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domenica 30 agosto 2015

CELLULARI INSANGUINATI

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Il termine "coltan" è usato colloquialmente in Africa per riferirsi ad una columbite-tantalite a relativamente alto tenore di tantalio. La miscela estratta in diversi paesi africani è spesso scambiata con armi e altri beni da organizzazioni paramilitari e guerriglieri africani, in particolare nella regione del fiume Congo.

Columbite e tantalite costituiscono una serie isomorfa a causa della mutua vicarianza fra tantalio e niobio nel reticolo cristallino. I termini della serie non sono equamente diffusi in natura, ma vedono prevalente un tenore medio-elevato di niobio (o ossido di niobio) a causa della maggior rarità del tantalio.

I minerali della serie cristallizzano nel sistema rombico, classe di simmetria bipiramidale. Formano cristalli ad habitus prismatico e tabulare, tozzi, opachi, di colore nero o grigio molto scuro, ma si rinvengono più generalmente in aggregati compatti microcristallini dello stesso colore o in concrezioni con samarskite con cui la columbite-tantalite forma delle associazioni regolari.

La columbo-tantalite pur essendo un minerale duro, è molto fragile e tende facilmente a sfaldarsi e disgregarsi formando una polvere nera-rosso bruna. I minerali della serie cristallizzano in ambiente magmatico ipoabissale per lento raffreddamento da un fuso molto ricco in silice e si ritrovano quindi in pegmatiti granitiche, ma tendono ad accumularsi - essendo minerali ferrosi e a causa della loro durezza - in sedimenti alluvionali (con una granulometria sabbiosa data la facile sfaldabilità) formatisi per degradazione delle rocce che li contengono.

La columbite-tantalite è il minerale di estrazione primario del tantalio di cui fornisce la quasi totalità della produzione mondiale e il minerale di estrazione secondario del niobio (dal 10 al 15% della produzione mondiale).

Il niobio si usa nell'industria metallurgica per la preparazione di leghe metalliche con elevato punto di fusione, per aumentare la resistenza alla corrosione in alcuni tipi di acciai inossidabili e, infine, nella preparazione di superconduttori elettromagnetici.



Il coltan è un minerale molto duro, denso, resistentissimo al calore e alla corrosione, essenziale per la produzione dei condensatori di computer portatili, telefoni cellulari, dispositivi video, dispositivi audio digitali, console giochi e sistemi di localizzazione satellitare. Solo per citare alcune delle sue applicazioni più comuni che coinvolgono l’industria leggera, ma è utilizzato anche nel settore aerospaziale e nella tecnologia militare.

Con l'aumento della richiesta mondiale di tantalio, si è fatta particolarmente accesa la lotta fra gruppi para-militari e guerriglieri per il controllo dei territori congolesi di estrazione. Un'area particolarmente interessata è la regione congolese del Kivu (sul confine centro-orientale della Repubblica Democratica del Congo) e i due stati confinanti, Ruanda e Uganda; gli intermediari che trattano la vendita del coltan in questi due paesi si approvvigionerebbero, infatti, dai giacimenti minerari congolesi.

I proventi del commercio semilegale di coltan (così come di altre risorse naturali pregiate) attuato dai movimenti di guerriglia che controllano le province orientali del Congo, alimentano la guerra civile in questi territori. Tuttavia, il fatto che gruppi armati o comunque non rappresentanti società statali e industrie, si impossessino del minerale e lo vendano con grossi introiti ad acquirenti principalmente occidentali od asiatici non costituisce di per sé un reato in nessuno dei tre stati interessati, rendendo più controversa la situazione. All'acquisto di columbo-tantalite congolese si sarebbero interessate, come intermediarie, anche organizzazioni criminali europee ed asiatiche dedite al traffico illegale di armi, che verrebbero scambiate con il minerale.

