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sabato 8 luglio 2017

VENDITA di SIGARETTE e MINORI

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Fin dal 1934, il Regio Decreto 2316, “Testo unico delle leggi sulla protezione e l’assistenza della maternità e dell’infanzia”, stabilisce, all’art. 25, il divieto di vendita e somministrazione di tabacco ai minori di 16 anni, a cui è vietato anche di fumare nei luoghi pubblici.
Un ulteriore passo avanti è stato fatto dalla legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189 del decreto 13 settembre 2012 ha introdotto il divieto di vendita delle sigarette ai minori di 18 anni, innalzando il limite dei 16 anni previsto dall'art. 25 del regio decreto 1934. I rivenditori sono tenuti a chiedere il documento d’identità agli acquirenti se la loro maggiore età non è manifesta.
Inasprite le sanzioni per chi viola le norme: sanzione da 250 a 1000 euro, da 500 a 2000 euro in caso di recidiva, fino alla sospensione per tre mesi della licenza.
Dal 1° gennaio 2013 i distributori automatici sono essere dotati di un sistema automatico di rilevamento dell’età.
Inoltre dal 1 maggio 2013 è in vigore l'ordinanza del Ministro della Salute che ha innalzato il divieto di vendita delle sigarette elettroniche con presenza di nicotina, da 16 a 18 anni.

Dal 1° gennaio 2013:

è vietata la vendita e la somministrazione di prodotti del tabacco ai minori di diciotto anni (e non più di sedici);
i distributori automatici sono adeguati alla lettura automatica dei documenti anagrafici con il nuovo limite di età;
sono inasprite le sanzioni in caso di violazioni alle norme citate: si va da un minimo di 250 euro ad un massimo di 1.000 euro alla prima violazione, mentre se il fatto è commesso  più  di  una  volta  si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.000  euro  e la  sospensione,  per tre mesi, della licenza all'esercizio dell’attività.
Inoltre, la legge impone che, in caso di dubbio sull’età dell’acquirente, il rivenditore chieda un documento di identità prima di vendergli prodotti del tabacco. A scanso di equivoci, è bene chiarire che la richiesta del documento d’identità non è una facoltà ma un obbligo, a meno che l’età del cliente non sia manifesta.



A partire dal 2 febbraio 2016 è entrato in vigore un decreto legislativo che regola la produzione, la presentazione, la vendita e il consumo di sigarette, tabacco e prodotti derivati in Italia, in recepimento della direttiva 2014/40/UE del Parlamento Europeo.

Tra le novità introdotte dal decreto per quanto riguarda gli ingredienti consentiti nelle sigarette, saranno vietati «l’immissione sul mercato dei prodotti del tabacco con un aroma caratterizzante», con «additivi che creano l’impressione che un prodotto del tabacco produca benefici per la salute o comporti minori rischi per la salute», con additivi coloranti o con filtri o cartine contenenti nicotina.

Il decreto prevede anche il divieto di vendita dei pacchetti di sigarette da dieci, che per il loro prezzo inferiore sono considerate più accessibili per i minorenni. Le confezioni di tabacco sfuso invece non potranno superare i 30 grammi. Tutte le confezioni di sigarette e tabacco dovranno presentare le scritte «Il fumo uccide – smetti subito» e «Il fumo del tabacco contiene oltre 70 sostanze cancerogene»: immagini molto forti e disturbanti sulle malattie che possono colpire i fumatori e che compaiono già sui pacchetti di altri paesi. Sulle confezioni dovrà anche comparire il numero verde di un servizio che aiuta a smettere di fumare. Il decreto stabilisce anche che il 65 per cento della superficie esterna del pacchetto debba essere coperto da foto e avvertimenti, al contrario delle attuali frasi che occupano circa il 30-40 per cento.

Il decreto vieta la vendita di tabacco per uso orale, cioè quello da masticare o il cosiddetto snus, il tabacco svedese da tenere in bocca. Le sigarette elettroniche che contengono nicotina non potranno essere vendute ai minorenni, dovranno avere una serie di requisiti di sicurezza per i bambini e di caratteristiche indicate nel foglietto delle istruzioni; ci sarà inoltre un limite massimo di concentrazione di nicotina (non dovrà essere superiore a 20 mg/ml) e sono stati definiti i volumi massimi di cartucce, serbatoi e contenitori dei liquidi. Le multe per chi vende tabacco ai minori di 18 anni sono stabilite dai 500 ai 3000 euro, ed è prevista anche una sospensione di 15 giorni della licenza. Se la trasgressione si ripete, la sanzione economica raddoppia e la licenza viene revocata. Verranno applicate anche norme già discusse e anticipate nei mesi scorsi, come il divieto di fumo in auto in presenza di minori o di donne in gravidanza e «nelle pertinenze esterne degli ospedali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pediatrici, e nelle pertinenze esterne dei singoli reparti pediatrici, ginecologici, di ostetricia e neonatologia». Il disegno di legge sulla cosiddetta “green economy” approvato lo scorso dicembre, invece, ha introdotto delle multe per chi getta a terra i mozziconi delle sigarette. Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, i fumatori in Italia sono circa 11 milioni, un numero che rimane costante da diversi anni.

