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giovedì 21 gennaio 2016

SANT'AGNESE

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De S. Agnes la luserta la cor gió per la scies (A Sant'Agnese la lucertola corre lungo la siepe)
A Sant'Agnésa, un'ura distésa 
(A sant'Agnese un'ora abbondante, cioè il giorno si è allungato di un'ora abbondante dal solstizio d'inverno del 21 dicembre)

Agnese (Roma, 290-293 – Roma, 21 gennaio 305) era, secondo la tradizione latina, una nobile appartenente alla gens Clodia che subì il martirio durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano all'età di 12 anni.

La parola “Agnese”, traduzione dell’aggettivo greco “pura” o “casta”, fu usato forse simbolicamente come soprannome per esplicare le sue qualità. Visse in un periodo in cui era illecito professare pubblicamente la fede cristiana. Secondo il parere di alcuni storici Agnese avrebbe versato il sangue il 21 gennaio di un anno imprecisato, durante la persecuzione di Valeriano (258-260), ma secondo altri, con ogni probabilità ciò sarebbe avvenuto durante la persecuzione dioclezianea nel 304. Durante la persecuzione perpetrata dall’imperatore Diocleziano, infatti, i cristiani furono uccisi così in gran numero tanto da meritare a tale periodo l’appellativo di “era dei martiri” e subirono ogni sorta di tortura.
Anche alla piccola Agnese toccò subire subire una delle tante atroci pene escogitate dai persecutori. La sua leggendaria Passio, falsamente attribuita al milanese Sant’Ambrogio, essendo posteriore al secolo V ha perciò scarsa autorità storica. Della santa vergine si trovano notizie, seppure vaghe e discordanti, nella “Depositio Martyrum” del 336, più antico calendario della Chiesa romana, nel martirologio cartaginese del VI secolo, in “De Virginibus” di Sant’Ambrogio del 377, nell’ode 14 del “Peristefhanòn” del poeta spagnolo Prudenzio ed infine in un carme del papa San Damaso, ancora oggi conservato nella lapide originale murata nella basilica romana di Sant’Agnese fuori le mura. Dall’insieme di tutti questi numerosi dati si può ricavare che Agnese fu messa a morte per la sua forte fede ed il suo innato pudore all’età di tredici anni, forse per decapitazione come asseriscono Ambrogio e Prudenzio, oppure mediante fuoco, secondo San Damaso. L’inno ambrosiano “Agnes beatae virginia” pone in rilievo la cura prestata dalla santa nel coprire il suo verginale corpo con le vesti ed il candido viso con la mano mentre si accasciava al suolo, mentre invece la tradizione riportata da Damaso vuole che ella si sia coperta con le sue abbondanti chiome. Il martirio di Sant’Agnese è inoltre correlato al suo proposito di verginità. La Passione e Prudenzio soggiungono l’episodio dell’esposizione della ragazza per ordine del giudice in un postribolo, da cui uscì miracolosamente incontaminata.



Assai articolata è anche la storia delle reliquie della piccola martire: il suo corpo venne inumato nella galleria di un cimitero cristiano sulla sinistra della via Nomentana. In seguito sulla sua tomba Costantina, figlia di Costantino il Grande, fece edificare una piccola basilica in ringraziamento per la sua guarigione ed alla sua morte volle essere sepolta nei pressi della tomba. Accanto alla basilica sorse uno dei primi monasteri romani di vergini consacrate e fu ripetutamente rinnovata ed ampliata. L’adiacente cimitero fu scoperto ed esplorato metodicamente a partire dal 1865. Il cranio della santa martire fu posto dal secolo IX nel “Sancta Sanctorum”, la cappella papale del Laterano, per essere poi traslato da papa Leone XIII nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, che sorge sul luogo presunto del postribolo ove fu esposta. Tutto il resto del suo corpo riposa invece nella basilica di Sant’Agnese fuori le mura in un’urna d’argento commissionata da Paolo V.

