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domenica 13 settembre 2015

GLI EBREI NELLA STORIA

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Secondo la tradizione ebraica, la discendenza ebraica viene fatta risalire ai patriarchi biblici Abramo, Isacco e Giacobbe che vissero a Canaan verso il XVIII secolo p.e.v.. Storicamente, gli ebrei discendono in gran parte dalle Tribù di Giuda e Simeone, e parzialmente da altre tribù israelite, specialmente quelle di Beniamino e Levi, che insieme avevano formato l'antico Regno di Giuda e il Regno di Israele. La prima menzione di Israele come popolo è stata rinvenuta iscritta sulla Stele di Merneptah che risale agli anni 1213-1203 p.e.v.

Dato l'incontro-scontro degli Ebrei con i grandi imperi dell'antichità (Egizio, Assiro, Babilonese, Persiano, Macedone) è possibile rintracciare nelle loro fonti storiche alcuni fugaci accenni a questo popolo. Per il periodo attorno all'inizio dell'era cristiana, in concomitanza con l'incontro-scontro con l'Impero Romano, sono preziosissimi gli scritti di Giuseppe Flavio.

In seguito la storia degli Ebrei si fonde con quella dell'occidente cristiano e con la sua storiografia.
La storia degli ebrei e dell'ebraismo si può dividere in cinque periodi: Antico Israele prima del giudaismo, dagli inizi fino al 586 p.e.v.; inizio del giudaismo nei secoli VI e V p.e.v.; la formazione dell'ebraismo rabbinico dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 e.v.; l'età dell'ebraismo rabbinico, dall'ascesa del cristianesimo al potere politico sotto l'imperatore Costantino il Grande nel 312 e.v. alla fine dell'egemonia politica del cristianesimo nel XVIII secolo; l'età dell'ebraismo differenziato, dalla rivoluzione francese e americana al presente.

La storia dei figli d'Israele inizia millenni avanti Cristo e continua sino a oggi: è un racconto avvincente, diverso da quello di ogni altro popolo. Gli Ebrei chiamano la storia toledot, una parola che in ebraico significa "generazioni": il passato è per loro come una lunga catena in cui ogni individuo costituisce un anello, piccolo ma indispensabile perché essa non si spezzi.

Gli Ebrei non sono una razza, e nemmeno i seguaci di una determinata religione. Costituiscono invece un popolo, che condivide una storia, un'identità spirituale e di fede (giudaismo).

La Bibbia racconta il cammino dell'uomo verso la fede in un unico Dio creatore dell'Universo e giudice. Abramo è fra i primi a ricevere la cosiddetta rivelazione, la parola di Dio, cioè, che dall'alto dei cieli gli parla e gli ordina che cosa fare. Il Dio della Bibbia è invisibile e inconoscibile, non va raffigurato per rispetto dell'immensa distanza che separa l'uomo da lui. Anche per questo, forse, Abramo è chiamato ivrih, una parola che probabilmente in origine significava "colui che sta dall'altra parte", "che ha attraversato".

Gli Ebrei sono detti dalla Bibbia anche figli d'Israele, o Israeliti: Israele è infatti il nome che prende Giacobbe, nipote di Abramo (perché figlio di Isacco suo figlio), dopo aver udito anch'egli la chiamata divina. Giacobbe è il capostipite delle dodici tribù (o grandi famiglie) che compongono il popolo ebraico: dalle due mogli, Lea e Rachele, e dalle serve Bila e Zilpa, Giacobbe ebbe infatti i dodici figli che diedero il nome alle tribù.

Partiamo dalle origini, cioè da quel lungo viaggio che Dio ordina ad Abramo: "vai per questa strada che ti dirò, verso una destinazione che ancora non conosci" gli dice Dio con una voce che viene da dentro Abramo stesso. È il racconto narrato nel primo libro della Bibbia, la Genesi. In cambio dell'obbedienza, il Signore fa una promessa ad Abramo, che ripeterà varie volte nel corso della lunga vita di questo patriarca: "renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo e i granelli di sabbia sulla riva del mare".



L'altro momento cruciale delle origini è quello che ogni anno gli Ebrei celebrano con la festa di Pesach, cioè la Pasqua ebraica, che rievoca la conquista della libertà e l'esodo, cioè l'uscita dall'Egitto. Questo racconto è narrato nel secondo libro della Bibbia, detto dell'Esodo. Dopo molte vicissitudini, gli Egizi lasciarono uscire gli Ebrei, trattenuti nel loro paese. In quella notte Dio passò sull'Egitto e poi sul Mar Rosso, che si aprì davanti alle tribù guidate da Mosè, in fuga verso la libertà, e la terra promessa. Per quarant'anni, narra la Bibbia, gli Ebrei vagarono per il deserto, ricevettero la rivelazione dei comandamenti sul Sinai, e attesero di poter entrare nella terra che Dio aveva loro assegnato. Dietro questo mito delle origini c'è probabilmente la realtà storica di un'ondata migratoria verificatasi a cavallo della preistoria.

Dopo la conquista della terra promessa da parte delle tribù d'Israele, il paese è governato dai giudici e successivamente viene l'era della monarchia, con Saul, Davide e Salomone che si succedono al trono. Alla morte di Salomone, il sovrano che passò alla storia per le sue ricchezze, il suo potere e la sua saggezza, il regno però si divise in due: uno del Nord, che comprendeva dieci delle dodici tribù, e uno del Sud, con capitale Gerusalemme. Il territorio era infatti diviso in piccole regioni, ciascuna delle quali assegnata ai discendenti dei figli di Giacobbe.

Fra i momenti della storia ebraica destinati a lasciare ancora una volta un segno nella memoria del popolo vi è l'esilio di Babilonia. All'inizio del 6° secolo a.C. il regno del Sud, che comprende i territori delle tribù di Giuda e Beniamino e ha per capitale Gerusalemme, viene conquistato da Nabucodonosor, sovrano di Babilonia, il quale non si limita a prendere il potere, ma deporta gran parte della popolazione. Il regno del Nord, quello che comprendeva i territori delle altre dieci tribù, era già stato sconfitto e i suoi abitanti deportati anni addietro a opera di Salamanassar, re di Assur. Questi eventi sono narrati nel secondo libro dei Re della Bibbia. Finisce così l'epoca del Primo Regno in terra d'Israele, e comincia un breve esilio: grazie all'editto di Ciro (538 a.C.), infatti, una cinquantina d'anni dopo gli Ebrei poterono tornare alla loro terra. Dovranno passare alcuni secoli prima che il popolo ebraico viva di nuovo due svolte fondamentali.

Una prima svolta importante fu la predicazione di Gesù: un ebreo vissuto nella Palestina di allora che ha cambiato il volto del mondo. Il nome Palestina deriva probabilmente da quello dei Filistei, una popolazione di stirpe fenicia che viveva sulle coste. I primi cristiani, seguaci del messaggio di Gesù, furono Ebrei che vivevano all'epoca in quella terra e in altre regioni del Mediterraneo.

