martedì 4 agosto 2015

PER NON DIMENTICARE......HIROSHIMA 70 ANNI DOPO....

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70 anni fa la guerra distrusse Hiroshima e Nagasaki in un solo secondo nemmeno il tempo per un saluto...vite finite e ferite che difficilmente il tempo rimarginerà. Ricordiamo quei momenti drammatici con la speranza che non ci siano più fatti così pesanti. Un mare luminoso di speranze e commemorazione.

Nel 1945 Hiroshima era una città di grande importanza militare e industriale, e nei suoi pressi erano presenti alcune basi militari, come il quartier generale della Quinta Divisione e quello del Maresciallo Shunroku Hata, secondo quartier generale dell'esercito a cui faceva capo l'intero sistema difensivo del Giappone meridionale. Hiroshima era una base minore, dedita al rifornimento e all'appoggio per le forze armate. La città era soprattutto un centro per le comunicazioni, per lo stoccaggio delle merci e un punto di smistamento delle truppe: per questo fu deliberatamente tenuta fuori dalle rotte dei bombardieri, proprio per permettere lo studio degli effetti di una bomba atomica in un ambiente ideale.

La priorità per lo sgancio della bomba fu infine data proprio a Hiroshima dopo la segnalazione che essa era l'unico tra gli obiettivi che non avesse al suo interno e nei dintorni campi per i prigionieri di guerra. Il centro della città ospitava una grande quantità di edifici di cemento armato e alcune strutture più leggere. In periferia l'area era congestionata da una miriade di piccole strutture di legno, usate come locali da lavoro, posizionate tra una casa e l'altra. Alcuni stabilimenti industriali si estendevano non lontano dal limite periferico della città. Le case erano di legno, con soffitti leggeri, e molti edifici industriali avevano a loro volta pareti a incastro di legno.

La città nella sua interezza era potenzialmente ad altissimo rischio d'incendio. La popolazione di Hiroshima aveva raggiunto un picco di 381 000 unità prima della guerra, ma prima del bombardamento atomico la popolazione era rapidamente diminuita a causa di un'evacuazione generale ordinata dal governo giapponese, tanto che il 6 agosto si contavano circa 255 000 abitanti. Si calcola questa cifra sulla base dei dati mantenuti per l'approvvigionamento della popolazione (che era razionato) e le stime sugli operai e sui soldati presenti in città al momento del bombardamento sono, di fatto, molto poco accurate.

La scelta della data del 6 agosto si basò sul fatto che nei giorni precedenti diverse nubi stratificate coprivano la città, mentre il giorno dell'attacco il tempo era variabile. Per la scelta fu deciso di far decollare, prima della missione vera e propria, un B-29 senza armamento, il cui compito era quello di indicare al comando la situazione del tempo sopra le città scelte per lo sgancio. Quando gli altri B-29 stavano già volando ricevettero l'ok per bombardare Hiroshima. Tutti i dettagli, la pianificazione precisa, della tabella di volo, la bomba a gravità, l'armamento della bomba con i suoi 60 kg di 235U (uranio 235), vennero studiati nei minimi particolari e tutto si svolse così come era stato stabilito a tavolino.

Circa un'ora prima del bombardamento, la rete radar giapponese lanciò un allarme immediato, rilevando l'avvicinamento di un gran numero di velivoli americani diretti nella zona meridionale del Giappone. L'allarme venne diffuso anche attraverso trasmissioni radio in moltissime città nipponiche e fra queste anche Hiroshima. Gli aerei si avvicinarono alle coste dell'arcipelago giapponese a un'altezza molto elevata.

Poco prima delle 08:00, la stazione radar di Hiroshima stabilì che il numero di velivoli entrati nello spazio aereo giapponese era basso, probabilmente non più di tre, perciò l'allarme aereo venne ridimensionato (il comando militare giapponese infatti aveva deciso, per risparmiare il carburante, di non far alzare in volo i propri aerei per le formazioni aeree americane di piccole dimensioni). I tre aeroplani americani erano i bombardieri Enola Gay, The Great Artiste e un altro aereo, in seguito chiamato Necessary Evil, cioè "Male necessario" (l'unica funzione di questo aereo fu quello di documentare, attraverso una serie di fotografie, gli effetti dell'impiego dell'arma atomica).

