giovedì 7 luglio 2016

STUPRI DI GRUPPO

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Quando una ragazza viene stuprata da un gruppo di coetanei in Francia si utilizza il termine tournante che, letteralmente, significa "far girare". Espressione forse brutale per designare uno stupro, ma anche molto efficace. Visto che ciò che accade quando un branco di maschi violentano a turno una ragazza è proprio questo: la si fa "girare" tra amici come se fosse una sigaretta o una lattina di birra.

La si condivide e ce la si spartisce come se si trattasse di un semplice oggetto; la si utilizza e la si butta via come se fosse solo una cosa che appartiene a tutti e che quindi, di fatto, non appartiene a nessuno. Che problema c'è mai, sembrano pensare questi ragazzi convinti di non far altro che divertirsi tra compagni, nel "servirsi" di una donna-oggetto? Chi lo dice che una ragazza che viene "fatta girare" soffre? "Che c'è di male?", 

La filosofa statunitense Susan Brison, raccontando la violenza sessuale di cui lei stessa era stata vittima da giovane, definisce lo stupro come un "assassinio senza cadavere". Una violenza devastante che distrugge ogni riferimento logico e da cui è estremamente difficile riprendersi anche dopo molti anni; anche quando le tracce esterne sono ormai quasi del tutto scomparse. Quando si viene violentate, spiega Susan Brison, l'abisso della disintegrazione interna resta talvolta per sempre. Esattamente come restano la paura e la sensazione di impotenza, la difficoltà di incollare i cocci di un'integrità sbriciolata e l'impossibilità di raccontare agli altri quello che si è veramente vissuto. Ci vogliono anni per poter riuscire a integrare questo "pezzo di vita" all'interno di una narrazione coerente. E, per poterlo veramente fare, c'è bisogno che qualcuno ascolti, anche quando i ricordi sembrano incongrui; che qualcuno accompagni, senza domandare nulla. Anche perché l'umiliazione subita viene spesso rinforzata dal sentimento di impunità di quegli aggressori che faticano a rendersi conto della gravità del proprio gesto.

Se l'uomo, "per natura", penetra, perché la donna dovrebbe soffrire nell'essere penetrata? Se l'uomo, "per natura", è predatore, perché la donna si dovrebbe rifiutare di essere trattata come una preda? Tanto più che, quando ci si ritrova in gruppo, sembra evidente seguire il movimento collettivo e comportarsi come gli altri: se lo fai tu, allora lo posso fare anch'io; se lo facciamo tutti, non c'è niente di male. E poi non si tratta, in fondo, di una semplice ragazzata? Non è un solo un gioco? Perché non ci si dovrebbe poter divertire almeno quando si è giovani?

E allora, ancora una volta, si spalanca il capitolo della prevenzione e della decostruzione degli stereotipi di genere, dell'educazione all'affettività e della cultura del rispetto. Gli stupri continueranno ad esserci non solo finché non sarà chiaro a tutti che il corpo della donna non è a disposizione di chiunque e che ogni atto sessuale si giustifica e si fonda sempre e solo sul reciproco consenso, ma anche fino a quando ci sarà chi continuerà a banalizzare questi episodi di violenza estrema parlando di "ragazzate" o di "momenti di debolezza", come purtroppo accade ancora oggi, giustificando così l'ingiustificabile.

Una violenza e una brutalità che non rispettano la persona che si ha di fronte, riducendola a mero oggetto. Un dominio e una prevaricazione che possono cessare solo a patto che si capisca che nessuno è a disposizione di nessuno e che ogni azione che si compie ha delle conseguenze sulla vita degli altri. Soprattutto quando si parla della violenza sessuale perpetrata su una ragazza che si "fa girare" tra amici come se si trattasse di una sigaretta o di una lattina di birra pensando che non si stia facendo niente di male. Dimenticando (o non avendo mai imparato) che le frontiere del corpo sono le frontiere dell'io. E che l'io è sempre inviolabile. A meno di non cancellarne per sempre l'irriducibile umanità.

Nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell'indagato, ma può applicare misure cautelari alternative. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, dando un'interpretazione estensiva ad una sentenza della Corte Costituzionale del 2010.

In base a tale valutazione, la Cassazione ha annullato una ordinanza del Tribunale del riesame di Roma, che aveva confermato il carcere - ritenendo che fosse l'unica misura cautelare applicabile - per due giovani (difesi dagli avvocati Lucio Marziale, Nicola Ottaviani ed Eduardo Rotondi) accusati di violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza del Frusinate ed ha rinviato il fascicolo allo stesso giudice perché faccia una nuova valutazione, tenendo conto dell'interpretazione estensiva data dalla Suprema Corte alla sentenza n. 265 del 2010 della Corte Costituzionale.