L'altro evento fu la conquista della regione da parte dei Romani, che arrivarono, dopo lunghe e travagliate successioni di potere, alla fine dell'epoca ellenistica. Conquistata la terra d'Israele, i Romani si trovarono di fronte a una situazione molto delicata e a un popolo ‒ quello ebraico ‒ piccolo ma estremamente difficile da domare. E soprattutto ben deciso a non prestare culto alle divinità pagane: furono anni di lotte, rivolte, disordini, finché nel 70 d.C. l'imperatore Tito decise di risolvere drasticamente la situazione, distruggendo il Tempio di Gerusalemme, l'unico luogo di culto in cui gli Ebrei offrivano sacrifici e preghiere al loro Dio, mettendo a fuoco tutta la città e cacciando il popolo ebraico dalla sua terra. In questa data precisa inizia dunque la seconda diaspora, che è esilio e dispersione al tempo stesso: cacciati dalla loro terra, gli Ebrei si sparpagliarono per il mondo, incominciando dalle città dell'Impero Romano.

Nella diaspora gli Ebrei hanno costituito delle piccole comunità: bisognava organizzare la liturgia (con la distruzione del Tempio, unico luogo di culto a Dio, la preghiera sostituì la pratica di offerte e sacrifici), garantire la distribuzione della carne macellata secondo le norme scritte nella Bibbia, provvedere all'istruzione dei bambini. La comunità è detta in ebraico qehillah ed è come una piccola società con le sue regole, all'interno della società più grande che detiene il potere.

Quando infatti il cristianesimo comprese che per diffondersi fra le genti era necessario penetrare nella civiltà romana, abbandonando il fronte dei vinti ‒ gli Ebrei sconfitti e privati della propria nazione ‒ per quello dei vincitori, rinnegò le proprie origini e iniziò a diffondere il disprezzo per la radice ebraica.

Furono secoli di cosiddetto antigiudaismo. Per un verso questo popolo doveva sopravvivere perché era il testimone della passione di Gesù Cristo; per l'altro era considerato colpevole di un delitto imperdonabile: la morte di Dio in croce, della quale erano invece storicamente responsabili i Romani che allora dominavano il paese. In questo modo gli Ebrei avevano rifiutato la rivelazione.

La diaspora, la dispersione del popolo ebraico, divenne così il marchio infamante, la dimostrazione della loro dannazione. La teologia e la politica, la letteratura e la fede contribuirono a diffondere questa immagine negativa degli Ebrei. Fra i tanti eventi di questa storia si possono ricordare le Crociate, che nel Medioevo fecero molte vittime innocenti: i combattenti diretti a liberare la terra santa dagli infedeli islamici che all'epoca la governavano, passando per l'Europa uccisero moltissimi Ebrei e incendiarono e distrussero le loro case.

Nel 1492 gli Ebrei di Spagna, una comunità molto numerosa e fiorente, furono posti di fronte all'alternativa tra la conversione e l'esilio. Più o meno a quell'epoca si definì la distinzione fra Ebrei vissuti nelle aree del Mediterraneo e dell'Oriente, detti sefarditi (in ebraico Sefarad significa "Spagna"), e quelli che abitavano nell'Europa del Nord, detti ashkenaziti (Ashkenaz significa "Germania"), cui si deve la creazione di una lingua con la sua grande letteratura, l'yiddish. Gli Ebrei spagnoli parlavano invece il ladino, un miscuglio di antico spagnolo ed ebraico.

Pochi anni dopo la cacciata dalla Spagna nacque in Italia il primo ghetto, a Venezia. Da molti secoli, peraltro, gli Ebrei erano costretti ad abitare in determinati quartieri e non in altri, non potevano possedere case né terreni, avevano un'assai limitata libertà di movimento.

In molte città dell'Europa agli Ebrei era concesso di abitare solo a patto che svolgessero una attività professionale all'epoca proibita dalla Chiesa. Si trattava del prestito, su pegno o a interesse, esercitato dagli Ebrei attraverso i banchi (gli antenati delle banche). Questa attività a cui furono per lo più costretti è alla radice della diceria secondo cui gli Ebrei sono avari, attaccati al denaro: ma non avevano altra scelta!

Così vissero dunque per molti secoli, finché fra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento iniziò il lungo cammino per l'emancipazione (cioè la liberazione) degli Ebrei. Un cammino fatto anche di passi indietro e difficoltà, che si completò solo nel 20° secolo. Finalmente accolti nella società degli altri, molti di loro si gettarono a capofitto in questa nuova esperienza, liberandosi di un passato travagliato. Questo spiega anche la conseguente affermazione di molti Ebrei nelle scienze, nelle arti, nella letteratura, nell'impresa e nella finanza: è lo slancio di entusiasmo da parte di un popolo sempre rifiutato, che ora vuole dimostrare a sé stesso e agli altri le proprie capacità e la propria riconoscenza per essere stato finalmente affrancato e accettato.



Durante il 1870 e il 1880 la popolazione ebraica d'Europa cominciò più attivamente a considerare l'immigrazione in Israele e il ristabilimento della nazione ebraica nella sua presupposta terra d'origine nazionale, compiendo così le profezie bibliche relative allo Shivat Tzion. Nel 1882 nacque il primo insediamento sionista — Rishon LeZion — fondato da immigrati che appartenevano al movimento "Hovevei Zion", o anche Hibbat Zion. In seguito, il movimento "Bilu" fondò molti altri insediamenti in terra di Israele.

Il movimento sionista venne fondato ufficialmente dopo la "Convenzione di Kattowitz" (1884) ed il "Congresso Sionista Mondiale (World Zionist Congress, 1897), e fu Theodor Herzl che iniziò la lotta per stabilire uno stato degli ebrei.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, sembrava che le condizioni per stabilire tale stato fossero maturate: il Regno Unito conquistò la Palestina dall'Impero Ottomano e gli ebrei ricevettero la promessa di una "Patria nazionale" dai britannici nella forma della Dichiarazione Balfour (1917), data a Chaim Weizmann.

Nel 1920 iniziò il Mandato britannico della Palestina e il Visconte Herbert Samuel fu nominato Alto Commissario della Palestina, l'Università Ebraica di Gerusalemme fu costituita e si verificarono diverse grandi ondate di immigrazione ebraica verso la Palestina. Tuttavia gli abitanti arabi della Palestina non amavano la crescente immigrazione ebraica e cominciarono ad opporsi con mezzi violenti al loro insediamento e alla politica filo-ebraica del governo britannico.