La questione dello sfruttamento incontrollato delle risorse congolesi ha raggiunto un livello di gravità tale da interessare l'ONU che ha pubblicato, nell'ottobre 2002, un rapporto che accusava le compagnie impegnate nello sfruttamento delle risorse naturali del paese africano - tra cui il coltan - di favorire indirettamente il prosieguo della guerra civile. Nell'inchiesta in merito all'acquisto di columbite-tantalite venne coinvolta anche la H.C Starck, una sussidiaria della Bayer che si occupa della raffinazione di metalli di transizione quali il molibdeno, niobio, tantalio, tungsteno e renio e della produzione per il mercato dell'elettronica, dei semiconduttori e dei superconduttori, di parti di precisione in leghe speciali e componenti ceramici.



L’aspetto più inquietante della questione è insito nel fatto che il coltan si estrae dalle miniere del nord-est della Repubblica democratica del Congo, dove si sono combattute diverse guerre per il controllo delle risorse minerarie, che negli ultimi quindici anni sono costate circa cinque milioni di morti.

Per porre fine a queste stragi, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il 29 novembre 2010, ha adottato la risoluzione 1952 che richiama gli Stati membri a mettere in atto misure di diligenza ragionevole per conoscere l’origine dei minerali e assicurarsi che il ricavato di quelli importati non vada a beneficio di uomini armati, compresi i militari dell’esercito congolese.

Secondo quanto riporta un rapporto di Global Witness del luglio 2009, i locali percepiscono appena 200 Franchi congolesi (0,18 euro) per ogni chilogrammo di coltan estratto. Sul mercato il prezzo attuale del coltan varia tra i 400 e i 600 dollari al Kg. In alcuni casi, specialmente in quelli in cui vengono impiegati bambini, la paga è giornaliera e comprende un pasto e 100 franchi congolesi (0,09 euro) al giorno.

Uno dei problemi maggiori dello sfruttamento di questo minerale è che contiene una parte di uranio, quindi è radioattivo e spesso viene estratto a mani nude dai minatori congolesi, tra i quali si sono registrati numerosi casi di tumore e impotenza sessuale.

Senza contare che per nutrire questa massa di improvvisati minatori, i cacciatori stanno sterminando la fauna selvatica dei parchi nazionali della zona. In particolare, secondo una denuncia del Wwf, la fauna del Parco nazionale di Kahuzi-Biega e della riserva naturale di Okapi sarebbe a rischio di estinzione a causa dell’estrazione del coltan.

Blood in the Mobile documenta in maniera drammatica come le vittime più numerose del coltan siano proprio i bambini che, grazie alle loro piccole dimensioni, si calano nelle strettissime buche scavate nel terreno ed estraggono le grosse pietre che una volta frantumate daranno il prezioso minerale.

Spesso vengono rapiti dai gestori delle miniere e trasformati in schiavi, in altri casi vengono venduti dalle loro stesse famiglie per pochi dollari, con il medesimo risultato finale.

E’ dunque evidente che quando si parla di coltan insanguinato non si parla solo dei microconflitti regionali per il controllo delle aree minerarie, si parla anche delle migliaia di morti che costa l’estrazione e il trasporto del minerale dalle miniere alle aree di carico.

Infatti anche i portatori, costretti a fare lunghissimi viaggi a piedi in mezzo alla foresta per portare il minerale fino agli aerei cargo, sono spesso vittime di incidenti o semplicemente della stanchezza. Il tutto per la modica cifra di 250 franchi congolesi (0,22 euro) al chilogrammo.

La protesta internazionale ha spinto i principali produttori di telefonini a rassicurare i consumatori che i loro condensatori non contenevano coltan importato dal Congo.

Tuttavia, il rapporto della ong Global Witness testimonia come le multinazionali dell’elettronica non si facciano scrupoli nel comprare il coltan insanguinato per risparmiare qualche dollaro al chilo. Infatti se il mercato ufficiale del prezioso minerale ha prezzi più o meno definiti, quello che si compra sul mercato nero costa circa il 50% in meno.