Il normale allarme aereo non venne azionato, dato che veniva normalmente attivato solo all'approssimarsi dei bombardieri. Alle 08:14 e 45 secondi, l'Enola Gay sganciò "Little Boy" sul centro di Hiroshima, il sensore altimetrico era tarato per effettuare lo scoppio alla quota di 600 metri dal suolo, dopo 43 secondi di caduta libera. Immediatamente dopo lo sgancio, l'aereo fece una inversione di 178°, prendendo velocità con una picchiata di circa 500 metri e perdendo quota, allontanandosi alla massima velocità possibile data dai 4 motori a elica. L'esplosione si verificò a 580 m dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni, uccidendo sul colpo tra le 70 000 e le 80 000 persone. Circa il 90% degli edifici venne completamente raso al suolo e tutti e 51 i templi della città vennero completamente distrutti dalla forza dell'esplosione.



Testimone oculare del bombardamento di Hiroshima fu il padre gesuita e futuro generale dei gesuiti Pedro Arrupe, che allora si trovava in missione in Giappone presso la comunità cattolica della città e che portò aiuto ai sopravvissuti. Riguardo al bombardamento atomico egli scrisse:

« Ero nella mia stanza con un altro prete alle 8:15, quando improvvisamente vedemmo una luce accecante, come un bagliore al magnesio. Non appena aprii la porta che si affacciava sulla città, sentimmo un'esplosione formidabile simile al colpo di vento di un uragano. Allo stesso tempo porte, finestre e muri precipitarono su di noi in pezzi. Salimmo su una collina per avere una migliore vista. Da lì potemmo vedere una città in rovina: di fronte a noi c'era una Hiroshima decimata. Poiché ciò accadde mentre in tutte le cucine si stava preparando il primo pasto, le fiamme, a contatto con la corrente elettrica, entro due ore e mezza trasformarono la città intera in un'enorme vampa. Non dimenticherò mai la mia prima vista di quello che fu l'effetto della bomba atomica: un gruppo di giovani donne, di diciotto o venti anni, che si aggrappavano l'un l'altra mentre si trascinavano lungo la strada. Continuammo a cercare un qualche modo per entrare nella città, ma fu impossibile. Facemmo allora l'unica cosa che poteva essere fatta in presenza di una tale carneficina di massa: cademmo sulle nostre ginocchia e pregammo per avere una guida, poiché eravamo privi di ogni aiuto umano. L'esplosione ebbe luogo il 6 agosto. Il giorno seguente, il 7 agosto, alle cinque di mattina, prima di cominciare a prenderci cura dei feriti e seppellire i morti, celebrai Messa nella casa. In questi momenti forti uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell'aiuto di Dio. In effetti ciò che ci circondava non incoraggiava la devozione per la celebrazione per la Messa. La cappella, metà distrutta, era stipata di feriti che stavano sdraiati sul pavimento molto vicini l'uno all'altro mentre, soffrendo terribilmente, si contorcevano per il dolore »

L'operatore di controllo di Tokyo della Società Radiotelevisiva Giapponese si rese conto che la stazione di Hiroshima non era più in onda; tentò di ristabilire il programma usando un'altra linea telefonica, ma anche questo tentativo fallì. Circa venti minuti più tardi il centro telegrafico ferroviario di Tokyo si accorse che la linea telegrafica principale aveva smesso di funzionare subito a nord di Hiroshima. Da alcune piccole fermate ferroviarie entro 10 miglia (16 km) dalla città giunsero notizie ufficiose e confuse di una terribile esplosione ad Hiroshima. Tutte queste notizie furono trasmesse ai quartier generali del Comando generale giapponese.

Le basi militari cercarono ripetutamente di mettersi in contatto con la Stazione di Controllo dell'Esercito di Hiroshima. L'assoluto silenzio da quella città sconcertò gli uomini dei quartier generali; sapevano che non c'era stata nessuna potente incursione nemica e che ad Hiroshima al momento non c'era nessun ragguardevole deposito di esplosivi. Un giovane ufficiale del Comando generale giapponese fu incaricato di volare immediatamente ad Hiroshima, atterrare, rilevare i danni e quindi tornare a Tokyo con informazioni attendibili per il comando. Nei quartier generali c'era la sensazione diffusa che non fosse accaduto nulla di serio, che si stesse esagerando la portata di un problema di dimensioni limitate.

