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domenica 10 gennaio 2016

RIFLESSOLOGIA

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Per riflessologia si intende una pratica di medicina alternativa consistente nella stimolazione, tramite un particolare massaggio o tocco, di zone del corpo chiamate punti riflessi.

Per zona riflessa si intende un punto della superficie corporea su cui, secondo le teorie dei riflessologi, si proietterebbe un determinato organo collocato anatomicamente, lontano da tale punto. Agendo su questi punti si avrebbe la possibilità di condizionare positivamente l’organo corrispondente; per questo motivo la riflessologia rientra nel settore delle medicine complementari ed è considerata una tecnica olistica di guarigione. I fautori di questa pratica sostengono che si possano curare anche particolari stati d'animo (stress, ansia, ecc.) attraverso il massaggio. Le teorie riflessologiche non hanno riscontro nelle conoscenze dell'anatomia e della fisiologia moderna e non si hanno finora conferme sperimentali attendibili, condotte secondo il metodo scientifico.

Le aree più comunemente usate in questa terapia sono i piedi (riflessologia plantare) e le mani (riflessologia palmare). Esistono varie teorie riflessologiche secondo cui su tutto il corpo si troverebbero zone riflesse come ad esempio le orecchie (auricoloterapia) e gli occhi (iridologia); ma anche sul volto, sulla testa, sulla schiena, sulle gambe, sull’addome e sulla lingua; anche i denti possono essere usati per fare diagnosi. Alcune di queste mappe sono completamente diverse e incompatibili tra di loro.

Chi esercita la riflessologia prende il nome di riflessologo.

Il dottor Harry Bond Bressier fu il primo a compiere ricerche storiche sulla riflessologia, risalendo a sporadiche notizie in ogni tempo ed in ogni luogo. È quindi sbagliato pensare che la riflessologia sia una tecnica proveniente esclusivamente dall’oriente, essendo sempre esistita in tutto il mondo.

All’Oriente si fa risalire la conoscenza del massaggio palmare e plantare a circa 5.000 anni fa. In India circa 4.000 anni fa furono scritti i primi “Veda” e in questi libri si può leggere che i medici, per arrivare a una diagnosi, osservavano accuratamente la mano degli ammalati.
Anche in Italia, precisamente in Valcamonica, è stato ritrovato un graffito con un feto rappresentato nel piede, risalente a 4.000 anni prima di Cristo.

A Sakkara, in Egitto, nella tomba di Akhmahor, è stata trovata una pittura murale raffigurante un medico che stimola le mani ed i piedi di un paziente. La traduzione dei geroglifici circostanti dice “non farmi male” e la risposta è “agirò in modo da meritare la tua lode”.

Pare che anche i Maya e gli Inca usassero questa tecnica. In America la riflessologia è conosciuta e praticata da sempre dai Nativi americani come ad esempio dai Cherokee. Il “Clan dell’Orso” che vive alle pendici dei monti Allegheny usa la riflessologia in una cerimonia sacra cui partecipano tutti, sia sani che ammalati. Anche il 20º presidente degli Stati Uniti James Abram Garfield (1831 – 1881) riscontrò notevoli miglioramenti, fino alla definitiva scomparsa dei dolori, facendosi trattare con delle stimolazioni pressorie ai piedi.
Nel 1500, lo scultore Benvenuto Cellini fu trattato con robuste pressioni sulle mani e sui piedi per guarire “diffusi dolori nel corpo”.
In Europa, intorno al 1582, i medici Adamus e A’tatis, discussero di metodi simili alla riflessologia. In Germania il Dottor Alfons Cornelius guarì da dolori diffusi, contratti a seguito di una forma infettiva piuttosto grave.