Bande di arabi iniziarono a compiere atti di violenza e omicidi contro i convogli e la popolazione ebraica. Dopo i tumulti arabi del 1920 e quelli di Jaffa del 1921, la leadership ebraica in Palestina credettero che gli inglesi non avessero alcun desiderio di confrontarsi con le bande arabe locali per i loro attacchi contro gli ebrei palestinesi. Credendo di non poter contare sull'amministrazione britannica per la protezione contro tali bande, la leadership ebraica creò l'organizzazione Haganah per proteggere le proprie aziende agricole e i kibbutz.

Altri disordini si verificarono nel 1929 e negli anni 1936-1939 avvenne la "grande rivolta araba di Palestina". A causa della crescente violenza il Regno Unito iniziò gradualmente a fare marcia indietro dall'idea originaria di uno Stato ebraico e di speculare su una soluzione binazionale o di uno Stato arabo con una minoranza ebraica.

Nel frattempo, gli ebrei d'Europa e degli Stati Uniti avevano successo nei campi della scienza, della cultura e dell'economia. Tra quelli generalmente considerati i più famosi, si annoveravano lo scienziato Albert Einstein e il filosofo Ludwig Wittgenstein. Un alto numero di Premi Nobel in questo periodo furono ebrei, fatto che accade tuttora. In Unione Sovietica, molti ebrei furono coinvolti nella Rivoluzione d'ottobre e appartenevano al partito comunista.

L'Olocausto che avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale provocò lo sterminio sistematico (genocidio) di circa sei milioni di ebrei europei da parte della Germania nazista.
Nel 1933, con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e del partito nazista in Germania, la situazione ebraica divenne più severa. Le crisi economiche, le leggi razziali antisemite, e la paura di una guerra imminente portò molti ebrei a fuggire dall'Europa verso la Palestina, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.

Nel 1939 iniziò la Seconda Guerra Mondiale e fino al 1941 Hitler occupò gran parte dell'Europa, inclusa la Polonia — dove milioni di ebrei vivevano a quell'epoca — e la Francia. Nel 1941, a seguito dell'invasione dell'Unione Sovietica, cominciò la "Soluzione finale della questione ebraica" (in lingua tedesca Endlösung der Judenfrage), una vasta operazione organizzata su una scala senza precedenti, finalizzata alla distruzione del popolo ebraico mediante la conseguente persecuzione e sterminio degli ebrei nell'Europa politica, che includeva il Nordafrica europeo (il Nordafrica pro-nazista di Vichy e la Libia italiana). Questo genocidio, in cui circa sei milioni di ebrei furono uccisi con metodo e crudeltà, è noto come "Olocausto" o Shoah. In Polonia più di un milione di ebrei vennero trucidati in camere a gas nel solo campo di concentramento di Auschwitz.

L'enorme scala della Shoah e gli orrori che accaddero in quel periodo, influenzarono pesantemente il popolo ebraico e l'opinione pubblica mondiale, che capirono le dimensioni dell'Olocausto solo dopo la guerra. Nel dopoguerra gli sforzi quindi aumentarono per stabilire uno stato ebraico in Palestina.

Dalla fine dell'800 nacque e si diffuse in particolare tra gli Ebrei europei il Sionismo, cioè il movimento di pensiero che mirava a ricostituire uno stato ebraico in Palestina.

Nel 1945 le organizzazioni di resistenza ebraica in Palestina si unirono e formarono il Movimento di Resistenza Ebraica chiamato anche United Resistance Movement (URM), che iniziò ad attaccare le autorità britanniche. A seguito dell'attentato dinamitardo al King David Hotel, Chaim Weizmann, presidente del World Zionist Organization ammonì il movimento di cessare tutte le attività militari fintantoché una decisione non venisse presa dall'Agenzia Ebraica. Questa sostenne la raccomandazione di Weizmann di cessare ulteriori attività belliche, decisione accettata con riluttanza dalla Haganah, ma non dall'Irgun e dall'Lehi. Il Movimento di Resistenza Ebraica venne smobilitato e ciascuno dei gruppi fondatori continuarono ad operare per conto proprio, secondo la propria politica.

La leadership ebraica decise di concentrare la lotta a sostegno dell'immigrazione clandestina in Palestina e cominciò ad organizzare massicce quantità di profughi di guerra ebrei provenienti dall'Europa, senza l'approvazione delle autorità britanniche. Tale immigrazione contribuì moltissimo agli insediamenti ebraici in Israele, sostenuti dall'opinione pubblica mondiale, e le autorità britanniche decisero di lasciare alle Nazioni Unite la decisione sul destino della Palestina. Il 29 novembre 1947, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Risoluzione 181(II: "Piano di partizione della Palestina") che raccomandava la partizione della Palestina in uno Stato arabo, uno Stato ebraico e la Città di Gerusalemme. I leader ebraici accettarono la decisione ma la Lega Araba ed i capi arabi palestinesi si opposero. Iniziarono quindi i conflitti israelo-palestinesi, con un periodo di guerra civile ed il conflitto del 1948.

Nel corso della guerra, dopo che le ultime truppe britanniche ebbero lasciato il suolo palestinese, David Ben-Gurion proclamò nel giorno 14 maggio 1948 (5 Iyar, 5708) la fondazione dello stato ebraico a Eretz Israel da conoscersi ufficialmente come "Stato di Israele", emettendo la Dichiarazione d'indipendenza israeliana. La guerra terminò nel 1949 e lo stato di Israele iniziò ad assorbire grandi quantità di ebrei da tutto il mondo, nell'ordine di centinaia di migliaia di immigranti.

Dal 1948 Israele è stato coinvolto in una serie di conflitti militari, tra cui la Crisi di Suez (1956), la Guerra dei Sei Giorni (1967), la Guerra del Kippur (1973), la Guerra del Libano (1982), la Guerra del Libano (2006), come anche una serie quasi costante di conflitti minori.

Dal 1977, una continua serie di iniziative diplomatiche e incontri al vertice, in gran parte senza successo, sono stati avviati da Israele, dalle organizzazioni palestinesi, dai loro vicini e altri soggetti, tra cui gli Stati Uniti e l'Unione europea, per giungere ad un processo di pace che possa risolvere i conflitti tra Israele ed i suoi vicini, e soprattutto la sorte del popolo palestinese.

Correntemente, Israele è una democrazia parlamentare con una popolazione di oltre 8 milioni di abitanti, di cui circa 6 milioni sono ebrei. Le maggiori comunità ebraiche sono in Israele e negli Stati Uniti, con grandi comunità anche in Francia, Argentina, Russia, Inghilterra e Canada.

La Oblast' autonoma ebraica, creata durante l'era sovietica, continua ad essere una Oblast' autonoma dello Stato Russo. Il Rabbino capo di Birobidzhan, Mordechai Scheiner, afferma che ci sono 4 000 ebrei nella capitale. Il Governatore Nikolay Mikhaylovich Volkov ha dichiarato che intende "sostenere tutte le iniziative meritevoli proposte dalle organizzazioni ebraiche locali". La Sinagoga di Birobidzhan è stata inaugurata nel 2004, nel 70º anniversario della fondazione della regione nel 1934.