Le leggi ci sono ma non tutti la rispettano....oserei dire nessuno ho un figlio minore che purtroppo fuma e non c'è nessun tabaccaio che si rifiuta di vendergliele. Siamo in Italia dove tutto è lecito.....



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sabato 7 novembre 2015

BASTA ALCOOL!!!!!!

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Somministrare bevande alcoliche a chi manifesta una chiara ubriachezza è punito con l’arresto da 3 mesi a un anno. Inoltre, se il somministratore è l’esercente un’osteria o altro esercizio autorizzato allo spaccio di cibi e bevande è prevista anche la sanzione della sospensione dell’attività. Ciò indipendentemente dalla entità della sanzione principale. Lo ha precisato la Corte di Cassazione in una sentenza.

Il barman, quindi, sarà chiamato a stare molto attento a quanti cocktail serve alla stessa persona, poiché, qualora questa abbia già chiari ed evidenti sintomi di ubriachezza, ad andarci di mezzo sarà il locale.

La sospensione dell’attività ha una durata minima di 15 giorni e una massima di due anni. È una misura che può avere forti ripercussioni su una attività commerciale, costretta  a rimanere inattiva ed avendo spesso, come risultato, la definitiva chiusura del locale.

Oltre a ciò, è vietata la vendita e la somministrazione di alcolici anche ai minori di 18 anni. Questo divieto si rivolge sia ai negozianti (che svolgono attività di vendita) che alle attività come pub, bar, ristoranti e discoteche (che invece svolgono attività di somministrazione). Lo ha precisato il Ministero dello Sviluppo Economico con una specifica risoluzione.

Il Ministero ha chiarito che rimane sempre fermo il generale divieto di mettere a disposizione dei minori degli anni 18 bevande alcoliche. Ragion per cui non ha rilevanza che l’adolescente consumi sul posto (ad esempio in discoteca o in un bar) oppure possa comprare per poi consumare altrove (ciò che succede per un acquisto in negozio).

È possibile riepilogare la materia nel seguente modo:
– è vietato vendere e somministrare sul posto bevande alcoliche a minori degli anni 18;
– nel caso di vendita di bevande alcoliche a minori degli anni 18, è prevista una sanzione pecuniaria da 250 a 1.000 euro;
– la somministrazione di bevande alcoliche a minori degli anni 16 è punita con la sanzione dell’arresto fino a un anno;
– la somministrazione di bevande alcoliche a minori degli anni 18, ma maggiori degli anni 16, è punita con la sanzione pecuniaria da 250 a 1.000 euro.

Anche in questi casi è prevista la sospensione dell’attività.

Della somministrazione di bevande alcoliche a minori o infermi di mente non è responsabile solo il titolare dell’esercizio, ma anche chi lo gestisce per lui: pure i dipendenti, pertanto, ne risponderanno penalmente e personalmente.

L'Articolo 689 codice penale vieta la vendita per asporto e la somministrazione di bevande alcoliche a:
minori degli anni 16
persona che appaia affetta da malattia di mente
persona che si trovi in condizioni di manifesta deficienza psichica a causa di altra infermità.



Il ministero dell’Interno ha chiarito che il divieto non riguarda la sola somministrazione, ma anche la vendita per asporto e pertanto le bevande alcoliche non possono essere consegnate nemmeno in confezione a chi ha meno di 16 anni.

In ordine all’accertamento dell’età del cliente la Corte di Cassazione con una sentenza ha ritenuto che in caso di incertezza sull’età del ragazzo sia necessario richiedere un documento di riconoscimento, non essendo sufficiente basarsi sulle dichiarazioni dell’interessato e pertanto commette il reato previsto dal medesimo articolo l’ esercente che serve o vende alcolici ad un minore di anni 16 anche se questi, o chi lo accompagna o ne ha la patria potestà, dichiari di avere una età superiore.