In Russia il filosofo e medico Ivan Petrovich Pavlov, nel 1883, conduce una ricerca sui riflessi condizionati, concludendo che “tutti gli stimoli sono condizionanti e possono provocare una risposta condizionata grazie al fatto che il sistema nervoso collega, tra loro, tutte le regioni e le funzioni dell’organismo”.
Nello stesso anno Voltolini, e Mackenzie nel 1884, pubblicarono le loro scoperte sulle modificazioni che avvengono nella mucosa nasale in presenza di processi in atto nell’apparato genitale. Alla fine dello stesso secolo l’otorinolaringoiatra W. Fliess dimostrò che anestetizzando con cocaina particolari punti del naso, si ottenevano miglioramenti di determinati disturbi genitourinari.

Nei primi anni del Novecento, il dott. William M. Fitzgerald, otorinolaringoiatra del Connecticut, scoprì che premendo su alcune zone del corpo poteva evitare di somministrare cocaina (allora usata come anestetico) per alleviare molte sofferenze dei suoi pazienti. Egli divise il corpo umano in 10 zone longitudinali che corrono lungo il corpo, dalla cima della testa alla punta degli alluci. Il numero dieci corrisponde al numero delle dita delle mani e dei piedi, ed ogni dito delle mani e dei piedi rientra in una zona. La teoria sostiene che le parti del corpo presenti all’interno di una determinata zona saranno collegate l’una all’altra per mezzo dell’energia che scorre dentro la zona stessa e possono perciò essere stimolate reciprocamente.

Allievi del dott. Fitzgerald furono il dott. J. Rilay e la sua assistente E. Ingham, quest’ultima approfondì il lavoro di Fitzgerald, dando il maggior contributo alla riflessologia plantare moderna, separando il lavoro delle zone riflesse in genere, da quello del piede, ed iniziando a costruire una mappa delle zone riflesse sul piede corrispondenti ai vari organi. Negli anni ’60 alcune allieve della Ingham, come Hanne Marquardt in Germania e la Doreen Bayly in Gran Bretagna, riportano la riflessologia in Europa.

In Italia, la riflessologia viene introdotta da Elipio Zamboni, fisioterapista bergamasco diplomato in riflessologia nel 1974 presso la scuola di Hanne Marquardt e morto in un incidente stradale nel 1992.

Zamboni negli anni successivi organizza corsi di riflessologia plantare, approfondisce il lavoro della Ingham sulla mappatura del piede e fonda, l'AIRP (Associazione Italiana reflessologia plantare) trasformata poi nel 1987, in FIRP (Federazione Italiana Reflessologia del Piede).

Successivamente molti ricercatori di tutto il mondo hanno portato notevoli contributi, scoprendo nuovi punti o addirittura nuove reti di riflesso, rendendo questa tecnica sempre più semplice ed efficace.



Per molti versi la riflessologia è più articolata rispetto a un classico massaggio o trattamento massoterapico: permette infatti di indagare e trattare la persona nel suo insieme ricercando squilibri e situazioni non fisiologiche causa di malattia e disagio.

Una delle parti più importanti è senza dubbio l’indagine energetica: grazie ai principi della riflessologia e a un’accurata osservazione di precise parti del corpo è possibile ottenere un quadro fisiologico ed energetico molto preciso della persona.

In questo modo è possibile studiare un massaggio ad hoc disegnato sulle necessità del momento della persona.

Entriamo così nella seconda parte del trattamento: la stimolazione vera e propria di precisi punti riflessi permette di ottenere le reazioni volute e necessarie alla persona trattata per raggiungere il proprio equilibrio e benessere.

La riflessologia sfrutta prima di tutto questo principio: il trattamento di punti particolari permette di stimolare il corpo a particolari reazioni capaci di ricreare e ripristinare il corretto funzionamento generale del corpo.

La riflessologia in questo modo lavora su diversi livelli: a livello psico-fisico (anche emotivo), a livello strutturale, a livello funzionale e a livello energetico.

L’obiettivo principe di qualsiasi trattamento di riflessologia e senza dubbio l’equilibrio.

Equilibrio sia a livello energetico che fisiologico, strutturale ed emozionale.

