Visualizzazione post con etichetta comune. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta comune. Mostra tutti i post

lunedì 23 maggio 2016

DELEBIO

.


Delebio è un comune della provincia di Sondrio.

Il territorio di Delebio vide svolgersi la cruenta battaglia di Delebio che nel 1432 vede i Visconti di Milano contrapposti alla Repubblica di Venezia nel contendersi il dominio della Valtellina.

Pur essendo un piccolo borgo della bassa Valtellina, il paese custodisce importanti opere d'arte, tra cui la chiesa barocca di Badia. Otto tra chiese e oratori, molte edicole e cappellette, diversi affreschi sacri rappresentano il ricco patrimonio artistico religioso di Delebio costituitosi tra il XV ed il XX secolo. I suoi beni culturali si completano con Palazzo Peregalli e con i vari esempi di architettura rurale, che ancor oggi offrono uno spaccato caratteristico con i "Culundei", con i torchi e mulini ad acqua, alcuni dei quali ancora funzionanti. Visitare Delebio significa riscoprire la realtà contadina, artigianale ed industriale che ha caratterizzato nel percorso lungo i secoli l'evolversi di questo dinamico paese della Valtellina.

La chiesa parrocchiale di S. Carpoforo fu iniziata nel 1419, si presenta ad una sola navata con tre cappelle e fu terminata dal maestro Gaspare Aprile di Carona. Al suo interno, di notevole pregio, si possono ammirare due opere di Giuseppe Petrini: a sinistra dell'organo, in alto, la Vergine del Rosario e a destra Pio V che indice la crociata contro i Turchi (sec. XVIII). La parrocchiale conserva anche lavori di: G. Gavazzeni, Fumagalli, e P. Bianchi. Altri due lavori del Petrini: Vergine col Bambino e Vergine col Bambino e una devota si trovano nell'attiguo oratorio di S. Giuseppe (1600).

I recenti restauri hanno ridato tutta la luce settecentesca al grande vano dell'aula e del presbiterio quadrangolare rivelando eleganti decorazioni ad opera di Pietro Bianchi detto il Bustino, già attivo in Bassa Valtellina nell'Insigne Collegiata di San Giovanni Battista, nella chiesa di San Pietro e nella ex chiesa domenicana di sant'Antonio di Morbegno. Il Bianchi è riconosciuto come uno degli antesignani del gusto rocaille in Valtellina.

Una chiesa dedicata a San Carpoforo dovette esistere probabilmente già nel XII secolo (Visita Archinti 1614-1615, note). Essa dipendeva in origine dalla chiesa plebana arcipresbiterale e collegiata di Santo Stefano protomartire di Olonio (Visita Ninguarda 1589-1593, note). Il 4 febbraio 1425 la comunità di Delebio avanzò nei confronti della plebana Olonio la richiesta per avere nella propria chiesa di San Carpoforo un rettore o beneficiale, come risulta dall'atto rogato dal notaio Giacomo Castellargegno. L'1 aprile 1428 venne effettuata la nomina del primo beneficiale. Il 3 dicembre 1429, con atto rogato da Giacomo Castellargegno, vennero stabilite le rendite perché la chiesa di San Carpoforo potesse essere eretta in parrocchia. Nel 1437 risulterebbe che la nuova parrocchia era stata costituita, con territorio smembrato da Cosio (Fattarelli 1986). Si dovrebbe ipotizzare un'erezione della parrocchia prima del 1445, data in cui la chiesa di San Carpoforo compare con le qualifiche di "parochialis et curata" (Collationes Benefitiorum, vol. I, n. 23a; Xeres 1999).
Come "parochialis et curata" compare anche negli atti della visita pastorale del vescovo Gerardo Landriani del 1445. La prebenda curata risultava di nomina comunitaria ("per homines de Adalebio") (Visita Landriani 1444-1445).
San Carpoforo era stata dotata dai vicini di Delebio, di Andalo Valtellino, di Rogolo e delle contrade annesse nel 1429 (Quadrio 1775-1776), ma probabilmente la separazione era stata contestata dal rettore di San Martino a Cosio, chiesa dalla quale le comunità dipendevano, come risulta da una sentenza arbitramentale tra il parroco di San Martino di Cosio e il parroco di San Carpoforo di Delebio che il 7 giugno 1452 definì le relazioni tra le due chiese e i segni dell'antica preminenza di San Martino. Una nuova vertenza intentata nel 1476 dall'arciprete di Sorico, riguardò invece la dipendenza del rettore di San Carpoforo dalla pievana e vide la difesa dei diritti patronali da parte dei vicini di Delebio (Visita Landriani 1444-1445, note).
In data 7 giugno 1452 si ha una sentenza arbitramentale tra il parroco di San Martino di Cosio e il parroco di San Carpoforo di Delebio (Index alphabeticus).
Nel 1589, durante la visita pastorale del vescovo Feliciano Ninguarda, la "ecclesia parochialis" di San Carpoforo di Delebio faceva capo a una comunità di 260 famiglie cattoliche. In Delebio sorgeva anche una chiesa dedicata a Santa Domenica, eretta dai monaci cisterciensi dell'Abbazia dell'Acquafredda di Lenno (Visita Ninguarda 1589-1593). Con atti rogati da Luigi Sala, notaio apostolico della curia vescovile di Como, datati 29 dicembre 1591 e 6 marzo 1595, la chiesa di Santa Domenica di Delebio venne unita in perpetuo alla chiesa parrocchiale di San Carpoforo (Fattarelli 1986).
Alla metà del XVII secolo la parrocchia di San Carpoforo di Delebio era inserita in un vicariato esteso al territorio che costituiva il terziere inferiore della Valtellina, comprendente la squadra di Morbegno e la squadra di Traona, la prima delle quali coincideva con una “congregatio” del clero, la seconda con due “congregationes”, con centro rispettivamente a Traona e Ardenno; Delebio rientrava nella "congregatio prima" (Ecclesiae collegiatae 1651).
Il 17 agosto 1769 il vescovo di Como Agostino Neuroni, dando esecuzione alle lettere apostoliche di Clemente XIV dell'11 luglio 1769, eresse la chiesa di San Carpoforo di Delebio in collegiata ed elevò in essa una dignità prepositurale e nove canonicati (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
La chiesa di San Carpoforo di Delebio è attestata come prepositurale con sette canonici alla fine del XVIII secolo "in vicariatu Tertierii inferioris Vallistellinae, Squadrae Morbinii" (Ecclesiae collegiatae 1794). Nel 1811, dopo la soppressione del capitolo, rimasero il preposito con quattro coadiutorie, ridotte a due a causa della tenuità dei redditi (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
Nel 1898, anno della visita pastorale del vescovo Teodoro Valfré di Bonzo, la rendita netta del beneficio parrocchiale era di lire 885. Entro i confini della parrocchia di Delebio, di nomina vescovile, esistevano le chiese della Santissima Trinità al cimitero, di Santa Domenica, della Santa Croce nella frazione Tavani, e gli oratori di San Michele, attiguo alla chiesa parrocchiale, quello detto all'abbazia dedicato a San Girolamo, San Placido e al Santissimo Nome di Maria, di Sant'Antonio abate, detto oratorio Bassi, di San Rocco, della Beata Vergine della Neve di Canargo. Nella chiesa parrocchiale di San Carpoforo si avevano le confraternite del Santissimo Sacramento, solo maschile, e del Santo Rosario, solo femminile. Il numero dei parrocchiani era 2050 (Visita Valfré di Bonzo, Vicariato di Morbegno).
Alla fine del XIX secolo il clero di San Carpoforo risultava composto dal parroco e da un coadiutore (Visita Ninguarda 1589-1593, note).
Nel corso del XX secolo la parrocchia di Delebio è sempre stata compresa nel vicariato foraneo di Morbegno fino al decreto 1 gennaio 1938 del vescovo Alessandro Macchi, quando divenne sede di un vicariato comprendente le parrocchie di Andalo Valtellino, Delebio, Piantedo e Rogolo (decreto 1 gennaio 1938 III/b) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1938). Con decreto 29 gennaio 1968, mediante il quale furono istituite le zone pastorali nella diocesi di Como fu assegnata alla zona pastorale XII della Bassa Valtellina e al vicariato di Morbegno (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968). Con il decreto 10 aprile 1984 fu inclusa nel vicariato A della Bassa Valtellina (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).

L'oratorio di S. Girolamo, era cappella privata dei nobili Peregalli, risale alla prima metà del sec. XVIII. Si presume fosse stato fatto costruire su progetto dell'architetto Pietro Solari di Bolvedro. Al suo interno si trovano stuccature di vari autori tra cui G. Coduri detto Vignoli; le tele sono attribuite a G.P. Ligari e a G. Petrini. Nella piazzetta adiacente si trova Palazzo Peregalli (sec. XVIII) ricavato dalla casa conventuale dei monaci dell'Acquafredda. Vi hanno abbellito le sue sale artisti come P. Ligari e G. Romegialli. Al suo interno si può ammirare uno splendido oratorio privato, in stile roccocò, frutto del lavoro di P. Solari e del quadraturista G. Coduri; si presenta ricco di stucchi, marmi ed arredi. Attiguo al Palazzo si trova l'ex filanda della seta costruita nel 1730 al posto della chiesa di S. Agrippino e di parte del rustico della "grangia" dei monaci dell'Acquafredda di Lenno.