L'ufficiale del comando andò all'aeroporto e decollò in direzione sud-ovest. Dopo circa tre ore di volo, quando mancavano ancora circa 100 miglia (160 km) ad Hiroshima, l'ufficiale e il suo copilota videro una grande nuvola di fumo provocata dalla bomba. Nel chiaro pomeriggio stavano bruciando le macerie di Hiroshima. Il loro aereo raggiunse presto la città, attorno alla quale volavano increduli. Una grande cicatrice sul terreno ancora ardente e coperta da una spessa nuvola di fumo era tutto ciò che era rimasto. Atterrarono a sud della città e l'ufficiale del comando, dopo aver comunicato con Tokyo, cominciò immediatamente ad organizzare le operazioni di soccorso.

Nella capitale nipponica, le prime informazioni di ciò che aveva realmente causato il disastro vennero dall'annuncio pubblico della Casa Bianca a Washington, sedici ore dopo l'attacco nucleare ad Hiroshima. L'avvelenamento da radiazione e le necrosi provocarono malattie e morti successive al bombardamento per circa il 20% di coloro che erano sopravvissuti all'esplosione iniziale. Alla fine del 1945, ulteriori migliaia di persone morirono per via dell'avvelenamento da radiazioni, portando il totale di persone uccise ad Hiroshima nel 1945 a circa 200 000. Da allora molte migliaia di persone morirono per cause legate alle radiazioni: questa cifra include tutti coloro che si trovavano in città al momento dell'esplosione o che furono successivamente esposti al fallout ed erano morti prima di tale censimento.

Dopo il bombardamento di Hiroshima il Presidente Truman annunciò: «Se non accettano adesso le nostre condizioni, si possono aspettare una pioggia di distruzione dall'alto, come mai se ne sono viste su questa terra». L'8 agosto furono lanciati volantini e furono dati avvertimenti al Giappone da Radio Saipan (la zona di Nagasaki non ricevette volantini di avvertimento fino al 10 agosto, nonostante questa campagna informativa continuasse dall'inizio del mese).

Un minuto dopo la mezzanotte del 9 agosto, ora di Tokyo, l'Armata Rossa lanciò un'offensiva verso la Manciuria con oltre 1 500 000 uomini, 26 137 cannoni, 5 556 mezzi corazzati e 5 000 aeroplani. Quattro ore dopo il governo di Tokyo venne formalmente informato che l'Unione Sovietica aveva rotto il patto di neutralità e dichiarato guerra all'Impero giapponese secondo gli accordi intercorsi con gli alleati per aprire il nuovo fronte entro tre mesi dalla fine della guerra in Europa. Gli ufficiali anziani dell'Esercito Imperiale Giapponese inizialmente sottovalutarono la portata dell'attacco sovietico, ma ben presto decisero di imporre la legge marziale, di concerto con il Ministro della Guerra Anami, per arrestare chiunque avesse tentato di firmare una pace.

Il 7 agosto Yoshio Nishina (che sarebbe poi morto di cancro nel 1951) e altri fisici atomici furono mandati a Hiroshima a constatare i danni ed effettivamente testimoniarono che la città era stata distrutta dal bombardamento nucleare; tuttavia, l'esercito giapponese, tra cui l'ammiraglio Soemu Toyoda, stimò che non più di una o due bombe supplementari potevano essere sganciate, concludendo che dopo "ci sarebbe più distruzione, ma la guerra potrebbe andare avanti". La pianificazione per il secondo attacco venne stabilita dal colonnello Tibbets, in qualità di comandante del 509º Gruppo bombardieri di base a Tinian: inizialmente previsto per l'11 agosto contro Kokura, l'attacco venne anticipato di due giorni per le pessime condizioni meteorologiche previste dopo il 10 agosto.