La condanna importa, nel caso di pubblici esercizi, la perdita dei requisiti di onorabilità (art. 92 TULPS) in capo al reo alla quale segue la revoca delle licenza se trattasi del titolare, nonché la sospensione dell’esercizio fino ad un massimo di due anni anche se il reato è commesso da un dipendente, mentre se trattasi di cessioni effettuate dalle altre categorie commerciali la pena accessoria è la sospensione dell’esercizio fino a due anni non essendo tali esercenti tenuti al possesso dei requisiti soggettivi previsti all’articolo 92 del TULPS e dalle altre leggi sulla somministrazione.

Trattandosi di responsabilità personale per configurarsi il reato è necessario che vi sia una condotta dell’esercente, o di un suo commesso, direttamente collegabile alla violazione della norma: in altre parole è necessario che sia l’esercente a consegnare la bevanda alcolica al minore non ritenendosi che il servire una bottiglia di vino ad un tavolo occupato da maggiorenni e minorenni possa configurare una fattispecie delittuosa. Diverso il caso in cui al medesimo tavolo si ordini un numero di consumazioni alcooliche pari a quello delle persone presenti. In tal caso scatta il divieto di servire chi non dimostra (o con l’aspetto o con i documenti) di avere più di 16 anni.

Va da sé che la richiesta dell’esibizione del documento atto a comprovare il superamento degli anni 16 non è una violazione della privacy, ma una condizione da soddisfare per poter usufruire delle prestazione richiesta.

Alla luce della applicabilità del divieto alla attività di vendita si deve ritenere che non sia legittima nemmeno la distribuzione (sia essa vendita che somministrazione) di alcolici con distributori automatici.

Articolo 691 codice penale Somministrazione di bevande alcoliche a persone in stato di manifesta ubriachezza.

L’articolo punisce chiunque somministra (o comunque fornisce) bevande alcoliche ad una persona in stato di manifesta ubriachezza. Se il colpevole è un esercente la condanna comporta la sospensione dell’esercizio fino a 2 anni, la perdita dei requisiti di onorabilità (art. 92 TULPS, L. 287/1991, leggi regionali) alla quale segue la revoca della licenza.

La “manifesta ubriachezza” è cosa ben diversa dalla ebbrezza (annebbiamento delle facoltà mentali che, tra l’altro, rende inabili alla guida di veicoli).

L’ubriachezza è qualcosa di più: è la temporanea alterazione mentale conseguente ad intossicazione per abuso di alcol (i medici usano il termine “intossicazione esogena acuta”) e si manifesta con il difetto della capacità di coscienza ed alcune volte in forma molesta.

Per aversi la ubriachezza manifesta, il comportamento in pubblico del soggetto attivo deve denunciare inequivocabilmente l’ubriachezza in modo che questa sia percepita da chiunque, con sintomi del tipo: alito fortemente alcolico, andatura barcollante, pronuncia incerta o balbettante.

Per aversi la condotta illegittima basta che l’ubriachezza sia palese, dia segni manifesti e non equivoci.

L’esercente, pertanto, non deve servire alcolici a chiunque si trovi in tale stato. Naturalmente non gli si può addebitare un comportamento antigiuridico se porta una bottiglia di alcolici ad un tavolo ove siede un ubriaco: il reato lo commette chi materialmente gli offre da bere.

Da tenere presente che l’articolo 187 del regolamento di esecuzione del TULPS , che impone agli esercenti di non rifiutare le proprie prestazioni a chi si offra di pagarne il prezzo, prevede in modo esplicito che tale obbligo non vale per i casi disciplinati dagli illustrati articoli del Codice Penale.

Più difficile “alzare il gomito” in terra francese. In arrivo il divieto di vendita di alcolici ai minori di 18 anni (oggi il limite è a 16) ma, soprattutto, la fine degli open bar, in voga soprattutto per l’ora dell’aperitivo, che permettevano il consumo illimitato di alcol a prezzo forfettario. Un’abitudine che facilita il “binge drinking”, bere solo per ubriacarsi, una pratica diffusa tra i più giovani. L’Italia invece, insieme ad Albania, Armenia, Bosnia-Erzegovina, Israele, Kyrgystan, Lussemburgo e Malta, è uno dei pochi Paesi in cui non vige il divieto di vendita ai minori. Vero è che è fatto divieto ai gestori di somministrare alcolici ai minori di 16 anni e le sanzioni per chi sgarra sono pesanti. Secondo quanto previsto dall’articolo 689 del codice penale, l’esercente che somministra bevande alcoliche a un minore di 16 anni rischia la sospensione della licenza, oltre a una pena pecuniaria da 516 a 2.582 euro. Stesse sanzioni per chi somministra alcolici a persone in manifesto stato di ubriachezza (art. 691 c.p.). E la pena è applicabile anche se al momento del servizio il gestore è assente.




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