Sempre nella piazzetta Peregalli si trovano il Cantinone, il torchio delle noci ed il vecchio maglio. Una passeggiata lungo via Manzoni completa la visione dalla strada del Palazzo Peregalli. Via Torelli, via Cavour e via Roma delimitano i tipici "colundei" o cortili interni a gruppi di case rurali, con attigui stalle e fienili; qui vivevano piccole comunità agricole impegnate nella lavorazione dei fondi appartenenti alla nobiltà locale. Di pregio artistico Palazzo ex Bassi con l'affresco di G. P. Romegialli: il Ratto d'Europa. Andando verso Piantedo è possibile ammirare l'oratorio di S. Rocco del sec. XVIII.
La chiesa di S. Domenica, che sorge nei pressi del municipio, fu fondata nel sec. XII. Nel sec. XVII subì importanti rifacimenti, attualmente si presenta al visitatore abbellita dal prato verde ben curato che la circonda. L'ingresso della vicina casa di riposo presenta un interessante affresco del pittore delebiese Eliseo Fumagalli (sec. XX) raffigurante una Madonna. Spostandosi verso il nord del paese, in direzione del cimitero, si può notare la Rotonda del Cimitero, iniziata nel 1730 dopo la distruzione della chiesetta della Grangia cistercense di Badia. Si presuppone sia stata costruita con le pietre della torre del Carlascio. All'interno sono conservati un affresco del Gavazzeni rappresentante la Deposizione di Cristo ed una tela di Pietro Ligari raffigurante la Crocifissione.

L'economia di Delebio ebbe, fin dal passato, un importante ruolo per l'intera Valtellina. I suoi magli risuonavano nel fondovalle già dal lontano 1500 grazie alla forza motrice dell'acqua del torrente Lesina e numerosi erano i manufatti di rame e ferro che venivano prodotti. Delebio vanta più di un importante primato: qui fu attivata la prima centrale elettrica della provincia di Sondrio, nel 1894, data che segnò la fine dell'artigianato. Iniziò "l'era industriale": due filande della seta e numerose concerie davano lavoro alla popolazione locale e non. Nel 1809 Napoleone permise a Delebio di avere una propria fiera durante il mese di ottobre. In quest'occasione si vendevano soprattutto carri, una produzione che era conosciuta ed apprezzata anche oltre i confini valtellinesi e valchiavennaschi. Una vocazione al commercio che è continuata fino ai giorni nostri. La lavorazione dell'alluminio, la produzione di prodotti sanitari, di fibre sintetiche, di materiale elettromeccanico e di segherie fanno di Delebio un operoso centro artigianale ed industriale. Il settore zootecnico è ancora vivace e la presenza di un grosso caseificio testimonia una vitalità agricola di rilievo per la bassa Valtellina. Numerose sono le superfici coltivate a mais e foraggio che si estendono dalla strada statale verso il fiume Adda, nella parte nord del territorio comunale.


LEGGI ANCHE: http://asiamicky.blogspot.it/2016/04/le-alpi-orobie.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



venerdì 20 maggio 2016

VALGOGLIO

.


Valgoglio è un comune situato in una valletta che, bagnata dal torrente Goglio, si sviluppa perpendicolarmente alla Val Seriana, dista circa 44 chilometri a nord-est dal capoluogo orobico.

Posto ad un'altezza di 930 m s.l.m., presenta le caratteristiche di un borgo alpino con una natura circostante pressoché intatta.

Il nome del paese deriva dalla valle in cui esso è inserito, la quale a sua volta deve il nome al torrente che la bagna. Il Goglio, che sfocia nel fiume Serio nel territorio di Gromo, etimologicamente deriva da goi, che in dialetto bergamasco sta ad indicare un corso d'acqua con gole e forre profonde.
Il paese di Valgoglio, unitamente alle frazioni di Colarete e di Novazza, ha una storia con pochi eventi di rilievo, legati per lo più alle vicende del vicino comune di Gromo.

Difatti il borgo è rimasto estraneo sia alla colonizzazione romana che alle dispute medievali, legando il proprio nome soltanto alla grande capacità estrattiva che il sottosuolo garantiva.

La ricchezza di minerali ha da sempre fornito una sussistenza più che dignitosa per gli abitanti del luogo fin dai tempi del medioevo. In quel tempo quando gran parte delle armi, armature e corazze era prodotta con il ferro qui estratto, così come le monete della zecca di Bergamo, coniate con l'argento di Valgoglio. Unitamente a questi materiali veniva estratto anche l'oro, che contribuì a creare un certo benessere nella zona.

Recentemente, in una miniera dismessa nella frazione Novazza, sono state rinvenute modeste quantità di uranio, tanto da ipotizzare l'apertura di una miniera per l'estrazione di questo minerale da molti considerato pericoloso. Per questo motivo gran parte della popolazione, anche dei paesi circostanti, ha manifestato un forte dissenso, facendo rientrare il progetto.

Il paese tuttora vive grazie allo sfruttamento delle risorse che offre la natura, quali il turismo, l'industria idroelettrica e, in qualche caso, di pastorizia.

Il 17 luglio 2014, con seduta straordinaria il Consiglio Comunale approva lo Statuto Costitutivo dell'Unione di Comuni dell'Alto Serio con Gromo, Gandellino e Valbondione, per poter affrontare la situazione economica di criticità.

La chiesa parrocchiale del capoluogo, edificata nel XVII secolo, ma rifatta due secoli più tardi, è intitolata a Santa Maria Assunta, e custodisce affreschi e sculture di buona fattura, risalenti ad un periodo compreso tra il XIV ed il XV secolo. L’edificio è caratterizzato da un campanile a cipolla e da un tipico e ampio porticato che conserva pregevoli pitture a narrazione del Quattro-Cinquecento (Madonne, Santi, Cristo Crocifisso e Santissima Trinità) tra le quali un affresco, o forse più, attribuito a Jacopo de Busca, l’autore della Danza Macabra di Clusone. All’interno, sulla volta della navata belli e antichi affreschi e sul presbiterio, dietro l’Altare Maggiore, una magnifica “Ultima Cena” del XVI secolo. Splendido il polittico ligneo del primo Cinquecento e rilevanti le tele di Grazio Cossali, Saverio della Rosa e Antonio Brighenti. Sulla parete destra del presbiterio è la tela dell’Annunciazione di Grazio Cossali, opera seicentesca di pregiata fattura.
Più a valle, appare davvero grazioso il nucleo antico della frazione Colarete ove spiccano alcune case rustiche ben conservate e la locale chiesetta dedicata a San Michele, dal tetto in ardesia (XV secolo). All’interno conserva affreschi davvero unici, che coprono quasi integralmente il presbierio e la parete sinistra della navata, insieme a tele del Carpinoni. Lungo il sentiero verso i laghi, da vedere il nucleo agreste di Bortolotti, di antica formazione, con la chiesetta di San Rocco che custodisce graziosi affreschi e la miracolosa statua del Santo e, nel magnifico pianoro di Selvadagnone, la chiesetta dedicata a Sant’Antonio. Nella Frazione di Novazza, si trova invece, la chiesa dedicata ai Santi Apostoli Pietro e Paolo all’interno della quale il turista potrà ammirare stupendi affreschi di Ponziano Loverini.

Notevoli sono le escursioni che si possono compiere sul territorio comunale, adatte ad ogni tipo di utenza: si va dalla semplice passeggiata ad itinerari riservati a persone più esperte. Tra questi vale la pena segnalare la Val Sanguigno ed il cosiddetto Giro dei cinque laghi, che tocca i laghi artificiali di Aviasco, Nero, Campelli, Sucotto e Cernello.

Protagonista assoluto è l’ambiente. Le aree incontaminate presenti a Valgoglio sono davvero magiche e avvolgono i centri abitati abbracciandoli con dolcezza senza che le une prevalgano sugli altri. I panorami mozzafiato che si possono scorgere sono tra i più fiabeschi della Lombardia.

Da non perdere lo splendido e impegnativo giro dei cinque laghi, avvincente percorso che trova il suo punto di partenza nella contrada Bortolotti. Il sentiero, ben segnalato, sale dapprima su morbido terreno tra fitte conifere, e scavalca, dopo circa un’ora di cammino, un gradino roccioso, accanto all’imponente e storica condotta forzata. All’arrivo, ecco l’ampio altipiano segnato da numerose testimonianze dell’attività idroelettrica di valle (condotte forzate, canali, guardianie) ma soprattutto dalla poesia di cinque laghetti inseriti in un contesto alpino e insieme lunare. Ci riferiamo al Lago Nero, al Sucotto (1.854 m), al Cernello (1.954 m), al Campelli basso (unico bacino naturale) e al lago di Aviasco (2.070 m) dalla curiosa forma di pera allungata, coronato da pendii verdissimi, e infine un ambiente davvero singolare, circondato dalla magia di imponenti vette (pizzo Pradella - 2.626 m, Cabianca, Madonnino, Costa d’Agnone). Rinomate l’omonima Baita Cernello da cui raggiungere il Passo d’Aviasco o il Passo Portula (230 CAI) e la Capanna Lago Nero.