Gli Ebrei sono un popolo dal destino molto particolare: un popolo che ha vissuto buona parte della sua storia disperso fra le altre genti, in mezzo a culture, lingue, regimi diversi. In Italia così come in Marocco, India, Argentina, Russia, Etiopia e tanti, tanti altri paesi del mondo. E pur vivendo in questa situazione per millenni, gli Ebrei hanno continuato a custodire la propria identità (a essere, insomma, diversi dagli altri, per fede, costumi, usanze alimentari).

Oggi, quasi ovunque, gli Ebrei non sono più guardati con sospetto, diffidenza e magari anche odio a causa della loro diversità, del fatto cioè di continuare a essere sé stessi invece di assimilarsi, cioè diventare come gli altri. Gli Ebrei non sono più rinchiusi nei ghetti, i quartieri della città dove erano costretti ad abitare e da dove non potevano uscire se non con un permesso speciale delle autorità. Non sono più considerati perfidi, cioè infedeli, seguaci della fede sbagliata. Conservano invece quasi sempre un senso profondo della propria identità. Inoltre ci si può anche convertire all'ebraismo, così come si diventa cristiani, buddisti, musulmani. La conversione è però un lungo cammino di studi, di raccoglimento, di colloqui: il fatto è che quando si diventa Ebrei non si assume solo una nuova religione, un nuovo modello di vita fondato sui comandamenti della legge ebraica. Si entra anche a far parte di questa stirpe, della sua storia, delle sue convinzioni.

Vi sono alcune parole fondamentali per capire gli Ebrei e la loro storia. Innanzitutto la Bibbia, che in ebraico è detta Miqrah, cioè "oggetto di lettura" (mentre i cristiani la chiamano Scritture), oppure Tanach, sigla che sta a indicare i libri Torah, cioè Pentateuco, Nebi'im, cioè Profeti e Katubim, cioè Scritti.

Sinagoga è invece una parola greca e indica il luogo dove gli Ebrei si radunano a pregare insieme: in ebraico si chiama bet ha-knesset, cioè "casa di riunione", ma è detta anche "scuola". Kasher significa "adatto", ma indica in particolare i cibi conformi alle regole alimentari della Bibbia, per esempio il divieto di consumare carne di maiale (e altre) e di mischiare latte e carne nello stesso pasto.

L'antigiudaismo è l'atteggiamento contro i Giudei che ha segnato la storia della cristianità per molti secoli: in esso si mischiavano sentimenti di disprezzo per l'infedele, che non voleva saperne di convertirsi alla nuova religione e restava invece attaccato alla propria, e di diffidenza verso il diverso che aveva usanze tutte sue. L'antisemitismo è invece un sentimento moderno, nato nell'Ottocento su basi non più religiose ma razziali, per quanto errate: in questo caso l'ebreo resta tale anche se si converte. Non conta più la fede, bensì un presunto sangue impuro. Lo sterminio nazista è il culmine di quest'odio.


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venerdì 27 febbraio 2015

BINARIO 21 :PER NON DIMENTICARE

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Il Memoriale della Shoah, situato sotto la stazione di Milano Centrale, a piano strada, di fronte al palazzo delle ex Regie Poste, è un'area museale nata con lo scopo di «realizzare un luogo di memoria e un luogo di dialogo e incontro tra religioni, etnie e culture diverse» che si estende su una superficie di 7.060 m2, per la maggior parte al piano terreno. Dal cosiddetto binario 21 dove erano caricati e scaricati i treni postali, centinaia di ebrei e deportati politici venivano caricati su vagoni bestiame diretti ai campi di Auschwitz–Birkenau, Mauthausen, Bergen Belsen, Fossoli e Bolzano. Il memoriale, promosso dalla Fondazione Memoriale delle Shoah, presieduta da Ferruccio De Bortoli,è stato inaugurato il 27 gennaio 2013.

« Il ricordo è protezione dalle suggestioni ideologiche, dalle ondate di odio e sospetti. La memoria è il vaccino culturale che ci rende immuni dai batteri dell’antisemitismo e del razzismo. »
(Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah)

« Ricordare significa rompere l’indifferenza: la memoria è necessaria perché gli orrori del passato non debbano più riaffacciarsi in una società civile - Ciò che i nazisti vollero nascondere, noi lo apriamo a tutti »
(Giuliano Pisapia, sindaco di Milano)
Nelle intenzioni della Fondazione «il Memoriale non è pensato per essere un Museo, ma rappresenta un laboratorio del presente e vuole configurarsi come un luogo dell'intera comunità civile, della costrizione di memoria collettiva e di consapevolezza individuale»

Oltre a rappresentare un luogo fisico che ricordi i deportati e i loro viaggi verso i campi di smistamento, concentramento e sterminio del nazismo, il Memoriale è «un luogo di studio, ricerca e confronto» per questa e per le prossime generazioni.

Il Memoriale ad avviso degli ideatori deve essere «un laboratorio» che prevede studi, mostre temporanee e approfondimenti sulla Shoah, un centro che educhi alla convivenza e allo stesso tempo alla condanna di quella che Antonio Gramsci ha definito come «il peso morto della storia»: l'indifferenza.

Lo scopo del progetto secondo il sito ufficiale della Fondazione del memoriale della Shoah è il seguente: «il progetto nasce con l’obiettivo di realizzare – nello stesso luogo in cui ebbe inizio a Milano l’orrore della Shoah – uno spazio che non solo ci "ricordi di ricordare", rendendo omaggio alle vittime dello sterminio, ma che rappresenti anche un contesto vivo e dialettico in cui rielaborare attivamente la tragedia della Shoah. Un luogo di commemorazione, quindi, ma anche uno spazio per costruire il futuro e favorire la convivenza civile.»

Il Memoriale è posto su due piani, uno terreno e l'altro interrato, e occupa un totale di 7.060 m2. Il luogo è sotto il piano dei binari della stazione ferroviaria di Milano.

L'accesso è a livello della strada in via Ferrante Aporti, rinominata in quel tratto piazza Edmond J. Safra in onore del filantropo di origine ebraica. La fondazione omonima intestata a Safra è stata tra i principali finanziatori della costruzione del memoriale. Paragonabile ai pochi luoghi "reali" delle atrocità naziste ancora esistenti in Europa, il luogo del memoriale e l'adiacente binario conosciuto come 21, sono stati definiti "un grande reperto", una sorta di "scavo archeologico".

Il progetto per la realizzazione del Memoriale della Shoah nasce nel 2002, ideato dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC), dall’Associazione Figli della Shoah e dalla Comunità Ebraica di Milano, dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) e dalla Comunità di Sant'Egidio.