Essendoci alla base il principio olistico e del collegamento riflesso, la sfera mentale è infatti strettamente legata al tuo organismo fisico: lavorando sull’uno agisci anche sull’altro e viceversa.

Quando siamo in equilibrio i processi e le reazioni nel nostro corpo avvengono in modo spontaneo, naturale e corretto.

La rigenerazione cellulare ad esempio migliora (sia a livello estetico che funzionale) e anche le cellule nervose che da sempre si considerano come non rigenerabili (anche se ricerche molto recenti dimostrano una rigenerazione costante in età adulta per esempio nella zona dell’ippocampo) si deteriorano più lentamente, o meglio, si mantengono sane più a lungo.

Ristabilire ordine e funzionalità nel corpo e nell’organismo della persona trattata significa anche ridonare vitalità alla sfera emotiva, ma anche al nostro sistema immunitario.

Il nostro corpo ha un sistema immunitario fantastico, capace di far fronte a tutte le situazioni che gli si parano davanti, ma che in caso di stress eccessivo perde colpi, portando ai più disparati problemi.

La riflessologia è in grado di riportare il  sistema immunitario a livelli di efficienza ottimali.

Un riflessologo si pone come unico scopo il benessere altrui: prendersi cura del corpo di chiunque si avvicini a questa metodica riequilibrandolo e donandogli salute è lo scopo ultimo di chi sceglie di praticare la riflessologia.

Grazie alla riflessologia tutti possono ritrovare il proprio benessere in modo naturale, piacevole, olistico e senza l’ausilio di altro se non delle proprie mani.

La riflessologia viene utilizzata per migliorare la tua salute sia in caso di assenza di patologia conclamata, sia in presenza di malattia.

Se nel primo caso i risultati si vedono in una maggiore vitalità, un maggior grado di rilassamento con un drastico calo della tensione generale e dello stress, nel secondo abbiamo:

una guarigione più rapida e migliore
un sistema immunitario più forte con minor incidenza di malattie e disturbi
un miglioramento nel funzionamento di tutti gli apparati e organi trattati di riflesso
minor grado di stress
una aumentata lucidità mentale e un notevole giovamento al pensiero.

Una particolarità che rende i trattamenti di riflessologia ancora più completi è la possibilità di agire anche a livello dei meridiani energetici.

Questo punto non è da sottovalutare perché con la dovuta teoria alla base è possibile lavorare seguendo i principi della medicina energetica e di quella Tradizionale Cinese (Ying-Yang).

Inoltre è possibile agire in modo molto efficace anche sui centri energetici o chakra.

Questo fattore rende il tutto molto interessante per molte persone: grazie alla sua duttilità la riflessologia riesce a dare il suo massimo proprio nel stimolare il corretto fluire dell’energia nel proprio corpo (seguendo per esempio la teoria dei 5 elementi).
Questo rende la riflessologia uno dei più completi trattamenti olistici, in grado di agire su un problema da più fronti, aumentando in questo modo le probabilità di trovarne una soluzione in modo rapido ed efficace.

La riflessologia gode di una certa duttilità, è cioè impiegabile verosimilmente in qualsiasi occasione, sia nella malattia come nel benessere.

Esistono ovviamente campi in cui si hanno risultati più rapidi come gastriti, labirintiti, mal di testa cronici, ecc; anche a livello ortopedico abbiamo un ottimo riscontro con i mal di schiena come la lombalgia e la sciatica, ma anche in caso di pubalgia e cervicale.

Si ottengo splendidi risultati anche per l’insonnia, per il tabagismo (smettere di fumare), lo stress, l’ansia e anche problemi estetici come la cellulite.

Ovviamente, come si riscontra nella medicina allopatica, esistono casi più gravi che non sono da prendere alla leggera e nei quali la riflessologia può si fungere da supporto.

In ogni caso la riflessologia risulta veramente ottima come medicina complementare a eventuali altre cure mediche, oppure come un rimedio alternativo non invasivo e olistico per problemi cronici che magari vi state portando dietro da anni.