LEGGI ANCHE: http://asiamicky.blogspot.it/2016/04/le-alpi-orobie.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



giovedì 19 maggio 2016

GANDELLINO

.


Gandellino è un comune situato prevalentemente sulla parte sinistra orografica del fiume Serio che lo attraversa, a 675 m s.l.m. in alta Val Seriana, circa a 44 chilometri a nord di Bergamo, ed è composto dal capoluogo sul fondovalle, che prosegue nella parte a nord lungo la strada provinciale con le frazioni Gromo San Marino, Bondo, Pietra e Grabiasca, sulla sua parte a est con la frazione Tezzi e sulla parte ovest con la frazione Foppi.

Salendo la Val Sedornia, uno strano masso sembra testimoniare la presenza dell'uomo sul territorio almeno due millenni a.C., in località Spiaz de Martisola.

Un parallelepipedo con incisi segni circolari che si susseguono su linee parallele, e coppelle, che non sono sicuramente di origine naturale. Un masso-altare usato per culto e sacrifici dei sacerdoti precristiani, i drudi celtici,come nelle vicina valle Canonica.

Il primo documento che riporta il nome Oltre il dragone, riconducibile al bergamasco "dargùn", 'torrente rovinoso', o "drag", 'frana', questo è infatti l'antico nome della località, risale al 774, documento in cui Carlo Magno re dei Franchi, dona tutta l'Alta Valle Seriana al Monastero di San Martino di Tours in Francia, a testimonianza di questo, Gandellino mantiene S. Martino quale santo patrono.

Nel 1267 ottiene l'autonomia dal Vicariato di Bergamo, che nel 1067 era subentrato al Monastero di S.Martino, partecipando con Gromo e Valgoglio all'espugnazione del paese di Covo con mezzi propri, sia economici che di uomini in qualità di soldati e di forza lavoro. Il documento, detto "Instrumento del privilegio", è ora conservato e consultabile presso il museo sito nel Palazzo Milesi di Gromo. Con l'autonomia i ricavati dell'estrazione e lavorazione di minerali, diventano l'economia del paese. Risale al 1396 invece il documento, un atto notarile di vendita, dove compare, per la prima volta, il nome di Gandellino, anche questo con ogni probabilità dalla voce bergamasca “ganda”, che significa “frana”.

Nel 1428, passando sotto il dominio veneto, il mercato e il lavoro delle armi, subiscono un notevole incrementato, come per tutti i paesi della valle, ma una terribile frana nel XV secolo, distrugge le fucine che erano presenti lungo il torrente Sedornia per la lavorazione dei metalli, e la successiva frana del 1834 ne cancella ogni traccia, rimangono consultabili solo gli atti notarili a testimonianza storica.
L'economia contadina, molto povera, data la posizione montana porta nei primi del '900 ad una migrazione corposa, in Francia e in Svizzera. Nel 1968 cedette le frazioni Ripa e Bettuno al comune di Gromo.

Sul territorio si sono susseguite frane anche nel 2000 che richiedono da anni interventi di prevenzione con canali di scolo acque e muri di contenimento con lavori che hanno richiesto studi approfonditi del territorio.

Le sempre difficili situazioni economiche porteranno ad una unione amministrativa di Gromo con i paesi confinanti e il 17 luglio 2014, con seduta straordinaria il Consiglio Comunale approva lo Statuto Costitutivo dell'Unione di Comuni dell'Alto Serio con Gromo, Valgoglio e Valbondione.

Immerso nel Parco Regionale delle Orobie, Gandellino è un verdeggiante borgo protetto dalle cime del Redorta, Grabiasca, Brunone, e Cardeto, e bagnato dalle acque del Serio e del suo affluente Sedornia. Il territorio comunale comprende, oltre al capoluogo, la frazione di Gromo San Marino e altre contrade, come Foppi, Tezzi, Bondo, Pietra e Grabiasca.

Dal paese è possibile collegarsi ai diversi sentieri alpini, il Sentiero dell'Alto Serio passa sui due versanti della valle: la terza tappa porta da San Giovanni di Gorno (punto di partenza) a Grabiasca passando per la Ripa sulla parte occidentale; la quarta tappa parte invece da Aprico (Fino del Monte) per arrivare ancora a Grabiasca, ma passando per i Tezzi Alti sulla parte orientale del paese.

Mentre attraverso il Sentiero delle Orobie, si possono raggiungere alcune cime delle prealpi bergamasche: i monti Redorta, Grabiasca, Brunone, e Cardeto.

Si possono così raggiungere i numerosi laghi alpini e rifugi: Laghi di Cardeto, Passo della Portula, Curò e Coca (da Valbondione), Brunone (da Fiumenero), Calvi (da Ripa di Gromo), Alpe Corte e Laghi Gemelli (da Valcanale); proprio da quest'ultimo ha inizio anche il sentiero dei rifugi delle Orobie, che si conclude all'Albani.

La pista ciclabile attraversa tutto il territorio di Gandellino, per lunghi tratti anche nel centro abitato. Sul territorio c'è un impianto sportivo comunale completo di campi di pallavolo calcetto e tennis, mentre nella frazione Gromo S. Marino si trova il campo comunale di calcio e di pallavolo.

Spias de Martisola è il mistero di un luogo, le cui tracce sono per noi oggi sempre di difficile interpretazione. Partendo dalla frazione Tezzi si percorre un sentiero, antico che sale una valle nel bosco, la Val Sedornia, nome che è una trasformazione del nome romano "Saturnia", Saturnus quindi un elemento religioso, il dio Saturno, dio della natura, della potenza e abbondanza. La valle che percorre un bosco, si apre poi in pascoli, ma è stranamente deserta.

Giunti in località detta Spias de Martisola, compare una radura con un masso a forma di parallelepipedo ora completamente ricoperto di muschio, le cui incisioni e coppelle lo rendono sicuramente riconducibile all'opera dell'uomo, e di un uomo preistorico. Lungo un lato del Masso erratico son ritagliati una serie di gradini, che conducono alla sua sommità. Un masso-altare per sacrifici, e questo secondo gli studi che sono stati fatti qui e in altre zone delle Alpi e Prealpi si ritiene che il masso altare sia stato utilizzato fra il terzo e il primo millennio prima di Cristo. Sulla superficie son ben visibili dei solchi chiamati coppelle. Mentre la faccia rivolta a Nord mostra una serie di incisioni circolari, e di linee oblique, forse indicanti costellazioni.

Un masso-altare usato dai druidi, sacerdoti dei Celti per riti sacrificali, le coppelle sembrano che potessero raccogliere il sangue di vittime, animali o addirittura umane, altri parlano di riti religiosi legati all'acqua che feconda la terra, anche questa possibilità attendibile essendo presente il torrente Sedornia.

Di pregevole interesse artistico sono le due chiese parrocchiali.

La chiesa, dedicata alla Natività di Maria,è risalente al 1350, situata sopra un dosso, è ben visibile dalla valle. Anticamente era annessa ad un convento di monache ora soppresso. Un porticato sui lati nord e ovest la contorna. Sul lato verso valle, presenta sette aperture ad arco a tutto sesto in pietra arenaria, complete di colonne in stile toscano che poggiano su di un alto parapetto in muratura coperto da piana in pietra come basamento.
L'interno è caratterizzato da una pianta a tre navate, di cui quella centrale più alta rispetto le due laterali. Le volte di sostegno poggiano su grosse colonne di pietra diverse tra loro per dimensione, ciò rende le arcate a loro volta diverse, creando un'asimmetria architettonica nella chiesa.
Tra le opere artistiche degne di nota vi sono da citare antichi affreschi, molto probabilmente riconducibili proprio alla chiesa primitiva poi ampliata, presumibile opera di Giacomo de Buschis detto il Borlone, che già aveva lavorato nella valle affrescando la Danza Macabra, mentre altri di epoca quattrocentesca rappresentano il "Il credo degli apostoli". Sia la navata centrale che il presbiterio sono decorati con medaglie e cornici in stucco di epoca barocca che raffigurano scene della vita di Maria mentre l'ancona lignea posta dietro l'altare è caratterizzata dalla scultura di un Cristo Risorto, opera della cerchia dello scultore Pietro Bussolo del 1510 circa.
L'edificio è stato restaurato tre volte: la prima nel 1877 e in seguito nel 1936 e infine1987.
Nel cimitero accanto è stato tumulato il missionario Alessandro Dordi, proclamato beato il 3 febbraio 2015 da Papa Francesco.