La città di Nagasaki era uno dei maggiori porti del Giappone meridionale, di grande importanza bellica a causa delle sue diversificate attività industriali, che spaziavano nella produzione di munizioni, navi, equipaggiamenti militari e altri materiali bellici. Contrariamente alla Nagasaki moderna, all'epoca la gran parte delle abitazioni era costruita con una struttura in legno, o addirittura interamente in legno, e con i tetti in mattonelle.

Molte delle piccole industrie e dei vari stabilimenti ospitavano nelle vicinanze alloggi in legno per gli operai, quindi facilmente infiammabili, e ovviamente non in grado di sostenere l'esplosione di bombe, men che meno nucleari. La città inoltre si era sviluppata senza piano regolatore, come consuetudine del modello urbano nipponico, cosicché le case molto spesso erano adiacenti ai fabbricati industriali.

Fino allo sgancio della bomba atomica Nagasaki non era mai stata sottoposta a bombardamenti su larga scala, anche se il 1º agosto 1945 un certo numero di bombe ad alto potenziale era stato sganciato sulla città - più precisamente sui cantieri navali e sul porto, nella parte meridionale - e sulla "Fabbrica d'Acciaio e d'Armi Mitsubishi", mentre sei bombe caddero sull'"Ospedale e Scuola medica di Nagasaki" e altre tre nelle sue immediate vicinanze. Anche se i danni procurati da questo bombardamento furono assai modesti, suscitò comunque la preoccupazione della popolazione, e molti decisero di abbandonare il paese per rifugiarsi in campagna, riducendo in tal modo il numero di abitanti presenti al momento dell'attacco nucleare.

Per ironia della sorte la città di Nagasaki era una delle più ostili al governo militare e al fascismo giapponese, sia per la tradizione socialista ancor viva malgrado le forti persecuzioni degli anni Trenta, sia perché ospitava la più grande e antica comunità cristiana (soprattutto cattolica) giapponese, tradizionalmente più ben disposta verso gli stranieri in generale e gli occidentali in particolare. A nord di Nagasaki erano inoltre presenti campi per prigionieri di guerra britannici, impegnati a lavorare nelle miniere a cielo aperto di carbone: alcune fonti parlano di otto prigionieri morti a seguito dello sgancio della bomba nucleare a Nagasaki.

La mattina del 9 agosto 1945 l'equipaggio del Boeing B-29 Superfortress, il bombardiere designato per la missione, si alzò in volo con a bordo la bomba atomica soprannominata "Fat Man", alla volta di Kokura, l'obiettivo iniziale della missione. Tuttavia le nubi non permisero di individuare esattamente l'obiettivo, e dopo tre passaggi sopra la città, e ormai a corto del carburante necessario per il viaggio di ritorno, l'aereo venne dirottato sull'obiettivo secondario, Nagasaki. Intorno alle 07:50 ora di Tokyo il silenzio sulla città giapponese venne squarciato dall'allarme aereo che durò fino alle 08:30. Alle 10:53 i sistemi radar giapponesi segnalarono la presenza di solo due bombardieri, e il comando giapponese, ritenendo che si trattasse solo di aerei da ricognizione, non lanciò l'allarme.

Poco dopo, alle 11:00, l'osservatore del bombardiere, creduto aereo di ricognizione, sganciò gli strumenti attaccati a tre paracadute: questi strumenti contenevano dei messaggi diretti al professore Ryokichi Sagane, fisico nucleare dell'Università Imperiale di Tokyo che aveva studiato all'Università di Berkeley assieme a tre degli scienziati responsabili della bomba atomica, perché informasse la popolazione dell'immane pericolo che stavano per correre. I messaggi vennero ritrovati dalle autorità militari ma non furono consegnati al destinatario.

Alle 11:02, alcuni minuti dopo aver iniziato a sorvolare Nagasaki, il capitano avvistò visivamente, così come era stato ordinato, il nuovo obiettivo, che era ancora una volta nascosto dalle nubi. Dato che non era pensabile tornare indietro e rischiare un ammaraggio dovuto alla mancanza di carburante con un'arma atomica a bordo, il comandante decise, in contrasto con gli ordini, di accendere il radar in modo da individuare l'obiettivo anche attraverso le nubi: così "Fat Man", che conteneva circa 6,4 kg di plutonio-239, venne sganciata sulla zona industriale della città. La bomba esplose a circa 470 m d'altezza vicino a fabbriche d'armi; a quasi 4 km a nord-ovest da dove previsto: questo "sbaglio" salvò gran parte della città, protetta dalle colline circostanti, dato che la bomba cadde nella Valle di Urakami.