La riflessologia svolge un ruolo importante anche quando parliamo di benessere: se siete tra quelle persone che sono senza dolori, ma convivono con un senso di mancanza di benessere e che vogliono trovare la strada per sentirsi finalmente bene e poter godere di ogni minuto della giornata come vogliono (e si dovrebbe), allora la riflessologia può essere l’aiuto che stavate cercando.

La riflessologia viene utilizzata da moltissimo tempo, in tutto il mondo e nei più disparati campi.

Proprio queste sue caratteristiche hanno permesso la formazione di molte e diverse scuole di pensiero: ognuna di queste tratta punti del nostro corpo diversi, come mani o piedi o orecchie, ma sempre con i principi comuni della riflessologia.

Trattare parti e punti diversi del corpo per ottenere le reazioni fisiologiche ed energetiche desiderate, il principio base è sempre quello.

Ecco che così nascono molte tipologie di riflessologi, tutte molto valide.

La riflessologia plantare è forse quella più famosa, più conosciuta e più applicata.

Il massaggio viene effettuato su tutto il piede fino alla zona malleolare, anche se principalmente viene trattala la pianta del piede: è qui infatti dove si concentrano la maggior parte degli organi.

La riflessologia plantare è probabilmente la tecnica più antica e a oggi si contano centinaia di scuole diverse che insegnano a migliaia di studenti come applicarla tutti i giorni sugli altri.

La riflessologia palmare o della mano, come è facile intuire lavora sulle mani del cliente: un massaggio molto rilassante che ottiene i suoi risultati migliori quando affiancata da quella plantare.

Risulta un ottimo aiuto come autocura: conoscere i punti esatti da trattare sulla propria mano può salvarvi in caso di mal di stomaco durante una cena, di mal di schiena quando siete al cinema e in molti altri casi.

Il viso è una parte molto importante nell’indagine energetica: si possono capire tantissime cose di una persona e dello stato in cui si trova il suo organismo semplicemente osservandone il volto.

Oltre a questa sua peculiarità molto importante, le mappe facciali vengono utilizzate per un trattamento simile alle altre riflessologie.
Nella riflessologia auricolare il massaggio viene effettuato alle orecchie, nelle quali secondo questa tecnica è racchiuso tutto il corpo in posizione fetale con la testa nel lobo.

Ciò che rende differente e per certi versi più complicata la riflessologia auricolare è che i punti da trattare risultano molto piccoli e per individuarli e trattarli correttamente è necessaria una certa esperienza.

Anche la zona del cranio può essere trattata con i principi della riflessologia, anche se le zone riflesse sono in numero minore, ma non per questo meno importanti: in genere per riuscire a ottenere un trattamento completo viene associata per esempio a quella auricolare o facciale.

Non esiste alcuna sperimentazione che dimostri in modo attendibile la validità delle varie mappe riflessologiche: i miglioramenti riscontrati da alcune persone sono attribuiti dalla medicina scientifica all'aumentata circolazione sanguigna dovuta alle stimolazioni o all'effetto placebo, mentre per gli operatori riflessologi le teorie più accreditate sul funzionamento di questa tecnica sono:

Teoria della stimolazione nervosa: è una teoria fra le più menzionate, che si basa su una relazione a catena fra le terminazioni nervose delle zone riflesse e l’organo in cui si localizza il disturbo. Queste terminazioni nervose, a seconda della pressione esercitata, porterebbero l’informazione al cervello che elaborandola, la trasferirebbe all’organo interessato (questa teoria si ricollega agli esperimenti di Pavlov e Voltolini).
Teoria dell’energia: nel nostro corpo circolerebbe “l’energia vitale” organizzata in canali profondi chiamati “meridiani energetici”, che nel loro tragitto si portano, ogni tanto, in superficie formando delle stazioni, o bottoni. Per un funzionamento ottimale l’energia deve scorrere senza impedimenti e l’organismo godrà di buona salute, ma se si formano dei blocchi di questa energia si genera una disarmonia (cioè mancanza in un determinato organo ed accumulo in un altro), questo squilibrio porta a malessere o malattia. Premendo i “bottoni” in superficie, si ripristinerebbe la normale circolazione energetica e si riporterebbe il corpo in equilibrio e quindi al benessere della persona.
L'esistenza dei “meridiani energetici” non è mai stata dimostrata sperimentalmente, sebbene sia stato riscontrato che con il massaggio riflessologico viene stimolata la produzione di endorfine.