La Chiesa Parrocchiale di San Martino, del XX secolo, fu iniziata nel 1920 e terminata con la costruzione della torre campanaria nel 1984, si presenta all'esterno completamente rivestita in pietra, con ai lati due ambulacri aperti verso l'esterno con archi a tutto sesto, a cui si accede per mezzo di due scalinate. L'architettura dell'edificio da la sensazione di trovarsi davanti ad un edificio a tre navate. L'interno è a pianta rettangolare ad unica navata ripartita in sei campate uguali. Le pareti laterali sono interessate da un'alta zoccolatura in pietra, mentre la parte superiore s'imposta un matroneo con sei ordini di trifore per lato. Sopra, oltre il cornicione, si aprono dodici finestre circolari, due per campata, una per lato, che illuminano naturalmente l'interno della chiesa. Oltre la sesta campata inizia il presbiterio, una larga scalinata di sei gradini, nel cui mezzo spicca dominante il tiburio dell'altare centrale con ciborio proveniente dalla cappella dell'ex seminario di Clusone. La facciata opposta,sopra la porta d'ingresso, è interessata da una cantoria in muratura sorretta da quattro colonne con base e capitello. Alla base della torre campanaria posta nella parte occidentale della chiesa, vi è l'ingresso che porta all'interno della cripta. La cripta, usata per le funzioni nelle stagioni invernali, è a pianta rettangolare con un'unica navata e con copertura a volta a botte ed ha dimensione analoga alla chiesa soprastante. Ha un deambulatorio absidale e altare con colonne ed arcate in marmo rosso. Sulla parete rivolta a nord colpiscono gli intensi colori nella rappresentazione, di autore anonimo, raffigurante l'inferno, il purgatorio e il paradiso. Nella cripta è conservata la statua della Madonna del Carmine di opera fantoniana.

Altre chiese da visitare sono quelle di San Giorgio a Bondo, dedicata alla Madonna di Lourdes, di San Giovanni Battista in località Tezzi e di Santa Lucia in contrada Foppi. L'abitato di Tezzi offre anche alcuni esempi di architettura tipica della montagna bergamasca: un tempo contrada popolosa, oggi, ancora percorsa da viottoli e angusti acciottolati, ha ben conservato le case rurali con finestrelle e inferiate, ballatoi in legno e tetti con tipiche lastre di ardesia.

Pregevole esempio di archeologia industriale è invece la centrale idroelettrica Enel, risalente al 1920, di aspetto neogotico.

Malgrado il paese abbia come santo patrono S. Martino, è la festa della Madonna del Carmelo che cade il 16 luglio, quella maggiormente solennizzata. I numerosi emigranti, che dai primi del Novecento si sono allontanati dal paese alla ricerca di lavoro tornando solo durante le vacanze estive, hanno portato a posticipare i festeggiamenti al 15 agosto, giorno della Assunta.

Le vie e gli angoli del paese, che diventano il percorso della precessione, vengono addobbati di fiori e di simboli mariani, ma l'attrazione della festa è l'incanto al porto della statua della Madonna.

Pochi minuti prima della processione, infatti, sul sagrato della chiesa, si radunano i paesani e seguono l'incanto all'asta per il porto della statua durante la processione.

Dopo il susseguirsi di suggestivi lanci e rilanci di offerte, il banditore proclama chi si è aggiudicato il porto della statua lungo le vie del paese, tra i maridac e i suen, tra gli sposati e i giovani. Lo scoppio di botti segna l'inizio della processione.

Oltre al trekking, Gandellino può offrire ai suoi ospiti sfidanti percorsi per mountain bike lungo i numerosi sentieri montani presenti sul territorio come il tracciato tra Gromo e la Valsedornia, o il più tranquillo e recentissimo tracciato della ciclovia della Valseriana, che conduce a Gromo e Valbondione. Funzionale il locale Centro Sportivo Comunale, con campi di pallavolo, calcetto e tennis nel capoluogo mentre a Gromo San Marino si trovano un campo di calcio e uno di volley. Per gli amanti delle ciaspole e dello scialpinismo stupendi i percorsi da Tezzi a Vigna Vaga, Pizzo di Petto.


LEGGI ANCHE: http://asiamicky.blogspot.it/2016/04/le-alpi-orobie.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



CARONA

.


Carona è un comune della provincia di Bergamo situato in Alta Val Brembana, il comune si trova a circa 50 chilometri a nord del capoluogo orobico.

Sull'origine del nome Carona, sono state avanzate parecchie ipotesi: potrebbe derivare dal latino, oppure da un patronimico.
La maggior parte degli storici propende per l'interpretazione, non del tutto convincente, che il nome Carona derivi dal prelatino “car” che significa pietra, luogo roccioso. Di certo il nome Carona è citato sulle antiche carte già nell'XI-XII sec. d.c

In tempi preistorici i ghiacciai di Valleve e di Carona, proseguivano fino a Branzi e prima di raggiungere il fronte comune di Lenna, ricevevano a Bordogna il contributo del ghiacciaio di Valsecca. La presenza di tali ghiacciai è testimoniata da alcune morene e da numerosi massi erratici, fra cui quello granitico di Carona, dal quale sono stati ricavati i paracarri della strada. Originati almeno in parte da questi ghiacciai, sono i numerosi laghetti e cascate che ingemmano la valle.
Questa grande abbondanza di acqua è stata sfruttata, tramite grossi interventi di ingegneria idraulica risalenti all'inizio del '900, per produrre energia elettrica. In particolare sono state costruite la Centrale idroelettrica di Carona, dighe, laghi artificiali, bacini di raccolta, condotte forzate e canali / gallerie.

Recenti studi riconducono i primi segni della presenza umana addirittura all'epoca etrusca, grazie alla scoperta di importanti reperti in località Foppa e lungo il sentiero che conduce ai laghi Gemelli. Si pensa che a questi ritrovamenti non corrispondessero insediamenti stabili, date le impervie condizioni territoriali in cui sono stati rinvenuti.

Le epoche successive videro l'arrivo della dominazione romana, che si spinse fin quassù al fine di sfruttare le grandi potenzialità minerarie della zona, installando anche un forno per la fusione del ferro.
Come per molti altri borghi vicini, si pensa tuttavia i primi insediamenti stabili in questa zona siano riconducibili all'epoca delle invasioni barbariche, quando le popolazioni soggette alle scorrerie si rifugiarono in luoghi remoti, al riparo dall'impeto delle orde conquistatrici.

Il primo documento che attesta l'esistenza di Carona risale all'anno 926, anche se scarse sono le notizie fino all'epoca medievale: si sa che il territorio venne assoggettato dal Sacro Romano Impero, che lo affidò alla diocesi di Bergamo. In seguito il borgo venne posto nel feudo facente capo alla famiglia Della Torre e in seguito a quella ghibellina dei Visconti, che diedero il permesso, ad ogni persona appartenente alla loro fazione, di uccidere un guelfo. In tal senso si verificarono scontri tra le opposte schiere anche nelle sperdute frazioni, che videro la morte di una decina di persone. Documenti del XIV secolo riferiscono che Carona faceva parte di un unico comune comprendente i vicini Valleve, Foppolo, Cambrembo e Fondra, mentre il secolo successivo fu aggregato a Branzi e Fondra a formare il comune di Valfondra Inferiore dalla cui divisione, nel 1595, nacquero i comuni di Carona, Branzi e Fondra.

Nel corso del XV secolo il paese, dopo essere entrato a far parte della Repubblica di Venezia, fu inserito nel distretto amministrativo della Valle Brembana Oltre la Goggia, che comprendeva tutti i comuni dell'alta valle, con capoluogo posto a Valnegra e godeva di sgravi fiscali e numerosi privilegi.

In questo periodo si sviluppò ulteriormente l'attività estrattiva, ma anche la produzione delle piodere, ovvero le pietre di ardesia utilizzate nella costruzione dei tetti. Tradizioni popolari raccontano che la zona fosse particolarmente ricca di minerali, in particolare la miniera in località Venina, tanto che era usanza dire che

« La Venina la al de piö de töta la Valtulina »
(la Val Venina da sola vale di più di tutta la Valtellina)
Con l'arrivo della dominazione austriaca, il territorio fu soggetto a forti dazi e tasse, che affossarono le esportazioni e fecero cadere in una crisi irreversibile l'economia del paese, costretto a far chiudere le miniere all'inizio del XIX secolo.