Tuttavia il computo delle vittime rimase drammaticamente elevato. Secondo la maggior parte delle valutazioni, circa 40 000 dei 240 000 residenti a Nagasaki vennero uccisi all'istante, e oltre 55 000 rimasero feriti. Il numero totale degli abitanti uccisi viene comunque valutato intorno alle 80 000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti. Tra le persone presenti a Nagasaki il 9 agosto vi era anche un ristretto numero di sopravvissuti di Hiroshima.



Gli effetti e le conseguenze dell'esplosione non furono tutti subito chiari. Oltre alle macerie causate dalla forza d'urto dell'esplosione e dal fuoco divampato a causa del forte calore furono le radiazioni l'incognita principale.
A differenza delle altre bombe, quelle convenzionali, la bomba atomica emise grandi quantità di radiazioni che portarono gravi danni. Penetrando profondamente nel corpo umano, queste danneggiavano cellule, alterarono il sangue, diminuirono la funzione di generazione del sangue, danneggiarono i polmoni, fegato e altri organi. I danni da radiazioni variavano considerabilmente a seconda della lontananza dall'ipocentro o dalla presenza di alti corpi di riparo. Le radiazioni iniziali emesse entro il primo minuto furono letali fino alla distanza di un chilometro. La maggior parte delle persone in quell'area morirono in pochi giorni. Molti di coloro che sembravano rimasti indenni ebbero conseguenze di vario genere e morirono pochi giorni o mesi dopo.
L'esplosione lascio' radiazione residua nel suolo per un lungo periodo. Di conseguenza, molti di coloro che entrarono in città dopo l'esplosione alla ricerca di parenti o colleghi di lavoro, nonchè coloro che arrivarono per aiutare i superstiti, ebbero sintomi simili a quelli con esposizione diretta alle radiazioni. Molti di questi morirono.
Sintomi da radiazioni, onda d'urto e calore apparivano inesorabilmente subito dopo l'esplosione. Questi comprendevano, oltre alle lesioni esterne, vomito e perdita dell'appetito, insonnia, perdita dei capelli, vomito di sangue, sangue nelle urine, febbre, disordini mestruali, riduzione di leucociti e eritrociti. Non erano completamente nuove ma le lesioni esterne erano complesse e resistenza era debole a causa delle radiazioni e malnutrizione. Anche senza lesioni esterne, i sintomi da radiazioni sembravano essere fatali per molti. Disordini acuti scomparivano verso dicembre del 1945 e si pensava che gli effetti della bomba fossero svaniti. Gli effetti delle radiazioni erano invece ben lontane dall'essere svanite.  