L’idea iniziale si trasforma presto in un progetto più ampio che affianca ad una struttura commemorativa un "laboratorio" in cui rielaborare la tragedia della violenza nazista. Dai 5.000 m2 del progetto iniziale si arriva a prevedere nel 2008 uno spazio di 7.060 m2. La scelta della stazione Centrale deriva dall’obiettivo di riportare alle memoria, l’unico luogo in Europa che è rimasto intatto tra quelli che sono stati teatro delle deportazioni.

Nel 2004 viene elaborato il progetto preliminare degli architetti Guido Morpurgo e Eugenio Gentili Tedeschi. Esso viene presentato nel novembre dello stesso anno a Grandi Stazioni, società che ha in concessione la Stazione Centrale di Milano, e nel luglio 2005 alla Presidenza della Repubblica.

Nel 2007 nasce la Fondazione Memoriale della Shoah di Milano Onlus, presieduta da Ferruccio de Bortoli e dai soci fondatori, che secondo l'articolo 8 dello statuto sono: l’Associazione Figli della Shoah, il CDEC, la Comunità Ebraica di Milano, l'UCEI, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano, il Comune di Milano, le Ferrovie dello Stato Italiane e la Comunità di Sant'Egidio. Il progetto viene interamente rielaborato ed ampliato da Morpurgo e da Annalisa de Curtis e nel settembre 2008 viene presentata pubblicamente una nuova versione in occasione dell’accordo siglato tra Ferrovie dello Stato e Fondazione Memoriale della Shoah per la cessione delle aree.

Il 26 gennaio 2010 ha avuto luogo la cerimonia di posa della prima pietra.

A fine dicembre 2010, ultimata la realizzazione degli uffici, delle opere strutturali della biblioteca e il restauro delle superfici originarie, i lavori vengono interrotti per mancanza di fondi e la Fondazione avvia una campagna di sensibilizzazione e raccolta di donazioni per proseguire il progetto, a cui prestano i loro volti Ferruccio de Bortoli ed Enrico Mentana.

Il 26 gennaio 2012 la cittadinanza milanese partecipa ad una maratona pubblica di letture relative ai drammi della discriminazione, della deportazione e del genocidio, a cui partecipano diversi personaggi noti della cultura e dello spettacolo.

A fine 2012 il comune meneghino approva la riqualificazione del tratto di via Ferrante Aporti antistante il memoriale, che prende il nome di piazza Edmond J. Safra, in seguito al consistente finanziamento del memoriale da parte dell'omonima fondazione, che contribuisce alla riqualificazione dell’area, alla sicurezza e fruibilità del Memoriale.

Il 27 gennaio 2012 il “cuore” del memoriale, ovvero l’area dedicata alla testimonianza degli eventi, si apre alle visite di scolaresche milanesi e nazionali.

La cerimonia è stata condotta da Ferruccio de Bortoli e Roberto Jarach, presidente e vicepresidente della Fondazione, con la partecipazione del Presidente del Consiglio Mario Monti e gli interventi del cardinale Angelo Scola, dei rabbini Alfonso Arbib e Giuseppe Laras, del Sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del Ministro Andrea Riccardi, del presidente della Provincia di Milano Guido Podestà, del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e dell’Amministratore Delegato del Gruppo Ferrovie Italiane Mauro Moretti. L'intervento finale è stato quello di Liliana Segre, una sopravvissuta che partì proprio da quel luogo, che raccontò la sua storia: aveva 13 anni e partì con il convoglio del 30 gennaio 1944 assieme ad altri 605 ebrei. Di quel gran numero di deportati, fecero ritorno solo 22 persone.

Il sito è stato riportato al suo aspetto originario, demolendo tutti gli elementi aggiunti nel dopoguerra e rendendo le superfici delle strutture portanti in cemento a vista come una volta, senza colorazioni o interventi di revisione estetica degli originari difetti di esecuzione e dei segni del tempo.

La struttura si articola su due aree principali: "il Memoriale", zona dedicata alla testimonianza degli eventi, e "il Laboratorio della Memoria", sistema di spazi dedicati allo studio, alla ricerca e alla documentazione, all’incontro e al dialogo. Il percorso ha inizio con la "Sala delle testimonianze", riempita dalle voci dei sopravvissuti, prosegue con lo spazio di manovra dei vagoni, chiamato "Binario della Destinazione ignota" e si conclude con il "Muro dei Nomi", emblema del ricorso del dramma della Shoah.

L’area del Memoriale rappresenta il cuore del progetto e inizia con l’atrio del Memoriale, ingresso originario alle aree di manovra in cui nel 1944 entravano i camion che trasportavano i deportati.

Sull’atrio si nota un lungo muro, lacerato al centro, sul quale vi è incisa la scritta "INDIFFERENZA", che secondo Liliana Segre, ha consentito la Shoah. Una lunga rampa compensa il dislivello dell’area offrendo una continuità tra le sezioni della struttura.

Proseguendo verso l’interno, si incontra uno spazio dedicato alle mostre temporanee e all’accoglienza dei visitatori, che comprende un’area guardaroba e un punto informazioni.

"L’Osservatorio" è un elemento di forma tronco-conica che si affaccia all’interno dell’area dei binari, consentendo l’osservazione attraverso un sistema di vetri e lenti di una parte dell’area. È attualmente dotato di sei postazioni di ricerca individuale, da cui poter consultare un monitor con sistema acustico in cuffia.

Il "Monolite", una sorta di prisma sospeso lungo circa 14 metri, è un primo richiamo storico alla tragedia della Shoah, nel quale vengono proiettati video interattivi tramite funzioni touch screen.

Segue la "Sala delle Testimonianze", sette ambienti nei quali è possibile assistere alle testimonianze video-registrate dei sopravvissuti: si tratta di una serie di superfici di proiezione e sette spazi virtualmente cubici da cui si può vedere la banchina in cui avvenivano le deportazioni.

Lo spazio della quarta campata ospita il "Binario della Destinazione ignota", banchina originariamente utilizzata per il carico e scarico dei vagoni postali: attraverso un carrello traslatore e uno montavagoni avveniva il sollevamento dei carri al livello del piano dei binari.

Sulla banchina vi sono venti targhe con le date e le destinazioni dei convogli partiti da Milano verso i campi di sterminio e quelli di transito italiani di Fossoli e Bolzano.

Da qui i visitatori possono attraversare due dei quattro vagoni bestiame originali dell’epoca recuperati da varie località e restaurati dalla sezione di Milano del Collegio degli Ingegneri Ferroviari Italiani e accedere così alla successiva banchina, raggiungibile anche grazie a due passerelle situate alle estremità del convoglio.

Lungo la seconda banchina è posizionato il "Muro dei Nomi", sul quale si leggono i nomi di tutti coloro che furono deportati dalla Stazione Centrale di Milano verso i campi di sterminio, con l’indicazione dei sopravvissuti.