Senza un serio programma di certificazione delle dichiarazioni dei produttori non c’è modo per i consumatori di sapere da dove arrivi il coltan dei loro telefonini, soprattutto alla luce del fatto che stime attendibili indicano che nel Congo Kinshasa vi siano l’80% delle riserve mondiali.

L’approvazione di un protocollo di controllo della provenienza del coltan, congeniato sulla falsariga di quello di Kimberley per i diamanti, potrebbe contribuire sensibilmente a interrompere la spirale di violenza nella Repubblica democratica del Congo, legata al controllo delle miniere di coltan. Forse, però, anche a causa dell’ostracismo delle potenti lobby dell’elettronica, l’approvazione della proposta continua a slittare di anno in anno.

Si stima che ogni chilo di Coltan che viene estratto costi la vita di due bambini, molti dei quali muoiono a causa di frane. Altre gravi conseguenze sono migliaia di spostamenti forzati, migliaia di civili fuggiti dalle loro case, milioni di rifugiati, violazione dei diritti fondamentali di anziani, donne e ragazze. I lavoratori del Coltan smettono di coltivare la loro terra, lavorano dall’alba al tramonto, e dormono e mangiano nella zona selvagge di montagna. Non sono solo gli uomini a subire le conseguenze dell’estrazione del Coltan. Per estrarre il Coltan del Congo si sono invasi i parchi nazionali. La popolazione degli elefanti è scesa dell’80%. La popolazione di gorilla è diminuita del 90%.

A questo punto dobbiamo chiederci se abbiamo davvero bisogno di un telefono nuovo ogni anno. Abbiamo davvero bisogno di consumare così tanto? Vale la pena finanziare con i nostri consumi la politica dell’usa e getta? Potremmo condividere i telefoni che non usiamo magari lasciandolo nei punti di riciclaggio, o se non esistono nella nostra comunità, creandoli.





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domenica 12 aprile 2015

SAN DANIELE COMBONI

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Daniele Comboni nasce a Limone sul Garda (Brescia - Italia) il 15 marzo 1831, in una famiglia di contadini al servizio di un ricco signore della zona. Papà Luigi e mamma Domenica sono legatissimi a Daniele, il quarto di otto figli, morti quasi tutti in tenera età. Essi formano una famiglia unita, ricca di fede e valori umani, ma povera di mezzi economici. Ed è appunto la povertà della famiglia Comboni che spinge Daniele a lasciare il paese per andare a frequentare la scuola a Verona, presso l'Istituto fondato dal Sacerdote don Nicola Mazza.

In questi anni passati a Verona, Daniele scopre la sua vocazione al sacerdozio, completa gli studi di filosofia e teologia e soprattutto si apre alla missione dell'Africa Centrale, attratto dalle testimonianze dei primi missionari mazziani reduci dal continente africano. Nel 1854 Daniele Comboni viene ordinato sacerdote e tre anni dopo parte per l'Africa assieme ad altri 5 missionari mazziani, con la benedizione di mamma Domenica che arriva a dire: «Va', Daniele, e che il Signore ti benedica».

Etimologia: Daniele = Dio è il mio giudice, dall'ebraico

Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Nella città di Khartum in Sudan, san Daniele Comboni, vescovo, che fondò l’Istituto per le Missioni Africane e, nominato vescovo in Africa, si prodigò senza mai lesinare energie nel predicare il Vangelo in quelle regioni e nel prendersi in tutti i modi cura della dignità degli esseri umani.