Secondo i riflessologi, se un organo è in fase di squilibrio energetico, la sua zona riflessa sarà dolente; in base a queste alterazioni si può capire quali sono i punti specifici da trattare, infatti, la prima volta che una persona si rivolge a un riflessologo questi eseguirà una ricerca di tutti i punti dolenti per decidere quali zone trattare in seguito.

Il trattamento consiste in un massaggio particolare sulle varie zone dolenti, che man mano diventeranno sempre meno sensibili; questa normalizzazione delle zone alterate, normalmente coinciderà con un miglioramento dello stato di benessere generale.

In una tipica seduta, il paziente viene fatto distendere su un lettino, durante una seduta di questi massaggi, che dura circa un'ora e mezza. Il trattamento è a volte accompagnato da una musica strumentale di sottofondo, per permettere il completo rilassamento del paziente.

Il massaggio può essere praticato utilizzando anche particolari oggetti: a causa di ciò, nel corso della seduta il paziente potrebbe avvertire prurito o sensazioni di calore in alcune parti del corpo: sul volto o in qualche area della testa, oppure sulle braccia o sulle gambe.

La riflessologia stimolerebbe l’autoguarigione, rinforzerebbe il sistema immunitario, allevierebbe il dolore ed aumenterebbe la resistenza ad esso, rinforzerebbe l’apparato scheletrico e muscolare, stimolerebbe la respirazione, gli apparati emuntori (deputati all'eliminazione delle tossine e dei prodotti di scarto) e le circolazioni sanguigne, linfatica ed energetica.
La medicina scientifica non riconosce le tecniche riflessologiche e si riserva un eventuale riconoscimento solo se verranno portate prove convincenti e verrà dimostrata l'esistenza di un legame tra i punti stimolati e gli organi interni. Nonostante questo però, la riflessologia sta diffondendosi sempre più in tutto il mondo, e solo in Cina esistono più di cinque milioni di operatori riflessologi.




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venerdì 13 febbraio 2015

PIERCING :DAI PRIMITIVI AD OGGI



Piercing o body piercing (dall'inglese to pierce, "perforare") indica la pratica di forare alcune parti superficiali del corpo allo scopo di introdurre oggetti in metallo (talvolta ornati con pietre preziose), osso, pietra o altro materiale, quale ornamento o pratica rituale.

Sono soggette a questa pratica soprattutto zone del corpo quali: lobo dell'orecchio, sopracciglio, narice e setto nasale, labbro, lingua, capezzolo, ombelico e organi genitali (glande, prepuzio e scroto nell'uomo; piccole e grandi labbra, prepuzio clitorideo e Monte di Venere nella donna).

I motivi che spingono a tale pratica possono essere i più vari e possono includere: religione, spiritualità, tradizione, moda, erotismo, conformismo o identificazione con una sottocultura.

Il termine viene talvolta utilizzato anche per definire la pratica del play piercing o "piercing temporaneo", che consiste nel forare parti del corpo temporaneamente, in connessione a pratiche BDSM o rituali/religiose, così come in uso presso gli Aztechi.
Il piercing ha origini antiche o preistoriche. Lo scopo principale era quello di distinguere i ruoli assunti da ogni membro all'interno della tribù, al fine di regolare i rapporti tra i vari individui sia nel quotidiano che durante le cerimonie, rendendo immediatamente palese tutta una serie di informazioni sull'individuo e al suo rapporto con il gruppo di appartenenza.
La perforazione del lobo, o meno frequentemente della cartilagine, dell'orecchio è stata praticata fin da tempi antichi, in particolare nelle culture tribali. Sembra infatti che nelle tribù antiche, credendo che il metallo fermasse gli spiriti malvagi, perforassero le orecchie cosicché tali spiriti non potessero entrare nel corpo attraverso le orecchie.