Dalla prima banchina si accede con una scala al "Luogo di Riflessione", una sala a forma tronco-conica con diametro di circa 10 metri con una panca circolare sul perimetro, che consente il raccoglimento dei visitatori. Non vi sono simboli religiosi, ma vi è una luce diretta verso Gerusalemme.

Questo luogo rappresenta il collegamento tra le due aree del "Memoriale" e del "Laboratorio della Memoria". Da qui il visitatore accede alla biblioteca e agli altri spazi del Laboratorio, per rielaborare la memoria dopo averla percepita.

Il cosiddetto binario 21 è un'installazione della memoria di Milano collegato alla Shoah e alle persecuzioni di cittadini italiani, di origine ebraica, perpetrate durante la seconda guerra mondiale per mano nazifascista in esecuzione delle leggi razziali fasciste del 1938. Dal "binario 21" partirono anche diverse centinaia prigionieri politici antifascisti reclusi nel carcere di San Vittore di Milano.

Fu da tale binario ferroviario, parte dell'insieme di binari merci della stazione di Milano Centrale - che il 30 gennaio 1944 circa 650 ebrei tenuti in prigionia nel carcere di San Vittore vennero avviati ai campi di Auschwitz-Birkenau, solo ventidue riusciranno a tornare vivi dal lager. Altri 14 convogli partirono anche per i campi di Mauthausen, Bergen Belsen, Fossoli e Bolzano. Secondo i siti ufficiali della Fondazione del Memoriale della Shoah e delle Ferrovie dello Stato Italiane il cosiddetto binario 21 sarebbe l'unico luogo rimasto intatto nell'Europa teatro delle deportazioni, sebbene centinaia di scali analoghi furono usati in tutta Europa e non esista una statistica sul loro effettivo stato di conservazione.

I deportati vennero trasferiti su camion telati fino ai sotterranei della centrale, con accesso da via Ferrante Aporti. Tra di loro vi erano più di 40 bambini, tra cui Sissel Vogelman di 8 anni, Liliana Segre di 13 anni e Goti Herskovits Bauer di 14 anni, sopravvissute. La più anziana era Esmeralda Dina, di 88 anni.

Un precedente trasferimento di circa 250 ebrei verso il campo di concentramento si era avuto il 6 dicembre 1943; un ulteriore invio si sarebbe poi avuto nel maggio del 1944.

L' elevatore del binario 21 a piano strada del Memoriale. Con questo elevatore venivano scaricati dai binari di superficie i vagoni merci vuoti. Una volta che i deportati venivano "caricati" a bordo, l'elevatore provvedeva a ristabilire sui binari di superficie i vagoni carichi per iniziare i viaggi verso i campi di concentramento
La base per la scelta logistica del binario 21 era il fascio merci posto al piano stradale della stazione di Milano Centrale, che i tedeschi utilizzarono per la deportazione di massa per il fatto che i cittadini milanesi ed i passeggeri, non potevano vedere nulla.

I binari della stazione utilizzati in servizio passeggeri sono posti a quota più alta rispetto al piano stradale, mentre all'interno della struttura sottostante era presente un fascio di binari accessorio posto al piano stradale, posto in comunicazione con i binari di superficie attraverso un caratteristico sistema di montacarri, uno per ciascun binario del fascio sotterraneo.

Su tali binari sotterranei venivano pre-stivati i vagoni, una volta riempito di persone (da 60 a 100 persone) a comporre i tristemente famosi treni di deportati.

Per l'installazione chiamata binario 21 è stato utilizzato uno dei citati binari a piano strada ed è stato mantenuto il relativo elevatore, mentre gli altri analoghi impianti furono eliminati nei primi anni duemila.

Negli anni 1940 nella centralissima via Silvio Pellico a Milano, nelle strette vicinanze del duomo, c'era un albergo molto elegante che fu requisito dai nazisti per stabilirne il loro quartier generale, era l'albergo "Regina & Metropoli", oggi non più esistente.Il "Regina" fu la sede delle SS e della Gestapo e «fu trasformato in centro di sequestri, interrogatori e tortura per antifascisti e per semplici cittadini non appartenenti a nessuna organizzazione resistenziale». Da questo luogo furono organizzati tutti i viaggi di deportazione dal binario 21 sotto il comando del capitano Theodor Saevecke (soprannominato in seguito il boia di Piazzale Loreto). Saevecke fu repressore dei partigiani e cacciatore di ebrei.

Lo scrittore Elio Vittorini, nel suo romanzo sulla resistenza Uomini e no, racconta che l'albergo Regina venne trasformato esternamente in una fortezza. Fu circondato da filo spinato e illuminato di notte con potenti cellule fotoelettriche e furono costruite diverse casematte in cemento armato. L'albergo durante gli anni dell'insediamento nazista venne preso più volte di mira da veri e propri commandos partigiani.

I molti prigionieri politici che furono arrestati e poi interrogati e torturati nella sede dell'albergo Regina, venivano poi o rinchiusi nel carcere di San Vittore in attesa di essere trasferiti al binario 21 della Stazione di Milano Centrale o avviati direttamente al triste binario per essere deportati. Il saggista G. Marco Cavallarin in una sua opera rileva infatti che «dal mattatoio dell'albergo Regina i catturati (ebrei, partigiani, antifascisti, sospettati, ecc.) venivano avviati al carcere di San Vittore, in alcuni casi direttamente ai trasporti dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano per essere deportati. Una struttura quindi molto simile a quella di Via Tasso, a quella torinese dell'albergo Nazionale, a quella parigina dell'Hotel Lutetia»

L'epigrafe di una targa commemorativa posta nel Giorno della Memoria del 2010 nel luogo dove sorgeva l'albergo Regina, ora sede di uffici finanziari, recita:

« Qui, dove era l'albergo Regina, si insediò il 13 settembre 1943 il quartier generale nazista delle SS a Milano. Qui furono reclusi, torturati, assassinati, avviati ai campi di concentramento e di sterminio, antifascisti, resistenti, esseri umani di cui il fascismo e il nazismo avevano deciso il sistematico annientamento. Una petizione popolare ha voluto questa lapide per la memoria del passato, la comprensione del presente, la difesa della democrazia e il rispetto dell'umanità. »
(27 gennaio 2010 - Giorno della Memoria, 65 anni dopo la liberazione dell'albergo Regina)

LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/02/milano-citta-dell-expo-conosciamola.html

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LA COMUNITA' EBRAICA A MILANO

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La comunità ebraica di Milano è una delle ventuno comunità ebraiche italiane riunite nell'UCEI. Con i suoi oltre 7.000 appartenenti è la seconda in Italia dopo quella di Roma. La comunità ha sede in via Sally Mayer, 2.

Nella Milano degli Sforza e dei Visconti agli ebrei era vietato risiedere, se non temporaneamente per questioni di affari. La comunità è quindi di recente origine e i primi arrivi risalgono agli inizi dell'Ottocento con le libertà concesse da Napoleone.