Autunno 1857: partono per il Sudan cinque missionari mandati da don Nicola Mazza di Verona, educatore ed evangelizzatore. Fine 1859: tre di essi sono già morti, due rifugiati al Cairo, e a Verona torna sfinito il quinto. È Daniele Comboni, unico superstite degli otto figli dei giardinieri Luigi e Domenica, sacerdote dal 1854. Riflette a lungo su quel disastro e su tanti altri, giungendo a conclusioni che saranno poi la base di un “Piano”, redatto nel 1864 a Roma. In esso Comboni chiede che tutta la Chiesa si impegni per la formazione religiosa e la promozione umana di tutta l’Africa. Il “Piano”, con le sue audaci innovazioni, è lodatissimo, ma non decolla. Poi, per avversioni varie e per la morte di don Mazza (1865), Comboni si ritrova solo, impotente.
Ma non cambia. Votato alla “Nigrizia”, ne diventa la voce che denuncia all’Europa le sue piaghe, a partire dallo schiavismo, proibito ufficialmente, ma in pratica trionfante. Quest’uomo che sarà poi vescovo e vicario apostolico dell’Africa centrale, vive un duro abbandono, finché il sostegno del suo vescovo, Luigi di Canossa, gli consente di tornare in Africa nel 1867, con una trentina di persone, fra cui tre padri Camilliani e tre suore francesi, aiuti preziosi per i malati. Nasce al Cairo il campo-base per il balzo verso Sud. Nascono le scuole. E proprio lì, nel 1869, molti personaggi venuti all’inaugurazione del Canale di Suez scoprono la prima novità di Comboni: non solo ragazzi neri che studiano, ma maestre nere che insegnano. Inaudito. Ma lui l’aveva detto: "L’Africa si deve salvare con l’Africa".
Poi si va a Sud: Khartum, El-Obeid, Santa Croce... Lui si divide tra Africa ed Europa, ha problemi interni duri. Ma "nulla si fa senza la croce", ripete. Una croce per tutte: il suo confessore lo calunnia, e Comboni continua a fare la sua confessione a lui. Un leone che sa essere dolce. Uno che per gli africani è già santo, che strapazza i pascià, combatte gli schiavisti e serve i mendicanti. Da lui l’africano impara a tener alta la testa. Nell’autunno 1881 riprendono le epidemie: vaiolo, tifo fulminante, con strage di preti e suore in Khartum desolata. Comboni assiste i morenti, celebra i funerali, e infine muore nella casa circondata da una folla piangente. Ha 50 anni.
Poco dopo scoppia la rivolta anti-egiziana del Mahdi, che spazza via le missioni e distrugge la tomba di Comboni (solo alcuni resti verranno in seguito portati a Verona). Dall’Italia, dopo la sua morte, si chiede ai suoi di venir via, di cedere la missione. Risposta dall’Africa: "Siamo comboniani". E non abbandonano l’Africa. Ci sono anche ai giorni nostri, in Africa e altrove. Ne muoiono ancora oggi. Intanto il Sudan ha la sua Chiesa, i suoi vescovi.

In generale, ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Daniele Comboni, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Lubna Abdel Aziz, una sudanese di 32 anni di religione musulmana.

Nata a Khartoum nel 1965, l'11 novembre 1997 venne ricoverata al "St. Mary’s Maternity Hospital" di Khartoum, gestito dalle suore comboniane, per il suo quinto parto cesareo. Dopo la nascita di un bambino di 5 libbre, sopravvennero per la donna gravi complicazioni: si verificarono ripetute emorragie con nuovi interventi chirurgici, tra cui un'isterectomia. Nonostante le trasfusioni la donna era in fin di vita: polso e pressione non erano misurabili, e si era verificato anche un edema polmonare.

Intanto, nonostante il pessimismo dei medici, le suore avevano iniziato una novena di preghiere all'allora beato Daniele Comboni. Il 13 novembre la donna si riprese inaspettatamente, e il 18 novembre fu dimessa in buone condizioni di salute.

La Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi, nella seduta dell'11 aprile 2002, dichiarò la guarigione "rapida, completa, scientificamente inspiegabile."

Nel Congresso Peculiare del 6 settembre 2002, i Consultori Teologi riconobbero la guarigione come soprannaturale e dovuta all'intercessione del beato Daniele Comboni. Alle medesime conclusioni giunsero i cardinali e i vescovi nella Sessione Ordinaria del 15 ottobre 2002.

Il decreto sul miracolo è stato promulgato il 20 dicembre 2002, alla presenza di Papa Giovanni Paolo II, che ha canonizzato il beato il 5 ottobre 2003.


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