Al termine del primo conflitto mondiale, grande importanza assunse per il territorio e la popolazione di Carona lo sfruttamento delle acque del Brembo.
Tutto ebbe inizio nei primi anni del secolo scorso per soddisfare la crescente domanda di energia. A partire dal 1905 iniziarono gli studi da parte delle società Orobia e Prealpina e nel 1919 venne costituita la Società Forze Idrauliche Alto Brembo cui parteciparono l'Orobia di Lecco, l'Elettrica Bergamasca di Bergamo, la Vizzola di Milano e il Credito Italiano; da subito si diede inizio ai rilievi planimetrici ed altimetrici di tutta la vallata dal Comune di Lenna sino alle pendici del Monte Aga.
Vennero progettate e realizzate tra il 1925 al 1955 le dighe per i bacini dei laghi del Diavolo, Rotondo, Fregabolgia, Valle dei Frati, Sardegnana, Colombo, Gemelli, Marcio, delle Casere e del Becco.
Nel 1921 venne avviata la costruzione della centrale di Carona che iniziò a funzionare nel 1924 e nel 1931 fu costruita la diga del lago di Carona.
Complessivamente i bacini di raccolta delle acque destinate alla Centrale di Carona hanno una capacità di invaso di 22.350.000 mc.
Contemporaneamente alle dighe furono poi scavate due gallerie sotterranee di collegamento fra i vari bacini e il serbatoio di carico di Sardegnana: il canale del Diavolo e quello di Pian delle Casere.
Il primo ha una lunghezza di 4.486 metri e si diparte dalla presa di Valle Armentarga dove vengono convogliate le acque del Diavolo, del Fregabolgia e della Valle dei Frati. Il canale di Pian Casere è lungo 2.237 metri e raccoglie le acque del Colombo, Gemelli, Pian Casere, Marcio e Becco.
Furono inoltre costruite due altre gallerie: il canale Valleve – Carona lungo 4.316 metri che fa confluire nel Lago di Carona le acque del Brembo di Foppolo e Valleve e il Canale Carona – Baresi lungo 8.941 metri che parte a valle della diga di Carona e raccoglie le acque dei torrenti Borleggia, Valle dei Dossi, Valle Scura, Valle Pietra Quadra, Valle del Vendullo e Valle Secca.

Il territorio comunale, situato in un contesto naturalistico d'alto profilo, permette un'innumerevole quantità di escursioni adatte ad ogni esigenza. Tra le altre si segnalano l'ascesa al Monte Aga ed al Pizzo del Diavolo di Tenda, ma anche quelle al Rifugio Laghi Gemelli, al Rifugio Fratelli Calvi ed al Rifugio Fratelli Longo, questi ultimi due meta di numerose arrampicate in mountain-bike.

Durante il periodo invernale il paese, consorziato con i comuni vicini, vanta numerose opportunità per gli amanti dello sci alpino e sci alpinismo, con collegamenti con la stazione di Foppolo. A mezz'ora di cammino dal centro abitato, salendo verso il rifugio Fratelli Calvi, si trova il caratteristico borgo di Pagliari. Si tratta di un piccolo agglomerato urbano in stile rustico, con le case costruite in ardesia e senza le fondamenta, tanto da essere chiamato la contrada di pietra. Percorso per lungo tempo da viandanti e contrabbandieri che transitavano per evitare la dogana del Passo di San Marco, ha origini risalenti al XVI secolo.

I suoi caratteristici viottoli, la fontana e la chiesetta di San Gottardo (protettore dalle frane e dalle slavine) sono recentemente state al centro di un intervento di recupero dal degrado che lo aveva colpito dopo il costante spopolamento. Ora, nonostante disabitato, il borgo presenta più della metà degli edifici ristrutturati.

È inoltre da ricordare la parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista risalente al XV secolo. All'interno si possono trovare tre altari, unitamente a stucchi ed affreschi di buon pregio, frutto di artisti locali. Merita menzione anche la piccola chiesa di San Giovanni decollato che, consacrata nel 1450, fa bella mostra di sé con un grande campanile in pietra, all'inizio del centro abitato.
Carona nel 1331 era unificata, come comune, a Valleve. Il 21 giugno del 1450, la Chiesa, dedicata al Martirio di San Giovanni Battista, fu consacrata dal Vescovo Barozio, mentre si staccò da Branzi, divenendo Parrocchia, intorno al 1500. Si riferisce che nella Chiesa c'erano “tre altari molto vagamente decorati a stucco”.
L'altare maggiore della vecchia parrocchiale è quello che si trovava nella Chiesa dello Spasimo in Bergamo, quando questa fu soppressa dalla Repubblica Cisalpina.
Le opere migliori come la Madonna del Rosario del Ceresa e la Crocifissione di Giulia Lama, nonché il seicentesco armadio della sacrestia si trovano attualmente nella nuova Parrocchiale dedicata alla Natività di San Giovanni Battista, della quale fu posta la prima pietra nel 1909 dal vescovo Giacomo Radini Tedeschi e fu poi consacrata il 12 Giugno 1921.
La Frazione Porta il cui nome deriva dal fatto che in antichità era passaggio obbligato per chi dovesse raggiungere la parte alta del territorio di Carona e/o, da una parte, proseguire per la Valtellina e dall'altra scendere nella Valseriana attraverso il Passo Portula e la Valle dei Frati. Il termine “porta” poteva anche connotare un'opera fortificata che comprendesse un qualche dispositivo di difesa. Pare che la frazione sia stato teatro di uno scontro armato tra Guelfi e Ghibellini.
Attualmente nella frazione Porta, le vecchie e caratteristiche case in pietra sono quasi totalmente scomparse; si può tuttavia ancora vedere qualche antico manufatto come la chiesetta di San Rocco, edificata dopo la peste e consacrata nel 1636.

Tra la flora spontanea possiamo trovare l'Atragene alpina dai grandi fiori di colore azzurro, la Campanula, il Dente di Cane, la piu' nota Stella Alpina, il Rododendro, la Genziana Clusius e quella Punteggiata, il Giglio Croceo, il Giglio Martagone, la Nigritella Comune, la Peonia Selvatica, la Primula Minima ed il Raponzolo di Roccia. Sono presenti anche numerose piante ed erbe della salute, delle quali, alcune possono essere adoperate in cucina per preparare gustose ricette, altre vengono utilizzate come erbe officinali. Possiamo trovare il Tarassaco, la Bistorta, la Borraggine, il Timo Serpillo, il Ginepro, la Barba di Becco, lo Silene, il Pungitopo, il Pino mugo, e ancora la Fragola Selvatica, la Mora di rovo, i lamponi, il Mirtillo nero.

Nei dintorni di Carona e sui monti che la circondano, si possono avvistare molti esemplari della fauna locale, quali lo scoiattolo, il capriolo, il camoscio delle Alpi, lo stambecco delle Alpi che vive in alta quota, la diffusa marmotta, e ancora la volpe, l'ermellino, la vipera comune o aspide ed il raro marasso. Tra i volatili che popolano i boschi e le cime montane troviamo il pettirosso, la cincia mora, il picchio nero, il picchio rosso maggiore, la coturnice delle Alpi, il fagiano di monte, il gufo reale, lo sparviero, il gheppio ed anche la maestosa aquila reale. Nella acque cristalline dei torrenti e dei laghetti alpini vivono la trota fario ed il raro salmerino.


LEGGI ANCHE: http://asiamicky.blogspot.it/2016/04/le-alpi-orobie.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



giovedì 7 aprile 2016

INTROZZO

.


Introzzo è un comune ubicato nella Val Varrone, non forma parrocchia a sé ma dipende da quella di San Martino Mont'Introzzo posta nel comune di Sueglio. Fino al 1992 Introzzo era in provincia di Como.

Nel Medio Evo questa terra era chiamata Mont'lntrozzo ed il termine abbracciava 1'intera Valvarrone, testimoniando l'importanza del paese, ancor oggi indicato come il capoluogo di questa vallata. Ma troviamo anche la denominazione di Monte di Dervio a ricordare la dipendenza della valle dal paese situato sul lago, una dipendenza che, nonostante le autonomie municipali, è continuata anche nei nostri tempi. Oggi un versante è praticamente disabitato e sull'altro stanno arroccate quattro frazioni che si spingono, con i loro alpeggi, fin sulle pendici del Legnoncino e del Legnone. Del resto Introzzo ha sempre patito un certo isolamento se si pensa che una strada vera e propria fu costruita per ragioni militari solo durante la Prima Guerra Mondiale.

Lavadèe è una frazione posta a 1350 metri sul livello del mare, precede Roccoli Lorla e succede Subiale; possiede un campo da tennis ed un prato attrezzato con porte da calcio e rete di pallavolo; vi era sito il Rifugio-Pizzeria La Bocchetta. Inoltre vi è situato un piccolo laghetto.

Subiale è una frazione posta a 1100 metri sul livello del mare, succede il territorio comunale di Tremenico e precede Lavadèe; vi è sito il Ristorante Capriolo.

Roccoli Lorla possiede il Rifugio Roccoli Lorla alla Sella del Legnone, e vi è sito un laghetto il cui fondo è stato recentemente ricostruito; una volta all'anno, ad agosto, si fa la tradizionale tombola.

Da qui si dirama la strada per il Legnoncino e quella per il Legnone.

Posta sopra Introzzo, Creste è chiamata in dialetto valvarronese "Crestè"; è nel bosco ed un po' sperduta.

Nel comune di Introzzo, il Legnone è luogo di rifugi e di transumanza; è a 2700 metri circa di altitudine ed in Lombardia è abbastanza conosciuto.