Ancora molto esigua, allora dipendente da quella di Mantova, la comunità contava nel 1820 appena una trentina di persone ma rapidamente si ingrandì soprattutto per l'arrivo di ebrei provenienti proprio da Mantova e altri centri minori. Nel 1849 la popolazione ebraica aveva già raggiunto le 200 unità, sicché nel 1866 fu istituito un locale "Consorzio israelitico", embrione dell'attuale istituzione. Nel 1870 si contavano 700 appartenenti, e appena vent'anni dopo la presenza ebraica si era moltiplicata (2000 persone su una popolazione cittadina di 400.000 abitanti). Lo sviluppo economico e industriale e il clima cosmopolita di tolleranza ne favorirono la crescita.

La comunità si raccolse dapprima attorno ad un piccolo oratorio in via Stampa 4, contiguo all'appartamento del rabbino Prospero Moisè Ariani. Nel 1892 fu inaugurato il Tempio di via Guastalla, che con gli annessi uffici divenne il centro della vita liturgica della comunità. Si aprirono anche le scuole in un edificio in via Disciplini 11, dapprima un asilo al quale nel 1920 si aggiunsero le classi elementari. Nel 1928 le scuole furono trasferite in una nuova sede in via Eupili. All'epoca la comunità contava 4500 iscritti, che negli anni Trenta divennero 8000 in seguito all'arrivo di numerosi ebrei tedeschi che fuggivano dalle persecuzioni naziste. Nel 1938 Milano accolse una nuova ondata di immigrati ebrei, questa volta dalle comunità minori italiane, che cercarono rifugio nelle sue forti istituzioni di fronte alla crisi prodotta dall'approvazione delle leggi razziali. Si raggiunsero le 12.000 unità. In città, in un ufficio in via Vittorio Veneto 12, operava la DELASEM, l'ente creato nel 1938 dall'UCEI per aiutare i profughi ebrei che fuggivano dai paesi sotto il controllo del Terzo Reich. Circa 5.000 ebrei espatriarono da Milano tra il 1939 e il 1941 per raggiungere la Palestina o le Americhe. L'attività della DELASEM proseguì fino al 1943, quando la sede fu distrutta da un bombardamento, e clandestinamente per tutto il periodo dell'occupazione nazista e della Repubblica Sociale Italiana, anche con il sostegno della Curia milanese e delle forze laiche antifasciste. Si trattava allora di dare assistenza e rifugio agli ebrei rimasti in città e ai numerosi di passaggio verso l'espatrio clandestino in Svizzera.

La Shoah colpì duramente la comunità di Milano che vide deportati 896 suoi appartenenti (solo 50 sopravvissero), tra di essi gli anziani della casa di riposo che nel periodo bellico, nel 1942, erano stati evacuati a Mantova per proteggerli dai bombardamenti. Nell'agosto del 1943 anche il tempio di via Guastalla era stato gravemente danneggiato e semidistrutto da un'incursione aerea.

La vita della comunità riprese immediatamente dopo la Liberazione, il 25 aprile 1945. In attesa che fossero riparati gli edifici danneggiati dalla guerra, la comunità ottenne in affitto il Palazzo Odescalschi, in via Unione 5, che operò per alcun anni, fino al 1952, come centro comunitario e luogo di culto. Riprese a funzionare l'ambulatorio medico della comunità a Porta Venezia e furono riaperte le scuole in via Eupili 6/8. Milano divenne anche uno dei centri principali dell'emigrazione clandestina in Palestina. In via Cantù 5, presso i locali della Brigata ebraica, si installò un ufficio fantasma, diretto da Jehudah Arazi, dal quale nel 1945-46 passarono migliaia di profughi diretti in Palestina, attraverso i porti italiani.

Nel 1953 furono terminati i lavori di ricostruzione della sinagoga, nuovamente ristrutturata nel 1997. Nel 1964 le scuole ebbero la loro nuova sede nel grande complesso di via Sally Mayer 4/6 (dalla materna al liceo). In via Eupili furono ospitati vari uffici comunitari, incluso il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC) con una ricchissima biblioteca specializzata sulla vita degli ebrei nell'Italia contemporanea e in particolare nel periodo dell'Olocausto. Il centro di Via Eupili venne parzialmente ceduto, mantenendo solo la palazzina del no. 8, ove oggi hanno sede una sinagoga, la loggia del Bene Berith e ancora il CDEC.

A ricordo delle vittime della Shoah caricate al binario 21 della Stazione Centrale di Milano sui treni diretti ai campi di concentramento è stato realizzato il Memoriale della Shoah di Milano, inaugurato il 27 gennaio 2013 ed aperto parzialmente al pubblico. L'ingresso avviene da via Ferrante Aporti, ribattezzata in questo tratto in piazza Edmond J. Safra.

L'assistenza agli anziani è sempre stata una delle attività qualificanti; un primo centro aveva sede in via Jommelli (zona Loreto) in una villetta a schiera; negli anni '70 fu trasferito in via Leone XIII, in un palazzo appositamente disegnato dall'arch. Eugenio Gentili Tedeschi, e trasferito poi in un terreno di proprietà in via Arzaga (presso le scuole di via Sally Mayer.

La crescita demografica della comunità nel dopoguerra si è arricchita di nuovi apporti, in particolare dai paesi arabi (Libia, Egitto, Siria, Iraq, Libano), nonché dalla Turchia e dall'Iran, i quali hanno in larga misura preservato le loro identità nazionali, modificando completamente la fisionomia originaria della comunità milanese. Oggi più di 7.000 ebrei vivono a Milano.


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venerdì 23 gennaio 2015

Shoah



Il termine Shoah è voluto dagli ebrei, i quali, attualmente, rifiutano l'altra parola stilizzata, Olocausto, in quanto questo indica un sacrificio propiziatorio, il che è sicuramente ingannevole.