La pratica della perforazione del lobo è stata riscontrata spesso in corpi mummificati, compresa la più antica mummia mai scoperta finora, la mummia del Similaun, ritrovata nel 1991 nel ghiacciaio di Similaun sulle Alpi Venoste. Ötzi, così è stata soprannominata la mummia, oltre a numerosi tatuaggi, aveva un foro all'orecchio di 7,11 mm di diametro.

La perforazione delle orecchie negli uomini è molto comune nelle culture tribali fino al giorno d'oggi. Ad esempio nel Borneo la perforazione delle orecchie viene fatta ai ragazzi come rito di passaggio: la madre perfora un orecchio e il padre perfora l'altro, ciò simboleggia la dipendenza del figlio dai suoi genitori.
I marinai di un tempo credevano che forare il lobo acuisse la vista, così da poter ottenere il posto di vedetta, che era fra i più ambiti. I marinai portavano orecchini d'oro, cosicché, se fossero morti in mare e il loro corpo fosse stato trascinato a riva dalla corrente, con essi si sarebbe potuta pagare una sepoltura cristiana: il loro spirito, altrimenti, avrebbe vagato inquieto per l'eternità. Pare inoltre che i marinai che accettavano rapporti omosessuali comunicassero la loro disponibilità al resto della ciurma portando l'orecchino, a differenza di tutti gli altri, al lobo destro.
La perforazione della narice è comune tra le tribù nomadi del Medioriente fin dai tempi della Bibbia, ed è storicamente comune in India. Le donne indiane in età fertile, indossano un anello al naso, solitamente alla narice sinistra, poiché la narice è associata con gli organi riproduttivi femminili nella medicina ayurvedica.

Presso molte tribù di nativi americani la perforazione del setto nasale è un marchio dello status maschile. Ad esempio a questa usanza deve il proprio nome la tribù dei Nez Percé (letteralmente "Nasi Forati").

La pratica è comune anche tra i guerrieri delle tribù dell'Estremo Oriente e del Pacifico, poiché un osso nel naso conferisce un'apparenza aggressiva.

Aztechi e Incas indossavano un anello d'oro al setto nasale come ornamento, la pratica continua al giorno d'oggi presso gli indiani Cuna dell'isola di Panamá.

Uomini e donne Marubo, nel Brasile occidentale, hanno in uso la perforazione del setto nasale, facendovi passare attraverso alcune fila di perline. Ciò è considerato un mezzo per entrare in sintonia con la natura che li circonda.

Una differente forma di modificazione estetica è quella praticata dagli aborigeni australiani, che perforano il setto nasale con un lungo stecchetto così da appiattire il naso.

La tribù Bundi di Papua Nuova Guinea perforano il setto del naso come rito di passaggio all'età adulta da parte dei maschi.

L'unico luogo al mondo di cui storicamente si ha notizia che perforazione del setto nasale sia più diffusa tra le donne che tra gli uomini, è nell'area himalayana del Nord dell'India, del Nepal, del Tibet e del Bhutan. Alle donne in queste regioni viene spesso perforata la narice forata in giovane età, mentre il setto viene perforato durante il matrimonio a significare l'appartenenza al proprio sposo.
Così come la dilatazione dei lobi delle orecchie, anche il piercing al labbro ha origine nelle culture tribali dell'Africa e dell'America.

Nelle culture precolombiane, la perforazione del labbro era considerato uno status symbol e solamente gli uomini di alto rango potevano indossarlo. Nel Sud America tale tipo di piercing viene chiamato Tembetá.