Legnoncino, posto a 1600 metri circa di altitudine, è un monte minore della catena del Monte Legnone. Dalla località-frazione Baia di Piona a Colico è molto evidente la croce, le rocce e la Madonnina, mentre da Lavadèe e Subiale si vede la chiesetta di San Sfirio.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



martedì 5 aprile 2016

SUEGLIO

.

Sueglio è un comune ubicato nella Val Varrone. Recentemente è stata proposta la sua soppressione attraverso l'accorpamento di quattro comuni della valle (Introzzo, Vestreno, Sueglio e Tremenico).

La storia locale affonda le proprie radici nel Medioevo ed è legata alla chiesa parrocchiale, dedicata a S. Martino, nella cui circoscrizione territoriale vengono comprese anche le vicine Introzzo e Vestreno. Le prime testimonianze dell'esistenza di tale chiesa risalgono al XIII secolo, quando faceva parte della pieve di Dérvio; divenne parrocchiale nel XIV secolo dopo aver avuto per quattro anni un rettore. Verso la fine del XVI secolo venne assegnata a M. Aurelio Grattarola di Margno, amico di S. Carlo e della cui canonizzazione fu autore, che venne insignito del titolo di prevosto degli Oblati di S. Carlo. È famosa la storia che racconta della faticosa benedizione della chiesa avvenuta in sette ore ad opera di S. Carlo. Gli arredi della chiesa furono donati dagli abitanti del luogo emigrati in Piemonte, Lucchesia e Veneto durante il XVII e XVIII secolo, i quali avevano costituito tra loro compagnie di mutuo soccorso. Per quanto riguarda il patrimonio architettonico, oltre alla parrocchiale, bisogna segnalare la chiesa di S. Bernardino, in un primo momento dedicata alla Madonna delle Nevi e risalente ai principi del XVI secolo; c'è poi la chiesa situata sul monte Legnoncino e dedicata a Santo Sfirio, che sembrerebbe risalire al XIII secolo, in cui si è avuto il ritrovamento di una moneta dell'XI secolo; da segnalare anche l'oratorio abbandonato, risalente alla fine del XIX secolo e il campanile della fine del XVII secolo, oltre agli edifici barocchi situati all'inizio dell'abitato.

Piccola comunità di montagna, di origine medievale, la cui economia è prevalentemente di tipo agricolo. Il territorio è caratterizzato da un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto pronunciate che vanno da una quota minima di 343 metri ad una massima di 1.714 metri di altitudine. L'andamento plano-altimetrico del capoluogo comunale è di tipo collinare: sorge, infatti, sul versante di una montagna, ad un'altitudine inferiore rispetto a quella delle altre località della sua giurisdizione.

Loco Toco è una frazione posta sopra Sueglio, vi risiedono pochi abitanti. C'è molto bosco. Vi è un rifugio.

A Loco Peinano vi risiedono pochi abitanti. Anche qui c'è molto bosco. Vi è un rifugio.

Sommafiume è la frazione più popolosa, possiede un grande bosco ed un ripetitore. Vi sono due rifugi.

Letee possiede molto bosco. Vi è un rifugio.

Artesso, chiamata anche Roccoli d'Artesso, è una frazione con molto bosco e un rifugio.

LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



sabato 2 aprile 2016

VESTRENO



Vestreno è un comune italiano di 291 abitanti della provincia di Lecco in Lombardia.

Durante il Medioevo e precisamente nel periodo comunale, appartenne alla comunità di Monte Introzzo, nel XV secolo diventò possedimento della famiglia Dal Verme e in seguito, facendo parte della Riviera di Lecco, fu dominio degli Sfrondati. Le sue peculiarità storico-ambientali sono comuni anche alle vicine Introzzo e Sueglio; con queste ha costituito, da tempo immemorabile, un consorzio di fatto, condividendone parrocchia, cimitero, scuola. Il patrimonio storico-artistico è dato, soprattutto, dall'architettura sacra: la chiesa parrocchiale, dedicata a S. Martino, ubicata a poca distanza dal bivio per Sueglio e rifatta nel XVIII secolo su un edificio più antico, ha il campanile, la facciata e i portali databili tra il XVII, XVIII e il XIX secolo; la chiesa dei Ss. Pietro e Giacomo è stata rimaneggiata nella metà del XVIII secolo. In epoca passata le risorse economiche del posto si basavano sulla coltivazione dei cereali, sui castagneti e sull'uso dei terreni da pascolo; venivano sfruttate anche le cave di marmo "bindellino" ed "occhiadino" e venivano installati forni per la fusione di minerale di ferro.

È il primo paese che si incontra, salendo da Dervio, lungo la strada della Valvarrone. Sta quasi abbarbicato sulle pendici della montagna e si presenta in parte con vecchie case in pietra (e i tetti ricoperti con "piode") alternate a quelle rimodernizzate (e i tetti coperti con tegole). Parte integrante del Monte d'Introzzo, poi feudo dei Dal Verme e possedimento degli Sfondrati, Vestreno deve rivolgersi per la parrocchiale a Sueglio, ma in compenso ospita una serie di servizi gestiti in consorzio con gli altri comuni.

Piccola comunità di montagna, di origine medievale, la cui economia è prevalentemente di tipo agricolo. Il territorio è caratterizzato da un profilo geometrico irregolare con variazioni altimetriche rilevanti che vanno da una quota minima di 275 metri ad una massima di 950 metri.

LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html




.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



venerdì 1 aprile 2016

TREMENICO



Tremenico è un comune della provincia di Lecco.
Alcuni storici sostengono che già al tempo dei Galli e dei Romani esistessero cave di ferro sulle pendici della montagna. Ancora vivi sono sia il dialetto assai caratteristico, sia la consuetudine di sfoggiare nelle feste l'antico costume tradizionale chiamato Stampàde.

La storia del paese e della chiesa di s. Agata datano indietro nel tempo sino all'anno Mille: nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani (codice pergamenaceo di 215 fogli, conservato nella Biblioteca del Capitolo del Duomo di Milano) il milanese Goffredo da Bussero elenca nella diocesi di Milano 26 chiese e oltre 21 altari dedicati a Sant'Agata. Una di queste chiese è quella situata "in loco Cremenego (Tremenico) Plebis de Deruio (Pieve di Dervio)". La storia dell'edificazione di questa chiesa è fitta di interventi di ampliamento e restauro fortemente voluti dai Tremenicesi, specie di quelli emigrati in pianura per lavoro: ad esempio l'altare proviene da Venezia, acquistato e trasportato appositamente dalla Laguna a testimonianza dell'amore di queste persone per la propria terra natale. In modo non dissimile, anche l'organo è giunto a Tremenico attraverso la generosità ed il lavoro dei paesani direttamente dalla Brianza, dalla prestigiosa bottega dei Prestinari di Magenta.

L'organo, compreso della cantoria, arriva nella chiesa di Sant'Agata nel 1853, per volere del parroco don Bellati e grazie ai contributi dei parrocchiani, dell'Arcivescovo, dello stesso Parroco e di Carlo Magno Buzzella.
Lo strumento è interamente meccanico con un grande mantice un tempo azionato manualmente (oggi elettricamente). Ciò che caratterizza questo organo rispetto a quelli modermi è il congegno a pedale che imposta i registri, tecnicamente (definizione ripresa dal sito del Comitato Organo Prestinari Marcallo) Combinazione libera “alla lombarda”: congegno meccanico a pedale che agisce sulle leve dei tiranti di un certo numero di registri, preventivamente selezionati dall'organista, inserendo le file di canne corrispondenti.