A partire dal 2009, con l'approvazione da parte del Parlamento della legge di contrasto alla violenza sessuale nata sulla base di un diffuso allarme sociale legato alla recrudescenza di episodi di aggressioni alle donne, non era consentito al giudice (salvo che non vi fossero esigenze cautelari) di applicare, per i delitti di violenza sessuale e di atti sessuali con minorenni, misure cautelari diverse e meno afflittive della custodia in carcere alla persona raggiunta da gravi indizi di colpevolezza.

Investita della vicenda, la Corte Costituzionale, nell'estate del 2010, ha ritenuto la norma in contrasto con gli articoli 3 (uguaglianza davanti alla legge), 13 (libertà personale) e 27 (funzione della pena) della Costituzione e ha detto sì alle alternative al carcere "nell'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfate con altre misure".

Le vittime degli stupri non sono mai donne appariscenti, con gonne e tacchi, sicure di sé, che camminano a testa alta. Anzi, sono sempre "prede" deboli, timide, quello che meno danno nell’occhio, in quanto lo scopo di uno stupratore non è quello di eiaculare ma di seminare il panico, impaurire e dominare. Fosse così semplice, invece di rischiare il carcere, spenderebbe 20 euro in un salone di massaggi.

La sua malsana eccitazione sta nel sentire la vittima sottomessa piangere, implorare e soffrire. Non è noto nessun caso in cui una donna scosciata viene attaccata e mentre lei dice: “Oh sì, facciamolo qua, non vedo l’ora”, lo stupratore la accontenta. Ci fu un terribile caso di pedofilia in cui un noto pedofilo europeo venne castrato e lui stesso dichiarò: "Mi avete solo tolto lo strumento e fatto in modo che io non possa più rifarlo, ma il pensiero c’è, in quanto nasce tutto dalla testa e non dall’organo sessuale".

Da non tralasciare il fatto che non c’è donna al mondo che si vesta in base al desiderio di esser stuprata, perciò la loro responsabilità nel caso di omicidi, stupri e violenze sessuali è discutibile. Il sacerdote consiglia alle donne di essere meno arroganti, non sentirsi così indipendenti e di farsi un esame di coscienza per i propri abiti succinti con i quali "se la vanno a cercare" perché secondo lui è quello il problema, non il fatto che "di colpo sono impazziti tutti".

Queste idee sbagliate così pubblicamente esposte non faranno altro che scoraggiare le vittime dal denunciare, in quanto si incolperanno per l’accaduto. 

Dal regolamento del 2010 - ancora in vigore - della polizia municipale che ordina alle donne di tenere pulite le case, al sindaco che vuole pagare l’avvocato agli stupratori, l’elenco dei maschilismi italiani è davvero troppo lungo. Il più celebre caso è la sentenza che annullò la condanna per stupro a un 45enne poiché la vittima, una ragazza di appena 18 anni, indossava i jeans e dunque secondo la corte non avrebbe potuto toglierli senza il suo consenso. Era il 1999 e solo da appena 3 anni lo stupro era passato da reato contro la morale a reato contro la persona.

Nel 2006 un altro ragionamento sessista: stuprare una donna non più vergine porta a una condanna più lieve, poiché secondo i giudici il trauma è meno violento. E’ invece recentissima la decisione della Cassazione di evitare il carcere preventivo ai colpevoli di stupro di gruppo. Nel 2007 il sindaco di Montalto di Castro voleva attingere alle casse del Comune per la difesa di 8 ragazzi che avevano ammesso di aver stuprato una 15enne. Il paesino si è schierato quasi interamente con gli stupratori sostenendo che "tanto la ragazza era una poco di buono".

Nel 2011 Alemanno fece distribuire volantini con scritto "Evita di vestirti in modo vistoso", una richiesta sessista che implica che l’uomo per natura non riesca a trattenersi e starebbe quindi al genere femminile premunirsi, nonostante siamo nel terzo millennio. Nello stesso anno, però, un partito politico attaccò i suoi manifesti raffiguranti un paio di gambe femminili e una gonna svolazzante con scritto "Cambia il vento". Che la politica sia incoerente si sa, ma che la religione dia la colpa degli stupri alle donne e poi negli ospedali rifiuti di somministrare loro anche la pillola del giorno dopo… .


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