Ad Agnese sono dedicati, a Roma, la Chiesa di Sant'Agnese in Agone, in piazza Navona, il luogo supposto del martirio, e il complesso monumentale di Sant'Agnese fuori le mura, fatto erigere dalla principessa Costantina, figlia dell'imperatore Costantino I, sulle catacombe nelle quali fu sepolto il suo corpo. Qui, ogni anno il 21 gennaio, due agnelli allevati da religiose vengono benedetti e offerti al papa perché dalla loro lana siano tessuti i palli dei patriarchi e dei metropoliti del mondo cattolico.

Sant'Agnese è la patrona delle vergini, delle fidanzate, dei giardinieri, dei tricologi e dell'Ordine della Santissima Trinità. Anche l'Almo collegio Capranica, tradizionalmente costruito sul luogo della sua casa natale, la venera come patrona.

A L'Aquila è patrona della Festa di Sant'Agnese e delle Malelingue.

Sant'Agnese è figura importante del romanzo Fabiola (di Nicholas Wiseman), di cui si ricorda la trasposizione cinematografica realizzata da Alessandro Blasetti nel 1949.




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sabato 6 giugno 2015

LA CHIESA DI SANT'AGNESE A LODI



La chiesa di Sant'Agnese a Lodi fu costruita a partire dal 1351 all'interno del monastero degli Agostiniani, ordine dedito agli studi e molto vicino al Papa. Dopo la soppressione di tale ordine decretata il 23 giugno 1798 dalla Repubblica Cisalpina, la chiesa divenne “sussidiaria” di quella di San Lorenzo.

Un forte impulso all'ampliamento della costruzione fu dato nel 1393 quando divenne Vescovo di Lodi l'agostiniano Bonifacio Bottigella, che resse la diocesi fino al 1404, ovvero nel momento più puro dell’architettura gotica lombarda.

L’abside poligonale e il campanile a due ordini, molto simile a quello della Cattedrale, sono visibili soltanto dal chiostro.

La preziosa facciata, in cotto come il resto dell'edificio, è divisa in tre specchiature da semicolonne con spiovente decorato che terminano a tre quarti della superficie muraria. Nello scomparto centrale sopra il portale, lievemente strombato e incorniciato da motivi decorativi floreali e ad intreccio, si apre un grande oculo bordato con un motivo ad ovuli; in quelli laterali una fascia di archetti pensili costituisce il parapetto delle finestre archiacute, la cui ogiva è incorniciata da scodelle in terracotta invetriata, simili a quelle della facciata del duomo. Lungo il frontone centrale e gli spioventi laterali coronati da pinnacoli, corre un motivo ad archetti che ripropone, ingigantito, quello del parapetto, evidenziando così l'armonia tra le parti e il ruolo del complemento decorativo. Queste caratteristiche - che saranno riprese nel giro di pochi anni nel S. Bassiano di Lodi Vecchio - rimandano, oltre che al già ricordato S. Lorenzo, alle chiese piacentine di S. Anna e S. Lorenzo.
L'interno a tre navate, è "a sala", cioè con la copertura delle navate laterali alla stessa altezza d'imposta di quella centrale, in modo da creare un ambiente omogeneo e unitario sia dal punto di vista architettonico che dell'illuminazione. Pilastri imponenti con capitelli poligonali sostengono, nelle navate, le volte a sesto acuto, sottolineate nell'abside dalla modanatura torica. L'abside, che per la sua particolare struttura poligonale richiama il S. Francesco di Piacenza, è illuminata da due finestre archiacute simili a quelle della facciata. Nella specchiatura compresa tra le due aperture è collocato un prezioso Crocifisso ligneo che, per l'intensità espressiva del volto, i lunghi capelli su cui è poggiata una corda al posto della corona di spine, la caratterizzazione minuziosa del costato e del perizoma, può essere avvicinato a due esemplari conservati nella chiesa della Maddalena e ad un altro in S. Lorenzo. Questi accostamenti farebbero propendere per una datazione attorno alla metà del xv secolo e per una realizzazione ad opera di un intagliatore locale, anche se il precario stato di conservazione non permette una valutazione sicura.
Lungo la navata destra si conserva un'importante testimonianza pittorica, di lettura parziale perché mutilata sia all'apertura di una porta che per la sovrapposizione di affreschi successivi. Il soggetto, racchiuso da una fascia bicroma, raffigura una Scena di martirio, e la Salita al Calvario. La campagna decorativa, commissionata nel 1399 dal vescovo Bottigella, era inserita nel progetto di risistemazione della chiesa e di costruzione di un nuovo convento ad essa limitrofo. La vivacità dei colori, i volti aggraziati ma fortemente espressivi, uniti al ritmo sostenuto della narrazione rimandano alla cifra stilistica di Michelino da Besozzo che, su commissione dello stesso Bottigella, aveva affrescato, una decina di anni prima, le Storie di sant'Agostino (ora perdute) nella chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia. Nonostante lo stato di lettura frammentario, è verisimile considerare gli affreschi, più che autografi, opera di uno stretto collaboratore proveniente dalla bottega pavese. In seguito a un recente restauro (1999), al termine della navata destra, è emerso un affresco raffigurante la Vergine in trono, san Pietro e un giovane santo non identificato nonostante la particolare iconografia.