Nel 1367 le due chiese di Sant'Agata e San Martino ottengono dalla Curia di Milano di costituirsi in un'unica parrocchia con sede a S. Martino, detto anche Mont'Introzzo.
Nel 1566 l'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo si reca a Tremenico in visita pastorale e, sentite le lamentele dei tremenicesi, promette la costituzione della parrocchia di Sant'Agata a Tremenico.
Nel 1575 prende servizio il primo parroco, Viviano Gussalli.
Nel 1582 l'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, in una seconda visita a Tremenico, vista la povertà della parrocchia decide di aumentarne le rendite. L'anno precedente i paesani si erano già impegnati a versare annualmente 300 lire imperiali a favore del loro parroco.
Durante il 1597 Taddeo e Giovanni Paolo Rubini, ricchi mercanti di Tremenico, stanziati a Castello di Sarzana, incaricano la "Compagnia" di Tremenicesi che lavoravano a Domodossola di costruire la parte muraria della cappella del SS. Rosario nella chiesa di Tremenico, alla quale gli stessi Rubini regalarono anche la pala della Vergine e nel 1624 la stessa famiglia Rubini fa costruire l'oratorio di San Carlo in Tremenico.
Nel 1635 "si fanno il choro e le cornici conforme quelli di S.to Guirico di Dervio"
Nel 1642 si rialza di nuovo la chiesa.
Nel 1654 inizia la costruzione del campanile che viene terminata dopo 9 anni.
Originariamente la chiesa era orientata con l'altare a monte e l'ingresso a valle. Nel 1665 si costruisce l'attuale facciata e la Chiesa assume l'aspetto attuale, ruotato con l'ingresso verso la piazza e la fontana Pileu.
Nel 1684 viene costruita la Cappella di Sant'Antonio e messo in opera il suo quadro; nel
1686 viene costruita la Cappella si San Giuseppe; nel 1696 è messo in opera il grande quadro di Sant'Agata di autore ignoto e nel 1784 viene montato l'altare maggiore donato dai Tremenicesi della "Confraternita del SS. Rosario" in Venezia.
Dopo le vittorie napoleoniche nel 1797, la chiesa è costretta a consegnare alla Repubblica Cisalpina alcuni arredi ecclesiastici preziosi (candelabri, ostensori, lampade, la grande Croce portatile).
Il parroco don Bellati nel 1853 fa installare nella chiesa l'organo con la cantoria prodotto dai fratelli Prestinari di Magenta, tuttora funzionante.
Nel 1878 la chiesa viene ampliata in forma di croce latina.
Durante il 1892 viene rifatto l'altare della cappella di Sant'Antonio, vengono sostituite le tre esistenti campane con tre nuove fabbricate dalla fonderia Pruneri di Grosio in Valtellina, il cui concerto fu completato nel 1900, in memoria del Giubileo dell'Anno Santo, con l'aggiunta delle due campane piccole e nel 1894 viene rifatto l'altare della cappella di S. Giuseppe e viene collocata anche la statua del santo.
Nel 1897 viene rifatto l'altare del SS. Crocefisso, anche la facciata viene rifatta interamente ed il pittore Luigi Tagliaferri di Pagnona viene chiamato a realizzare le figure di santi nelle nicchie esterne e gli affreschi nell'interno della Chiesa.
Con il contributo di tutti i parrocchiani, nel 1898 vengono acquistati nuovi banchi.
In esecuzione del Regio Decreto del 23 aprile 1942 che disponeva la consegna delle campane, gli operai della Ditta Ottolina di Seregno ritirano tre delle cinque campane esistenti (una delle quali si rompe nel calarla dal campanile) per un totale di 1530 kg di bronzo, compresi i rottami. L'anno successivo, dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943, si apprende che le campane non sono ancora state fuse e possono essere recuperate. Le due campane intatte tornano al campanile nel 1944, i rottami di quella rotta vengono affidati ai Frati Olivetani di Seregno che li custodiscono finché, nel 1951 non si raggiunge l'accordo con la Ottolina per il loro riutilizzo nella fusione di una nuova campana da 450 kg. La campana viene inserita nel campanile l'8 ottobre dello stesso anno.
Nel 1962 l'orologio della metà del Seicento sistemato nel campanile, a carica manuale (la forza motrice era data da due pesi di pietra, che ogni giorno dovevano essere sollevati mediante due argani fino all'altezza dell'orologio), viene modificato a spese del comune con il meccanismo delle lancette dei minuti, un nuovo quadrante con le cifre in rame e un pendolo indipendente dalle variazioni di temperatura. Nel 1987 il meccanismo viene motorizzato. Nel 1988 viene installata una protezione per i campanari contro la caduta dei pesi dell'orologio.
Con il contribuito di tutti i parrocchiani nel 1964, viene rifatta la pavimentazione dell'altare con marmo bianco di Carrara e nero del Belgio.

Piccola comunità di montagna, di origine medievale, la cui economia è data, prevalentemente, dalle attività agricole e zootecniche nonché dall'industria estrattiva. Il territorio è caratterizzato da un profilo geometrico vario e aspro, con variazioni altimetriche piuttosto elevate, che vanno da una quota minima di 425 metri sul livello del mare ad una massima di 2.225 metri. L'andamento plano-altimetrico del capoluogo comunale, che dal punto di vista urbanistico mostra un abitato fortemente unito e molto antico, è tipicamente collinare.

Avano o Aveno (anticamente chiamata così), frazione di Tremenico lungo la strada per Pagnona, prende forse il nome dal nobile greco C. Avieno Filosseno mandato in Valvarrone a “colonizzare” da Giulio Cesare.
Situata a 771 metri s.l.m., si trova a circa un chilometro salendo dall’abitato di Tremenico, oltre la ripida e profonda valle dei Mulini, che divide le due terre. Ha conservato intatti i caratteri d’un tempo lontano.
La Chiesa dedicata a Maria Assunta in Cielo, già citata nel 1455, ricostruita nel 1644, e abbellita nel Settecento, deve considerarsi l’edifi cio di più vetusta fondazione. L’edifi cio è di grande interesse per la grazia tardo barocca degli stucchi che ornano, sopra il portale, l’effi - gie della patrona (1773) e quelli coevi dell’altar maggiore, che cingono una pala (Assunta e Angeli) datata 1731 e rispondente alla declinazione locale del gusto dei Ligari, non consueti, almeno secondo questa tipologia, nella zona.
Ad Avano, si pensa sorgesse la Torre che sorvegliava l’entrata nella Comunità di Monte Introzzo, tanto che esiste ancora, nel dialetto locale, una località chiamata “dent a la torr”.
Durante la peste manzoniana, Avano fu, tra i cinque, il paese più colpito, tanto che sino a pochi anni fa, appena fuori da esso, esisteva una croce di legno posta a ricordo dei numerosi morti, forse, sul luogo in cui sorgeva il cimitero degli appestati.
Un affresco in fondo al paese, con alcune scritte in lingua spagnola, sembrerebbe segnalare, che vi sia stata la presenza di frati benedettini.
Si dice, inoltre, che una casa posta nella piazzetta in fondo alla località, sia stata utilizzata come prigione spagnola, in attesa che gli arrestati fossero trasferiti altrove.
Da Avano parte il sentiero che conduce al Monte Legnone. Si tratta di un percorso di notevole interesse ambientale, che permette di attraversare zone assai diverse tra loro. Si risale la Val Rasga, che termina sulla cresta del Legnone, passando per l’ampia sella prativa dove si trova l’Alpe Agrogno basso.

Lentree è una piccola frazione, conta qualche casa e una teleferica che serve anche la frazione Fenile. È un borgo, ma anche frazione.

Fenile, piccola frazione posta alla destra e sopra Tremenico, è un borgo, ma anche frazione. Conta qualche casa ed una piccola fattoria.

Nella Valvarrone Consolino è conosciuta per la Madonnina presente.

Pernighera, piccola frazione sulla strada provinciale, ha qualche casa ed una teleferica.

Coldirola è una piccola frazione sulla strada provinciale ed ha anch'essa qualche casa ed una teleferica.

Dopo e appena sopra Avano c'è la Baia di Pezzaburo. Sopra Avano e Pezzaburo inizia l'alta Valvarrone e la Valsassina con Premana e Pagnona.

LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html



.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



lunedì 28 marzo 2016

PAGNONA

.


Pagnona è un comune situato nell'Alta Val Varrone

I primi insediamenti lungo le boscose pendici del monte Legnone hanno origine antichissima: risalgono alla medio-tarda età del bronzo. A testimoniare la presenza di questi primi abitatori furono i ritrovamenti di un'ascia di bronzo databile intorno al XVI secolo a.C. (Questi reperti sono oggi l'unica testimonianza della civiltà celtica nella valle) e di una scure di analogo materiale risalente con ogni probabilità all'VIII secolo a.C. Oltre al ritrovamento di questi due cimeli, avvenute tra il 1883 e il 1885, furono rinvenute alcune suppellettili in ferro e ceramica di chiara fattura celtica, costruite tra il IV e III secolo a.C. che provano la presenza dei Celti Lepontici nella valle.

Il paese sorge sul versante meridionale del Monte Legnone, posto a 850 metri di altitudine, nei pressi scorrono due torrenti, il Varroncello a est ed il Varrone a sud. Comune in provincia di Lecco, fa parte della Comunità Montana della Valsassina, Val Varrone, Val d'Esino e Riviera, è uno dei sei borghi della Val Varrone, confina a est con Premana, a ovest con Tremenico, a Nord con Colico e con la provincia di Sondrio. La superficie del territorio comunale e pari a Kmq 8,96. Grazie alla sua posizione geografica gode di un clima mite, infatti nella stretta gola della valle il paese è protetto su due versanti dalla catena del Legnone, su di un terzo dalle cime della muggiasca, l'unico sbocco è rappresentato dal fondo valle che si apre sul lago.

All'ingresso del paese, sulla sinistra, si entra in Via Torre, dove ancora si può intuire la struttura di un antico Forte.
Fino alla fine del 1800, era considerata frazione del paese, in quanto divisa dallo stesso da un ampio vallone, ora ricoperto dalla strada. All'inizio di Via Centrale, sulla destra, sorge un'edicola, forse la chiesa di S. Michele, citata nel 1200 da Goffredo da Bussero.
Proseguendo, si entra all'interno fra strette viuzze e ripide scalette, si possono vedere case del periodo medievale. Del 1600, sono portali antichi e vari affreschi. Paride Cattaneo della Torre, nella sua "Descritione della Valsassina" annota come a Pagnona vi sia un'alta torre circondata da una gran muraglia, fatta costruire nel 1150, al tempo delle "maledette fazioni tra Guelfi e Ghibellini".
Tuttora visibile, è stata completamente ristrutturata e adibita a casa d'abitazione. Anche la Chiesa, posta in posizione isolata, in basso a ovest dell'abitato, è di origini medievali. Paese nativo di Giovanni Maria Tagliaferri (1809 - 1879), incisore e pittore, capostipite di una dinastia di artisti, prolungatasi fino agli anni '60 del secolo scorso.