Presso gli Yanomami si usa perforare il labbro inferiore, inserendovi dei bastoncini. Ciò permette ai giovani innamorati di scambiarsi messaggi erotici velati.

La perforazione del labbro nelle culture tribali africane, invece, è un'esclusiva femminile e il significato della pratica cambia da tribù a tribù. Ad esempio presso la tribù Dogon del Mali un anello al labbro viene portato per questioni spirituali; nella tribù Saras-Djinjas del Ciad il labbro della donna viene forato con il matrimonio, così da rappresentare un simbolo di assoggettamento al marito. Infine presso la tribù Makololo del Malawi il labbro delle donne viene perforato per un puro motivo estetico: pochi uomini Makololo andrebbero con una donna che non porta tale tipo di ornamento, considerandola innaturale.
Presso gli Aztechi e i Maya, era in uso la pratica della perforazione rituale della lingua: la lingua veniva perforata con una spina di pesce e vi veniva passata attraverso una corda, così da versare sangue e indurre uno stato alterato di coscienza. Tale pratica permetteva al sacerdote di comunicare con le divinità: ferire un organo con cui comunicare, era visto come il sacrificio necessario perché questa trasformazione avvenisse.

I fachiri e i sufi islamici del Medioriente e i medium dell'Estremo Oriente, praticano la perforazione della lingua così da offrire una prova del loro stato di trance.

La ragione per cui gli sciamani degli aborigeni australiani praticano la perforazione della lingua ha una ragione curativa: ciò serve a permetter loro di «succhiare con la loro lingua la magia malvagia dal corpo dei loro pazienti»
Hans Peter Duerr, nel suo libro Dreamtime, racconta come nel XIV secolo, presso la corte della regina Isabella di Baviera, fosse divenuta in uso la moda femminile della "grande scollatura": le scollature degli abiti si erano abbassate tanto da scoprire l'ombelico. I seni così esposti, venivano talvolta decorati, i capezzoli venivano colorati con del rossetto, ornati con anelli tempestati di diamanti o piccoli cappucci, e talvolta forati passandovi attraverso delle catenelle d'oro.

Sembra che anche tra le signore inglesi di tarda epoca vittoriana (attorno agli anni novanta del XIX secolo) fossero divenuti di moda i cosiddetti bosom rings ("anelli da seno"). La pratica di perforazione dei capezzoli con applicazione di anelli o catenelle, avrebbe avuto lo scopo di aumentare la forma degli stessi, come rimedio contro il capezzolo introflesso, ma anche per puro scopo erotico. La pratica sarebbe stata effettuata da alcuni gioiellieri.

Dati certi si hanno sugli uomini Karankawa, una popolazione di nativi americani estinta che abitava il golfo del Nuovo Messico, che usavano dipingersi il corpo, tatuarsi e perforare il labbro inferiore e i capezzoli con piccoli pezzi di canna.

La pratica è inoltre attestata tra i marinai del XX secolo come rito di passaggio al passare di una determinata linea (dell'equatore, dei tropici o la linea internazionale del cambio di data) e varie immagini di marinai tatuati lo confermerebbero. Era inoltre praticata dagli artisti delle fiere, i cosiddetti sideshow, fachiri e uomini tatuati. Tra di essi probabilmente il più celebre artista è Rasmus Nielsen, il cui spettacolo consisteva nel sollevare una incudine appesa ai suoi piercing ai capezzoli.
Le donne dell'isola di Truk usavano perforarsi le labbra vaginali per inserirvi oggetti che tintinnavano mentre camminavano.