Dopo l'esplosione feroci fiamme e turbolenze apparivano mentre la conflagrazione passava per la città.
Circa 20-30 minuti dopo l'esplosione pioggia comincio' a cadere nella parte nord-ovest della città. Nonostante il periodo estivo, la temperatura si abbasso' notevolmente durante questi momenti. Le grossi gocce di pioggia contenevano fango e polvere tirata su durante l'esplosione nonche' fuliggine provocata dalle fiamme. La "pioggia nera" era inoltre piena di radioattività causando la morte dei pesci nei fiumi. Molti di coloro che ne bevevano l'acqua finirono per avere problemi di diarrea per 3 mesi.
Gli effetti delle radiazioni andavano ben oltre ciò che poteva essere visto a occhio nudo subito dopo l'esplosione della bomba atomica. Conseguenze si susseguirono per decadi a venire e continuano a persistere ancora al giorno d'oggi.
All'inizio del 1946, le cicatrici di alcuni superstiti si innalzarono prendendo la forma di cordoncini chiamati cheloidi. Superstiti che al momento dell'esplosione si trovavano nell'utero nacquero con microlissencefalia con le conseguenti limitazioni mentali e fisiche. Intorno al 1950, il numero di casi legati alla leucemia levitarono sostanzialmente.
A partire dal 1955 tiroide, cancro al seno e ai polmoni incrementarono. Ancora al giorno d'oggi spiegazioni sugli effetti delle radiazioni sono inadeguate.
- Tra le ricerche sugli effetti delle radiazioni da notare lo sforzo compiuto dalla "Atomic Bomb Casualtry Commission" (ABCC). Il tutto nasce dal ricondurre test nucleari da parte degli Stati Uniti a partire da luglio 1946 nel atollo di Bikini. Lo stesso anno, a novembre, il presidente Truman ordina maggiori sforzi di ricerca per determinare effetti a lungo termine delle armi nucleari su esseri umani. Fu nel gennaio del 1947 che il "Concilio di Ricerca Nazionale" sotto contratto del "US Atomic Energy Commission" fondo' la ABCC (Genbaku-Shogai I-inkai) per studiare cancri, durata della vita ridotte, sviluppo anomalo, mutazioni genetiche, sterilita', pigmentazione anomala e altre conseguenze della bomba. Il generale Sams del quartier generale di SCAP (Capo Supremo delle Forze Alleate) era a stretto contatto con le attivita' di ABCC. Sotto la sua direzione, la commissione costrui laboratori di ricerca a Hiroshima (gennaio 1948) e Nagasaki (luglio 1948). Anche la citta' di Kure, vicino a Hiroshima che si era salvata dalla bomba atomica, fu scelta come base di ricerca e sperimentazione. Ricercatori americani di ABCC furono affidati a PH&W (Public Health and Welfare - sezione di assistenza sociale e di sanità pubblica). Sotto insistenza del generale Sams l'istituto di sanita' nazionale (National Institute of Health) formo' una controparte giapponese per collaborare con il gruppo americano e nell'agosto del 1948 NIH creo' il "Atomic Bomb Effects Research Institute" con centri a Hiroshima, Nagasaki e Kure. i direttori di ABCC erano americani ma i loro delegati erano giapponesi e gli appartenenti allo staff giapponese era otto volte superiore a quello americano. Il motivo per cui il generale Sams cercava cooperazione da NIH era di scoraggiare ricerche parallele indipendenti da parte dei giapponesi e di assicurarsi inoltre delle risorse del ministero al benessere, in modo particolare alla collezione di statistiche e analisi.
Gia' dall'inizio pero' gli sforzi bilaterali erano a favore di una parte soltanto. I ritrovamenti di ricerca sugli effetti delle radiazioni furono classificati come "Atomic secrets" e gli scienziati americani ritivavano dati sensibili e altre informazioni non solo dai colleghi giapponesi ma incredibilmente anche dagli americani stessi. Il dottor James Yamazaki che lavoro' per ABCC (laboratorio di Nagasaki) dal 1949 al '51 affermo' piu' tardi che gli furono nascoste le ricerche fatte prima. ABCC sequestrava rapporti sulle autopsie, esemplari di organi e altri dati biologici ricavati dai giapponesi per poi spedirli a Washington per ulteriori analisi. Scienziati giapponesi non potevano pubblicare o discutere pubblicamente i loro ritrovamenti fino quasi alla fine dell'occupazione. SCAP soppresse questo materiale addirittura dopo che questo fu declassificato e distribuito negli Stati Uniti. Le ripercussioni che tutto questo ebbe fu che maggiore conoscenza fu limitata a discapito dello sviluppo medico a beneficio dei hibakusha (termine usato per identificare i superstiti della bomba atomica).