La chiesa dedicata a Sant' Andrea apostolo, è stata costruita nel 1200 circa, a margine del paese, dove si trova tuttora. Era allora una chiesetta con il pavimento lungo circa 11 metri e largo circa 7, di modestissime dimensioni, ma sufficientemente grande per la popolazione di allora. L'antica struttura, fu consacrata da San Carlo Borromeo nel 1566. Non completa in tutte le sue parti, mancavano, infatti, elementi essenziali come il battistero, il tabernacolo, il campanile, che fu costruito soltanto nel 1665. Le campane erano collocate su pilastrelli, non se ne conosce però nè il numero nè le dimensioni. Solo nel 1831 si hanno notizie quasi certe sulle campane. Pare infatti che ve ne fossero tre, due di queste consegnate poi allo stato il 19 novembre del 1942 per le fabbricazioni di guerra, vennero in seguito restituite ma una di queste tornò a casa in venti pezzi, (proprio quella che fra tutte pare avesse un suono melodioso), così almeno ricordano alcuni anziani del paese. Si tentò anche di rifonderla, ma questa operazione non ebbe successo. Le attuali cinque campane fuse dalla ditta Achille Mazzola di Valduggia (Vercelli), furono consacrate il 27 agosto 1956 da S. E. Rev. ma Mons. Sergio Pignedoli.
Nel 1763 venne costruita la sacrestia e nel 1770 l' altare maggiore.
Nell' anno 1902 vi furono due avvenimenti che modificarono in meglio la chiesa di S. Andrea. Il 12 dicembre di quell' anno fece la sua comparsa la luce elettrica.
Risale invece al 24 dicembre 1927 l' inaugurazione dell' organo, donato dall’allora parroco don Giuseppe Rattini.
É il 1940 quando viene costruita la tribuna.
Il tesoro conserva notevoli testimonianze della storia della chiesa, fra cui una Croce processionale tardogotica e un'altra cinquecentesca, un calice e una pisside pure cinquecenteschi, diverse oreficerie sacre fra XVII e XIX secolo e un servizio di paramenti e altri arredi secenteschi di provenienza veneziana.
S. Carlo Borromeo, nella Visita Pastorale del 1566, lasciò come ricordo a Pagnona il proprio piviale che, ancora oggi, si conserva. Questo piviale, in occasione del quarto centenario dell'ingresso del Santo Pastore nella Diocesi Milanese, passò di parrocchia in parrocchia.
L'altare di S. Carlo, a sinistra, presenta la pala (Madonna col Bambino e i SS. Carlo, Giovanni Battista e Ambrogio), esemplata su un dipinto del Talpino di uguale soggetto; la struttura secentesca con Angeli lignei reggicandelabro; il paliotto in cuoio, opera siglata e datata 1752 di Giovanni Battista Tagliaferri, probabile avo della celebre famiglia di pittori pagnonesi attivissimi fra Otto e Novecento come decoratori delle chiese lombarde. Sono perdute le Storie di S. Carlo già laterali, mentre si conserva un altro paliotto in cuoio forse riconducibile al Tagliaferri. Una tela secentesca collocata sulla parete destra, raffigurante S. Lucia con offerente e nella lunetta Madonna col Bambino e i SS. Rocco e Sebastiano, è forse di provenienza veneta. L'altare, barocco, in parte rifatto nel 1953, venne consacrato insieme con la chiesa dal Vescovo Missionario Mario Civelli il 19 settembre 1954. Possiede un bellissimo quadro della Madonna Addolorata della Scuola del Dolci di Venezia, dono dei pagnonesi residenti in quella città; possiede pure una bellissima pianeta donata, almeno si dice, dalla moglie di un Doge di Venezia.
Durante il periodo della  della Repubblica Cisalpina venne asportata una lampada e otto candelieri in argento massiccio.

Da ricordare è la Festa Patronale della Madonna Addolorata che si svolge ogni anno la terza domenica di settembre.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html




FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



mercoledì 23 marzo 2016

GROSIO

.


Grosio è un comune della provincia di Sondrio.
Si tratta di un antico borgo nel quale sono presenti diverse testimonianze artistiche, storiche ed archeologiche tra le più interessanti a livello provinciale.

Il popolamento nella zona risale all'età del bronzo ed è testimoniato dal maggior monumento archeologico valtellinese: la Rupe Magna. Come nella più famosa e vicina Valcamonica anche qui troviamo delle incisioni rupestri.

Durante il medioevo il paese fu feudo dei Venosta. Testimonianze di questo periodo sono i due castelli che sovrastano l'abitato, il primo di fondazione vescovile, detto di San Faustino, il secondo detto castello nuovo o dei Visconti che risale invece al periodo delle lotte tra guelfi e ghibellini.

Durante il seicento il paese ebbe frequenti contatti con la Repubblica di Venezia. Molti grosini si recavano nella Serenissima per lavoro o come soldati. Il costume tipico del paese, diverso dagli altri della zona, viene fatto risalire a questo periodo e a questi contatti. Secondo le leggende deriverebbe da quello di schiave circasse, balcaniche od ottomane, comperate e poi sposate dagli abitanti di Grosio che si erano trasferiti come emigranti a Venezia. A queste origini risalirebbe anche il costume tipico delle donne, che molte grosine anziane continuano a indossare. Un'importante testimonianza artistica è la villa Visconti Venosta, ora sede del museo comunale. Nel cinquecento Grosio diede anche i natali ad uno dei più noti pittori locali Cipriano Valorsa. Altri personaggi di origine grosina furono Emilio Visconti-Venosta, ministro degli esteri del Regno d'Italia e suo fratello Giovanni, autore di Ricordi di gioventù e del poemetto satirico Il prode Anselmo. Nella storia di Grosio va anche ricordata la famosa fonderia di campane "Giorgio Pruneri", La fonderia Pruneri operò ininterrottamente dal 1822 al 1915 e dal 1949 al 1956, salvo l'apertura straordinaria del 1926 in occasione della fusione del Monumento ai Caduti di Grosio. Di questa rimane in paese la via intitolata al fonditore e le meravigliose campane della Prepositurale, oltre a molti altri concerti nel comune, in Italia e nel mondo.

Durante la Grande Guerra vennero costruite nei dintorni di Casale Lago - Vernuga delle fortificazioni per difendere la zona da un eventuale avanzata dell'esercito Austriaco.

Negli anni del Fascismo a Grosio, nell'edificio in fianco al comune chiamato "Palazzaccio", viene scritto il motto "Bisogna essere forti nel coraggio mai voltarsi indietro, quando una decisione si è presa ma andare sempre avanti"

Nell'immediato dopoguerra si è dato il via alla costruzione di importanti opere per la produzione di energia elettrica per conto di AEM, in particolare la centrale idroelettrica di Grosio con il bacino artificiale in località Fusino.

Durante la Seconda Guerra Mondiale molti grosini vennero arruolati come soldati ed inviati sui campi di battaglia in tutto il mondo: ancor oggi vi sono delle commemorazioni per gli Alpini caduti nella sacca di Nikolajewka, in Russia.

Nel luglio del 1987 l'alluvione che ha ferito la Valtellina ha lasciato il segno anche a Grosio, e gli abitanti sono stati costretti ad evacuare la zona per motivi di sicurezza.

Per valorizzare il complesso archeologico di Grosio è stato costituito il Parco delle Incisioni Rupestri, con sede nella Villa-Museo Comunale Visconti Venosta. Del castello Faustino (o vecchio) si ha notizia già in documenti del 1150, mentre il Castello nuovo risale al 1350 circa, per volontà dei Visconti Venosta ed e uno dei più rilevanti complessi della valle: entrambi svolsero un'importante opera difensiva, vista la loro posizione particolarmente strategica. Importante la visita al centro storico; vi troviamo uno tra i monumenti più rappresentativi del paese: la chiesa di San Giorgio (secolo XIII) e il suo campanile in stile romanico. In via Roma, nei pressi della parrocchiale di San Giuseppe (1626), sorge il palazzo Visconti Venosta (secolo XVI), dimora estiva dell'illustre famiglia e oggi sede del museo civico, della biblioteca comunale e del Parco delle Incisioni Rupestri.

L'artigianato locale è incentrato sull'arte del merletto che si può ammirare nei costumi tradizionali, oltreché nella lavorazione del peltro finalizzata alla produzione di oggetti artistici, monili, trofei, vassoi e piatti.

LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2016/03/le-alpi-retiche.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



Post più popolari

Elenco blog AMICI