Nella letteratura specialistica, viene fatto spesso riferimento alla pratica, in uso presso le donne indiane di perforarsi sia le piccole che le grandi labbra.
Nelle Filippine era in uso il "bastone del pene", e viene descritto fin dal 1590 nel Codice Boxer. Probabilmente si tratta dello stesso ornamento in uso nel Borneo, presso i Daiachi, e in tutta l'Oceania, noto con il nome di ampallang. Si tratta di una barretta di metallo che viene inserita nel glande dopo averlo perforato. Tale pratica ha uno scopo rituale quanto erotico: un uomo Daiachi non può sposarsi né avere rapporti sessuali con una donna senza aver prima praticato questa forma di modificazione genitale. Per le donne Daiachi infatti tale tipo di piercing procura maggiori stimolazioni di un pene che ne è privo. Presso il Sarawak Museum di Kuching, nel Borneo si trova una ricca documentazione di questa pratica, che parrebbe prendere ispirazione dal pene del rinoceronte bicorno di Sumatra e del Borneo, dotato naturalmente di un osso diagonale nel membro. I portatori di ampallang del Borneo, rendono pubblico questo tipo di modificazione con un piccolo tatuaggio sulla spalla.
I materiali più comunemente usati per la realizzazione della gioiellerie per piercing sono l'acciaio chirurgico o il titanio, quest'ultimo più resistente e leggero rispetto all'acciaio e con minori rischi di allergia. Altri materiali sono: corno, ematite, legno, niobio, oro, osso, pietra, resine acriliche, silicone, teflon, vetro.
Uno degli aspetti tipici che si affrontano nel parlare di questa pratica sono le condizioni igieniche nelle quali operarla e le accortezze indispensabili a evitare la contrazione di malattie e infezioni. Infatti per ridurre al minimo i rischi vanno sempre utilizzati esclusivamente strumenti e gioielleria sterilizzati.

A chi utilizza una protesi valvolare la pratica del piercing, oltre a causare infezioni, potrebbe portare a disturbi visivi di vario genere.

Le zone più delicate dove fare il piercing sono genitali e superfici cutanee eccessivamente lisce (i cosiddetti surface). Un'eventuale infezione, causa la penetrazione di batteri infettivi nel corpo, potrebbe compromettere l'attività di cuore, reni e fegato. Una malattia molto pericolosa che si può contrarre tramite il piercing in condizioni igieniche non idonee è l'epatite, se gli strumenti non sono correttamente sterilizzati.

Alcuni piercing sono sospetti di provocare, a lungo andare, danni lievi o gravi all'organismo. È stato messo sotto accusa il piercing alla lingua (Tongue), che secondo alcune ricerche dell'Università di Buffalo, provocherebbe deformazioni e danni ai denti, infezioni e ascessi a denti e bocca.

La maggior parte dei piercing non provocano forte dolore al momento della foratura (ma varia ovviamente dalla sensibilità personale nei confronti del dolore) bensì è il periodo di guarigione, come ad esempio nel caso del tongue, a provocare fastidi e gonfiori nei giorni successivi.
Le motivazioni che spingono a sottoporsi alla pratica del piercing possono essere le più disparate. Molte persone vi si sottopongono per un puro fattore estetico, per marcare una appartenenza ad un gruppo sociale, etnico, religioso o ad una sottocultura.

Uno dei fattori che ha contribuito in grande misura alla diffusione del revival moderno del piercing è rappresentato dallo stimolo erotico: i piercing praticati su zone erogene - capezzoli o genitali - una volta guariti, rappresentano un continuo stimolo e aumentano la sensibilità della zona. Il piercing al capezzolo, in particolare, viene talvolta praticato successivamente ad una operazione plastica al seno, in seguito alla quale la sensibilità del capezzolo può diminuire. Il piercing al cappuccio del clitoride, viene spesso praticato per simili ragioni, e non è infrequente presso le attrici del cinema hard. Anche il tongue piercing ha trovato diffusione poiché considerato stimolante sia durante i baci, sia durante il rapporto orale.

Sempre legato all'ambito delle pratiche erotiche, il revival del piercing moderno ha trovato ampio uso nella sottocultura del BDSM, presso cui oltre a rappresentare un forte stimolo erotico, sia come piercing permanente che temporaneo, ha anche una valenza di "sottomissione" al partner da parte dello slave nei confronti del master.

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