L'espressione Shoah si riferisce al periodo che intercorre fra il 30 Gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, e l'8 Maggio 1945, la fine della guerra in Europa: in questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia razziale nei confronti non solo degli ebrei . Pur essendo impossibile accertare l'esatto numero di vittime ebree, le statistiche indicano che il totale fu di oltre 5.860.000 persone. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni a cui si devono sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi. In tutto quindi, ma la cifra precisa ha ben poca importanza, oltre 10 milioni di persone furono uccise dall'odio nazionalsocialista. Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell'intellighentia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità, tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, o persone definite "anti sociali", come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti. La maggior parte delle persone soppresse passarono per i campi di sterminio, che erano campi di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica. Storicamente il partito nazista prese la decisone di dare avvio alla cosiddetta "Soluzione Finale" (Endl sung), in realtà molti ebrei erano già morti a causa delle misure discriminatorie adottate contro di loro durante i primi anni del Terzo Reich, ma lo sterminio sistematico e scientifico degli ebrei non ebbe inizio fino all'invasione, da parte della Germania, dell'Unione Sovietica nel Giugno 1941. Per i nazisti ebreo era: chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un ebreo o un'ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo al o dopo il 15 settembre 1935. Vi erano poi coloro che non venivano classificati come ebrei, ma che avevano una parte di sangue ebreo e venivano classificati come Mischlinge (ibridi). I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benché venissero arruolati nell'esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali. Era inoltre proibito loro di far parte dell'Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). Gli ufficiali nazisti presero in considerazione la possibilità di sterilizzare i Mischlinge, ma ciò non fu sempre attuato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Mischlinge di primo grado rinchiusi nei campi di concentramento, furono tradotti nei campi di sterminio. Ma il Terzo Reich considerava nemici non solo gli ebrei, ma anche, zingari, oppositori politici, oppositori del nazismo, Testimoni di Geova, criminali abituali, e "anti-sociali" In sostanza ogni individuo che poteva essere considerato una minaccia per il nazismo correva il rischio di essere perseguitato, ma gli ebrei erano l'unico gruppo destinato ad un totale e sistematico annientamento. Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli ebrei potevano solamente abbandonare l'Europa occupata dai tedeschi. Secondo il piano Nazista, ogni singolo ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri "criminali" o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Gli ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine familiare indelebile. La spiegazione dell'odio implacabile dei nazisti contro gli ebrei nasceva dalla loro distorta visione del mondo che considerava la storia come una lotta razziale. Essi consideravano gli ebrei una razza che aveva lo scopo di dominare il mondo e, quindi, rappresentava un ostacolo per il dominio ariano. Secondo la loro opinione, la storia consisteva, quindi in uno scontro che sarebbe culminato con il trionfo della razza ariana, quella superiore: di conseguenza, essi consideravano un loro preciso obbligo morale eliminare gli ebrei, dai quali si sentivano minacciati. Inoltre, ai loro occhi, l'origine razziale degli ebrei li identificava come i delinquenti abituali, irrimediabilmente corrotti e considerati inferiori, la cui riabilitazione era ritenuta impossibile.Il termine Shoah è voluto dagli ebrei, i quali, attualmente, rifiutano l'altra parola stilizzata, Olocausto, in quanto questo indica un sacrificio propiziatorio, il che è sicuramente ingannevole. L'espressione Shoah si riferisce al periodo che intercorre fra il 30 Gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, e l'8 Maggio 1945, la fine della guerra in Europa: in questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia razziale nei confronti non solo degli ebrei . Pur essendo impossibile accertare l'esatto numero di vittime ebree, le statistiche indicano che il totale fu di oltre 5.860.000 persone. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni a cui si devono sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi. In tutto quindi, ma la cifra precisa ha ben poca importanza, oltre 10 milioni di persone furono uccise dall'odio nazionalsocialista.

Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell'intellighentia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità, tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, o persone definite "anti sociali", come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti. La maggior parte delle persone soppresse passarono per i campi di sterminio, che erano campi di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica. Storicamente il partito nazista prese la decisone di dare avvio alla cosiddetta "Soluzione Finale" (Endl sung), in realtà molti ebrei erano già morti a causa delle misure discriminatorie adottate contro di loro durante i primi anni del Terzo Reich, ma lo sterminio sistematico e scientifico degli ebrei non ebbe inizio fino all'invasione, da parte della Germania, dell'Unione Sovietica nel Giugno 1941. Per i nazisti ebreo era: chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un ebreo o un'ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo al o dopo il 15 settembre 1935. Vi erano poi coloro che non venivano classificati come ebrei, ma che avevano una parte di sangue ebreo e venivano classificati come Mischlinge (ibridi). I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benché venissero arruolati nell'esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali. Era inoltre proibito loro di far parte dell'Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). Gli ufficiali nazisti presero in considerazione la possibilità di sterilizzare i Mischlinge, ma ciò non fu sempre attuato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Mischlinge di primo grado rinchiusi nei campi di concentramento, furono tradotti nei campi di sterminio. Ma il Terzo Reich considerava nemici non solo gli ebrei, ma anche, zingari, oppositori politici, oppositori del nazismo, Testimoni di Geova, criminali abituali, e "anti-sociali" In sostanza ogni individuo che poteva essere considerato una minaccia per il nazismo correva il rischio di essere perseguitato, ma gli ebrei erano l'unico gruppo destinato ad un totale e sistematico annientamento. Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli ebrei potevano solamente abbandonare l'Europa occupata dai tedeschi. Secondo il piano Nazista, ogni singolo ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri "criminali" o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Gli ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine familiare indelebile. La spiegazione dell'odio implacabile dei nazisti contro gli ebrei nasceva dalla loro distorta visione del mondo che considerava la storia come una lotta razziale. Essi consideravano gli ebrei una razza che aveva lo scopo di dominare il mondo e, quindi, rappresentava un ostacolo per il dominio ariano. Secondo la loro opinione, la storia consisteva, quindi in uno scontro che sarebbe culminato con il trionfo della razza ariana, quella superiore: di conseguenza, essi consideravano un loro preciso obbligo morale eliminare gli ebrei, dai quali si sentivano minacciati. Inoltre, ai loro occhi, l'origine razziale degli ebrei li identificava come i delinquenti abituali, irrimediabilmente corrotti e considerati inferiori, la cui riabilitazione era ritenuta impossibile.

Non ci sono dubbi che ci furono altri fattori che contribuirono all'odio nazista contro gli ebrei e alla creazione di un'immagine distorta del popolo ebraico. Uno di questi fattori era la centenaria tradizione dell'antisemitismo cristiano, che propagandava uno stereotipo negativo degli ebrei ritenuti gli "assassini di Cristo", inviati del diavolo e praticanti di arti magiche. Altri fattori furono l'antisemitismo politico e razziale della seconda metà del XIX secolo e la prima parte del XX secolo, che considerava gli ebrei come una minaccia per la stabilità sociale ed economica. La combinazione di questi fattori scatenò la persecuzione, certamente nota a tutti i tedeschi e lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti che fu in qualche modo celato dagli stessi esecutori.

Non ci sono dubbi che ci furono altri fattori che contribuirono all'odio nazista contro gli ebrei e alla creazione di un'immagine distorta del popolo ebraico. Uno di questi fattori era la centenaria tradizione dell'antisemitismo cristiano, che propagandava uno stereotipo negativo degli ebrei ritenuti gli "assassini di Cristo", inviati del diavolo e praticanti di arti magiche. Altri fattori furono l'antisemitismo politico e razziale della seconda metà del XIX secolo e la prima parte del XX secolo, che considerava gli ebrei come una minaccia per la stabilità sociale ed economica. La combinazione di questi fattori scatenò la persecuzione, certamente nota a tutti i tedeschi e lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti che fu in qualche modo celato dagli stessi esecutori.

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