Ironicamente pero', a causa di questa atmosfera di assoluta segretezza da parte di ABCC, i risultati ottenuti durante l'occupazione furono seguentemente ritenuti scientificamente non affidabili.
Nel 1955, la commissione fu ristrutturata ma continuo' nelle ricerche fino al 1975 quando fu riorganizzata come gruppo privato, Fondazione di Ricerca per gli Effetti delle Radiazioni (Radiation Effects Research Foundation).
ABCC non riusci a realizzare le proprie mete in parte a causa della poca fiducia e poca volonta' che le proprie attivita' generavano. I metodi autoritari creavano particolare antipatia. Personale di ABCC giravano in Jeep militari con un'aura di autorita' prelevando genitori e i loro bambini dalle proprie case per trasferirli alle stazioni di ricerca. Quì ai hibakusha fu' chiesto di spogliarsi e di mettersi su tavoli per esaminazione. Da non dimenticare a questo punto che non si trattava di servizi medici o di aiuto per i superstiti. Bruciature, ferite, cicatrici e altri danni furono fotografati, filmati e misurati. I medici di ABCC prelevarono campioni di sangue, sperma e fecero biopsie. Le esaminazioni spesso continuavano per tutto il giorno ma nessuna retribuzione fu riconosciuta. Quando un hibakusha moriva, personale di ABCC, notificato dal governo locale, chiedeva permesso per compiere autopsie. Nella citta' di Kure la gente non affetta da conseguenze della bomba atomica era comunque soggetta agli stessi abusi per verificare scientificamente i risultati ottenuti a Hiroshima.
I ricercatori erano particolarmente interessati all'impatto della bomba atomica sul apparato riproduttivo umano, sterilita' e danni genetici. Giovani bambini e donne, specialmente se in stato interessante, erano i casi a cui si dava maggiore attenzione. Tra il 1948 e il '52, gli scienziati analizzarono a scopo statistico oltre 70.000 donne. Ostetriche ricevevano un pagamento governativo che variava dai 20 ai 50 Yen per ogni caso di gravidanza che riportavano e seguivano. Circa 73.000 individui furono esaminati per danni genetici.
Tokyo ordino' il governo municipale di assistere ABCC e ufficiali locali chiedevano ai hibakusha di cooperare per "il bene della società". In alcuni casi coloro che si rifiutarono furono minacciati di essere portati davanti al tribunale militare. Ne' le autorita' e ne' i soggetti venivano informati sul motivo degli esperimenti. Questo non era solo a causa del "atomic secrets" ma anche perche'  tale rilevazione avrebbe potuto compromettere le ambizioni di carriera dei vari scienziati.
ABCC veniva largamente accusato di non prestare aiuto medico. La sua missione era di condurre esclusivamente ricerche scientifiche per motivi militari e non umanitari. Agli scienziati furono dati ordini espliciti di non dare assistenza medica alla gente che esaminava. Questa era una decisione politica presa a Washington dove si temeva che aiutare le vittime della bomba sarebbe stata un'ammissione implicida di colpevolezza degli Stati Uniti. Di fatto, pero', i medici americani e giapponesi disobbedivano spesso agli ordini e prestavano delle cure. Hibakusha che si presentavano ai centri si ABCC per chiedere aiuto venivano mandati via. La mancanza di assistenza accresceva la sensazione di vittimitizzazione da parte dei superstiti che oltre ai danni subiti dalla bomba atomica si sentivano usati come cavie da esperimento.
Nessun sistema di supporto medico per i sopravissuti di Hiroshima e Nagasaki esisteva durante il periodo di occupazione. All'inizio vi furono due mesi di assistenza gratuita per le vittime garantita da una legge del 1942 che espiro' a ottobre. Un programma di cura medica sovvenzionata per hibakusha fu istituito solo nel 1957 e anche qui le vittime coreane erano escluse in quanto adesso erano considerati stranieri.
Da notare comunque che il governo trovo' Hiroshima e Nagasaki utile in due sensi. il bombardamento permetteva di dipingere il Paese come una vittima nucleare portando l'attenzione pubblica lontana dall' aggressione giapponese in Asia e dirigendola invece verso la propria sofferenza che non aveva precedenti. Allo stesso tempo, la distruzione delle due citta' permetteva a ufficiali governativi di cooperare con gli americani nell'acquisizione di conoscenze vitali su effetti fisici e medici delle armi atomiche.
