto,sia durante l'accompagnamento degli animali alle malghe delle Foppe (monticazione in giugno) ,sia per lo sfalcio dei prati(“rishìa”in luglio),sia per il pascolo al ritorno dalle malghe(settembre)queste modeste strutture ricettive fecero un prezioso servizio economico ai privati e alla collettività.
Oggi, pur soggette a limiti legislativi perché si trovano nel Parco Adamello,quasi tutte le cascine risultano ristrutturate e pertanto adattate alle esigenze igienico sanitarie delle persone in quanto utilizzate esclusivamente per le vacanze estive o per escursioni di fine settimana.



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