L'opera pittorica più importante conservata nella chiesa è sicuramente il Polittico Galliani (1520) di Alberto Piazza, che in origine doveva essere la pala dell’altare maggiore, e in seguito venne collocata nella prima cappella della navata destra. Si tratta di un olio su tavola dalle dimensioni considerevoli: 420x280 cm.

Nel timpano della cimasa è raffigurato lo Spirito Santo sotto forma di colomba bianca fra raggi di luce, mentre nella lunetta al centro vi è il Padre Eterno benedicente e ai lati l’Angelo Annunciante e la Vergine Annunciata.

Nel registro superiore, a sinistra ci sono Santa Caterina d'Alessandria, con i simboli del martirio e Santa Monica che veste l’abito delle Agostiniane e regge il Crocefisso ed una borsa con libri; al centro la Vergine in trono che regge il bambino, il quale benedice l’abate Nicola Galliani, committente del polittico. A destra, Santa Chiara da Montefalco, anch'essa in abiti agostiniani, raffigurata mentre regge un giglio ed un cuore ardente, e Sant'Agnese, con la palma del martirio e l’agnello.

Nel registro inferiore, a sinistra San Bassiano, in abiti da Vescovo, e San Nicola da Tolentino, in abito agostiniano, con un giglio, il Crocefisso ed un libro aperto su cui si può leggere: “Praecepta patris mei servavi et omne ornatum saeculi contempsi”. Al centro Sant'Agostino in trono che mostra un libro aperto su cui è scritta la regola evangelica (“Ante omnia fratres carissimi diligatur Deus deinde proximus”), e schiaccia con i piedi tre eretici (donatisti, manichei, pelagiani). A destra infine c'è un Santo Vescovo (probabilmente Sant'Alberto Quadrelli, compatrono della Diocesi di Lodi), ed un Santo Agostiniano (San Giovanni Bono).

Nella predella in basso c'è Cristo fra i dodici apostoli.

Il Polittico fu commissionato da Nicola Galliani in occasione della sua elezione a priore degli Agostiniani Conventuali di Santa Agnese, avvenuta nel 1518 e reca come data di consegna il 1520.

Fra gli altri tesori artistici di questa chiesa si annoverano un trittico a bassorilievo in terracotta raffigurante Cristo di pietà fra i Santi Cristoforo e Martino e un committente, che si trova sulla parete della navata destra, e un crocefisso ligneo quattrocentesco situato al centro dell'abside.

Sempre nell'abside ci sono due affreschi seicenteschi nelle lunette che sovrastano il coro, nei quali è raffigurato Sant'Agostino che predica e Sant'Agostino morente.

Un altro affresco importante si trova nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, e raffigura la Vergine col Bambino fra Sant'Agostino e Santa Caterina da Siena, attribuito inizialmente al Bergognone, poi a Matteo della Chiesa, pittore pavese attivo anche all’Incoronata di Lodi.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/06/visitando-lodi.html


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