L'autore di "Hiroshima and Nagasaki" del 1995, Sasamoto Yukuo sostiene che il governo sfrutto' i hibakusha per guadagnare la fiducia dell'unica forza nucleare mondiale. Nel non riuscire a fornire ufficialmente assistenza medica alle vittime e ignorando la difficile situazione delle vittime coreane, il governo giapponese assieme ai giapponesi, hanno contribuito loro stessi all'evolversi della tragedia di Hiroshima e Nagasaki.
Una tragedia nata da un bombardamento su civili, un bombardamento che al giorno d'oggi sarebbe considerato un crimine di guerra. A tal proposito il ricercatore Hitoshi Nagai tende a sollevare l'ipotesi di una tendenza da parte del governo giapponese a non sollevare la questione sull'eventuale crimine di guerra nel lanciare le bombe atomiche in cambio di aver sminuiti i propri crimini. A tal proposito cita un testo scritto ad un reporter della Associated Press dall'allora primo ministro Principe Naruhiko Higashikuni che diceva: "People of America, won’t you forget Pearl Harbor? We Japanese people will forget the picture of devastation wrought by the atomic bomb.” Questo messaggio fu' riportato negli Stati Uniti il 15 settembre 1945 e in Giappone il giorno successivo. L'illegalita' delle bombe atomiche sembrava essere una buona carta per il Giappone e i suoi leader. Grande importanza veniva data alla questione dal governo, specialmente quando si inizio' a parlare di un'eventuale responsabilita' dell'imperatore. Di fatto poi non si e' mai verificato che una fonte ufficiale del governo giapponese asserisse i bombardamenti atomici come violazione delle leggi internazionali.
Inoltre c'era il tribunale di Tokyo per i crimini di guerra che era l'ultimo a voler avere una difesa giapponese incentrata sull'eventuale illegalita' dell'uso di armi atomiche.
- A peggiorare ulteriormente la situazione delle vittime della bomba atomica era l'emarginazione a cui erano sottoposte. Nonostante la tradizione buddhista sul prendersi cura dei piu' deboli, l'umilta' confuciana e le reciproche obbligazioni tra socialmente superiori e inferiori e nonostante le banalita' imperiali secondo cui tutti i giapponesi erano "una famiglia" sotto l'imperatore, il Giappone era un luogo duro e inospitale per ognuno che non rientri nell'adeguata categoria sociale. Non vi erano grosse tradizioni di responsabilita' per sconosciuti o tolleranza verso coloro che soffrivano e hanno avuto sfortuna. Questo e' senza dubbio vero, per certi versi, per tutte le culture e societa', ma era specialmente un fenomeno cospicuo in Giappone alla fine della guerra quando nuove categorie di emarginati sentivano la morsa della stigmatizzazione. Tra questi non si includevano solamente le vittime di Hiroshima e Nagasaki (e le loro radiazioni) ma anche orfani, vedove (specialmente se povere) e senzatetto, ex-soldati o qualunque altra persona abbandonata che vagava in zone pubbliche come ad esempio a Tokyo le zone della stazione di Ueno.
- Tra tutte le vittime di Hiroshima, colei che forse piu' di tutte vengono ricordate e' Sadako Sasaki. Un po' per la giovane eta' al momento dell'esplosione, un po' per la sua forza di sopravvivere e sicuramente perche' racchiude una gran parte dei sentimenti che legano tra di loro tutti i superstiti. Simbolo di fiducia e modello da seguire oggi e' ricordata al parco della pace di Hiroshima con un monumento a suo nome dove ogni anno centinaia di studenti portano i loro omaggi in gru piegate nella carta con la tecnica dell'origami.

Trovandosi a 1,7 km. dall'esplosione e all'eta' di 2 anni rimase illesa. Cresceva diventando una ragazza energica che durante le giornate dedicate allo sport partecipava alle gare di corsa.
Nell'autunno del 1954 si ammalo' e il seguente febbraio fu ricoverata all'ospedale con leucemia.
Conoscendo la leggenda delle 1000 gru che, se piegate con la carta, possono aiutarla per combattere la malattia, incomincio' nel duro lavoro. A nulla e' valso e il 25 ottobre dello stesso anno mori alla tenera eta' di 12 anni.
I compagni di classe si mossero per raccogliere i fondi per un monumento alla pace. Un posto dove la gente possa pregare per i numerosi bambini come Sadako che morirono a causa dell'esplosione atomica.
Donazioni da varie fonti fecero in modo che il monumento fu completato il 5 maggio del 1958.



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